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Lo sviluppo socialmente sostenibile

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Francesca Occhionero
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Fac.Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Università “La Sapienza”, Roma; membro Società Chimica Italiana; consulente di Sicurezza del Lavoro e Analisi Ambientale.

Gabriele Favero
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Dipartimento di Chimica, Fac.Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Università “La Sapienza”, Roma; ricercatore del Parco Scientifico e Tecnologico del Lazio Meridionale; collaboratore del Museo Multipolare della Scienza e dell’Informazione Scientifica.

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Il mutamento ambientale globale: il recupero della dimensione umana

Francesca Occhionero

Gabriele Favero

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1. Il quadro generale

Oggi sembra sempre più difficile riferirsi all’ambiente naturale nel senso classico del termine; l’ambiente infatti, nel corso dei secoli, è andato mutando, perdendo le caratteristiche “naturali” per acquistare quelle di un ambiente progressivamente “umanizzato”, in cui cioè appaiono sempre più visibili le impronte e i segni dell’intervento umano.

Premesso che per ambiente “naturale” si intende quello costituito dai tre elementi suolo, aria ed acqua, nel tempo stesso ha subito profonde modificazione che hanno portato all’aggiunta da parte dell’uomo di altri elementi come edifici per abitazioni o per altri usi, strade, fabbriche, campi coltivati, etc.. L’umanità infatti, in continua espansione e sempre alla ricerca di nuovi spazi e risorse, costruisce per rendere più “comodo” e più ospitale (o meno ostile) l’ambiente in cui vive.

Nel tentativo, vecchio quanto la storia, di superare o di rendere meno insormontabili i limiti posti da condizioni naturali avverse, l’uomo ha svolto tutta la sua azione trasformatrice, e spesso purtroppo anche distruttrice, della natura: un’azione sempre più intensa e vistosa, via via che i suoi mezzi tecnici si sono evoluti e perfezionati, finalizzata a rendere il proprio “habitat” più confortevole, ma spesso con l’effetto indesiderato di modificarne e stravolgerne alcune delle peculiarità essenziali per l’equilibrio uomo-ambiente.

Fin dall’antichità, infatti, l’uomo ha plasmato l’universo che lo circonda per farne il suo ambiente di vita, ma solo di recente si è avuta la chiara percezione di quanto sia delicato il rapporto tra uomo e ambiente e di come esso sia in pericolo serio. Le grosse concentrazioni industriali che rischiano di compromettere irreversibilmente le condizioni bio-ecologiche, le aree di insediamento, la crescita smisurata degli agglomerati urbani che rompe i tradizionali legami sociali, l’incontrollato boom demografico, specialmente nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, l’agitazione frenetica e il vuoto psicologico della società dei consumi, costituiscono delle minacce reali per il suo equilibrio.

Mentre inizialmente, nel lunghissimo arco di tempo che va dal neolitico ai primi anni dell’800, il rapporto uomo-ambiente è stato caratterizzato da una situazione omeostatica, in quanto non era ancora predominante il concetto che la natura fosse esclusivamente una riserva inesauribile di risorse, successivamente l’uomo ha perfezionato la sua capacità di intervento sulla natura, facendo prevalere la concezione utilitaristica del mondo.

Con questa affermazione, non si vuole implicitamente dare un giudizio di qualità, dal momento che non è possibile affermare che l’era pretecnica fosse una specie di paradiso terrestre e che ogni intervento sull’ambiente naturale sia da considerare un fatto negativo. Tuttavia non si può negare che, se l’umanità non fosse esistita, la vita animale e vegetale sulla Terra avrebbe seguito un ritmo molto diverso e che il “paesaggio”, nel senso più ampio del termine, avrebbe una fisionomia completamente diversa.

La pratica della deforestazione, spesso perpetrata mediante l’incendio della macchia o della foresta, è stato uno dei primi esempi di modificazione del paesaggio; altrettanto si può dire delle savane che, se per alcuni studiosi sono da considerare formazioni naturali, per molti altri sono il frutto per l’appunto dell’azione umana. Un’azione umana devastatrice.

Le zone in cui originariamente esistevano foreste erano infatti moltissime sulla Terra ma l’uomo con costanza e regolarità e con mezzi prima rudimentali e poi sempre più sofisticati, si è sostituito a quelle foreste, modificando profondamente quell’ambiente e quel paesaggio.

Questo mutamento globale in termini di “umanizzazione” del paesaggio, in realtà ha cominciato a manifestarsi diecimila anni fa con la nascita dell’agricoltura e della pastorizia. In un primo tempo il “campo” ha convissuto con la foresta, poi l’uomo ha cominciato ad alterare il manto forestale per fare posto a nuova terra coltivabile. Successivamente, in quella che il sociologo urbano Lewis Mumford ha definito periodo eotecnico (circa dal 1000 al 1700), i primi sviluppi della tecnologia hanno consentito di utilizzare l’acqua ed il legno (sempre ricavato a spese delle risorse forestali) quali fonti di energia. Con il disboscamento la terra è stata convogliata alle pianure ed al mare dai monti non più protetti dalla vegetazione; i rilievi ne sono risultati impoveriti; si sono avuti i primi fenomeni di dissesto idrogeologico e, a lungo andare, si sono verificate profonde ed irreversibili alterazioni anche nella composizione della fauna e nello sviluppo delle popolazioni.

Si è giunti così al paradosso che l’uomo, sempre alla spasmodica ricerca di nuovi spazi e nuove risorse per fronteggiare il continuo accrescimento demografico, ha provocato e provoca la diminuzione della produttività della terra abbandonando i terreni ai danni dell’erosione.

E’ noto infatti che la copertura vegetale protegge il suolo e regola le acque; dove questo manto protettivo non esiste più, il suolo viene eroso, asportato e reso sterile sino a giungere alla roccia nuda ed improduttiva.

Le acque, il cui flusso non è più trattenuto e regolato, defluiscono tumultuosamente provocando alluvioni ed altre rovine: l’Italia ha, in proposito, una lunga e dolorosa esperienza e si calcola che circa 50.000 chilometri quadrati di territorio, in buona parte nell’Appennino, siano preda dell’erosione. I disastri correlati alle recenti alluvioni in tutta la penisola sono una conferma della drammaticità di questa situazione.

L’intenso ed irrazionale disboscamento dei secoli scorsi, ma anche di tempi recenti, ha provocato danni incalcolabili, danni che, anche nell’ipotesi di porre rimedio a questa situazione, dovremo subire per anni, dal momento che la ricostituzione di condizioni di equilibrio è un’operazione lunga e molto difficile: basta pensare al fatto che, per riportare l’Italia a condizioni forestali di equilibrio, continuando con l’attuale ritmo di rimboschimento, occorrerebbero almeno 300 anni.

E’ noto, poi, come anche l’industrializzazione che, come vedremo più avanti, domina il processo evolutivo delle società contemporanee, abbia modificato vistosamente l’ambiente, sia quello cosiddetto socioeconomico, sia quello più propriamente naturale. E’ proprio su quest’ultimo che le modificazioni risultano più vistose perché l’industria (specialmente alcuni settori come la siderurgia, la petrolchimica, la cementiera) si è progressivamente insediata e si insedia tuttora nel paesaggio, ne diventa una componente, trasformandolo sino a dargli una sua impronta.

Anche il processo di industrializzazione, quindi, modella uno specifico paesaggio agendo, più o meno in profondità, sull’utilizzazione del suolo, sul popolamento e sulla fisionomia dei corsi d’acqua e, addirittura, sul clima delle zone di insediamento.

Attraverso questi correttivi e modificazioni apportati all’ambiente, l’uomo ha esercitato il suo impatto sulla natura, con un’azione che è andata via via aumentando con le continue tecnologie messe a disposizione da un processo tecnico sempre più sofisticato e perfezionato.

Da queste azioni perpetrate dall’uomo sulla natura derivano però delle conseguenze sull’uomo stesso, sulla sua fisiologia e sul suo comportamento: il clima dei grossi agglomerati urbani è ormai ben diverso da quello delle campagne, l’elevato tasso di rumore, l’aria e l’acqua inquinate contribuiscono a formare una sorta di “patologia” degli abitanti delle grandi città.

Per questi motivi, per un’analisi ed una riflessione sulla relazione tra l’uomo e l’ambiente, è indispensabile prendere in considerazione il ruolo estremamente importante e complesso giocato nel mutamento ambientale dalle società nei confronti della società stessa e degli individui che la compongono.