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L’articolo è stato scritto dai compagni della USI/RdB Ricerca, sezione ISTAT

Quindici anni di controriforme

Dal taglio della scala mobile all’accordo sul costo del lavoro - dallo smantellamento dello Stato sociale ai contratti week-end. Dipendenti pubblici sempre di meno e sempre più mal retribuiti, impazzano schiere di consulenti super-pagati

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L’analisi statistica del pubblico impiego conferma alcune delle tesi sopra esposte.

Un dato interessante è la diminuzione significativa delle unità di personale avvenuta negli ultimi anni. Il rapporto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, dichiara, con riferimento all’anno 1999, che il trend in diminuzione del personale pubblico, già delineato dalle rilevazioni degli anni precedenti, sembra confermato ed incrementato.

La mancanza di un adeguato ricambio generazionale ha portato ad un progressivo invecchiamento dei pubblici dipendenti, come evidenziato nella tabella seguente, riferita ai principali comparti.

Nei Ministeri l’anzianità media del personale è passata da 12 anni e mezzo del 1994 a quasi 15 anni nel 1998, con un ritmo medio di incremento di quasi sei mesi per ogni anno. Negli altri comparti il dato è meno consistente, ma comunque indicativo della tendenza in atto.

Anche la distribuzione del personale per livelli ha subito notevoli cambiamenti. Nel corso degli anni ’90 ci sono stati numerosi prepensionamenti dovuti al timore di tagli al sistema previdenziale e le procedure concorsuali hanno interessato in misura maggiore figure professionali più elevate.

I livelli professionali più bassi hanno subito un processo di invecchiamento più avanzato, e nei comparti in cui la presenza di figure professionali elevate è più marcata (si veda ad esempio la Ricerca) si registra invece dal ‘96 una inversione di tendenza nell’anzianità media.

La modifica nella composizione del personale per livello ed anzianità ha dirette conseguenze in un’analisi delle retribuzioni.

I dati disponibili, diffusi dal Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, non sono sufficientemente disaggregati per poter giungere a valutazioni precise. In aggiunta essi sono riferiti ad un criterio di cassa, per cui negli anni in cui vengono corrisposti aumenti salariali dovuti all’applicazione dei CCNL, la retribuzione sembra crescere in maniera consistente rispetto all’anno precedente , in quanto il confronto viene effettuato al netto degli arretrati corrisposti.

Se, ad esempio, si considerasse l’anno 1997 si avrebbero aumenti delle retribuzioni rispetto all’anno precedente nettamente superiori all’inflazione programmata ed a quella reale. Da un lato, però, l’inflazione, per rispettare i parametri di convergenza previsti dal Trattato di Maastricht , era tenuta sotto controllo dal Governo, attraverso un blocco sostanziale delle tariffe, la depressione dei consumi e la riduzione dei margini di guadagno della distribuzione commerciale. Dall’altro, le retribuzioni del 1997 tengono conto anche degli arretrati percepiti nell’anno, ma riferibili ad anni precedenti, dovuti agli effetti dei rinnovi contrattuali.

Una valutazione precisa dovrebbe tener conto della retribuzione di competenza di ciascun anno, ma rispetto a tale valore sono disponibili solo valutazioni dell’Aran, non suffragate da una base di dati consistente.

Negli anni 1998 e 1999, in cui il dato sulle competenze non è influenzato dai rinnovi contrattuali (se non per un effetto di trascinamento), le retribuzioni nei Ministeri sono cresciute rispettivamente dell’ 1,55 per cento e dell’1,82 per cento. Negli stessi anni l’inflazione programmata era pari a 1,8 per cento e a 1,3 per cento. A sua volta l’inflazione reale è risultata uguale al 2 per cento e all’1,7 per cento.

È evidente che l’inflazione programmata viene deliberatamente fissata ad un valore inferiore a quello previsto per l’inflazione reale, con lo scopo di limitare la spesa pubblica per la parte relativa ai redditi da lavoro dipendente. Tale differenza, che negli ultimi cinque anni è stata mediamente dello 0,4 per cento all’anno, normalmente viene recuperata in occasione dei rinnovi contrattuali, sotto forma di salario accessorio. Ma tale recupero innanzitutto non è automatico, è soggetto ad una contrattazione, il che equivale ad una concessione in cambio di altre rinunce ed in secondo luogo viene corrisposto con un differimento di alcuni anni.

6. L’evoluzione recente del carovita

La situazione è ulteriormente peggiorata nell’anno 2000. Lo shock petrolifero causato da una riduzione dell’offerta decisa dai paesi produttori, ha prodotto speculazioni internazionali sul prezzo dei carburanti che hanno contribuito al progressivo indebolimento dell’euro rispetto al dollaro.

Sul fronte interno il Governo ha fissato ad inizio anno il tasso di inflazione programmato all’1,2 per cento e sulla base di tale valore si sta procedendo oggi ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego per il biennio economico 2000-2001.

In tal modo si ignora che durante lo stesso anno 2000 il Governo è stato costretto a correggere al rialzo le proprie stime e che a fine anno l’indice dei prezzi al consumo calcolato dall’Istat ed utilizzato come una misura dell’inflazione, ha fatto registrare una variazione annua pari al 2,5 per cento.

Bisogna anche considerare che l’indice dei prezzi al consumo copre l’intera gamma dei beni e servizi acquistati dalle famiglie. Un meccanismo di salvaguardia del potere di acquisto dei salari dovrebbe, invece, far riferimento soprattutto ai prodotti acquistati per il soddisfacimento dei bisogni primari.

Il grafico sottostante pone a confronto i dati Istat con quelli ottenuti considerando solo le spese per alimentazione, abbigliamento, abitazione, sanità e istruzione. In media i beni e servizi primari sono cresciuti maggiormente rispetto al complesso del paniere e ciò provoca su base annua un ulteriore aumento di 0,2 - 0,3 punti percentuali.

È da notare anche come lo sconto sia più accentuato negli ultimi mesi dell’anno e ciò fa presagire che continuerà per l’anno 2001, come peraltro sembra confermato dalle prime elaborazioni disponibili.

Se al gruppo di beni e servizi primari si aggiungessero anche i carburanti ed i servizi di trasporto si supererebbe per l’anno 2000 la soglia del 3 per cento.

È evidente che il tasso di inflazione programmato è a questo punto insufficiente a garantire un recupero del potere d’acquisto dei salari ed essendo lo scarto ormai troppo elevato si rende necessario ripensare l’intero meccanismo di definizione dell’adeguamento contrattuale.

Bisogna anche considerare che il salario lordo, comprende oltre al reddito disponibile utilizzato dalle famiglie per i consumi e l’eventuale risparmio, anche l’imposizione fiscale e gli oneri sociali. In questo senso, l’indice dei prezzi al consumo calcolato dall’Istat rappresenta solo una misura parziale dell’inflazione. Infatti, non considera l’acquisto di abitazioni, la tassazione diretta collegata al possesso di beni di investimento (Irpef, ICI, tassa di proprietà sugli autoveicoli) e le imposte dirette in genere. A questo si aggiunga lo smantellamento dello stato sociale in corso, che obbliga i pubblici dipendenti a munirsi di una previdenza integrativa o a far ricorso ai servizi sanitari privati, utilizzando il proprio reddito disponibile.