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Arturo Salerni
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Associazione Progetto Diritti; Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo

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Stato, regioni e autonomie locali: il trasferimento delle funzioni legislative ed amministrative tra norme ordinarie e Costituzione

Arturo Salerni

Nel precedente numero di Proteo abbiamo passato in rassegna sia pure in termini generali gli interventi - anche in corso di approvazione - di modifica costituzionale e sul piano della legislazione ordinaria nell’ambito del complesso tema della ripartizione delle funzioni tra Stato, Regioni ed Autonomie Locali.

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L’attribuzione al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, delle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego (prevista dagli articoli 68 e seguenti del decreto legislativo n.29 del 1993 significativamente motivati dal decreto legislativo n.80 del 1998), anche qui con significative peculiarità (si pensi alla particolare procedura - prevista dall’art. 68 bis - in ordine all’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, la validità e l’interpretazione dei contratti collettivi) chiude il cerchio dell’avvicinamento della sfera del lavoro pubblico e di quella del lavoro privato, quadro con il quale si viene a porre in relazione il doppio movimento del trasferimento delle funzioni dal centro alla periferia e dell’attribuzione ai privati della gestione dei pubblici servizi.

Trasferimento di funzioni e riorganizzazione dello Stato: il complesso dei decreti attuativi della “Bassanini”

8. Dedichiamo l’ultima parte di questo scritto ad una analisi, cui avevamo rinviato nella prima parte del nostro lavoro (comparsa sul precedente numero della rivista), di alcuni decreti legislativi: il decreto n.112 del 1998 relativo al conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed agli Enti Locali ed il decreto n.300 del 1999 sulla riforma dell’organizzazione del governo. Inoltre abbiamo preferito - rispetto alla strutturazione del lavoro indicata nel numero 3/2000 di Proteo - dedicare un paragrafo al decreto legislativo n.469 del 23 dicembre 1997 in tema di decentramento delle funzioni relative alla materia del mercato del lavoro, per un evidente raccordo (sia pur svolto in maniera assolutamente schematica e sintentica) con la complessiva materia del rapproto tra nuova articolazione delle funzioni amministrative e mondo del lavoro, fornendo al riguardo qualche ulteriore elemento di riflessione.

Ad una più attenta considerazione della collocazione sistematica delle questioni trattate in questa sede abbiamo ritenuto non utile - contrariamente a quanto annunciato nel corso della prima parte del lavoro - sottoporre all’attenzione del lettore il decreto legislativo n.419 del 29 ottobre 1999 relativo al “riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali” e il testo unico di recente approvazione sugli enti locali.

Con il decreto legislativo n.112 del 31 marzo 1998 si attua la delega prevista dal capo I della legge 59 del 1997 in ordine al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali.

Si afferma nell’articolo 3, secondo comma, che “la generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai principi di cui all’articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle solo funzioni che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale. Le regioni [...attraverso apposita legge regionale] attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. Al fine di favorire l’esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui al comma 5 del presente articolo. [1] Nell’ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. La legge regionale prevede altresì appositi strumenti di incentivazione per favorire l’esercizio associato delle funzioni”.

La legge regionale - ai sensi del terzo comma del medesimo articolo - “attribuisce agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti, nel rispetto dell’autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali”.

Se la regione non provvede nel tempo assegnatole si prevede il potere sostitutivo del Governo. Ed una serie di poteri sostitutivi è previsti dall’art. 5, i cui commi espressamente prevedono quanto segue: “1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere.

2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva”.

Per garantire l’effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti si prevede - all’art 7 del decreto legislativo - la decorrenza dell’esercizio delle funzioni e dei compiti “contestualmente all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali” e la devoluzione a regioni ed enti locali di una quota delle risorse erariali per garantire la congrua copertura “degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell’autonomia politica e di programmazione degli enti”.

Si prevede altresì l’ “individuazione delle modalità e delle procedure di trasferimento, nonché dei criteri di ripartizione del personale”. Il comma quarto dello stesso articolo 7 stabilisce che “ferma restando l’autonomia normativa e organizzativa degli enti territoriali riceventi, al personale trasferito è comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata. Il personale medesimo può optare per il mantenimento del trattamento previdenziale previdente”. Ed il comma 5 aggiunge: “Al personale inquadrato nei ruoli delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, si applica la disciplina sul trattamento economico e stipendiale e sul salario accessorio prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto regioni-autonomie locali” (fatta salva evidentemente la garanzia del mantenimento della posizione retributiva maturata).

Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri - sentita la Conferenza unificata Stato, regioni, città ed autonomie locali - si provvede alla “definizione dei contingenti complessivi, per qualifica e profilo professionale, del personale necessario per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite e del personale da trasferire” con conseguente quantificazione dei relativi oneri.

Il titolo II del decreto legislativo 112 del 1998 disciplina il conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti esercitati dallo Stato o da enti pubblici dipendenti dallo Stato “nel settore dello sviluppo economico”, ovvero artigianato, industria, energia, miniere e risorse geotermiche, ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, fiere, mercati e commercio, turismo ed industria alberghiera, oltre ala materia riguardante agricoltura e foreste disciplinata dal decreto legislativo n.143 del 1997.

Con riferimento all’industria sono conservate allo Stato (art. 18 del decreto legislativo n.112 del 1998) diverse funzioni amministrative, relative talaltro a brevetti e proprietà industriale, definizione dei criteri generali per la tutela dei consumatori e degli utenti, industrie operanti nel settore della difesa militare (comprese “le funzioni concernenti l’autorizzazione alla fabbricazione, all’importazione e all’esportazione di armi da guerra”) fabbricazione e importazione di armi non da guerra e di materiali esplodenti, classificazione dei gas tossici, criteri generali su agevolazioni e sovvenzioni all’industria, incentivi per l’attività di ricerca, individuazione delle aree economicamente depresse, “il coordinamento, la programmazione e la vigilanza sul complesso dell’azione di intervento pubblico nelle aree economicamente depresse del territorio nazionale, la programmazione e il coordinamento delle grandi infrastrutture a carattere interregionale o di interesse nazionale”, coordinamento delle intese istituzionali di programma e dei connessi strumenti di programmazione negoziata, concessione di sovvenzioni nel settore della cinematografia.

Inoltre lo Stato (“senza pregiudizio delle attività concorrenti che possono svolgere le regioni”) continua a svolgere funzioni e compiti concernenti talaltro i crediti all’esportazione, “la partecipazione ad imprese e società miste, promosse o partecipate da imprese italiane; la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di iniziative di penetrazione commerciale, di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese italiane”, l’attività promozionale di rilievo nazionale.

Tutte le restanti funzioni - anche quelle concernenti l’attuazione di interventi dell’Unione europea - sono delegate alle regioni, salva l’attribuzione a province e camere di commercio.

Specifica l’articolo 19 del decreto legislativo n.112 del 1998 che “sono incluse fra le funzioni delegate alle regioni quelle inerenti alla concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere all’industria, ivi compresi quelli per le piccole e medie imprese, per le aree ricompresse in programmi comunitari, per programmi di innovazione e trasferimento tecnologico, nonché quelli per singoli settori industriali, per l’incentivazione, per la cooperazione nel settore industriale, per il sostegno agli investimenti per impianti ed acquisto di macchine, per il sostegno allo sviluppo della commercializzazione e dell’internazionalizzazione delle imprese, per lo sviluppo dell’occupazione e dei servizi reali alle industrie. Alle funzioni delegate ineriscono anche l’accertamento di speciali qualità delle imprese, che siano richieste specificamente dalla legge ai fini della concessione di tali agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici. Alle funzioni delegate ineriscono, inoltre, gli adempimenti tecnici, amministrativi e di controllo per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree individuate dallo Stato come economicamente depresse. Alle funzioni delegate ineriscono, infine, le determinazioni delle modalità di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata, per quanto attiene alle relazioni tra regioni ed enti locali anche in ordine alle competenze che verranno affidate ai soggetti responsabili”.

Tutta l’operazione del trasferimento di funzioni amministrative in favore delle regioni e delle camere di commercio è accompagnata da una serie di misure definite dal decreto legislativo come “liberalizzazioni e semplificazioni”.

Ai comuni, ai sensi dell’art. 23 del decreto, sono attribuite “le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie”. Lo stesso articolo prevede la creazione di sportelli unici per le attività produttive al fine del prioritario esercizio delle funzioni di assistenza all’impresa.

In materia di ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di energia lo Stato conserva “le funzioni e i compiti concernenti l’elaborazione e la definizione degli obiettivi e delle linee della politica energetica nazionale, nonché l’adozione degli atti di indirizzo e coordinamento per una articolata programmazione energetica a livello regionale” [2].

Lo Stato mantiene alcune significative funzioni amministrative tra cui quelle concernenti la ricerca scientifica in campo energetico, la vigilanza sull’ENEA (Ente nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), l’emanazione di norme tecniche relative alla realizzazione di elettrodotti.

Sono delegate alle regioni - salvo che non siano riservate allo Stato o che non siano attribuite agli enti locali - “le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative alle fonte rinnovabili, all’elettricità, all’energia nucleare, al petrolio ed al gas” (art. 30 del decreto).

L’art. 31 del decreto legislativo n. 112 del 1998 testualmente recita: “1. Sono attribuite agli enti locali, in conformità a quanto disposto dalle norme sul principio di adeguatezza, le funzioni amministrative in materia di controllo sul risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia e le altre funzioni che siano previste dalla legislazione regionale.

2. Sono attribuite in particolare alle province, nell’ambito delle linee di indirizzo e di coordinamento previste dai piani energetici regionali, le seguenti funzioni:

a) la redazione e l’adozione di programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico;

b) l’autorizzazione all’installazione ed all’esercizio degli impianti di produzione di energia;

c) il controllo sul rendimento energetico degli impianti termici

È importante al fine di comprendere (il che è anche lo scopo di questa esposizione, sia pur sommaria, delle attribuzioni conferite dal decreto legislativo n.112 del 1998) come a Costituzione invariata - ovvero prima delle modifiche approvate nel marzo 2001 e sulle quali dovrà esprimersi il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione - sia avvenuto il trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni ed alle autonomie locali in una materia delicata e centrale quale quella relativa ai settori produttivi - ed anche al fine di avviare un ragionamento su quanto ulteriormente influirà in questa materia la riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione - un richiamo all’art. 47 del decreto, ed in particolare ai suoi primi due commi.


[1] Il comma 5 dell’art. 3 stabilisce che “le regioni, nell’ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l’azione coordinata fra regioni ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze”.

[2] Art. 29, primo comma, del decreto legislativo n. 112 del 1998.