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Trasformazioni sociali e diritto

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Antonio Di Stasi
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Ricercatore, Università di Ancona

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"Le rappresentanze sindacali unitarie nel pubblico impiego"

Antonio Di Stasi

Di seguito si riportano alcuni stralci del libro di cui sopra dietro gentile concessione della Giappichelli editore.
Riportiamo di seguito i paragrafi 6 e seguenti del Capitolo

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In ogni caso, e comunque, non sarebbe possibile negare che la RSU sia un organismo locale delle associazioni nazionali allorquando alle elezioni abbia partecipato una “sigla” nazionale.

L’azione ex art. 28 viene in rilievo, oggi, non tanto perché prevede una titolarità processuale del sindacato, ma perché indica una tutela speciale nel caso di violazioni contro la libertà ed attività sindacale: un procedimento d’urgenza con minori formalità anche per la formazione della prova.

Ammettere la legittimazione attiva delle RSU ad agire ex art. 28, alla luce di queste prime considerazioni, sarebbe in linea con lo spirito della legge, stante la circostanza che l’organismo rappresentativo fotografa esattamente la rappresentatività su base universale ed elettorale della comunità di lavoro.

In giurisprudenza, specifici precedenti sono molto pochi, e comunque riferiti alla RSU di origine e formazione pattizia.

Malgrado tale diversità genetica rispetto alla RSU oggi istituita per il settore pubblico, la decisione del Pretore di Brescia 9 maggio 1997 (decreto) (si può leggere in RCDL 1997, 763, con nota critica di Chiusolo), rappresenta un punto di riferimento importante.

Il Pretore, infatti, giunge a riconoscere che le RSU sono una espressione periferica delle associazioni sindacali e a sostegno di tale tesi porta due considerazioni ricavate dall’Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993: mentre le RSA possono essere costituite ex art. 19 Stat. Lav. “a iniziativa dei lavoratori” le RSU possono essere costituite ex art. 1, parte I, predetto Accordo, “a iniziativa delle associazioni sindacali firmatarie del Protocollo 23 luglio 1993”; inoltre la RSU è costituita, secondo l’art. 2, parte I, del citato accordo, mediante elezione solo per due terzi mentre il rimanente terzo è assegnato alle OO.SS. che hanno sottoscritto il CCNL applicato nell’unità produttiva (contra Trib. Civitavecchia, decreto, 11 maggio 2000, in MGL 2000, 849, con nota di Papaleoni).

È stato da tempo riconosciuto dalla migliore giurisprudenza che la legittimazione ad agire ex art. 28 Stat. Lav. spetta alla struttura locale dell’associazione sindacale nazionale anche quando quella non sia legata a questa da un rapporto di immedesimazione organica, dal momento che l’organismo locale, stante la libertà di organizzazione sindacale, può collegarsi alla struttura nazionale del sindacato mediante qualsiasi modulo organizzativo (v. Bonardi 1993, 873).

In tal senso occorre porsi il problema, da un lato, della natura sindacale della RSU, diretta espressione dei sindacati che, per il meccanismo virtuoso sopra ricordato, ricompensa ai fini della qualificazione della rappresentatività; dall’altro, del potere negoziale riconosciuto a questa articolazione sindacale anche all’interno del sistema di negoziazione previsto dal legislatore.

Al centro contrattano i sindacati rappresentativi; in periferia le RSU, che altro non sono che rappresentanze sindacali espressione delle associazioni sindacali e pluricomposte a seguito di elezione e con il consenso di tutti i lavoratori.

Il nuovo sistema di relazioni sindacali e contrattazione integrativa necessariamente instaura un legame tra i diversi livelli territoriali del “sindacato” - pur nel rispetto dell’autonomia di e tra ogni sigla sindacale e tra ogni sigla sindacale e la RSU - prospettando una coerenza di intenti e di comportamenti, con una stretta correlazione e rinvio della contrattazione nazionale alla contrattazione integrativa sulle materie determinate in sede nazionale.

In tal senso l’autonomia che va riconosciuta alla RSU non rende estraneo tale organismo alla articolazione territoriale sindacale, sì da ricomprenderla nella nozione di organismo locale ex art. 28 (cfr. Chiusolo).

Esula da tale argomentazione (contra Trib. Civitavecchia, decr., 11 maggio 2000, in MGL 2000, 849) il fatto che il membro di RSU possa concretamente tenere una linea diversa rispetto a quella del o dei sindacati nazionali e non rileva il fatto che non esiste alcuna forma di controllo e di coazione (in senso giuridico mentre rimane quella in senso politico), nei confronti del rappresentante dissenziente (v. Cap. VI, § 5 ss.).

Un ulteriore elemento, a sostegno del riconoscimento in capo alle RSU della legittimazione attiva ex art. 28 Stat. Lav., può essere desunto anche dalla lettera della norma, in quanto il legislatore ha voluto incardinare la legittimazione attiva in capo agli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali”.

La disposizione è stata letta sempre al singolare mentre è scritta al plurale (v. Cons. Stato 22 novembre 1993, n. 912, Cons. Stat 1993, I, 1515 che ha affermato la legittimazione ad agire in capo alla sezione provinciale del coordinamento dei delegati di base dei postelegrafonici).

Il legislatore, è stato pure ricordato, in effetti, pur non avendo in mente le RSU aveva ben presente l’esperienza dei Consigli, organismo che per molti versi ricorda le attuali RSU, e probabilmente l’uso del plurale lo si deve proprio a questa circostanza.

La stessa Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in ordine alla legittimità costituzionale della norma in esame, nella parte in cui prevede la possibilità di esperire il procedimento di repressione di condotta antisindacale soltanto da parte degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse e non anche da parte dei singoli lavoratori, delle altre associazione e delle RSA, ha ritenuto che la “razionalità della norma” sia da ricercare nella attribuzione di questo mezzo “ad organizzazioni responsabili che abbiano una effettiva rappresentatività nel campo del lavoro e possono operare consapevolmente delle scelte concrete valutando, in vista di interessi di categorie lavorative e non limitandosialla protezionedi interessi soggettivi di singoli lavoratori, l’opportunità di ricorrere alla speciale procedura prevista dall’art. 28” (Corte cost. 6 marzo 1974, n. 54, cit.), cosicché sarebbe contrario ai principi indicati escludere dal novero dei soggetti abilitati a ricorrere al procedimento per comportamento antisindacale proprio la RSU, che è organismo sicuramente rappresentativo, ha natura sindacale ed opera nell’interesse della comunità o categoria lavorativa di cui è espressione

Riconoscere la legittimazione attiva della RSU non significa dismetterla in capo agli organismi locali dei singoli sindacati o, pure, in capo al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (in senso contrario si esprime Tampieri 1999, 403), anche se sul punto chi scrive è dubbioso (v. infra) dovendosi distinguere a seconda che il rappresentante sia interno o esterno alla RSU (v. Cap. II, § 7).

Il sindacato ha sempre interesse a chiedere tutela contro la violazione di diritti sindacali (in quanto tale lesione è sempre idonea a limitare il libero esercizio dell’attività sindacale in genere) a prescindere dal fatto che la lesione si sia verificata in capo al sindacato stesso, o alla rappresentanza unitaria o al singolo lavoratore (Di Stasi 1994b, 51).

Se non si riconoscesse la legittimazione attiva della RSU ex art. 28 si porrebbe un problema di effettività della capacità sindacale della RSU, con compressione della possibilità di garantire la tutela dei diritti di tale organismo una volta che siano stati lesi dal datore di lavoro, a prescindere dalla reazione giudiziale del sindacato territoriale.

Una diversa interpretazione potrebbe sollevare una questione di costituzionalità dell’art. 28 nella parte in cui nega ad alcuni soggetti sindacali fruitori dei diritti sindacali la speciale tutela processuale garantita dall’art. 28 Stat. Lav., a meno di sostenere una totale equipollenza di questo procedimento con quelli cautelari previsti dal c.p.c. (cfr. Santoro Passarelli 1996, 14), equipollenza che, però, non è data rinvenire.

È pur vero che in giurisprudenza è riconosciuto ammissibile il ricorso proposto congiuntamente ed alternativamente nelle due forme cautelari di cui all’art. 700 c.p.c. e 28 Stat. Lav., in quanto anche se l’ordinamento offre al sindacato un procedimento straordinario, quale è quello previsto dall’art. 28, che ha tra le sue caratteristiche quella della rapidità, tuttavia, ove non sussistano i presupposti per la tutela cautelare proprio in virtù del carattere residuale della stessa, “il ricorso va in primo luogo esaminato come ricorso ex art. 28 e, qualora come tale non sia ammissibile ai sensi dell’art. 700 c.p.c.” (Pret. Roma, ord., 16 novembre 1998, in LPA III; 1999, 1023 n. 5, contra Pret. Roma, ord., 16 novembre 1998, ovviamente di diverso Pretore in LPA 1999, III, 1024-1025, n. ).

In ogni caso un intervento del legislatore sarebbe quanto mai auspicabile, anche sulla considerazione che nella proposta di legge (si tratta dell’Atto Camera n. 4924 di cui dà atto Tampieri 1999, 403) già approvata dal Senato, in cui si prevede espressamente la legittimazione ad agire ex art. 28 Stat. Lav. in capo al rappresentante per la sicurezza, si potrebbe aggiungere quella della RSU.

Sotto altro profilo, è stata anche avvertita l’inadeguatezza della limitazione della legittimazione attiva posta in capo solamente agli organismi locali del sindacato nazionale (Fiorillo 1999, 1054) con una ingiustificata limitazione di tutela per i diritti propri del Sindacato nazionale. La giurisprudenza, sulla base della lettera dell’art. 28 Stat. lav., sostiene che gli organismi legittimati, quelli periferici, devono agire per un interesse proprio e quindi non possono attivarsi per denunciare un comportamento attuato a discapito dell’associazione nazionale e ciò in virtù della necessaria coincidenza, in assenza di norme che consentano la sostituzione processuale, tra soggetto leso e soggetto che agisce in giudizio (Pret. Roma, decr., 31 marzo 1999, in LPA 1999, III, 1045, n. 1). Cosicché essendo inammissibile per difetto di legittimazione attiva il ricorso proposto ex art. 28 Stat. lav. da Sindacati nazionali (tra le tante v. Pret. Roma, decr., 11 novembre 1997, in LPA 1999, III, 1046, n. 4) l’interesse generale dell’associazione sindacale sarebbe tutelabile solamento per le vie ordinarie (Pret. Roma, decr., 26 gennaio 1996, in LPA 1999, III, 1046, n. 5) con ciò creando una disparità di strumenti tutt’altro che giustificabile e su cui, pure, sarebbe opportuno un intervento estensivo del legislatore.