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Fabio Sebastiani
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EuroBang e la crescita senza sviluppo

Fabio Sebastiani

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Un nuovo polo imperialista nel cuore dell’Europa? È a questa domanda che il libro di Luciano Vasapollo e Rita Martufi cerca di dare una risposta. La domanda, in sé, potrebbe sembrare poco realistica, abituati come siamo a misurare gli schemi del dominio mondiale a partire dallo strapotere degli Usa e del loro apparato economico e militare. Ma il pregio di questo saggio è proprio quello di condurci passo per passo verso la risposta. Vista da vicino la cosiddetta “globalizzazione” in realtà ci si presenta come un contenitore in cui la competizione non avviene, come vogliono i dettami economici del capitalismo, tra imprese nel mercato mondiale, ma si configura sempre più come competizione tra aree economiche, tra i blocchi economici Ue, Usa-Nafta e Giappone. In effetti, ragionando in termini rigorosamente scientifici la novità dell’ultimo decennio non è tanto la globalizzazione, che c’è sempre stata da quando c’è il capitalismo, quanto la nascita dell’Ue che dopo la caduta del muro di Berlino ha a disposizione una grande mercato e forza lavoro a basso costo. La terza guerra mondiale c’è stata, eccome. E prosegue. La concentrazione che queste tre aree stanno mettendo nelle rispettive monete non è solo il sintomo ma uno dei fulcri sui quali si giocherà il dominio dell’intero pianeta.

È proprio attraverso la guerra del dollaro contro l’euro, la crisi petrolifera a guida americana e la gestione della New Economy nel contesto generale della finanziarizzazione dell’economia, che gli Stati Uniti giocano le loro carte per soffocare le mire di affermazione ed espansionistiche del nuovo polo geoeconomico dell’Unione Europea.

Definire il carattere contraddittorio e competitivo dello sviluppo capitalistico in questa fase storica. Dall’altra parte c’è una nuova economia europea che punta esclusivamente alla contrazione complessiva del costo del lavoro, ad alti tassi di produttività per periodi prolungati, ad una crescita prolungata senza inflazione e senza ripresa dei salari, anzi, comprimendo i salari diretti e indiretti tramite flessibilità del lavoro e del Welfare State, privatizzando il sistema pensionistico e i diversi strumenti di protezione sociale; in questo modo tentando di supplire ad una debolezza tutta politica dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti, adattandosi sempre più al modello americano e attuando così la vera New Economy, da tenere ben distinta dalla Net Economy che ne costituisce solo un aspetto. Insomma, secondo Vasapollo-Martufi è abbastanza prevedibile che tra euro e dollaro ci sia nel prossimo futuro un certo riequilibrio nei cambi - e questo in parte sta avvenendo - ma l’Europa dovrà pagare un prezzo molto alto. Avremo ancora crescita senza sviluppo, quindi, ed un panorama politico complessivo incentrato alla concorrenzialità sfrenata e alla guerra.

La costituzione del blocco economico europeo crea una classe lavoratrice internazionale che però si differenzia rispetto alle caratteristiche produttive dei singoli paesi e vede un aumento dei lavoratori dei servizi qualificati e non, al centro del blocco mentre i lavoratori addetti alla produzione vengono collocati alla periferia dello stesso. C’è, inoltre, anche una differenza quantitativa nei redditi dovuta al fatto che i lavoratori del “centro” sono interni al mercato sviluppato mentre quelli della periferia fanno parte di economie più deboli e subordinate dove le fasce di mercato sviluppato, equiparabili a quelle del cosiddetto centro, rappresentano percentuali molto ridotte.

E in questo contesto quale è il ruolo e la collocazione dell’Italia?

Il nuovo scenario sarà quello di una crescita che non si accompagna ad uno sviluppo economico-sociale generale, cioè ad aumenti occupazionali, ad incrementi dei consumi e a forme redistributive della ricchezza verso il fattore lavoro. La previsione è, quindi, quella di una crescita senza forme redistributive, una crescita senza politiche espansive complessive, una crescita che significherà ancora rafforzamento del fattore capitale a danno del fattore lavoro, incremento dei profitti a danno del salario sociale complessivo. E non potrebbe essere altrimenti, perché la competizione del grande contenitore Ue, in cui l’Italia è inserita, avviene quasi esclusivamente a partire dalla stabilità della moneta. E stabilità della moneta significa, immediatamente, bassi salari diretti, per non correre il rischio di accendere spirali inflazionistiche, e bassi salari indiretti, per contenere la spesa pubblica.

In questo contesto assume una importanza straordinaria l’andamento del mercato del lavoro. Indici e tabelle spiegano benissimo come la battaglia contro il lavoro in Italia e in Europa è ormai alle ultime battute. Il capitalismo, e il libro lo spiega molto bene, non farà prigionieri su questo fronte. Non solo ha installato nei luoghi di lavoro una spirale negativa tra salari, flessibilità e occupazione, tre misure sempre negative che si rincorrono l’un l’altra, ma ha fatto capire chiaramente che le quote di produttività prodotte non verranno redistribuite. Da qui la crisi della concertazione. Il punto è che nessuno è in grado di proporre un modello evolutivo di relazioni industriali. Non regge più nemmeno l’idea di un nuovo patto sociale. Martufi-Vasapollo tracciano l’impianto di una proposta che ruota attorno all’idea del Reddito Sociale Minimo e a quella della riduzione dell’orario di lavoro. È chiaro che la proposta contenuta in Eurobang si differenzia nettamente da certe proposte avanzate da alcuni settori della borghesia "illuminata” che guarda con preoccupazione all’ecccessivo deteriorarsi della condizione proletaria come fattore di destabilizzazione sociale. Martufi-Vasapollo ne fanno il fulcro di una proposta politica che contrasti il dilagare della deregulation e ridia valore al lavoro.

Il libro di Vasapollo-Martufi oltre a proporre uno schema interpretativo versatile e al tempo stesso molto preciso su alcuni aspetti è corredato da un numero impressionante di tabelle e grafici che spiegano con il rigore dei numeri le tesi fondamentali su produttività e salari, mercato del lavoro, andamento dei cambi e prodotto interno lordi dei vari paesi. Particolarmente interessante è il capitolo dedicato ai processi di internazionalizzazione nei nuovi blocchi eoonomici. «È la domanda esterna dei due grandi poli geoeconomici Usa e Ue che modella l’ampiezza e l’orientamento del processo di accumulazione del capitale asiatico funzionale al paradigma dell’accumulazione flessibile occidentale. L’America centrale e Meridionale, l’Africa Sub-Sahariana, il Sud Asia e l’Indocina hanno un debole apparato statale e produttivo, non essendo ancora capaci di dare l’impulso ad un processo di industrializzazione autonomo e quindi funzionale a veri e propri processi di colonizzazione da parte dei due poli Usa e Ue».