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Per la critica del capitalismo

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Andrew Kliman
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Professore Dipartimento di Economia, Pace University, Pleasantville, New York

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Se è corretto, non correggetelo

Andrew Kliman

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1. Da Seattle a Genova... [1]

Da Seattle a Genova, un movimento nuovo ha investito con forza la globalizzazione. L’internazionalismo del movimento, il rifiuto di forme elitarie di organizzazione, e i tentativi di unire lavoratori e ambientalisti (e altre forze) sono del tutto esemplari, come lo è l’opposizione esplicita di una sezione crescente del movimento contro lo stesso "capitalismo globale".

Se questo movimento nuovo potrà imparare dagli errori passati della Sinistra, potrà evitare di ripeterli. Uno errore chiave, credo, è la tendenza di prendere particolari forme e istituzioni del capitalismo--proprietà privata, il mercato, società per azioni, e dominazione imperialista, il Fondo Monetario Internazionale ecc.--per il capitalismo stesso. Lottare solamente contro specifiche forme istituzionali equivale a permettere al capitalismo di riemergere sotto forme nuove, come la proprietà statale e/o un’economia pianificata. Un altro errore è quello di supporre che la radice dei nostri problemi sia l’avidità o il mal volere dei capi delle istituzioni capitaliste piuttosto che le leggi economiche oggettive a cui anche loro sono sottoposti. Qualche cosa di più fondamentale deve essere sostituito che non riguarda solo le persone in carica.

Quello che penso che debba essere sostituito è la produzione del valore. Il capitalismo ha ristrutturato la produzione e in verità tutta la vita attorno all’incessante necessità di produrre e accumulare sempre più valore come fine a se stesso. La storia ha mostrato, credo, che questo processo non può essere soggiogato e pianificato maneggiando le sue forme istituzionali. Ogni impresa capitalista e ogni nazione devono fare tutto ciò che possono per espandere il valore al massimo se non vogliono soccombere nella lotta competitiva. Le istituzioni capitaliste e i loro leader devono fare del loro meglio per espandere al massimo il valore se non vogliono essere sostituiti da istituzioni e leader che sapranno meglio comportarsi in tal modo.

Così il movimento contro il capitalismo globale farebbe bene a lottare non solo le battaglie concrete e immediate, che sono certamente necessarie e importanti, ma anche la battaglia contro la produzione del valore stessa. E farebbe bene a considerare lavori come il Capitale di Marx che analizza il processo di produzione del valore e indica l’alternativa--una società nella quale la meta è "lo sviluppo dei potenziali umani come un fine in se stesso" (Marx 1981:959)----e lavori come Dunayevskaya (1967), Marxismo e Libertà, che aiuta a concretizzare e a sviluppare questa prospettiva umanista alla luce di eventi più recenti.

Ma il resto di questo articolo non riguarda tutto ciò, almeno non direttamente. Riguarda un paio di ostacoli che stanno impedendo ai militanti e ai pensatori di potere ritornare seriamente al concetto di valore come è stato sviluppato in lavori come il Capitale e Marxismo e Libertà.

Un ostacolo è l’idea che la teoria del valore di Marx è contraddittoria e addirittura sbagliata. Un altro è l’ipotizzare che gli economisti moderni (sia marxisti che sraffiani) hanno realizzato le versioni corrette della teoria del valore di Marx--fondamentalmente la stessa teoria ma senza tutti i suoi errori e contraddizioni--così che, sebbene un ritorno diretto a Marx non sia possibile, si può ritornare a Marx attraverso questi eredi del suo progetto. Spero di dimostrare che entrambe tali idee sono false.

 

2. Le "Contraddizioni Interne" di Marx

Economisti marxisti e anti-marxisti non saranno d’accordo su molto, ma pressoché tutti sono d’accordo sul fatto che le teorie di Marx del valore, profitto, e crisi economiche sono state dimostrate essere impregnate da contraddizioni. In altre parole, molte delle sue conclusioni teoriche più importanti sarebbero state dimostrate essere non valide. Sarebbe perciò impossibile accettare le teorie di Marx nella loro forma originale.

Pressoché tutti gli economisti marxisti sono anche d’accordo con gli anti-marxisti che la analisi di Marx della produzione capitalista non merita neanche di essere discussa o insegnata come una teoria viva. Se la sua analisi sarebbe internamente contraddittoria, non avrebbe senso, e così non potrebbe essere giusta--anche se i fatti possono sembrare sostenere Marx e i suoi argomenti potrebbero sembrare convincenti. Le presunte prove delle contraddizioni interne servono così come una giustificazione potente per l’esclusione quasi totale della critica marxiana della economia politica, nella sua forma originale, sia dagli istituti di insegnamento che dalle pubblicazioni.

C’è, comunque, una differenza significativa fra i critici di Marx. Gli anti-marxisti usano le prove presunte delle contraddizioni interne per sostenere che le teorie di Marx dovrebbero essere rifiutate. I marxisti e gli sraffiani (seguaci di Piero Sraffa, 1960), d’altra parte, si considerano gli eredi del progetto di Marx piuttosto che i suoi critici. In uno modo o nell’ altro, tutti si vantano di aver "corretto" i suoi errori-cioè, di arrivare in pratica alle stesse conclusioni a cui arrivò Marx, ma in un modo logicamente accettabile. Per esempio, Riccardo Bellofiore (1997:2) scrive " il mio punto di partenza è che il progetto di Marx non si può difendere come è, e che le contraddizioni sulle quale i critici hanno insistito sono veramente lì, nel Capitale. [Tuttavia] il "nocciolo" della sua critica della economia politica... può essere stabilito su una base teoretica più solida”.

Similmente, Mongiovi (2001:3), uno dei principali sraffiani americani,, scrive che "gli errori di Marx sono, alla fin fine, minori; infatti essi possono essere eliminati attraverso una revisione della forma nella quale la sua teoria del valore e distribuzione è presentata, senza minare nessuna delle sue asserzioni fondamentali su come il capitalismo funziona e su come si sviluppa storicamente”.

 

3. Le "Correzioni" di Marx

Intendo dimostrare che queste asserzioni sono false. Le versioni cosiddette corrette della teoria di Marx non riportano i suoi risultati teorici su una base più solida. Al contrario, esse minano le sue tesi fondamentali circa il funzionamento e lo sviluppo del capitalismo. Esiste una grande varietà di proposte di correzione, ma tutte negano molti dei risultati teorici di Marx, includendo alcuni dei più importanti.

Il più importante di tutti i risultati marxiani negati è " la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto". Questa legge è al centro della sua tesi che le crisi economiche sono inevitabili nel capitalismo. Marx argomentò che la natura stessa del capitalismo costringe le imprese a cercare profitti sempre maggiori, e così ad adottare innovazioni più produttive e ’labour saving’. Ma sebbene le imprese considerate individualmente possano elevare così i loro saggi di profitto, Marx sostenne, che tali innovazioni tenderanno necessariamente ad abbassare il saggio di profitto medio, cioè il saggio di profitto per la economia nella sua totalità.

Tratterò più tardi gli argomenti che supportano questa conclusione. Qui, il punto è che tutte le "correzioni" di Marx (includendo quelle preferite da Bellofiore e Mongiovi) portano alla conclusione che la sua legge è falsa; secondo tali ‘correzioni’ le innovazioni tecnologiche che aumentano la produttività aumentano, e non abbassano, necessariamente il saggio di profitto medio. Così la versione di Bellofiore del" nucleo fondamentale della sua critica dell’economia politica," e la versione di Mongiovi delle "sue tesi di base riguardanti il funzionamento del capitalismo e il suo sviluppo nel corso della storia" rifiutano proprio quella legge che Marx (1973:748) considerò essere "in ogni rispetto la legge più importante dell’economia politica e moderna."

Un altro risultato importante di Marx, che è negato da tutte le cosiddette correzioni, è la sua teoria che il profitto viene dal "lavoro non retribuito" (anche chiamato "pluslavoro") dei lavoratori. Marx riconobbe che l’ammontare di profitto che un’impresa realizza differisce dal "plusvalore," l’equivalente monetario del lavoro non retribuito estratto dai lavoratori. Tuttavia ribadì chiaramente che le differenze si annullano a vicenda. Se l’economia è presa nel suo insieme, il profitto totale equivale al plusvalore totale e corrispondentemente il prezzo totale (il totale ricevuto dai capitalisti tramite la vendita dei loro beni) equivale al valore totale prodotto dal lavoro.

La maggior parte delle "correzioni" di Marx sostengono che egli aveva torto anche su questo punto. Una volta che i suoi "errori" sono corretti, le due uguaglianze non possono essere valide allo stesso tempo. Questo è il famoso "problema della trasformazione," il cosiddetto problema inerente alla "trasformazione" di valori in prezzi e del plusvalore in profitti. Tale ’problema’ è di nuovo al centro dell’attenzione nella rinnovata discussione sulla teoria del valore nella Sinistra italiana (si veda l’articolo di Guglielmo Carchedi in questo numero).

È una sfortuna che il dibattito si sia focalizzato così strettamente solo su questo punto, perché "risolvere il problema della trasformazione"--ottenendo le uguaglianze di Marx--non ha il significato che si pensa che abbia. Alcune recenti "corrette" versioni della teoria di Marx ottengono entrambe uguaglianze. Tuttavia, come dimostrerò più sotto, anche queste "correzioni" non riescono a confermare l’asserzione di Marx che il pluslavoro di lavoratori è la sola fonte di profitto. Tutte delle "correzioni" implicano che il profitto potrebbe essere positivo anche se i lavoratori non erogassero pluslavoro, e che il profitto potrebbe essere negativo anche se lavoratori erogassero pluslavoro.

 

4. Confutazioni delle critiche

 

Ci sono anche molti altri esempi, alcuni dei quali saranno discussi più avanti, in cui le cosiddette correzioni non riescono a ristabilire i risultati di Marx su una base teoretica più solida. Tuttavia, e se la base teoretica di Marx fosse dopotutto solida? E se, in altre parole, le prove delle cosiddette contraddizioni in Marx fossero esse stesse erronee?

Questa non è fantasia, ma un fatto. Durante le due decadi passate, un piccolo ma crescente numero di ricercatori, associato con quello che ora è chiamata l’interpretazione temporale del sistema unico (d’ora in avanti, TSSI), ha confutato tutte le cosiddette prove delle contraddizioni nella dimensione quantitativa della teoria del valore di Marx. Quelle che sembrarono essere conclusioni indifendibili--la legge della caduta del saggio di profitto, la nozione che tutto il profitto viene da lavoro non retribuito, ecc.--riemergono come logicamente aderenti a questa interpretazione (si veda Freeman e Carchedi, 1996).

Il TSSI rimane relativamente poco noto, e impopolare. Tuttavia, anche i suoi critici hanno cominciato recentemente ad ammettere, anche se a malavoglia, che il TSSI è stato in grado di confutare le prove dichiarate delle contraddizioni interne in Marx. [2] Queste confutazioni hanno delle conseguenze importanti:

• "il progetto di Marx" può veramente "essere difeso come è". Le sue teorie, che siano giuste o sbagliate, possono essere interpretate come logicamente coerenti.

• Nella misura in cui le revisioni fatte dai marxisti e dagli sraffiani alle teorie di Marx contraddicono i suoi risultati, queste non sono correzioni--non c’è bisogno di nessuna correzione----ma sono semplicemente teorie contrarie alla sua.

• L’esclusione delle teorie di Marx nella loro forma originaria non è un giustificabile tentativo di estirpare errori, ma semplice censura.

Il TSSI è stato criticato in vari modi. Tuttavia coloro che desiderano ripristinare le prove confutate delle contraddizioni in Marx devono fare qualcosa di più che criticare. Devono dimostrare che le confutazioni del TSSI di queste prove sono sbagliate, sia identificando errori matematici o logici nelle confutazioni o dimostrando che il TSSI non può essere una lettura corretta della teoria del valore di Marx. Il TSSI ora ha 21 anni, e niente di tutto ciò è stato ancora dimostrato.

Nell’assenza di tale dimostrazione, non si può più sostenere onestamente che "le contraddizioni sulle quale i critici hanno insistito sono veramente lì nel Capitale". Quando Marx è interpretato in un certo modo, sembra contraddire se stesso, ma quando è interpretato in un modo diverso, quelle che sembrano essere contraddizioni scompaiono. Quindi dobbiamo concludere che, nell’assenza di una prova che le confutazioni del TSSI siano erronee, le contraddizioni non sono contraddizioni insite in Marx ma contraddizioni tra le teorie originarie e certe interpretazioni che non riescono a dare senso a tali teorie.


[1] Questo saggio è stato tradotto dalla versione originale in inglese ed è dedicato dall’Autore alla memoria di Carlo Giuliani.

[2] Il teorema di Okishio avrebbe provato che la legge marxiana della caduta tendenziale del saggio di profitto sarebbe falsa. Tuttavia recentemente due prominenti marxisti hanno dovuto ammettere che questo non è il caso. Foley (2000; 282) scrive che la ricerca del TSSI dimostra che “il teorema di Okishio, nella sua accezione letterale, è sbagliato... il saggio di profitto in termini di denaro e di lavoro [possono] cadere nelle circostanze specificate nelle sue ipotesi”. In maniera simile, Laibman (2000b; 275) annota che il teorema di Okishio non prova nulla circa la tendenza del saggio di profitto reale ma solo che “il nuovo saggio di profitto materiale deve essere maggiore di quello precedente”.

La ‘prova’ chiave (e unica) della contraddizione interna dell’approccio Marxiano della trasformazione dei valori nei prezzi di produzione è quella di Bortkiewicz. Bortkiewicz (1952:6-9) sostenne che la differenza nei prezzi degli inputs e degli outputs nella procedura di Marx crea un illegittimo crollo nel processo di riproduzione. Tuttavia Laibman riconosce che la ricerca del TSSI ha confutato l’asserzione di Bortkiewicz. I prezzi degli inputs e degli outputs sono differenti nei contro-esempi del TSSI e tuttavia “l’equilibrio nella riproduzione esiste da un periodo all’altro” (Laibman 2000a:323). (Vedi Kliman and McGlone, 1990, per la prima di tali confutazioni). Similmente, Mongiovi (2001:33) ammette “l’assenza di errori aritmetici” nei modelli del TSSI più il fatto che, in questi modelli, “non è assolutamente possibile che i postulati di invarianza di Marx [profitti totali = plusvalore totale e prezzi totali = valore totale] possano essere violati”.