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Tendenze della competizione globale

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Luciano Vasapollo
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per Proteo (48)

Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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per Proteo (36)

Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Rita Martufi, Luciano Vasapollo

 

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Lo scontro geoeconomico per il controllo dell’”ombelico del mondo”

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

La Russia e l’Eurasia al centro dei "giochi" internazionali sulle risorse energetiche strategiche

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In generale, comunque, chi trarrà maggiori vantaggi dall’integrazione dei PECO nell’UE con l’abbattimento delle residue barriere saranno i paesi del centro e del nord dell’Unione Europea, poiché la loro specializzazione commerciale si concentra nei settori ad alta e media tecnologia e quindi di maggiore efficacia per le politiche economiche degli stessi PECO al fine di quel completamento del loro processo di transizione all’economia di mercato prescritta dalle regole della "convivenza economica imposta" dei paesi a capitalismo avanzato, e con minori costi di aggiustamento. I paesi del sud Europa, invece, avendo una specializzazione nei settori tradizionali simile a quella dei PECO avranno maggiori pressioni competitive.

Gli investimenti diretti esteri (IDE) costituiscono, in tali dinamiche, una componente fondamentale nel processo di integrazione nell’economia di mercato dell’Europa centro orientale, diventando al contempo strumento di controllo, di diversificazione e delocalizzazione produttiva e di espansione geoeconomica dei paesi UE.

I flussi degli IDE verso l’Europa centro orientale sono aumentati sin dall’inizio degli anni novanta passando dall’1% degli IDE totali nel 1989 al 12% nel 1995; questo a dimostrazione di un particolare interesse da parte delle multinazionali nello sfruttare le opportunità create dal processo di transizione.

Nel 1998, i paesi di quest’area (PECO) hanno registrato un’impennata nell’afflusso di investimenti esteri (+26% rispetto al 1997). In generale l’Europa centro-orientale è la regione che negli ultimi cinque anni ha registrato il maggior aumento dei flussi di investimenti esteri in entrata.

In particolare dalla disaggregazione dei dati i flussi degli IDE indicano la crescente integrazione economica tra l’occidente europeo e l’Europa centro orientale. Circa il 76% delle iniziative è stato opera di paesi UE, che hanno così favorito anche l’intenso programma di privatizzazione e di passaggio in mano straniera delle ex imprese statali degli ex paesi socialisti. Le imprese che hanno partecipato a questi progetti di investimento sono imprese provenienti dalla Germania (27%), dall’Italia (18%), dall’Austria (13%) e dalla Francia (10%). Per quanto riguarda, invece, i Paesi beneficiari, nel 1998, il 75% delle iniziative è stato destinato in tre Paesi in particolare: Repubblica Ceca, Polonia ed Ungheria (precisamente in tre paesi candidati tra i primi all’ingresso nella NATO) e in Romania. (Cfr. Tab. 8)

Estonia, Slovacchia e Slovenia, invece hanno avuto meno possibilità di attrarre gli investimenti esteri. Lettonia, Bulgaria, Lituania, Croazia e Albania invece non sono ancora ritenuti paesi interessanti per flussi ingenti di IDE in entrata, soprattutto a causa del ritardo nella loro fase di transizione all’economia di mercato e presentano grossi rischi per gli investitori.

Il settore manifatturiero è quello che ha raccolto la maggior parte (60%) delle iniziative europee seguito dal settore dei servizi (33%) ed infine da quelli dell’agricoltura, della pesca e della estrazione di minerali. Gli investimenti nei settori dove sono presenti grandi economie di scala hanno avuto un peso maggiore nella Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia e Polonia. Negli altri paesi la maggior parte degli investimenti sono stati indirizzati nei settori tradizionali. Germania, Austria, Francia, Regno Unito e Svezia effettuano il 50-59% dei loro progetti di investimento nei settori caratterizzati da forti economie di scala, mentre il 33-46% delle loro iniziative è indirizzato verso i settori tradizionali. Anche alcune multinazionali degli USA e del Giappone hanno investito in Polonia, Estonia, Ungheria e Repubblica Ceca ma svolgendo sicuramente un ruolo di secondo piano rispetto agli investimenti UE.

4. Alcune considerazioni conclusive

Alla luce di quanto esposto, risulta chiaro che dietro gli interessi di natura economica-produttiva delle grandi potenze occidentali, che con quest’area hanno ulteriormente rafforzato i loro rapporti collaborativi, vi sono particolari “giochi” geopolitici tendenti alla "colonizzazione" di un territorio di fondamentale importanza strategica; avendo comunque priorità assoluta l’UE che con l’espansione in quest’area vuole caratterizzare definitivamente un suo polo politico-economico che si pone come principale antagonista degli Stati Uniti che dopo il crollo dell’Unione Sovietica vorrebbero invece imporsi come unica superpotenza mondiale. Ma il processo in atto non può riportare verso la globalizzazione, al modello unipolare. Si tratta di una vera e propria dura e spietata competizione globale fra i principali blocchi economici; una competizione globale fra poli geoeconomici e quindi a carattere politico-strategico.

Attualmente per il "superimperialismo" unipolare statunitense non c’è spazio, non c’è il contesto economico adatto, esiste la forte concorrenza di altri poli, e la potenza militare USA, per quanto predominante, non è sufficiente né capace di imporsi, anzi evidenzia maggiormente le contraddizioni interimperialistiche. Chiarificanti a riguardo sono le palesi difficoltà degli USA in questi ultimi giorni, sia a carattere militare sia in senso diplomatico e di dominio geopolitico e geoeconomico. A fronte di un ipotizzato "fronte unico internazionale contro il terrorismo" sempre più emergono i dissapori, le diversità, i conflitti tra poli (USA e UE in particolare) e anche con quei grandi paesi cosiddetti emergenti (vedi Iran, Cina, Russia, Pakistan, India), che al di là delle iniziali e strumentali posizioni di appoggio non potranno certo accettare una presenza USA in Eurasia e Centro-Asia a lungo termine con finalità di controllo geoeconomico e geopolitico.