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CESTES-PROTEO: un anno vissuto intensamente


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CESTES-PROTEO: un anno vissuto intensamente

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1. Perchè CESTES-PROTEO

Circa un anno fa nasceva il Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali CESTES-PROTEO. Il Centro Studi si è da subito imposto come un interessante organismo di ricerca e di riflessione scientifico culturale e allo stesso tempo come un forum di confronto costante con tutte le realtà che a loro volta osservano, analizzano, interpretano e in alcuni casi cercano di intervenire sulla realtà culturale, economica e sociale. Non si tratta però di una semplice finestra aperta sulla realtà ma soprattutto della possibilità, offerta a chiunque voglia confrontarsi, di intraprendere percorsi comuni o paralleli di ricerca ed elaborazione scientifica e culturale sull’esistente. Dall’incontro del Centro Studi con le Rappresentanze Sindacali di Base (RdB) è nata l’idea di dare vita alla rivista PROTEO di impostazione e di carattere scientifico e culturale che rappresentasse uno stimolo al confronto e alla discussione aperto a tutte le realtà, soprattutto in merito alle questioni economico-sociali.

Si assiste oggi ad un continuo fiorire di centri studi e riviste che si muovono però tutti, tranne rare eccezioni, in un contesto di omologazione culturale e difficilmente si discostano dalla logica dominante dell’impresa e del profitto. Questo modello comunicazionale “omologato” attraversa tutto il tessuto sociale, arrivando anche agli strati meno abbienti della popolazione che avrebbero invece necessità di porsi criticamente nei confronti del contesto socio-economico che li domina.

Partendo da queste considerazioni, la parola d’ordine contenuta nell’editoriale del numero zero della rivista Proteo “per una riflessione scientifica fuori dal coro” assume un significato ben preciso. Il Centro Studi e la rivista sono pronti al confronto, a patto però che l’analisi e le conclusioni che ne conseguono sappiano rappresentare un punto di vista scientifico-culturale alternativo al pensiero dominante, capace di stimolare le coscienze all’interno di una società che sta attraversando grandi trasformazioni.

2. La presentazione della rivista PROTEO

L’apertura della rivista a diversi approcci e metodi di analisi-intervento sulla realtà è emersa chiaramente nel corso della sua presentazione tenutasi lunedì, 21 dicembre 1997. Tutti gli intervenuti si sono complimentati con gli autori rallegrandosi dell’opportunità di analisi e riflessione che questa offre.

La Dott.ssa Elena Battaglini, dell’IRES-CGIL e la Prof.ssa Marisa Ferrari, docente della facoltà di Scienze Statistiche all’Università “la Sapienza” di Roma, hanno dato la propria disponibilità a collaborare alla rivista anche attraverso contributi scritti. Il Dr. Giorgio Vitangeli, Direttore di Finanza Italiana, si è detto felice della nascita di una rivista che si opponga alla “monocultura” del capitalismo selvaggio” e rappresenti una “linea di resistenza contro una cultura dominante intimamente totalitaria” rappresentando così “ stimolo e motivo di riflessione per tutti coloro che si oppongono a questo mondo”.

Congratulazioni sono venute anche dall’On. Nerio Nesi, intervenuto in veste di Responsabile delle politiche economiche del Partito della Rifondazione Comunista (P.R.C.), il quale si è trovato d’accordo sulla necessità della ricerca di un modello di sviluppo diverso da quello proposto dal pensiero dominante ed ha individuato proprio in questo la differenza centrale tra il PRC e il PDS. Il PDS, a suo giudizio, ritiene invece che avendo vinto il capitalismo, alla classe lavoratrice non rimanga alternativa se non far “sgocciolare” dal capitalismo tutto il possibile, ma per poterlo fare è necessario essere al governo. Anche il PRC riconosce alcune vittorie al capitalismo (vedi crisi dell’Unione Sovietica, dei partiti socialisti e socialdemocratici Europei e Giapponesi) ma nonostante ciò ritiene che le contraddizioni presenti all’interno del mondo capitalistico siano tali che partendo da esse si possa certamente determinare un cambiamento rispetto al modello di sviluppo esistente in cui l’impresa e il profitto sono gli unici elementi fondanti.

Anche Alfonso Gianni, responsabile lavoro del PRC, ha definito “convincente” il taglio della rivista, condividendo la metodologia dell’inchiesta e della ricerca e ribadendo la validità di un’analisi della mutazione capitalistica degli ultimi anni di carattere economico piuttosto che statistico. Pur trovandosi d’accordo con il metodo adottato, ha però tenuto a ribadire una distanza nel merito riferendosi in particolare all’articolo del Prof. Vasapollo “Proposte di dibattito sui processi di trasformazione dell’economia e della società” e più specificatamente alla proposta di “Reddito Sociale Minimo” (RSM) in esso avanzata. In alternativa al Reddito Sociale Minimo, il PRC propone il “lavoro minimo garantito” in quanto in un’epoca in cui si tende alla distruzione del lavoro e al suo oscuramento facendo credere che la fonte della ricchezza capitalistica non sia legata al lavoro umano ma si trovi altrove, ha più valenza strategica e carica eversiva puntare sul “lavoro per tutti”. Ha poi convenuto che da un punto di vista rivendicativo la differenza tra le due proposte è puramente formale in quanto laddove non si possa ottenere un lavoro si deve comunque garantire un reddito che permetta l’esistenza.

Il segretario delle RdB, Pierpaolo Leonardi ha sottolineato l’importanza della collaborazione con il Centro Studi CESTES-PROTEO che permette al sindacato di superare la semplice dimensione rivendicativa, di battaglia quotidiana all’interno dei luoghi di lavoro per la tutela dei diritti dei lavoratori, e di dotarsi così di strumenti che gli permettano di analizzare e comprendere le trasformazioni economico-sociali in atto all’interno della società e tra i lavoratori.

3. Le proposte di dibattito nate dal n.0 della rivista PROTEO

E’ il Professor Luciano Vasapollo, Direttore Scientifico di CESTES-PROTEO, che conclude il dibattito, sottolineando il fatto che l’approccio innovativo della rivista sta soprattutto nel tentativo di superare la tendenza - estremamente radicata soprattutto a sinistra - a riflessioni di tipo operaista e industrialista. Non si può ignorare il passaggio avvenuto negli ultimi anni da una società in cui il conflitto avveniva all’interno della grande fabbrica e vedeva come protagonista l’operaio, ad una in cui a seguito della delocalizzazione e frammentazione della produzione industriale l’operaio non può più essere l’unico soggetto di riferimento della conflittualità all’interno del mondo del lavoro. Emerge oggi una nuova figura di lavoratore flessibile e precario, disperso sul territorio (in particolare le grandi metropoli del Centro-Sud) privato della propria identità e possibilità di aggregazione che in passato si esprimeva appunto all’interno della grande fabbrica.

Attraverso questa lente, la rivista ha realizzato alcune inchieste i cui risultati si scontrano con quelli forniti dalle ricerche “ufficiali”. Ad esempio la tanto sbandierata tendenza del nostro paese ad una forte “autoimprenditorialità” ignora volutamente il carico di precarietà e mancanza di garanzie che queste nuove forme di lavoro implicano. A fronte dei processi di deindustrializzazione e riduzione del peso delle attività agricole è in atto una tendenza alla terziarizzazione legata all’indotto industriale, tipica soprattutto dell’Italia centrale e settentrionale: in molti casi si tratta di una falsa terziarizzazione e piuttosto di una esternalizzazione delle attività produttive. Fioriscono nuove forme di lavoro autonomo di seconda generazione, costituite da operai espulsi dalla fabbrica che sperano di procurarsi un reddito attraverso l’apertura di piccole ditte di forniture destinate al fallimento entro poco tempo, tutto ciò a fronte di un aumento della disoccupazione sia ufficiale che invisibile. Le fonti di ricerca ufficiali arrivano persino a considerare la Sicilia e la Calabria come aree a forte diffusione d’imprenditorialità senza distinguere tra sviluppo reale e falso sviluppo indotto anche da produzione di risorse finanziarie derivanti spesso da attività illecite o da lavori a diritti non garantiti.

La rivista affronta inoltre all’interno della propria analisi il concetto di “globalizzazione”, precisando che se questo implicasse realmente la libera circolazione di merci, uomini e intellettualità sarebbe sinonimo di civiltà, avanzamento. Ma così non è, in quanto l’unica globalizzazione alla quale assistiamo è quella dell’economia finanziaria: a fronte dell’applicazione di un pesante protezionismo delle merci, di una chiusura delle frontiere accompagnata da forme esasperate di razzismo (vedi Accordo di Schengen) si liberalizza soltanto la “circolazione” della speculazione finanziaria.

All’interno della rivista sono avanzate inoltre due proposte interessanti di dibattito e confronto nell’ambito della riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario e della erogazione di un Reddito Sociale Minimo (RSM) a disoccupati e lavoratori non garantiti.

Si parte da una analisi delle trasformazioni del capitalismo dagli anni ’70 ad oggi in cui si evidenzia un cambiamento d’indirizzo negli investimenti. Si è passati da investimenti a carattere produttivo a investimenti in titoli finanziari ciò ha garantito il mantenimento e in alcuni casi l’aumento del livello di accumulazione capitalistica. Contemporaneamente, grazie all’innovazione tecnologica, si è verificato un aumento della produttività che ha permesso un ulteriore incremento del profitto per gli imprenditori mentre non ha prodotto alcun miglioramento nella condizione dei lavoratori: né in termini di riduzione dell’orario di lavoro, né tantomeno in aumento del salario reale, mentre si sono realizzati tagli pesanti al salario sociale, è aumentata la precarietà e lo sfruttamento degli occupati e c’è stato un pesante incremento della disoccupazione. Ad esempio, l’aumento di produttività realizzatosi negli ultimi tre anni si aggira su una media del 2%, mentre l’unico ritorno sui salari reali si aggira intorno a una media dello 0.5%, tutto il resto è stato incamerato dalle imprese che si sono affrettate ad investirlo in capitale finanziario.