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Osservatorio sindacale internazionale

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Pablo Ghigliani
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Ricercatore Istituto studi sociali de L’AIA

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Nuovo movimento operaio e l’occupazione delle fabbriche in Argentina

Pablo Ghigliani

 [1]

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3. La realtà diversa e contraddittoria delle cooperative

Le cooperative che si sono formate a partire dalle occupazioni hanno diversi destini ma anche comuni problemi. Per incominciare, tutte le cooperative devono far fronte inizialmente alla mancanza di capitale per poter comprare gli input e le materia prime. Quindi, l’impossibilità di comprare grandi quantità si ripercuote negativamente sui prezzi. Ancor peggio, a causa di tale difficoltà la maggior parte delle cooperative devono incominciare la produzione lavorando a ‘facon’ [2], dipendendo così dal capitalista che anticipa i fondi per comprare gli input o che apporta direttamente le materia prime necessarie per il processo produttivo (Dandan, 2003; Heller, 2002b). Secondo la ricerca della UBA a cui abbiamo riferito più sopra (Dandan, 2003), la maggior parte delle cooperative ha incominciato a combinare il ‘facon’ con una certa capitalizzazione autonoma. Tuttavia, l’estensione delle relazioni sociali di produzione espresse dalla pratica del ‘facon’, piuttosto che l’inizio della via verso il superamento del capitalismo, indicherebbero il ritorno a forme primitive di sfruttamento e di sviluppo protocapitalista.

In secondo luogo, vi è il problema dei debiti contratti. Ciò mette in pericolo il futuro economico delle imprese, conducendo i lavoratori ad aumentare il ritmo e le ore di lavoro e a ridurre i loro salari al minimo al fine di far fronte al pagamento dei debiti; e ciò nonostante il fatto che nel 70% dei casi - sempre secondo lo studio della UBA - si sarebbero raggiunti e superati i livelli di produzione precedenti (Dandan, 2003).

Un esempio è fornito da Zanello. Anche se non è una cooperativa, questo caso è utile perché viene considerato un riuscito recupero d’impresa che ha quadruplicato i posti di lavoro. Zanello ha firmato un accordo con il Banco de Córdoba (una banca di stato provinciale e principale creditore dell’impresa) per riscattare il debito che l’impresa ha con questa banca. La banca ha rinunciato ai diritti sugli immobili, per i quali Zanello pagava un affitto al giudice, mentre il governo provinciale ha rinunciato alla espropriazione. L’accordo prevede un pagamento iniziale di un milione di pesos e 60 quote mensili ad un interesse del 15% annuale, fissando la quota iniziale a 150 mila pesos. Questo ammontare equivale al salario mensile totale, che risulta dalla somma di 540 pesos che riceve ogni lavoratore. È importante sottolineare che questi salari sono sotto la linea di povertà (Heller, 2003)  [3].

Infine, la continua depressione delle attività economiche e la caduta verticale del consumo popolare si ripercuote severamente sulle cooperative. L’anarchia del mercato con la sua logica concorrenziale, la stessa che ha rovinato i proprietari di queste imprese, non fa distinzione tra i prodotti dell’egoismo capitalista e i frutti dello sforzo solidario dei nuovi proprietari collettivi.

Vari analisti sostengono che questi fattori starebbero conducendo in molte di queste imprese all’auto-sfruttamento dei lavoratori intrappolati tra la mancanza di capitale, il ritardo tecnologico, i debiti e le costrizioni del mercato (Heller, 2002b; Aguirre e Werner, 2002a).

Tuttavia, segnalare questi limiti non significa che non esistano casi di successi commerciali che fino ad ora hanno superato queste difficoltà. Per esempio, la cooperativa metallurgica Union y Fuerza ha assunto mano d’opera per far fronte ad una domanda superiore del 50% a quella precedente l’occupazione e “a due anni dalla riapertura hanno pagato crediti, ha comprato macchine, ha ampliato i locali... e, a identiche condizioni di lavoro, guadagnano quattro volte di più” (Dandan, 2003). Un altro caso è l’IMPA che produce imballaggi e carta di alluminio. È stata occupata inizialmente da 60 operai e oggi sono 130. Per di più, mentre gli ingegneri aziendali sostenevano che l’alluminio non si poteva recuperare e che bisognava comprarlo dall’azienda monopolistica ALUAR, attualmente il 100% della produzione dell’IMPA viene fatta con materiale riciclato, un re-ingegneria realizzata dagli stessi lavoratori [4].

Vi è un fattore fondamentale che spiega perché queste imprese, sia quelle di successo che quelle che si mantengono ad un livello di sussistenza, riescono a sopravvivere al mercato. Il 90% ha abolito i posti gerarchici, distribuendo i redditi in modo ugualitario (Dandan, 2003). In questo modo, oltre alla eliminazione del reddito netto del capitalista, si evita di pagare il lavoro improduttivo dei manager, dei rappresentanti e del personale gerarchico (Martínes-Voscos, 2002). Ciò aiuta a compensare il pronunciato ritardo tecnologico che caratterizza la maggior parte di tali imprese. Questo risparmio è importante perché, salvo eccezioni, si tratta di piccole imprese con entrate molto basse.

Vi è un lato oscuro in questo processo di formazione delle cooperative, ed è che al tempo stesso si sono trasformate in molti casi in un salvataggio del capitale, sia del proprietario che dei creditori. Le forme che hanno assunto sono varie e si combinano tra di loro.

Quella più comune è stata la indennità statale per l’espropriazione di imprese obsolete che erano destinate a fallire. Oppure gli interessi che lo stato paga ai creditori degli stabilimenti ceduti ai lavoratori per un periodo di due anni [5]. Un’altra è quando i lavoratori finiscono di pagare il debito padronale che rilevano come proprio nel formare la cooperativa [6]. Per ultimo, attraverso la valorizzazione degli attivi se l’impresa funziona grazie agli sforzi dei lavoratori che assumono per due anni il controllo prima del fallimento sotto la tutela del giudice e del sindaco. Una volta passati i due anni, i lavoratori ritornano a fronteggiarsi con i proprietari o con i creditori [7]. Per di più, supponendo che la cooperativa sia in grado di effettuare la compera, la supposta priorità che si accorda ai lavoratori alla fine di questi due anni non passa per adesso da una volontà che accompagna i decreti legislativi giacchè avrebbe bisogno di una approvazione parlamentare nazionale. Fino ad ora, tutto si è svolta a livello municipale e provinciale.

Questo quadro mette a nudo il doppio carattere del programma del MNER. Dall’ottica immediata delle migliaia di lavoratori che hanno trovato un modo di sopravvivenza di fronte alla chiusura della loro fonte di lavoro, tutta la critica pare pedante. E tuttavia è necessaria. Perché il MNER limita oggigiorno le occupazioni ad una instabile soluzione che non trascende la frontiera dei suoi protagonisti e che mette in forse il capitale solo quando fallisce o scappa. I suoi obiettivi di base sono le politiche pubbliche di impiego, specialmente il recupero di imprese e il credito per le stesse. Il suo modello, secondo i suoi dirigenti, si fonda su esperienze come le società anonime di lavoratori, sviluppate in Spagna da Felipe Gonzáles negli anni ’80 e che hanno permesso il recupero di migliaia di imprese (Granovsky, 2002). Mettono gli occhi sui milioni che lo stato trasferisce ai capitalisti e pensano a tutti i problemi che essi potrebbero risolvere con questo denaro. Tuttavia, quando il denaro che ricevono i capitalisti attraverso l’indennizzo o l’interesse statale è il prezzo che bisogna pagare per una nuova e incerta cooperativa, il MNER lascia i calcoli da un lato.

Per di più, anche se si accetta questa logica angusta, il punto focale del MNER nelle imprese fallite rimane al di fuori delle occupazioni provocate da licenziamenti di massa, svuotamenti, o semplicemente da occupazioni di fabbriche che non hanno ancora dichiarato il fallimento. Ignora, prima di tutto, che aspettare la dichiarazione di fallimento implica maggiori possibilità di svuotamenti delle fabbriche da parte dei padroni e, in secondo luogo, che si sottomettono gli operai, che desiderano formare una cooperativa, alla lentezza dei tempi legali [8].

Infine, quelle esperienze cha hanno avuto un successo commerciale - comprendendo quelle che hanno incominciato ad esportare la loro produzione - tendono ad essere assorbite completamente dalla logica mercantile. Su questa via, esse finiscono per concentrare tutti i loro sforzi sulla marcia della produzione, in tal modo alienandosi non solo da ogni programma popolare ma anche dalla solidarietà operaia con quelle cooperative che sono in condizioni precarie.

E qual è la posizione dello stato in tutto ciò? Le dichiarazioni del segretario dello Sviluppo Economico di Buenos Aires, dopo una timida espropriazione temporanea, sono cinicamente eloquenti: “è preferibile investire in macchine e in fonti di lavoro che in sussidi per disoccupati e buoni pasto”.

4. Il caso Zanon: il fiore all’occhiello della tesi consigliare [9]

Il caso di Zanon si evidenzia per la radicalità delle sue posizioni e per la dinamica della lotta che ha condotto alla presa della fabbrica. Il processo risale al conflitto che portò alla vittoria nelle elezioni per i delegati della commissione interna (CI) da parte di un gruppo di operai e che susseguentemente, in pieno conflitto con la direzione, terminò con la sostituzione della vecchia direzione burocratica della fabbrica di ceramica (SOECN).

La combinazione di repressione padronale e complicità sindacale rendevano la militanza di fabbrica a Zanon un compito difficile e rischioso. Perfino tiepidi intenzioni di creare una opposizione dovevano affrontare licenziamenti e minacce. Nel mezzo di questo clima sfavorevole, un pugno di lavoratori prese un cammino eterodosso, l’organizzazione di un torneo di calcio. Lì, tutti i fine settimana, lontano del controllo padronale, si è iniziato un processo di raggruppamento e di maturazione politica che ha portato alla prima assemblea (quelle stesse che erano mezzi di protesta e che erano proibite) e alla formazione di un gruppo di opposizione che susseguentemente vincerà la guida della CI.

La morte di un operaio in un incidente sul lavoro ha fatto da catalizzatore nel primo sciopero che nel luglio del 2000 ha paralizzato le attività della fabbrica per nove giorni. Al principio dell’anno seguente, alla domanda di sicurezza sul lavoro si sommano le proteste per il ritardo del pagamento della tredicesima. La risposta della impresa è stata l’apertura del procedimento di pagamento preferenziale dei creditori, la proposta di ritiri volontari e la minaccia di licenziamenti. Ciò ha condotto ad un nuovo aperto conflitto. La CI, già in mano alla lista di opposizione, riesce, attraverso un documento firmato da tutti i lavoratori della fabbrica, ad essere presente al Ministero del Lavoro, controllando così le negoziazioni per la conduzione dell’impresa. Questa esperienza finisce per rivelare i vaneggiamenti del SOECN e la sua complicità con il padronato e i funzionari del Ministero. Questo ha provocato uno sciopero generale di 34 giorni nei mesi di Maggio-Aprile del 2001. la modalità dello sciopero, all’unisono con le lotte dei piqueteros, comprendeva il blocco stradale e la presenza del MTD neuquino e di imprese della zona.

Infine, il conflitto si aggrava definitivamente quando il padronato spegne i forni, chiude la fabbrica e ferma la produzione. La CI fa un ricorso legale che riceve in principio un giudizio favorevole che obbliga il gruppo imprenditoriale a riaprire la fabbrica. Questa volta, la risposta è l’invio di 200 telegrammi di licenziamento. Gli operai decidono di occupare la fabbrica, riconnettono il gas, mettono in funzione 2 dei 5 forni, e iniziano la produzione con controllo operaio. Parallelamente, la CI estende i contatti ad altre fabbriche e vince le elezioni del settore del SOECN (Godoy e Blanco, 2002; Picchetti, 2002).

Tutte le decisioni del SOECN e della CI della Zanon sono prese in riunioni assembleari e in una maniera identica sono risolti i problemi dell’organizzazione della produzione. Un esempio sono state le assemblee tenute a proposito dei numerosi difetti di qualità registrati all’inizio. Inoltre, gli operai hanno votato coordinatori di produzione dei distinti settori che hanno riunioni congiunte con il SOECN e i delegati di fabbrica, e tutte le settimane viene dato agli operai un rapporto sopra la produzione e le vendite. Si sono organizzate anche “giornate di discussione della produzione” durante le quali si discutono onorari, servizi di guardia, regime interno, livelli di produzione, riposi e giornate libere. Infine, in queste giornate si discute la rotazione dei compiti, cosa che non è stata ancora messa in pratica (Martinez, 2002; Werner e Aguirre, 2002b).

Un fattore chiave è stata la politica di alleanze sociali condotta fino ad ora dagli operai di Zanon, tra le quali spiccano le azioni unitarie forgiate con il MTD Nenquino. Uno dei suoi risultati è stata l’assunzione nella fabbrica di 15 operai disoccupati durante il 2002 [10]. Al principio dello scorso marzo, Zanon ha incorporato ancora 20 lavoratori disoccupati (Zanon, 2003). In un’altra iniziativa congiunta con il MTD di Neuquén, si è portata a termine una sala dell’ospedale che lo stato aveva abbandonato in piena costruzione. Zanon ha messo i materiali e l’MTD la mano d’opera. A loro volta, gli infermieri e i medici dell’ospedale locale hanno provveduto le guardie sanitarie affinché la fabbrica funzionasse in modo sicuro. Allo stesso tempo, con l’obiettivo di estendere queste alleanze sociali e politiche, si è formato un coordinamento che raggruppa i distinti settori in lotta nella regione.

Tra le iniziative innovatrici con le quali si sviluppa la produzione, gli operai hanno disegnato due nuove serie di ceramiche, “El Obreo” e “Mapuche”. Quest’ultimo è un riconoscimento per le comunità indigene dei Mapuches, cacciate dalla voracità dei petrolieri, che hanno partecipato al conflitto portando argilla della loro terra come materia prima per la produzione di ceramiche (Hacher, 2002).

Assieme all’Università del Comahue, hanno elaborato un piano di lavoro per la fabbrica che attualmente sta funzionando per appena il 20% della sua capacità. La produzione è orientata verso un piano di opere pubbliche (a cui partecipò il MTD neuquino) che è stato presentato allo stato provinciale, primo per trovare una soluzione al problema edilizio che riguarda ospedali e scuole, secondo per combattere la mancanza di case di cui soffre la popolazione di Neuquén, e terzo per combattere i problemi urgenti della disoccupazione che affliggono migliaia di lavoratori edili (Zanon, 2002).

Il SOECN si è trasformato durante questo processo in un simbolo delle occupazioni e nella punta di lancia di coloro che difendono il programma di statalizzazione senza indennizzo e con controllo operaio di tutte le fabbriche occupate. Assieme ai lavoratori della Brukman, hanno realizzato tre incontri delle fabbriche occupate per discutere e propagandare questo programma. Essi hanno raggruppato non solo le fabbriche che sono a favore della espropriazione senza indennizzo ma anche un importante numero di organizzazioni piquetera, assemblee di quartiere, sindacati e raggruppamenti sindacali combattivi, raggruppamenti di studenti, e partiti politici di sinistra.


[1] Ringrazio Juan Grigera e Marcelo Raimundo per i loro commenti critici.

[2] Nota del traduttore: questo termine indica che le materie prime, o in genere gli input, sono anticipati da coloro che ordinano le merci.

[3] Un euro equivale oggi a 3,30 pesos argentini. Il paniere di base (e limite della linea della povertà) è di 726 pesos argentini. Altri esempi: Yaguanè, che ha pagato dal 1997 più di tre milioni di pesos per un debito che supera gli ottanta milioni di dollari. Il suo presidente ha dichiarato in un’intervista rilasciata alla rivista Tres Puntos: “Sappiamo che ci stiamo facendo carico di un debito milionario e non di una fabbrica”. Oppure La Baskonia e il suo debito di 9 milioni di dollari.

[4] All’IMPA guadagnano tutti lo stesso, tra i 750 e gli 800 pesos. Si noto che questo reddito supera appena la linea della povertà. A Zanon, un caso che analizzeremo più sotto, gli operai si sono dati un salario di 800 pesos. Nell’Argentina di oggi, non far parte statisticamente dei poveri è un criterio, più che giustificato, di successo delle lotte popolari. Nell’Uniony Fuerza, un caso modello, il salario sia aggira attorno ai 1500 pesos.

[5] Nel caso di Ghelco Y Chilavert, il governo deve pagare ai proprietari e ai creditori un interesse per due anni. Dopo due anni, i proprietari disporranno nuovamente dei loro beni.

[6] Come nel caso sopra menzionato di Zanello, La Boskonia e Yaguané. Un caso particolare è Polimex. I lavoratori accettarono l’indennizzo in cambio di azioni e ora si trovano a dover far fronte ai debiti ereditati (Aguirre-Feijoo, 2002).

[7] È il,caso della Union y Fuerza. Dopo i due anni, l’espropriazione definitive a loro favore non si compì e la cooperative fu obbligata a comprare le installazioni e gli immobili (Heller, 2002b). Infine si rinnovò il possesso per ancora due anni.

[8] Acrow è un esempio del primo caso e La Baskobya, occupata dai lavoratori senza ricevere un solo peso per sei mesi e senza poter produrre per impedimenti legali, è un esempio del secondo caso.

[9] Mentre scrivo, la giustizia provinciale ha ordinate lo sgombero. Con ciò, la minaccia di una repressione pende di nuovo sui lavoratori della Zanon che hanno dichiarato che resisteranno fino all’ultima conseguenza. Diverse organizzazioni hanno dichiarato il loro appoggio e sono disposte, assieme agli operai, a resistere al braccio armato dello stato neuquino. Esprimo fin d’ora la mia più completa solidarietà con la lotta dei lavoratori della Zanon.

[10] L’influenza che il PTS ha tanto nella Zanon quanto nel MTD di Neuquén ha facilitato il successo di tale politica. Per altri aspetti ha facilitato le divisioni inutili. I posti offerti erano 10. Il MTD di Neuquén ne ricevette 5 e decise di raddoppiarli incorporando 10 membri nella Zanon. Gli altri 5 posti furono per il PO, l’MTR, e l’MPB (Nuestra Lucha, 2002).