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Lo sviluppo socialmente sostenibile

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Per una compatibilità ecologica e sociale dell’attività produttiva
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

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Per una compatibilità ecologica e sociale dell’attività produttiva

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Cestes ripropone con forza la necessità di una legge per il bilancio socio-ambientale d’impresa [1]

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Tale nuova cultura d’impresa deve dotarsi di strumenti da utilizzare per valutare il giusto equilibrio tra redditività, economicità di gestione e garantismo economico, inteso come salvaguarda della libertà economica dei vari attori sociali interagenti con l’azienda e della società civile nel suo complesso, dando il giusto peso all’investimento in risorse capaci di salvaguardare l’ambiente. Il bilancio socio-ambientale va considerato come uno strumento in grado di misurare e valutare il “clima socio-economico-culturale” in cui l’impresa opera tenendo conto delle politiche aziendali operative e strategiche prefissate, ed essendo un documento che può essere presentato congiuntamente al classico bilancio di esercizio, esso deve fornire tutte le indicazioni indispensabili a favorire i cambiamenti necessari all’instaurazione di nuovi rapporti tra impresa e macrosistema socio-ambientale.

Si tratta, in ultima istanza, di contabilizzare e pubblicizzare il rapporto non solo economico, o meglio non riguardante soltanto le relazioni e i rapporti economici diretti e immediatamente misurabili, che l’azienda instaura con i propri dipendenti, con la popolazione locale residente nei pressi del sito produttivo, con l’insieme dei consumatori, dei fornitori, dei finanziatori e di tutti coloro che hanno contatti economici e sociali con l’azienda stessa. Il bilancio socio-ambientale è dunque un documento che contabilizza e rende pubblico il passaggio dell’impresa da semplice soggetto economico-produttivo a soggetto economico-sociale che si assume responsabilità di natura etica, sociale e ambientale, nell’ambito del macrosistema nel quale opera.

Tale bilancio è un documento molto difficile da redigere in quanto deve tener conto di molte variabili socio-economico-ambientali che devono essere misurate e quantificate in modo da rispondere alle esigenze informative di tutti coloro che hanno “scommesso” sulle sorti dell’impresa (i cosiddetti “stakeholders”), e si aspettano prima di tutto dei ritorni economico-finanziari e poi, eventualmente, quelli di natura sociale.

Scopo di questo documento contabile è quello di ottenere una valutazione complessiva del contributo quantitativo sociale e di impatto ambientale dell’impresa e per raggiungere tale obiettivo deve essere redatto in modo da presentare sia un prospetto dei costi e dei ricavi sociali e sia quello delle attività e passività sociali. Un aspetto del bilancio socio-ambientale, che merita di essere approfondito, è sicuramente quello relativo all’inserimento al suo interno di fattori più specificatamente a carattere ambientale, per meglio comprendere quanto questi condizionano la pianificazione aziendale e l’organizzazione gestionale dell’impresa stessa. Infatti il progresso scientifico-tecnologico , la maggiore sensibilità dell’opinione pubblica sulle tematiche ecologiche, la spinta dovuta alle organizzazioni e ai movimenti ambientalisti, hanno notevolmente aumentato la consapevolezza della gravità del problema ambientale anche da parte delle imprese.

Ciò ha comportato che all’ipotesi iniziale di rendere conto attraverso il bilancio sociale della responsabilità sociale dell’attività produttiva, si sia aggiunta l’esigenza di contabilizzare e pubblicizzare le ricadute di carattere ambientale dovute appunto all’attività d’impresa.Si parla a tale proposito di eco-bilancio, come parte del più ampio concetto di bilancio sociale, al fine di contabilizzare le ricadute economiche dovute all’impatto della produzione aziendale in relazione ai costi di natura ambientale. Infatti pur considerando che “sulla compatibilità ambientale dell’impresa si gioca il consenso di cittadini e pubblici amministratori, dunque la possibilità di crescere e svilupparsi in un clima sociale favorevole”, resta comunque ancora la convinzione che alla tutela dell’ambiente si accompagni una riduzione del margine di profitto da parte dell’impresa, anche se “esperienze a livello internazionale hanno invece dimostrato il contrario: una maggiore responsabilizzazione ambientale porta a risparmiare materie prime, energia, acqua, riducendone i costi per l’azienda che sono in prospettiva crescenti data la sempre maggiore consapevolezza della loro scarsità”.

Fin dagli anni ‘70 il problema della contabilizzazione delle esternalità è apparso in tutta la sua importanza, in quanto le imprese che sostengono i costi per la salvaguardia ambientale sono contabilmente svantaggiate rispetto alle altre poiché a parità di altre condizioni evidenziano un Valore Aggiunto inferiore; diventa quindi necessario allargare i confini tradizionali della contabilità generale d’esercizio, generalizzando e valutando positivamente l’inserimento delle voci dei “costi ambientali”.

Ciò è ancor più vero se si considera l’aumentata sensibilità da parte delle imprese rispetto ai problemi di eco-compatibilità produttiva che ha prodotto la consapevolezza che le spese di natura ambientale non devono più essere intese come semplici esternalità; si va cioè superando la concezione secondo la quale le spese ambientali vengono considerate elementi reddituali negativi dell’impresa da scaricare come costi sociali collettivi.

Il bilancio ambientale non deve essere considerato come il bilancio sociale d’impresa, ossia come documento orientato al miglioramento delle pubbliche relazioni, soprattutto perché in questo modo vi sarebbero molte conseguenze negative riguardanti specialmente la mancanza di notizie precise, trasparenti e chiare sulle ricadute ambientali dell’attività d’impresa.

E’ necessario un riconoscimento legislativo che renda obbligatoria la presentazione del bilancio socio-ambientale, che integri e affianchi il normale bilancio d’esercizio, per costringere le imprese ad analizzare e pubblicizzare il grado di perturbazione delle condizioni ambientali causate dal proprio ciclo produttivo e consentire così di avviare un processo culturale d’impresa che sia orientato non solo al raggiungimento del “profitto ad ogni costo” ma che si ponga come obiettivo anche la salvaguardia degli interessi socio-ambientali collettivi. Si tratta in sostanza di realizzare un diverso modello di sviluppo incentrato non solo sulle leggi ferree del mercato, ma che si basi anche sull’attuazione di forme di economia sociale a carattere ecosolidale e cooperativo.

4. Per un’economia dello sviluppo solidale a carattere eco-sociale e cooperativo con connotazioni fuori mercato

Va rilevato allora che, già da subito, per dare un senso socio-economico alla costruzione dei bilanci ambientali, è necessario effettuare delle scelte strategiche di politica economica generale che operino congiuntamente sulle emergenze dell’occupazione e della salvaguardia ambientale. E’ fondamentale coordinare il concetto di sviluppo sostenibile con quello di incremento di una diversa ricchezza, realizzabile anche attraverso investimenti in processi, di innovazione ad alto contenuto di capitale immateriale ed ambientale, in grado di modificare radicalmente i modi di produzione e la funzione e natura stessa dei beni prodotti.

Si tratta in sostanza di realizzare un diverso modello di sviluppo incentrato non solo sulle leggi ferree del mercato, ma che si basi fondamentalmente sull’attuazione di forme di economia sociale a carattere ecosolidale e cooperativo con connotazioni e logiche fuorimercato.

Diventa allora centrale per un’iniziativa sociale politico-ecologica antagonista aprire una battaglia per modificare le forme di organizzazione produttiva attuali con altre più rispettose dell’ambiente, della vita umana, delle risorse a partire dall’inversione delle regole del modello neo-liberista.

I principi ispiratori di un diverso sviluppo, di un nuovo modello riguardano certamente la prevenzione e il miglioramento della performance ambientale d’impresa ma mettono al centro del dibattito non necessariamente la crescita economico-produttiva, ma la crescita della valenza sociale del vivere collettivo. Questi principi fanno riferimento non alle priorità aziendali ma alle priorità sociali, al miglioramento continuo della qualità della vita, alla formazione del personale non incentrata sulle logiche di competitività di un nuovo darwinismo economico, alla valutazione preventiva degli impatti socio-ambientali riguardanti il Nord e il Sud del mondo, dei prodotti e dei servizi orientati a una nuova qualità dei bisogni, all’assistenza al consumatore e a garantire universalmente i consumi di sopravvivenza, ai piani di emergenza sociale, al trasferimento di tecnologia non con finalità da neocolonialismo, ecc.

Va considerato, poi, che non vi è ancora una cultura adeguata che si indirizzi alla formazione di personale specializzato. E’ fondamentale comprendere che vanno contrastate non solo le diversità economiche ma anche le differenze di istruzione e di informazione che portano a condizionamenti più o meno pesanti dal punto di vista culturale. Gli emarginati, gli esclusi possono arrivare a raggiungere una propria dignità anche attraverso la parità culturale. Quindi “l’eguaglianza di accesso ai mezzi di conoscenza - con la creazione di libere reti di informazione e di cultura “alternative” rispetto a quelle del Sistema - va messa al primo posto tra i nostri obiettivi.

E’ indispensabile pertanto sviluppare nuove politiche socio-ambientali in grado di mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo, a cominciare dalla possibilità concreta di generare nuova e diversa occupazione, di incrementare la ricchezza sociale in un’ottica di miglioramento della qualità della vita dell’intero genere umano e di ogni specie vivente.

Il fine è quello di sostituire le idee economiciste del sistema attuale con quelle di solidarietà umana, internazionale e anticapitalistica; questo per contrastare la crescente globalizzazione dell’economia che al grido di “vincano i più forti” sta devastando e distruggendo ogni dimensione della civiltà umana, dell’ambiente, delle solidarietà sociali.

E allora è necessario contrastare il potere del mercato, realizzando un miglioramento delle condizioni umane e ambientali attraverso l’articolazione di un vero e proprio sodalizio fra ricerca scientifica e iniziativa politico-sindacale che ponga al centro i bisogni reali dei popoli, per arrivare a una effettiva solidarietà internazionale capace di realizzare un modello di sviluppo solidale fuori-mercato socio-ecocompatibile.

La necessità di un movimento internazionale della sinistra di classe che trova le sue ragioni nelle problematiche socio-ecologiche e il suo fondamento sulle ragioni delle masse dei non garantiti, è diventato ormai sempre più fondamentale soprattutto in vista della crescente crisi del capitalismo mondiale e del peggioramento delle condizioni economiche, sociali ed ecologiche globali. La classe lavoratrice, inserendo ovviamente in questa i disoccupati e i non garantiti, deve comprendere che il degrado dell’ambiente è ormai una problematica cruciale per ogni movimento antagonista, poiché derivata dal complessivo meccanismo di sfruttamento del modello di sviluppo neo-liberista. E’ allora centrale per l’iniziativa sociale e di riflessione scientifica di una nuova sinistra antagonista ”sviluppare una sensibilità verso la scienza e l’ecologia” e al tempo stesso riconoscere che “la distruzione della natura nel mondo capitalista si basa sullo sfruttamento di classe e sulle leggi che muovono il capitale”.


[1] Su queste tematiche si vedano gli art. di R.Martufi sul n.0 di PROTEO e l’art. di L.Vasapollo “Nuovi strumenti per misurare la compatibilità sociale d’impresa” su “Finanza Italiana”, mensile economico-finanziario, Anno V, N.11-12, Novembre, Dicembre 1997.