2. Il lungo smembramento della Suridade Social
Vari sono gli aspetti che evidenziano le iniziative e i mezzi
che minano il concetto di Siguridade Social durante i governi che si sono
succeduti dalla promulgazione della Constituição Cidadã [2]. Tra
gli aspetti principali si nota: l’utilizzazione di parte delle risorse per
fini estranei alla Siguridade Social nei primi due anni successivi alla
promulgazione della Costituzione; la specializzazione dei contributi degli
impiegati e delle impiegate nella Previdência Social; la creazione di
meccanismi che permettano l’accesso dell’Unione alle risorse della
Seguridade Social e quindi all’istituzionalizzazione del suo uso indebito; l’alterazione
dei criteri d’accesso ai benefici previdenziali, specialmente per le pensioni;
l’inclusione, sul piano dell’analisi e del dibattito pubblico, del regime
degli impiegati, in chiara rottura con l’articolo 194 della Costituzione.
Recuperare questo smembramento è essenziale per comprendere
quanto fosse fragile il consenso che aveva definito i contorni della
Costituzione del 1988, ed in particolar modo quello relativo all’articolo
sulla Seguridade Social. Nulla più di ciò indica come in Brasile le politiche
sociali sono permanentemente soggette ad obiettivi ed a costrizioni economiche d’ogni
tipo. La Costituzione del 1988, riflettendo il desiderio di democrazia e di
riscatto del cosiddetto debito sociale di quel tempo, era stato uno di quei rari
momenti in cui veniva contraddetta una regola molto importante. Il recupero di
questo smembramento, anche se in forma ridotta, realizzata dai governi Sarney,
Collor e Cardoso (in entrambe le amministrazioni), fornisce la prospettiva della
controriforma previdenziale intrapresa dal governo Lula.
La prima iniziativa contro il concetto di Seguridade Social
era stata realizzata già nel primo anno successivo alla promulgazione della
Costituzione, quando le risorse dell’allora Finsocial e del CSLL erano state
stanziate nella loro totalità allo scopo, in pratica, di finanziare gli
Encargos Previdenciários da União (EPU). Questa spesa, che corrispondeva alla
parte di contributo dell’Unione per il finanziamento degli stipendi degli
impiegati federali, non riguardava la Previdência Social della Seguridade
Social, poiché il regime a cui erano soggetti questi impiegati era stato
mantenuto a parte dai costituenti (MARQUES, 1989). Di fronte al dissenso
provocato, l’anno successivo questo eccesso venne estremamente ridotto e fatto
sparire entro il 1990. Ma passati appena due anni, approfittando delle
difficoltà del Regime Geral da Previdência Social (RGPS) nel far fronte all’aumento
spropositato della domanda di benefici [3], il
governo non aveva rivisto per la Sanità il 15,5% di contribuzione sul reddito
degli impiegati e delle impiegate previsto dalla Lei de Diretrizes
Orçamentária (LDO) (MÈDICI e MARQUES, 1994). Questa decisione aveva
implicato, oltre all’obbligo per il settore della Sanità a sollecitare un
prestito d’emergenza insieme al Fundo de Amparo do Trabalhador (FAT), l’uso
esclusivo dei contributi per i benefici previdenziali, andando contro il
concetto stesso di Seguridade Social. La legittimazione di questa pratica era
stata poi regolamentata dalla riforma promossa dal governo Cardoso.
La terza misura presa contro la Seguride Social non si fece
attendere. In nome di una maggiore stabilità della moneta, nel 1994, era stato
approvato lo svincolamento di parte delle risorse della Seguridade Social
attraverso la creazione del Fundo de Estabilização Fiscal (1997) e finalmente,
per esprimere il suo reale carattere di Desvinculação dea Receitas da União
(DRU - nel 2000), era stato permesso che il 20% del reddito d’imposta e delle
contribuzioni fosse liberamente collocato dal governo federale, compreso il
pagamento degli interessi dovuti (MÈDICI e MARQUES, 1994a, - MARQUES e MENDES,
2001). Questa misura aveva ottenuto una netta opposizione dei sostenitori della
Seguridade Social ed il Partido dos Trabalhadores aveva chiuso la questione
rifiutando la sua approvazione al Congresso Nazionale. Curiosamente, con Lula
attualmente alla presidenza della repubblica, questo stesso partito ha avviato
una proposta di riforma tributaria che prevede l’estensione fino al 2007 del
DRU. Dimenticando qualsiasi principio precedentemente difeso, sostiene che: “Sebbene
gli indicatori dell’economia nazionale ci danno oggi l’immagine di una
situazione migliore rispetto al passato, la cautela esige che una simile
disposizione rimanga in vigore fino a quando le condizioni macro-economiche [non
miglioreranno] e le incertezze nello scenario internazionale non spariranno”
(E.M.I., 2003, p.1). Oltre ad affermare che gli indicatori dell’economia
nazionale erano migliorati rispetto al passato, mentre il paese mostrava un
tasso di disoccupazione record (nella Grande São Paulo, secondo la Fundação
Sistema Estadual de Aálise de Dados - Seade - la disoccupazione era pari al
20,6% dell’impiego e secondo l’Istituto Brasileiro de Geografia e
Estatística - IBEGE - 14,6%), un tasso dell’interesse nominale di riferimento
del 26,5% e una domanda con chiari segni di arretramento economico (diminuzione
del Consumo das Familiás e della Formaço Bruta do Capital, tra gli altri),
parlava cinicamente di cautela o di espediente per lo svincolo delle
risorse per la Seguridade, al fine di aumentare il surplus primario richiesto
dal FMI per il pagamento del debito pubblico ed estero [4].
Tuttavia l’ultimo attacco alla Seguridade Social, prima
dell’elezione di Lula alla presidenza della repubblica, è avvenuto attraverso
la riforma previdenziale promossa dal governo Cardoso. Questo governo aveva
presentato a marzo del 1995 una proposta, conosciuta come Proposta de Emenda
Costitucional 33 (PEC 33), che alterava la previdenza sociale sia dei lavoratori
del settore privato sia degli impiegati dell’amministrazione pubblica. Questa
era rimasta in discussione alla Câmara de Deputados fino al luglio 1996 ma a
causa delle forti resistenze nei confronti del suo contenuto, in cui non era
mancata, all’epoca, la ferma opposizione della Central Única dos
Trabalhadores (CUT) e del Partido dos Trabalhadores (PT), era stata ritirata,
riformulata e ripresentata nel 1997 [5].
Alla fine del 1998, veniva finalmente approvata la Emenda Costitucional nº 20
(EC 20), che alterava il pensionamento del RGPS e il regime stesso degli
impiegati pubblici [6].
Nell’RGPS, i dispositivi costituzionali sottoposti a
revisione ed approvati dalla EC 20 sono stati: la soppressione della copertura
di dieci salari minimi per il pagamento della pensione per il periodo di
servizio e per la sua regola di calcolo (la misura aritmetica degli ultimi
trentasei mesi di contribuzione); la sostituzione del tempo di servizio con il
tempo di contribuzione e la creazione delle condizioni che consentono al sistema
pubblico di previdenza di seguire le regole che proporzionano l’equilibrio
finanziario ed attuariale. Approvati questi nuovi dispositivi costituzionali, il
governo è passato ad elaborare le leggi ordinarie e i decreti del Ministério
da Previdência e Assistêcia Social (MPAS) per definire le nuove regole e
stabilire le regole di transizione.
Tra le altre misure, il progetto di legge presentato al
Congresso Nazionale mirava per il RGPS: 1) all’ampliamento del periodo di
contribuzione per il calcolo del beneficio; 2) all’introduzione della formula
di calcolo per questo beneficio in considerazione dell’età di coloro che
richiedevano il pensionamento e l’aspettativa di vita secondo i calcoli dell’IBGE.
Questa proposta corrispondeva alla Legge 9.876/99. A partire dall’entrata in
vigore di questa legge il valore del pensionamento non sarebbe più stato
calcolato in base alla media aritmetica degli ultimi 36 mesi di contribuzione
(ed al massimo un periodo di 48 mesi) e così anche per la media aritmetica dei
maggiori salari-di-contribuzione, corretti a livello monetario almeno dell’80%
del periodo contributivo dell’assicurato [7]. Su questo
calcolo era applicato un fattore riduttore che variava in accordo con l’età
dell’assicurato, ossia con l’aspettativa della durata della vita che questo
aveva dopo il pensionamento, secondo le stime della Fundação IBGE. Questo
fattore è stato denominato Fator Previdenciário [8]. Per gli iscritti all’RGPS fino alla
vigilia della pubblicazione del EC 20, era stato mantenuto il pensionamento
proporzionale, ai 25 e 30 anni di contribuzione, rispettivamente, se di sesso
femminile o maschile, dal momento in cui si erano raggiunti i 48 o i 53 anni d’età.
In questo caso il valore del beneficio corrispondeva al 70% del salario di
beneficio, accresciuto del 5% per ciascun gruppo di 12 contribuzioni
addizionali, fino al limite del 100%.
Considerata la resistenza all’introduzione dell’età come
criterio per la concessione della pensione (60 e 65 rispettivamente per le donne
e gli uomini, come precedentemente proposto e non approvato nell’EC 20), il
fattore previdenziale era stato il metodo escogitato dal governo Cardoso per la
sua adozione, soltanto che nel calcolo del beneficio si disincentivava la
cosiddetta pensione precoce e si incentivava la permanenza in servizio. In
questo senso il governo Cardoso è stato vincente, riuscendo, in un modo o nell’altro,
a fare approvare dall’RGPS la sua proposta. Ma l’implementazione del fattore
aveva significato l’introduzione, nella copertura del rischio vecchiaia, di
una graduale disuguaglianza non presente inizialmente. Ciò perché, tra
lavoratori della stessa età, quelli che avevano iniziato prima erano rimasti
danneggiati.
Ora per il regime degli impiegati pubblici civili, il governo
Cardoso, sebbene fosse riuscito ad approvare le modifiche, non aveva avuto
successo in ciò che considerava fondamentale: l’eliminazione del diritto all’integralità
(pensione di valore uguale al salario nel periodo di attività) e del diritto
alla parità nell’aggiustamento (garanzia, per il valore del pensionamento,
dell’applicazione dello stesso indice e della stessa percentuale utilizzati
nell’aggiustamento dei redditi degli impiegati attivi); e l’esigenza della
contribuzione dei pensionati. Per questo era fondamentale non solo la
mobilitazione attiva degli impiegati, ma anche il voto dei deputati della
sinistra, che avrebbero dovuto dissociarsi in questa lotta dal Partido dos
Trabalhdores [9].
Le principali modifiche ottenute da Cardoso per il regime
degli impiegati sono state: a) l’assunzione del concetto di “tempo di
contribuzione” in sostituzione a quello di “tempo di servizio”; b) l’estinzione
del pensionamento proporzionale, conforme alle regole di transizione identiche a
quelle dell’RGPS; c) l’introduzione del limite d’età per il
pensionamento. A differenza di quanto avvenuto in relazione all’RGPS, erano
stati approvati i limiti d’età per il pensionamento legato al periodo di
servizio, con 55 anni, per le donne e 60 anni per gli uomini [10]. La regola di transizione
tuttavia permetteva alle donne di andare in pensione al compimento del 48esimo
anno di età e agli uomini al compimento del 53esimo, dopo che l’impiegato
avesse compiuto un periodo addizionale del 20% rispetto al tempo che mancava, al
15/12/98, per meritare il beneficio richiesto. Inoltre erano state unificate le
regole applicate agli impiegati di tutti i livelli, ossia a quelli federali
statali e municipali, ed era stata permessa, dal momento in cui era stata creata
la previdenza complementare per gli impiegati, l’adozione della copertura dell’RGPS
per il pensionamento dei nuovi impiegati. Il progetto di legge complementare che
aveva istituito questo regime non ebbe seguito al Congresso Nazionale.
[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.
[2] Ulysses Guimarães,
leader storico del Partido Movimento Democrático Brasileiro (PMDB) e presidente
della Assembléia Nacional Constituinte, aveva “battezzato” la Costituzione
del 1988 in un suo discorso del 27 luglio dello stesso anno, nell’annunciare
la sua approvazione, www.persocom.br/fug/c_cidada.htm (20 agosto 2003).
[3] Le domande per l’ottenimento di una
pensione, che erano state contenute dalle favorevoli aspettative che aveva
creato il lavoro dei costituenti, erano aumentate significativamente dopo la
definizione del paragrafo relativo alla Seguridade Social. In altre parole, le
domande del 1993 corrispondevano alla somma di quelle di svariati anni.
[4] Il surplus primario (l’eccedenza
tra le entrate e le spese del governo federale, esclusi gli interessi) era del
3,75% del PIL alla fine del governo Cardoso, conforme alle negoziazioni
effettuate con il FMI. Tuttavia, il 28 febbraio, nella Carta de Intenção
inviata al FMI, il governo Lula ha aumentato spontaneamente questa percentuale a
4,25% promovendo tagli al bilancio dell’Unione per R$ 14,1 miliardi,
riducendo, ad esempio, le disponibilità per i ministeri dell’area sociale del
12,44% (Grupo de Estudos e Pesquisas em Conjuntura, 2002)
[5] Ma il governo Cardoso non era rimasto fermo
durante tutto questo tempo. Attraverso la Medida Provisória nº 1.723 del
29/10/1998 e la Legge 9.717 del 28/11/1998 aveva reso più agile l’introduzione
di nuove regole per l’organizzazione e il funzionamento dei regimi propri
della previdenza sociale degli impiegati pubblici dell’Unione degli Stati, dei
Distretti Federali e dei Municipi, dei militari dello Stato e del Distretto
Federale. La logica di questo strumento giuridico era quella di imporre la “responsabilità
fiscale”, contenendo le spese di questo regime. Entro certi limiti queste
limitavano le spese correnti al e non oltre il 12% del rendimento corrente
liquido dei regimi propri degli enti statali per ogni esercizio finanziario.
[6] È bene ricordare che si erano avute una serie di modifiche
nella legislazione previdenziale tra il 1994 e il 1996. Questo perché non tutte
le proposte del governo Cardoso esigevano, per essere approvate e regolamentate,
che ci fosse una alterazione dei dispositivi costituzionali. Questo era il caso
dell’estinzione del buono di permanenza in servizio e del peculio (il buono
era un aiuto finanziario diretto a coloro che avevano maturato già il diritto
al pensionamento ed avevano scelto di continuare a rimanere in servizio; fino a
quel momento il peculio era stato pagato solo all’assicurato che fosse stato
impossibilitato al lavoro, prima di aver completato il periodo di contribuzione
necessario per aver diritto alla pensione d’invalidità ed inoltre, quando il
pensionato che continuava a lavorare e a pagare contributi alla previdenza
pubblica, avesse abbandonato definitivamente il lavoro) e la trasformazione in
benefici assistenziali degli aiuti per la natalità e i funerali, pagati solo
alle famiglie con reddito mensile pro capite inferiore ad un quarto del
salario minimo. Inoltre era stata modificata l’applicazione delle pensioni
speciali che permetteva il ritiro dalla vita attiva con periodi di servizio
minori rispetto a quelli richiesti alla maggiore parte dei lavoratori, sia per
quelli che lavoravano in imprese la cui attività era considerata nociva alla
salute (senza importanza se un lavoratore fosse, per esempio, amministrativo o
non in una impresa per prospezioni petrolifere) sia anche per certe categorie di
lavoratori come giornalisti e piloti aeronautici. Secondo la nuova legislazione,
la concessione del pensionamento speciale è dovuta solamente a quei lavoratori
che esercitano comprovatamene attività con pericolo per la salute e a
rischio.
[7] L’ampliamento del periodo di
contribuzione per effetto del calcolo di beneficio provoca, per coloro che hanno
avuto una evoluzione salariale positiva durante la carriera, una riduzione del
valore della pensione. Se ne ricava che proprio per l’assicurato che avesse
raggiunto i requisiti necessari per andare in pensione fino al 28 novembre 1999,
viene applicato il nuovo periodo di base delle contribuzioni.
[8] La formula di calcolo del
valore pensionistico per tempo di contribuzione; “a” è l’aliquota di
contribuzione dell’assicurato (incluso quella dell’impiegato e del datore di
lavoro); “Es” è l’aspettativa di vita dell’assicurato dalla data del
pensionamento; e “Id” è l’età dell’assicurato alla data del
pensionamento Diesse (2001, p. 252).
[9] Le direzioni dei seguenti partiti avevano orientato i loro
deputati nel votare contro la riforma previdenziale intrapresa dal governo
Cardoso: PT, PDT, PSB, PC do B e PPS. La posizione adottata da questi partiti
nella votazione del PEC 40 al primo turno alla Camera, nel 2003, è in contrasto
con questo orirentamento.
[10] Bisogna mettere in
risalto che l’introduzione del limite di età aveva ottenuto il voto contrario
dei rappresentanti del Partido dos Trabalhadores.