3.2. L’uso della retorica senza pudore
Tra gli aspetti che caratterizzano il modo in cui il governo
Lula ha avviato la sua lotta per far passare a “tamburo battente” la sua
proposta di riforma previdenziale, richiama particolare attenzione l’uso delle
mezze verità, dei preconcetti e anche della distorsione delle informazioni.
Questa pratica, associata all’efferatezza e alla persecuzione verso tutta l’opposizione,
principalmente tra le proprie fila, spiega e rivela, allo stesso tempo, il
significato più importante della riforma previdenziale del governo Lula.
Vediamo, in primo luogo, quali sono stati i suoi principali “argomenti”
nella discussione lampo prima del voto al primo turno alla Camera dei Deputati.
Il deficit che non esisterebbe
Nella lotta per conquistare “i cuori e le menti” a favore
della sua proposta di riforma previdenziale, il governo Lula non si è fatto
pregare: ha fatto uso, sul piano della retorica, di tutto ciò che è stato
costruito dall’immaginario del popolo brasiliano. Prima di tutto ha fatto uso
della credenza dell’esistenza di un grande deficit nella Previdência Social.
Ciò che era stato ripetuto, per molti anni di seguito, dai governi precedenti,
specialmente durante i due mandati di Cardoso. Dopo qualche tempo, tuttavia,
avendo di fronte una lunga serie di informazioni contrarie che avevano
cominciato ad essere ampiamente divulgate, principalmente da opinionisti, questo
argomento era stato abbandonato negli interventi dei rappresentanti del governo
Lula ed è scomparso dalla relazione esposta dal deputato José Pimental al
Congresso Nazionale.
Nel caso del Regime Geral de Previdência Social (RGPS), dei
lavoratori del settore privato dell’economia, le contribuzioni sono di fatto
inferiori alle spese. Ma ciò accade perché al suo interno ci sono benefici che
possono essere caratterizzati, interamente o in parte, come assistenziali: 6,9
milioni di lavoratori agricoli che ricevono un salario minimo (SM) e che non
verseranno mai contributi e 5,9 milioni di pensionati per termini d’età per i
quali la legislazione esige minor tempo di contribuzione rispetto ai 30 e i 35
anni previsti per la maggior parte dei lavoratori. In altri paesi, l’apporto
supplementare, necessario per il finanziamento di questi benefici, è realizzato
attraverso le imposte, con uno sforzo congiunto della società. In Brasile, in
assenza dei finanziamenti dello Stato, questo sforzo è limitato in gran parte
ai salariati del settore formale, contribuendo alla ridistribuzione dei redditi
tra i lavoratori. Ma poiché le contribuzioni sono in una situazione di
ristagno, a causa della debole condizione economica e dell’elevato tasso di
disoccupazione, la loro riscossione è insufficiente a finanziare, oltre ai
benefici dei lavoratori urbani, quelli dei lavoratori agricoli.
Come già detto precedentemente, la lettura isolata dei conti
del’RGPS si scontra con lo spirito dei costituenti del 1988. Questi, nell’introdurre
il concetto di Seguridade Social e nel definire il loro campo d’azione e le
fonti di risorse, avevano reso concreta la terapia attuale contro i rischi
sociali, in cui, ad esempio, non si poteva pensare alla copertura del rischio
vecchiaia senza una concomitante garanzia per il rischio malattia. Per questo
motivo, nel dibattito sull’esistenza o meno del deficit, è necessario
considerare l’insieme della Seguridade. Questa, che include la Previdenza, la
Sanità e l’Assistenza Sociale, ha registrato un surplus di R$ 32,96 miliardi
nel 2002. In questo calcolo sono considerati tutti i ricavi e le spese della
Previdenza, della Salute e dell’Assistenza Sociale, mentre non sono inclusi il
PIS/Pasep e il FAT, poiché il sussidio di disoccupazione ha una rendita
vincolata.
Se al surplus fossero sommate le spese per gli impiegati
pubblici dell’Unione (civili e militari), anche se l’articolo 194 della
Costituzione non considera il loro regime integrabile nella Seguridade, e se
fosse considerata la contribuzione dello Stato come datore di lavoro, questo
diminuirebbe di R$15,08 miliardi, ma continuerebbe anche così ad essere
consistente. Questo risultato rappresenta il famigerato surplus primario del
4,25%, concordato con il FMI come segno di buon andamento delle finanze dello
Stato e come attestato della sua capacità di rispettare i termini del debito
estero.
Formati in base ai dati ufficiali, questi risultati non hanno
potuto essere contestati e per questo, lo stesso Ministro da Casa Civil, José
Dieceu, nel seminario organizzato dalla Fundação Perseu Abramo, il 23 e il 24
maggio a So Paulo, ha riconosciuto che la Seguridade Social è in attivo. Anche
così la disinformazione è stata significativa, soprattutto per la grande massa
della popolazione. A ciò ha contribuito significativamente la capacità dei
mass media, che hanno continuato a riprodurre il primo “discorso ufficiale”.
In nome della “giustizia sociale”
Il governo Lula per indicare l’enorme ingiustizia sociale
consustanziale nel regime previdenziale degli impiegati pubblici civili, ha
paragonato, nella Exposição de Motivos che presentava la proposta di riforma
al Congresso Nazionale, il livello medio dei benefici dell’RGPS, di R$ 362,00,
al guadagno di R$ 50.000 di un impiegato. Non fosse stato per il fatto che
questi dati sono stati ripetuti in maniera esaustiva dai media, si sarebbe
potuto pensare, peccando di ingenuità, che si era trattato di un “equivoco”.
A parte il fatto che non si paragona una media con un valore assoluto, cosa
risaputa anche da una persona poco familiare con i “misteri della
distribuzione”, nel calcolo della media dell’RGPS sono stati indubbiamente
inclusi i benefici dei lavoratori agricoli (con uno SM) e le pensioni per limiti
d’età, tutti a carattere assistenziale, con valori bassi e che “trascinano”
la media verso il basso. Secondo i dati dello stesso MPAS, la media delle
pensioni per periodo di contribuzione è di R$ 812,30, molto al di sopra dei
R$362,00 utilizzati per appianare la retorica. Inoltre la media delle pensioni
della maggior parte degli impiegati federali rimane intorno ai R$ 1.038,00 come
reso noto dal CUT, nello stesso seminario sopra menzionato.
Ma è stato sulla base di questo paragone fasullo che si è
potuta difendere l’adozione del tetto di R$ 2.400,00 sia per gli impiegati sia
per i lavoratori dell’RGPS e, di conseguenza, l’estinzione dell’integralità
per gli impiegati e l’inizio dell’unificazione dei regimi. Bisogna ricordare
quali attenzioni sono state poste: sapendo che i militari sarebbero stati fonte
di grande resistenza a qualunque proposta, il governo non li ha esclusi, così
come era accaduto in Cile [2].
Sebbene il numero di assicurati con pensione di valore
estremamente elevato [3] sia piccolo rispetto all’insieme
degli impiegati, il governo e i media si sono preoccupati di divulgare in
maniera esaustiva la loro esistenza, presentandola come la prova incontestabile
del trattamento differenziato dei funzionari pubblici in rapporto ai lavoratori
del settore privato. Di fronte alla realtà della distribuzione del reddito
brasiliano, la peggiore del mondo dopo la Suazilândia, piccolo regno tra il
Mozambico e l’Africa del Sud, ciò è risultato fondamentale cosicché il
governo potesse ricevere il più ampio appoggio per la sua riforma da tutta la
massa dei lavoratori brasiliani dopo che questi, una volta impiegati, avevano
ricevuto un salario significativamente basso. Ma per conquistare questo appoggio
non è stata meno importante anche un’altra “associazione” che il governo
Lula si è preoccupato di fare: rapportare la precaria situazione del servizio
pubblico, principalmente nell’area sociale, alla classe degli statali. Questo
è stato il senso del suo discorso, nel dire, per esempio, che facendo la
riforma, non avrebbe mai trascurato la prestazione di servizi per la salute. In
questa maniera, si è andata sommando all’idea, nata fin dal governo Collor
(che il funzionario pubblico è un “marajà”, che guadagna senza lavorare o
che lavora poco), quella che li considera parte integrante di un segmento
privilegiato della popolazione e che, per questo motivo, in nome della giustizia
sociale bisogna effettuare una riforma. Curiosamente, la promozione di questa
giustizia sociale è difesa a cominciare dal livellamento verso il basso senza
dire nulla riguardo al miglioramento delle condizioni di coloro che guadagnano
poco. Ciò non a caso, poiché significherebbe affrontare le cause della cattiva
distribuzione del reddito esistente tra i lavoratori, tanto nel settore privato
quanto in quello pubblico.
In assenza di una proposta riguardo a ciò, il governo, aveva
deliberatamente discusso come se fosse un’unica questione, l’introduzione
del tetto di R$ 2.400,00 e il fatto della distribuzione dei proventi degli
impiegati, presentando un ventaglio accentuato tra il valore maggiore e quello
minore. Il tetto di R$ 2400,00 ha come unico proposito quello di aprire il campo
alla creazione di fondi pensione nel paese, non quello di limitare il massimo
provento nel settore pubblico [4].
Sebbene in nome della giustizia sociale, il governo aveva
approvato la contribuzione dei pensionati, molto più in là, in funzione della
resistenza, era stato obbligato ad esentare quelli con una pensione fino a
1.440,00 (per i funzionari federali) e con una fino a R$ 1.200,00 (per
funzionari statali e municipali) [5]. La copertura degli impiegati inativos
era stata respinta in tre occasioni durante il governo Cardoso ed aveva sempre
contato sul voto contrario del Partido dos Trabalhadores. Prima di quello,
solamente l’ultimo governo militare aveva osato riscuotere contributi dai
pensionati, nel caso dell’allora INPS [6]. Oggi come
ieri, gli argomenti contrari a questa iniziativa sono gli stessi: la
contribuzione da origine ad un diritto futuro e, per questo non può esigere che
il pensionato contribuisca. Questo prelievo significa la rottura di uno dei
principi più chiari cari alla dottrina previdenziale, proprio considerando che
gli impiegati, fino al 1993 [7], partecipavano
al solo finanziamento della pensione, con livelli anche abbastanza alti. Oltre a
ciò, per quale motivo questo non viene preteso anche dai lavoratori rurali
pensionati che in passato non hanno versato contributi? In materia
previdenziale, dire che questi ultimi ottengono benefici di uguale valore al
salario minimo non ha alcun fondamento, poiché il motivo legato alla
riscossione dagli inativos non era tanto sul valore della pensione quanto
per l’assenza di una contribuzione precedente.
3.3. A servizio del capitale finanziario
Se non esiste un deficit e se la motivazione non è quella di
promuovere la giustizia sociale, allora in nome di che cosa è stata avviata, a
“tamburo battente” questa riforma? Ricordiamo, in primo luogo, che l’applicazione
del tetto di R$ 2.400,00 è associata alla creazione di un fondo pensione [8]. Il governo Lula
è “convinto” [9] che la creazione di
fondi pensione per gli impiegati e per gli altri lavoratori, porterà ad un
significativo risparmio interno che contribuirà a finanziare lo sviluppo del
paese. Inoltre, manifesta l’intenzione di utilizzare le risorse dei fondi per
i suoi programmi futuri sulle infrastrutture o per attività sociali, in
disaccordo con il concetto di beneficio. Ne risulta che i Fundos de Pensão
attuali, dei lavoratori statali, alcuni giorni dopo l’approvazione della
riforma al primo turno, avevano manifestato la loro preoccupazione a questo
proposito, esigendo garanzie di rendimento nella realizzazione degli
investimenti. Ciò perché questi programmi, avendo una basso rendimento [10], non
erano mai stati di alcun interesse sia per il settore privato sia, a causa degli
stessi motivi, per i fondi pensione. Nel caso dei fondi per gli statali, dove il
beneficio deve ovviare agli effetti dell’inflazione, con un tasso di più del
6% annuo, l’applicazione di programmi come questi può ricondurre ad una
condizione passata in cui il governo era stato obbligato ad effettuare
capitalizzazioni miliardarie nella Petros (i fondi pensione dei lavoratori della
Petrobrás) e nella Previ (i fondi pensione del Banco do Brasil).
Il ruolo attribuito dal governo Lula ai fondi pensione non è
diverso dalla comprensione del governo Cardoso, della Banca Mondiale e dal FMI.
Come ci insegna Francisco de Oliveira:
“È questo che spiega le recenti convergenze pragmatiche
tra il PT e il PSDB, l’apparente paradosso dal quale il governo Lula realizza
il programma di Cardoso, rendendolo radicale: non si tratta di un equivoco, ma
di una vera nuova classe sociale, costituita, da un lato, da tecnici ed
intellettuali di banca, nucleo duro del PSDB, e, dall’altro, da operai
convertiti in operatori di fondi previdenza, nucleo duro del PT.”
(OLIVEIRA, 2003, p. 38).
Oltre a ciò, nella letteratura, ci sono quelli che
considerano essere questa la maniera dei lavoratori di guadagnare il potere nel
mondo attuale della globalizzazione finanziaria [11]. Questa lettura infatti non è estranea ai sostenitori del governo Lula.
È un peccato che questi non abbiano fatto proprie le esperienze già effettuate
in America Latina e il tracollo, degli ultimi anni, dei fondi pensione nord
americani. Senza parlare di ciò che è accaduto con i dirigenti della Enron,
che hanno visto i loro risparmi andare in fumo dalla notte al giorno.
L’illusione che la classe operaia “potesse raggiungere il
paradiso” con i fondi pensione nasce nell’ambiente del capitale finanziari,
unico interessato alla proposta del governo Lula. La regola della contribuzione
definita, senza alcuna garanzia per quanto riguarda il valore del beneficio,
pone il futuro delle prossime generazioni al servizio del capitale. In questa
maniera, il Brasile, l’unico che fino ad ora aveva resistito ad aprire le
porte alla creazione e allo sviluppo dei fondi pensione attraverso la riforma
del proprio sistema previdenziale, lo farà ora cominciando dagli impiegati
pubblici e mediante cambiamenti nella legislazione che consentiranno ai
sindacati e alle organizzazioni di lavoratori di svilupparli.
Un’altra ragione dell’impegno del governo Lula per l’approvazione
della riforma previdenziale, tuttavia anche al servizio del capitale
finanziario, è la realizzazione di un significativo surplus primario. Come è
noto, negli ultimi anni, per far seguito all’accordo sancito con il FMI, il
Brasile ha effettuato uno sforzo sovrumano per generare una eccedenza (ricavi
meno costi, senza considerare gli interessi), la cui finalità fosse quella di
garantire il flusso dei pagamenti del debito estero. Il PT, che aveva inserito
correttamente sul documento “Concepção e Diretrizes do Programma de Governo
do PT para o Brasil [12]”, la necessità di ridurre la vulnerabilità esterna
mediante, tra le altre politiche, quella di “denunciare dal punto di vista
politico e giuridico l’accordo attuale con il FMI, per liberare la politica
economica dalle restrizioni imposte alla crescita e alla difesa del commercio
del paese” (PT, p. 46 e 47 apud BORGES NETO, 2003), era passato sin dai
suoi primi giorni di governo a difendere e a rendere prioritario l’aggiustamento
fiscale, elevando il surplus primario, per sua espressa volontà, al 4,25% [13]. Il 28 maggio, quindi un mese
dopo l’invio del progetto di riforma previdenziale al Congresso Nazionale,
nella lettera indirizzata a Horst Köhler, amministratore delegato del FMI, il
ministro delle finanze, Antônio Palloci ha scritto:
“Il governo è andato avanti in maniera rapida nel
compimento della sua agenda per il recupero economico e l’avvio delle riforme.
Dopo l’importante sforzo per la costruzione del consenso, è stata avviata al
Congresso una proposta ambiziosa di riforma tributaria e previdenziale che
aumenta il traguardo del surplus primario di medio termine al 4,25% del PIL.
Oltre a ciò, è stato approvato l’emendamento costituzionale che facilita la
regolamentazione del settore finanziario - un passo necessario per formalizzare
l’autonomia operazionale del Banco Central” (MINISTERIO DA FAZENDA,
2003, p. 1, §1).
Di fronte a questo chiaro obiettivo, la riforma della
previdenza ha anche il ruolo di intervenire nella continuità del perseguimento
di un significativo surplus primario. Secondo le stime del ministro della
previdenza, Ricardo Benzoini, in 20 anni, i cambiamenti approvati risulteranno
in una economia di R$ 52 miliardi. Oltre a ciò, anche la copertura degli inativos
e l’aumento del tetto da R$ 1869,34 a R$ 2400,00 per l’RGPS risulterà in un
aumento delle riscossioni [14]. Prima delle
negoziazioni avvenute alla Camera che hanno aumentato il limite di esenzione per
l’applicazione della tassa sulla pensione, il governo sperava di ottenere con
questa misura risorse addizionali per R$ 147 milioni (E.M.I., 2003). Non è
necessario dire che la generazione del surplus primario in previsione del
pagamento del servizio del debito ha costituito un vero salasso, e questo è
stato anche maggiore se si considera che il livello della spesa pubblica in
determinate aree è già estremamente basso, impedendo l’azione attiva dello
Stato.
3.4. La controriforma e la distruzione dello Stato sociale
A causa di tutto ciò la riforma avviata dal governo Lula si
caratterizza per il suo senso antidemocratico, antirepubblicano e oltretutto per
aver promosso una distribuzione dei redditi al contrario, tra i dipendenti
pubblici e il capitale finanziario [15].
È antidemocratica perché non considera la necessità di
regole di transizione adeguate ai cambiamenti provocati da una riforma come
quella previdenziale. Nel caso specifico degli impiegati pubblici, in cui la
legislazione garantiva una pensione di valore uguale a quello dello stipendio,
che non comportava per coloro che andavano in pensione una riduzione del
reddito [16], ciò era legato al fatto che le entrate sarebbero state
più basse di quelle ricevute dai lavoratori del settore privato, a pari livello
di qualifica. Ma durante la vita la rendita ricevuta dai due segmenti avrebbe
teso a diventare uguale. Ciò perché quando i lavoratori del settore privato
vanno in pensione sperimentano una ripida caduta del loro reddito (la quale è
tanto più accentuata quanto più il salario è alto durante il periodo di
attività) e gli impiegati pubblici che, durante il periodo di attività
ricevono meno continuano a ricevere lo stesso valore al momento del
pensionamento. In altre parole, il patto stabilito tra lo Stato brasiliano e i
suoi funzionari era quello di garantire un rendita perpetua, sebbene più bassa
della paga di mercato a parità di qualifica. Attraverso questo meccanismo l’impiegato
pubblico era lontano dall’incertezza per la sua rendita futura, generando un
rapporto consumo/risparmio differente da quello del lavoratore salariato del
settore privato. Ciò significa che l’impiegato pubblico, considerando la sua
rendita futura garantita, poteva fare, durante la sua vita attiva, uno sforzo
minore nel risparmio.
La riforma promossa dal governo Lula significa una rottura
del contratto stabilito tra lo Stato e gli impiegati attuali. Questa rottura è
estremamente violenta, poiché non considera che il funzionario pubblico non sa
come cambiare il suo comportamento di un tempo nel rapporto consumo/risparmio.
Saranno pochi quelli che sapranno raggiungere tutti i requisiti (età, tempo di
contribuzione, tempo di durata dell’incarico) per avere diritto ad una
pensione integrale.
In qualunque società democratica, quando le leggi sulla
previdenza sono alterate le regole di transizione sono applicate proprio per
minimizzare al massimo le perdite per coloro i quali sono già integrati nel
mercato del lavoro. A quanto pare, la preoccupazione del governo Lula nel non
“interrompere” i contratti, manifestata ripetutamente in varie occasioni
prima e dopo le elezioni presidenziali, non si applica agli impiegati pubblici.
D’altro canto, considerando che la remunerazione degli
impiegati pubblici in servizio non cambierà, poiché si continuerà a
guadagnare meno dei lavoratori del settore privato, il cambiamento delle
condizioni di pensionamento comporterà un freno per tutte quelle persone
veramente qualificate che intendano affrontare un concorso pubblico. L’unica
condizione affinché ciò non avvenga è rappresentata da un quadro di estrema
disoccupazione in cui lo Stato diventi l’unica alternativa all’occupazione.
In altre parole, la riforma previdenziale del governo Lula ha costituito un
passo decisivo nel lungo processo di distruzione dello Stato iniziato con il
governo Collor.
L’altro risultato è quello di promuovere una ampia
ridistribuzione del reddito, ma non quella desiderata da tutti. Come abbiamo
visto, la riforma provocherà un ampio trasferimento dei redditi tra gli
impiegati con guadagni più elevati e il capitale finanziario. Ciò che si
sperava, era che Lula iniziasse l’ampliamento della copertura del rischio
vecchiaia, estendendo la garanzia di un salario minimo a tutti gli anziani delle
città (andando pertanto a colpire il mercato informale del lavoro e quelle
persone che hanno una bassa capacità contributiva). È chiaro che per questo
sarebbero necessarie risorse non indifferenti che potrebbero essere considerate
solamente in virtù di un cambiamento del sistema tributario brasiliano, in cui
il capitale speculativo e le grandi fortune non avrebbero una reale
partecipazione. Ma la proposta di riforma tributaria avviata dal governo Lula è
lontana dal preoccuparsi di ciò.
[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.
[2] È interessante notare che proprio il presidente
Lula, nell’articolo pubblicato sul giornale Gazeta Mercantil, il 5 settembre
2000, nel criticare la riforma intrapresa da Cardoso, ha difeso una riforma che
includesse i militari (DA SILVA, 2000).
[3] Secondo Lindolfo Machalo, queste rappresentano lo 0,1% del
totale delle pensioni pagate agli impiegati
(http://ww.tribuna.inf.br/anteriores/2003/maio/27)
[4] La misura per questo, prevista dalla Costituzione
del 1988, consisteva nella definizione del tetto salariale del funzionario
pubblico federale (con i rispettivi sottotetti statali e municipali). Per
adottare questa misura sarebbe stato necessario, nel frattempo, la formulazione
di una legge che esigesse l’aggiustamento tra i tre mandati. Insieme alla
riforma previdenziale, il governo Lula ha finito per proporre i limiti massimi
della remunerazione, ciò che è stat oggetto di negoziazione nel voto al primo
turno della Camera dei Deputati.
[5] Questa differenza di valore dell’esenzione
provocherà certamente delle contestazioni.
[6] La riscossione sugli inativos, a
livello statale, è praticata in 7 Stati dei 27 della Federazione: nell’Ampá
(8%, dal 1999), in Bahia (11%, dal 2001, prevista al 12% per il 2004), nell’Espírito
Santo (10%, dal 1997), nel Maranhão (dall’8% al 10% secondo il valore della
pensione, dal 1999), nel Minas Gerais (4,8%, dal 2002), nel Mato Grosso (dall’8%
al 12% secondo il valore della pensione, dal 1999. Molti impiegati che erano
ricorsi alla giustizia si sono visti restituire i loro contributi), nel Paraná
(10%, dal 1998), a Rio de Janeiro la contribuzione del 11% è stata sospesa dal
Tribunal de Justiça, nel Sergipe (10%, dal 2001). Come si può vedere, è stata
sulla scia della discussione promossa dal governo Cardoso sulla tassazione degli
inativos che questi Stati hanno cominciato ad adottarla.Questa
contribuzione,nel frattempo, non deve essere confusa con quella esistente negli
Stati del Rio Grande do Sul, di Santa Catarina, e di São Paulo, che si applica
alla pensione, tenendo tuttavia conto della dottrina previdenziale.
[7] Su questo aspetto si è manifestato più di una
volta l’uso della disinformazione: il governo ha omesso, durante tutti i
dibattiti, il fatto che gli impiegati avrebbero versato contributi per l’11%
del loro salario. La contribuzione dei lavoratori del settore privato dell’economia
consiste di una aliquota (7,65%; 8,65%; 9%; o 11%) applicata al salario (fino a
R$ 560,81; da R$ 560,82 a R$ 720,00; da R$ 720,01 a R$ 934, 67; da R$ 934,68 a
R$ 1.869,34 rispettivamente). La contribuzione degli impiegati è del 22%
(inclusi gli incidenti sul lavoro) sul totale della busta paga.
[8] Per i
nuovi impiegati. Per gli attuali impiegati, si conserva l’integrabilità nel
momento in cui vengono assolte, simultaneamente, le seguenti condizioni: 55 anni
d’età per le donne e 66 anni per gli uomini; un tempo di contribuzione di 30
anni per le donne e 35 anni per gli uomini, 20 anni di lavoro nel servizio
pubblico e 5 anni di servizio effettivo nella funzione da cui si otterrà la
pensione. Fino al 31/12/2005, per ogni anno in anticipo rispetto ai limiti d’età,
sarà effettuata una riduzione del 3,25% sul valore della pensione. A partire da
questa data, la riduzione sarà del 5%. Nel testo originale, quello prima della
negoziazione, questa riduzione sarebbe stata applicata a partire dall’approvazione
degli emendamenti costituzionali. In qualche maniera, si è alterata
completamente la regola di transizione approvata dal governo Cardoso. Questa
esigeva il completamento del tempo di servizio per il pensionamento prima dei
limiti d’età, inteso come fattore inibitore a riduzione del valore del
pensionamento, e quindi direttamente dell’integrabilità.
[9] Per usare l’espressione che sembra essere un marchio
registrato del presidente Lula (“sono convinto”).
[10] Ad
eccezione delle strade di rodaggio, ma dove la concessione è chiusa.
[11] Vedere, tra gli altri, MELMAN,
2002.
[12] Approvato al XII Encontro Nacional del partito, avvenuto a
Recife a dicembre 2001.
[13] Per
una analisi dettagliata della “evoluzione” della politica economica del PT
nel governo Lula, si veda BORGES NETO, 2003.
[14] La riforma del governo Lula introduce lo stesso tetto
per il regime dei lavoratori del settore privato e per quello degli impiegati
pubblici, Di conseguenza si eleva il tetto del RGPS a R$ 2400,00.
[15] Così Francisco de Oliveira ha
caratterizzato la proposta di riforma di Lula nel seminario realizzato il 15
agosto 2003 a São Paulo, per il centenario del XI agosto.
[16] L’integralità è parte costitutiva dei rapporti di lavoro nel
settore pubblico.