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Continente rebelde

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Áquilas Mendes
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Professore di Economia alla FAAP/SP, vicepresidente dell’Associação Brasileira de Economica da Saúde e tecnico del Cepam

Rosa Maria Marques
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Professoressa titolare del PUCSP, specializzata in politiche sociali e autrice, tra gli altri, della Proteção Social e o Mundo do Trabalho (Bienal, 1997). È stata presidente della Sociedade Brasilera de Economia Política (1998 e 2002)

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Il governo Lula e la controriforma previdenziale

Áquilas Mendes

Rosa Maria Marques

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3.2. L’uso della retorica senza pudore

Tra gli aspetti che caratterizzano il modo in cui il governo Lula ha avviato la sua lotta per far passare a “tamburo battente” la sua proposta di riforma previdenziale, richiama particolare attenzione l’uso delle mezze verità, dei preconcetti e anche della distorsione delle informazioni. Questa pratica, associata all’efferatezza e alla persecuzione verso tutta l’opposizione, principalmente tra le proprie fila, spiega e rivela, allo stesso tempo, il significato più importante della riforma previdenziale del governo Lula. Vediamo, in primo luogo, quali sono stati i suoi principali “argomenti” nella discussione lampo prima del voto al primo turno alla Camera dei Deputati.

Il deficit che non esisterebbe

Nella lotta per conquistare “i cuori e le menti” a favore della sua proposta di riforma previdenziale, il governo Lula non si è fatto pregare: ha fatto uso, sul piano della retorica, di tutto ciò che è stato costruito dall’immaginario del popolo brasiliano. Prima di tutto ha fatto uso della credenza dell’esistenza di un grande deficit nella Previdência Social. Ciò che era stato ripetuto, per molti anni di seguito, dai governi precedenti, specialmente durante i due mandati di Cardoso. Dopo qualche tempo, tuttavia, avendo di fronte una lunga serie di informazioni contrarie che avevano cominciato ad essere ampiamente divulgate, principalmente da opinionisti, questo argomento era stato abbandonato negli interventi dei rappresentanti del governo Lula ed è scomparso dalla relazione esposta dal deputato José Pimental al Congresso Nazionale.

Nel caso del Regime Geral de Previdência Social (RGPS), dei lavoratori del settore privato dell’economia, le contribuzioni sono di fatto inferiori alle spese. Ma ciò accade perché al suo interno ci sono benefici che possono essere caratterizzati, interamente o in parte, come assistenziali: 6,9 milioni di lavoratori agricoli che ricevono un salario minimo (SM) e che non verseranno mai contributi e 5,9 milioni di pensionati per termini d’età per i quali la legislazione esige minor tempo di contribuzione rispetto ai 30 e i 35 anni previsti per la maggior parte dei lavoratori. In altri paesi, l’apporto supplementare, necessario per il finanziamento di questi benefici, è realizzato attraverso le imposte, con uno sforzo congiunto della società. In Brasile, in assenza dei finanziamenti dello Stato, questo sforzo è limitato in gran parte ai salariati del settore formale, contribuendo alla ridistribuzione dei redditi tra i lavoratori. Ma poiché le contribuzioni sono in una situazione di ristagno, a causa della debole condizione economica e dell’elevato tasso di disoccupazione, la loro riscossione è insufficiente a finanziare, oltre ai benefici dei lavoratori urbani, quelli dei lavoratori agricoli.

Come già detto precedentemente, la lettura isolata dei conti del’RGPS si scontra con lo spirito dei costituenti del 1988. Questi, nell’introdurre il concetto di Seguridade Social e nel definire il loro campo d’azione e le fonti di risorse, avevano reso concreta la terapia attuale contro i rischi sociali, in cui, ad esempio, non si poteva pensare alla copertura del rischio vecchiaia senza una concomitante garanzia per il rischio malattia. Per questo motivo, nel dibattito sull’esistenza o meno del deficit, è necessario considerare l’insieme della Seguridade. Questa, che include la Previdenza, la Sanità e l’Assistenza Sociale, ha registrato un surplus di R$ 32,96 miliardi nel 2002. In questo calcolo sono considerati tutti i ricavi e le spese della Previdenza, della Salute e dell’Assistenza Sociale, mentre non sono inclusi il PIS/Pasep e il FAT, poiché il sussidio di disoccupazione ha una rendita vincolata.

Se al surplus fossero sommate le spese per gli impiegati pubblici dell’Unione (civili e militari), anche se l’articolo 194 della Costituzione non considera il loro regime integrabile nella Seguridade, e se fosse considerata la contribuzione dello Stato come datore di lavoro, questo diminuirebbe di R$15,08 miliardi, ma continuerebbe anche così ad essere consistente. Questo risultato rappresenta il famigerato surplus primario del 4,25%, concordato con il FMI come segno di buon andamento delle finanze dello Stato e come attestato della sua capacità di rispettare i termini del debito estero.

Formati in base ai dati ufficiali, questi risultati non hanno potuto essere contestati e per questo, lo stesso Ministro da Casa Civil, José Dieceu, nel seminario organizzato dalla Fundação Perseu Abramo, il 23 e il 24 maggio a So Paulo, ha riconosciuto che la Seguridade Social è in attivo. Anche così la disinformazione è stata significativa, soprattutto per la grande massa della popolazione. A ciò ha contribuito significativamente la capacità dei mass media, che hanno continuato a riprodurre il primo “discorso ufficiale”.

In nome della “giustizia sociale”

Il governo Lula per indicare l’enorme ingiustizia sociale consustanziale nel regime previdenziale degli impiegati pubblici civili, ha paragonato, nella Exposição de Motivos che presentava la proposta di riforma al Congresso Nazionale, il livello medio dei benefici dell’RGPS, di R$ 362,00, al guadagno di R$ 50.000 di un impiegato. Non fosse stato per il fatto che questi dati sono stati ripetuti in maniera esaustiva dai media, si sarebbe potuto pensare, peccando di ingenuità, che si era trattato di un “equivoco”. A parte il fatto che non si paragona una media con un valore assoluto, cosa risaputa anche da una persona poco familiare con i “misteri della distribuzione”, nel calcolo della media dell’RGPS sono stati indubbiamente inclusi i benefici dei lavoratori agricoli (con uno SM) e le pensioni per limiti d’età, tutti a carattere assistenziale, con valori bassi e che “trascinano” la media verso il basso. Secondo i dati dello stesso MPAS, la media delle pensioni per periodo di contribuzione è di R$ 812,30, molto al di sopra dei R$362,00 utilizzati per appianare la retorica. Inoltre la media delle pensioni della maggior parte degli impiegati federali rimane intorno ai R$ 1.038,00 come reso noto dal CUT, nello stesso seminario sopra menzionato.

Ma è stato sulla base di questo paragone fasullo che si è potuta difendere l’adozione del tetto di R$ 2.400,00 sia per gli impiegati sia per i lavoratori dell’RGPS e, di conseguenza, l’estinzione dell’integralità per gli impiegati e l’inizio dell’unificazione dei regimi. Bisogna ricordare quali attenzioni sono state poste: sapendo che i militari sarebbero stati fonte di grande resistenza a qualunque proposta, il governo non li ha esclusi, così come era accaduto in Cile [2].

Sebbene il numero di assicurati con pensione di valore estremamente elevato [3] sia piccolo rispetto all’insieme degli impiegati, il governo e i media si sono preoccupati di divulgare in maniera esaustiva la loro esistenza, presentandola come la prova incontestabile del trattamento differenziato dei funzionari pubblici in rapporto ai lavoratori del settore privato. Di fronte alla realtà della distribuzione del reddito brasiliano, la peggiore del mondo dopo la Suazilândia, piccolo regno tra il Mozambico e l’Africa del Sud, ciò è risultato fondamentale cosicché il governo potesse ricevere il più ampio appoggio per la sua riforma da tutta la massa dei lavoratori brasiliani dopo che questi, una volta impiegati, avevano ricevuto un salario significativamente basso. Ma per conquistare questo appoggio non è stata meno importante anche un’altra “associazione” che il governo Lula si è preoccupato di fare: rapportare la precaria situazione del servizio pubblico, principalmente nell’area sociale, alla classe degli statali. Questo è stato il senso del suo discorso, nel dire, per esempio, che facendo la riforma, non avrebbe mai trascurato la prestazione di servizi per la salute. In questa maniera, si è andata sommando all’idea, nata fin dal governo Collor (che il funzionario pubblico è un “marajà”, che guadagna senza lavorare o che lavora poco), quella che li considera parte integrante di un segmento privilegiato della popolazione e che, per questo motivo, in nome della giustizia sociale bisogna effettuare una riforma. Curiosamente, la promozione di questa giustizia sociale è difesa a cominciare dal livellamento verso il basso senza dire nulla riguardo al miglioramento delle condizioni di coloro che guadagnano poco. Ciò non a caso, poiché significherebbe affrontare le cause della cattiva distribuzione del reddito esistente tra i lavoratori, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico.

In assenza di una proposta riguardo a ciò, il governo, aveva deliberatamente discusso come se fosse un’unica questione, l’introduzione del tetto di R$ 2.400,00 e il fatto della distribuzione dei proventi degli impiegati, presentando un ventaglio accentuato tra il valore maggiore e quello minore. Il tetto di R$ 2400,00 ha come unico proposito quello di aprire il campo alla creazione di fondi pensione nel paese, non quello di limitare il massimo provento nel settore pubblico [4].

Sebbene in nome della giustizia sociale, il governo aveva approvato la contribuzione dei pensionati, molto più in là, in funzione della resistenza, era stato obbligato ad esentare quelli con una pensione fino a 1.440,00 (per i funzionari federali) e con una fino a R$ 1.200,00 (per funzionari statali e municipali) [5]. La copertura degli impiegati inativos era stata respinta in tre occasioni durante il governo Cardoso ed aveva sempre contato sul voto contrario del Partido dos Trabalhadores. Prima di quello, solamente l’ultimo governo militare aveva osato riscuotere contributi dai pensionati, nel caso dell’allora INPS [6]. Oggi come ieri, gli argomenti contrari a questa iniziativa sono gli stessi: la contribuzione da origine ad un diritto futuro e, per questo non può esigere che il pensionato contribuisca. Questo prelievo significa la rottura di uno dei principi più chiari cari alla dottrina previdenziale, proprio considerando che gli impiegati, fino al 1993 [7], partecipavano al solo finanziamento della pensione, con livelli anche abbastanza alti. Oltre a ciò, per quale motivo questo non viene preteso anche dai lavoratori rurali pensionati che in passato non hanno versato contributi? In materia previdenziale, dire che questi ultimi ottengono benefici di uguale valore al salario minimo non ha alcun fondamento, poiché il motivo legato alla riscossione dagli inativos non era tanto sul valore della pensione quanto per l’assenza di una contribuzione precedente.

3.3. A servizio del capitale finanziario

Se non esiste un deficit e se la motivazione non è quella di promuovere la giustizia sociale, allora in nome di che cosa è stata avviata, a “tamburo battente” questa riforma? Ricordiamo, in primo luogo, che l’applicazione del tetto di R$ 2.400,00 è associata alla creazione di un fondo pensione [8]. Il governo Lula è “convinto” [9] che la creazione di fondi pensione per gli impiegati e per gli altri lavoratori, porterà ad un significativo risparmio interno che contribuirà a finanziare lo sviluppo del paese. Inoltre, manifesta l’intenzione di utilizzare le risorse dei fondi per i suoi programmi futuri sulle infrastrutture o per attività sociali, in disaccordo con il concetto di beneficio. Ne risulta che i Fundos de Pensão attuali, dei lavoratori statali, alcuni giorni dopo l’approvazione della riforma al primo turno, avevano manifestato la loro preoccupazione a questo proposito, esigendo garanzie di rendimento nella realizzazione degli investimenti. Ciò perché questi programmi, avendo una basso rendimento [10], non erano mai stati di alcun interesse sia per il settore privato sia, a causa degli stessi motivi, per i fondi pensione. Nel caso dei fondi per gli statali, dove il beneficio deve ovviare agli effetti dell’inflazione, con un tasso di più del 6% annuo, l’applicazione di programmi come questi può ricondurre ad una condizione passata in cui il governo era stato obbligato ad effettuare capitalizzazioni miliardarie nella Petros (i fondi pensione dei lavoratori della Petrobrás) e nella Previ (i fondi pensione del Banco do Brasil).

Il ruolo attribuito dal governo Lula ai fondi pensione non è diverso dalla comprensione del governo Cardoso, della Banca Mondiale e dal FMI. Come ci insegna Francisco de Oliveira:

“È questo che spiega le recenti convergenze pragmatiche tra il PT e il PSDB, l’apparente paradosso dal quale il governo Lula realizza il programma di Cardoso, rendendolo radicale: non si tratta di un equivoco, ma di una vera nuova classe sociale, costituita, da un lato, da tecnici ed intellettuali di banca, nucleo duro del PSDB, e, dall’altro, da operai convertiti in operatori di fondi previdenza, nucleo duro del PT.” (OLIVEIRA, 2003, p. 38).

Oltre a ciò, nella letteratura, ci sono quelli che considerano essere questa la maniera dei lavoratori di guadagnare il potere nel mondo attuale della globalizzazione finanziaria [11]. Questa lettura infatti non è estranea ai sostenitori del governo Lula. È un peccato che questi non abbiano fatto proprie le esperienze già effettuate in America Latina e il tracollo, degli ultimi anni, dei fondi pensione nord americani. Senza parlare di ciò che è accaduto con i dirigenti della Enron, che hanno visto i loro risparmi andare in fumo dalla notte al giorno.

L’illusione che la classe operaia “potesse raggiungere il paradiso” con i fondi pensione nasce nell’ambiente del capitale finanziari, unico interessato alla proposta del governo Lula. La regola della contribuzione definita, senza alcuna garanzia per quanto riguarda il valore del beneficio, pone il futuro delle prossime generazioni al servizio del capitale. In questa maniera, il Brasile, l’unico che fino ad ora aveva resistito ad aprire le porte alla creazione e allo sviluppo dei fondi pensione attraverso la riforma del proprio sistema previdenziale, lo farà ora cominciando dagli impiegati pubblici e mediante cambiamenti nella legislazione che consentiranno ai sindacati e alle organizzazioni di lavoratori di svilupparli.

Un’altra ragione dell’impegno del governo Lula per l’approvazione della riforma previdenziale, tuttavia anche al servizio del capitale finanziario, è la realizzazione di un significativo surplus primario. Come è noto, negli ultimi anni, per far seguito all’accordo sancito con il FMI, il Brasile ha effettuato uno sforzo sovrumano per generare una eccedenza (ricavi meno costi, senza considerare gli interessi), la cui finalità fosse quella di garantire il flusso dei pagamenti del debito estero. Il PT, che aveva inserito correttamente sul documento “Concepção e Diretrizes do Programma de Governo do PT para o Brasil [12]”, la necessità di ridurre la vulnerabilità esterna mediante, tra le altre politiche, quella di “denunciare dal punto di vista politico e giuridico l’accordo attuale con il FMI, per liberare la politica economica dalle restrizioni imposte alla crescita e alla difesa del commercio del paese” (PT, p. 46 e 47 apud BORGES NETO, 2003), era passato sin dai suoi primi giorni di governo a difendere e a rendere prioritario l’aggiustamento fiscale, elevando il surplus primario, per sua espressa volontà, al 4,25% [13]. Il 28 maggio, quindi un mese dopo l’invio del progetto di riforma previdenziale al Congresso Nazionale, nella lettera indirizzata a Horst Köhler, amministratore delegato del FMI, il ministro delle finanze, Antônio Palloci ha scritto:

“Il governo è andato avanti in maniera rapida nel compimento della sua agenda per il recupero economico e l’avvio delle riforme. Dopo l’importante sforzo per la costruzione del consenso, è stata avviata al Congresso una proposta ambiziosa di riforma tributaria e previdenziale che aumenta il traguardo del surplus primario di medio termine al 4,25% del PIL. Oltre a ciò, è stato approvato l’emendamento costituzionale che facilita la regolamentazione del settore finanziario - un passo necessario per formalizzare l’autonomia operazionale del Banco Central” (MINISTERIO DA FAZENDA, 2003, p. 1, §1).

Di fronte a questo chiaro obiettivo, la riforma della previdenza ha anche il ruolo di intervenire nella continuità del perseguimento di un significativo surplus primario. Secondo le stime del ministro della previdenza, Ricardo Benzoini, in 20 anni, i cambiamenti approvati risulteranno in una economia di R$ 52 miliardi. Oltre a ciò, anche la copertura degli inativos e l’aumento del tetto da R$ 1869,34 a R$ 2400,00 per l’RGPS risulterà in un aumento delle riscossioni [14]. Prima delle negoziazioni avvenute alla Camera che hanno aumentato il limite di esenzione per l’applicazione della tassa sulla pensione, il governo sperava di ottenere con questa misura risorse addizionali per R$ 147 milioni (E.M.I., 2003). Non è necessario dire che la generazione del surplus primario in previsione del pagamento del servizio del debito ha costituito un vero salasso, e questo è stato anche maggiore se si considera che il livello della spesa pubblica in determinate aree è già estremamente basso, impedendo l’azione attiva dello Stato.

3.4. La controriforma e la distruzione dello Stato sociale

A causa di tutto ciò la riforma avviata dal governo Lula si caratterizza per il suo senso antidemocratico, antirepubblicano e oltretutto per aver promosso una distribuzione dei redditi al contrario, tra i dipendenti pubblici e il capitale finanziario [15].

È antidemocratica perché non considera la necessità di regole di transizione adeguate ai cambiamenti provocati da una riforma come quella previdenziale. Nel caso specifico degli impiegati pubblici, in cui la legislazione garantiva una pensione di valore uguale a quello dello stipendio, che non comportava per coloro che andavano in pensione una riduzione del reddito [16], ciò era legato al fatto che le entrate sarebbero state più basse di quelle ricevute dai lavoratori del settore privato, a pari livello di qualifica. Ma durante la vita la rendita ricevuta dai due segmenti avrebbe teso a diventare uguale. Ciò perché quando i lavoratori del settore privato vanno in pensione sperimentano una ripida caduta del loro reddito (la quale è tanto più accentuata quanto più il salario è alto durante il periodo di attività) e gli impiegati pubblici che, durante il periodo di attività ricevono meno continuano a ricevere lo stesso valore al momento del pensionamento. In altre parole, il patto stabilito tra lo Stato brasiliano e i suoi funzionari era quello di garantire un rendita perpetua, sebbene più bassa della paga di mercato a parità di qualifica. Attraverso questo meccanismo l’impiegato pubblico era lontano dall’incertezza per la sua rendita futura, generando un rapporto consumo/risparmio differente da quello del lavoratore salariato del settore privato. Ciò significa che l’impiegato pubblico, considerando la sua rendita futura garantita, poteva fare, durante la sua vita attiva, uno sforzo minore nel risparmio.

La riforma promossa dal governo Lula significa una rottura del contratto stabilito tra lo Stato e gli impiegati attuali. Questa rottura è estremamente violenta, poiché non considera che il funzionario pubblico non sa come cambiare il suo comportamento di un tempo nel rapporto consumo/risparmio. Saranno pochi quelli che sapranno raggiungere tutti i requisiti (età, tempo di contribuzione, tempo di durata dell’incarico) per avere diritto ad una pensione integrale.

In qualunque società democratica, quando le leggi sulla previdenza sono alterate le regole di transizione sono applicate proprio per minimizzare al massimo le perdite per coloro i quali sono già integrati nel mercato del lavoro. A quanto pare, la preoccupazione del governo Lula nel non “interrompere” i contratti, manifestata ripetutamente in varie occasioni prima e dopo le elezioni presidenziali, non si applica agli impiegati pubblici.

D’altro canto, considerando che la remunerazione degli impiegati pubblici in servizio non cambierà, poiché si continuerà a guadagnare meno dei lavoratori del settore privato, il cambiamento delle condizioni di pensionamento comporterà un freno per tutte quelle persone veramente qualificate che intendano affrontare un concorso pubblico. L’unica condizione affinché ciò non avvenga è rappresentata da un quadro di estrema disoccupazione in cui lo Stato diventi l’unica alternativa all’occupazione. In altre parole, la riforma previdenziale del governo Lula ha costituito un passo decisivo nel lungo processo di distruzione dello Stato iniziato con il governo Collor.

L’altro risultato è quello di promuovere una ampia ridistribuzione del reddito, ma non quella desiderata da tutti. Come abbiamo visto, la riforma provocherà un ampio trasferimento dei redditi tra gli impiegati con guadagni più elevati e il capitale finanziario. Ciò che si sperava, era che Lula iniziasse l’ampliamento della copertura del rischio vecchiaia, estendendo la garanzia di un salario minimo a tutti gli anziani delle città (andando pertanto a colpire il mercato informale del lavoro e quelle persone che hanno una bassa capacità contributiva). È chiaro che per questo sarebbero necessarie risorse non indifferenti che potrebbero essere considerate solamente in virtù di un cambiamento del sistema tributario brasiliano, in cui il capitale speculativo e le grandi fortune non avrebbero una reale partecipazione. Ma la proposta di riforma tributaria avviata dal governo Lula è lontana dal preoccuparsi di ciò.


[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.

[2] È interessante notare che proprio il presidente Lula, nell’articolo pubblicato sul giornale Gazeta Mercantil, il 5 settembre 2000, nel criticare la riforma intrapresa da Cardoso, ha difeso una riforma che includesse i militari (DA SILVA, 2000).

[3] Secondo Lindolfo Machalo, queste rappresentano lo 0,1% del totale delle pensioni pagate agli impiegati (http://ww.tribuna.inf.br/anteriores/2003/maio/27)

[4] La misura per questo, prevista dalla Costituzione del 1988, consisteva nella definizione del tetto salariale del funzionario pubblico federale (con i rispettivi sottotetti statali e municipali). Per adottare questa misura sarebbe stato necessario, nel frattempo, la formulazione di una legge che esigesse l’aggiustamento tra i tre mandati. Insieme alla riforma previdenziale, il governo Lula ha finito per proporre i limiti massimi della remunerazione, ciò che è stat oggetto di negoziazione nel voto al primo turno della Camera dei Deputati.

[5] Questa differenza di valore dell’esenzione provocherà certamente delle contestazioni.

[6] La riscossione sugli inativos, a livello statale, è praticata in 7 Stati dei 27 della Federazione: nell’Ampá (8%, dal 1999), in Bahia (11%, dal 2001, prevista al 12% per il 2004), nell’Espírito Santo (10%, dal 1997), nel Maranhão (dall’8% al 10% secondo il valore della pensione, dal 1999), nel Minas Gerais (4,8%, dal 2002), nel Mato Grosso (dall’8% al 12% secondo il valore della pensione, dal 1999. Molti impiegati che erano ricorsi alla giustizia si sono visti restituire i loro contributi), nel Paraná (10%, dal 1998), a Rio de Janeiro la contribuzione del 11% è stata sospesa dal Tribunal de Justiça, nel Sergipe (10%, dal 2001). Come si può vedere, è stata sulla scia della discussione promossa dal governo Cardoso sulla tassazione degli inativos che questi Stati hanno cominciato ad adottarla.Questa contribuzione,nel frattempo, non deve essere confusa con quella esistente negli Stati del Rio Grande do Sul, di Santa Catarina, e di São Paulo, che si applica alla pensione, tenendo tuttavia conto della dottrina previdenziale.

[7] Su questo aspetto si è manifestato più di una volta l’uso della disinformazione: il governo ha omesso, durante tutti i dibattiti, il fatto che gli impiegati avrebbero versato contributi per l’11% del loro salario. La contribuzione dei lavoratori del settore privato dell’economia consiste di una aliquota (7,65%; 8,65%; 9%; o 11%) applicata al salario (fino a R$ 560,81; da R$ 560,82 a R$ 720,00; da R$ 720,01 a R$ 934, 67; da R$ 934,68 a R$ 1.869,34 rispettivamente). La contribuzione degli impiegati è del 22% (inclusi gli incidenti sul lavoro) sul totale della busta paga.

[8] Per i nuovi impiegati. Per gli attuali impiegati, si conserva l’integrabilità nel momento in cui vengono assolte, simultaneamente, le seguenti condizioni: 55 anni d’età per le donne e 66 anni per gli uomini; un tempo di contribuzione di 30 anni per le donne e 35 anni per gli uomini, 20 anni di lavoro nel servizio pubblico e 5 anni di servizio effettivo nella funzione da cui si otterrà la pensione. Fino al 31/12/2005, per ogni anno in anticipo rispetto ai limiti d’età, sarà effettuata una riduzione del 3,25% sul valore della pensione. A partire da questa data, la riduzione sarà del 5%. Nel testo originale, quello prima della negoziazione, questa riduzione sarebbe stata applicata a partire dall’approvazione degli emendamenti costituzionali. In qualche maniera, si è alterata completamente la regola di transizione approvata dal governo Cardoso. Questa esigeva il completamento del tempo di servizio per il pensionamento prima dei limiti d’età, inteso come fattore inibitore a riduzione del valore del pensionamento, e quindi direttamente dell’integrabilità.

[9] Per usare l’espressione che sembra essere un marchio registrato del presidente Lula (“sono convinto”).

[10] Ad eccezione delle strade di rodaggio, ma dove la concessione è chiusa.

[11] Vedere, tra gli altri, MELMAN, 2002.

[12] Approvato al XII Encontro Nacional del partito, avvenuto a Recife a dicembre 2001.

[13] Per una analisi dettagliata della “evoluzione” della politica economica del PT nel governo Lula, si veda BORGES NETO, 2003.

[14] La riforma del governo Lula introduce lo stesso tetto per il regime dei lavoratori del settore privato e per quello degli impiegati pubblici, Di conseguenza si eleva il tetto del RGPS a R$ 2400,00.

[15] Così Francisco de Oliveira ha caratterizzato la proposta di riforma di Lula nel seminario realizzato il 15 agosto 2003 a São Paulo, per il centenario del XI agosto.

[16] L’integralità è parte costitutiva dei rapporti di lavoro nel settore pubblico.