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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo
Rita Martufi, Luciano Vasapollo

 

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Indagine statistico-aziendale sulle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. La via al Profit State europeo

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Per un’analisi storica ed un approccio critico alle scelte politico-economiche neoliberiste dei processi di privatizzazione

(SECONDA PARTE).

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Anche i dati riguardanti il movimento degli aerei mostra la stessa tendenza di crescita (Cfr. Graf.9.)

E’ interessante anche mostrare (Graf.10) la struttura occupazionale, in particolare come era ripartito il numero dei dipendenti per categoria negli anni 1995-1996.

La legge che ha istituito la società Aereoporti di Roma determinava l’assoluto monopolio di gestione di tutte le attività dell’azienda.

Nel 1983 l’IRI ha trasferito all’Alitalia il 56,2% delle azioni e, quindi, fino al 1995 la ADR ha operato sotto il controllo della capogruppo IRI (il restante 43,8% era della Italstat e poi Fintecna). Dopo questa data con l’uscita dell’Alitalia il pacchetto di maggioranza è passato alla società Aereoporti di Roma Holding S.p.A (controllata attraverso la COFIRI dall’IRI) e si è aperta la strada ai privati (il 25% delle azioni è acquisito da un gruppo di banche di investimento quali l’IMI, il CREDIOP, l’UBS e la Lehman Brothers).

Il valore della società viene stimato intorno ai 640 miliardi di lire e con l’accordo di programma con il Ministero dei Trasporti del 1996 ha inizio il vero e proprio progetto di privatizzazione, che comincia a realizzarsi nel Luglio 1997 e che si concluderà a breve quando l’IRI dismetterà del tutto la propria partecipazione.

L’Offerta Pubblica di Vendita del 15 e 16 luglio 1997 ha interessato il 41% delle azioni che sono state così suddivise: il 30% sono state riservate al pubblico; il 65% sono state riservate agli investitori istituzionali e il restante 5% sono andate ai dipendenti della società (Cfr. Graf.11).

I dati sono evidenti: altro che public company e azionariato popolare dei lavoratori! Se si dismettono le aziende pubbliche sane ed efficienti per favorire i processi di globalizzazione finanziaria finalizzata ai processi speculativi a facile profitto, allora si è davvero lontani anche da un primo livello di sviluppo di una qualsiasi forma di democrazia economica.

 

ENEL

L’ENEL è stata istituita nel 1962 (L.6 Dicembre 1962, n. 1643) come ente pubblico, operante in regime di monopolio, per consentire di concludere il processo di elettrificazione dell’Italia garantendo al contempo una riduzione complessiva dei costi di produzione, di distribuzione e di commercializzazione.

Nel 1992 l’ENEL è stata trasformata in Società per Azioni con unico azionista il Ministero del Tesoro.

La legge n.359 dell’agosto 1992 ha disposto la trasformazione dell’Enel in società per azioni ed ha conferito al Ministero del Tesoro l’incarico di elaborare un programma di riordino anche in merito al collocamento della proprietà azionaria sul mercato.

A seguito della trasformazione societaria sono state istituite tre divisioni: Produzione, Trasmissione e Distribuzione (tali divisioni sono articolate in sei strutture di servizio tecnico-gestionali che si occupano di ingegneria e costruzioni, ricerca, servizi di telecomunicazioni, sistemi informatici, gestione impianti nucleari, immobiliare e servizi) [1].

Va considerato che il trasferimento al settore privato di un’impresa di così grandi dimensioni, la qualeesercita un servizio pubblico essenziale, che è stato per oltre 30 anni di proprietà pubblica, esige la determinazione di schemi in grado di conciliare le esigenze dei possibili futuri proprietari con quelle di altri soggetti.

La legge 359 suggerisce per la collocazione sul mercato il modello della public company in quanto questo schema è considerato il più adatto a consentire un avvicinamento dei piccoli risparmiatori (orientati da sempre verso i titoli di Stato) alla proprietà azionaria. E’ chiaro che il principale problema che si pone è quello di conciliare l’esigenza di un buon livello di economicità con quella di pubblico servizio. La privatizzazione, infatti, imponendo una logica che persegue esclusivamente gli obiettivi reddituali e valoriali d’impresa tende a privilegiare nettamente l’economicità a scapito dell’utilità del servizio pubblico.

Il riordino del settore elettrico si sta svolgendo secondo due processi separati che però si intrecciano intimamente: la liberalizzazione del mercato e la privatizzazione dell’ENEL .

I momenti principali fissati all’inizio dell’intera operazione vengono di seguito schematicamente rappresentati [2]:

1996 - l’Unione Europea emana la direttiva n.92 sulla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica che prevede il 30% del mercato libero entro il 1° gennaio 2003.

1997 -Il Consiglio di Stato rende al Governo parere favorevole in ordine ad un provvedimento che dovrebbe permettere ai produttori indipendenti di vendere a terzi le eccedenze non ritirate dall’ENEL.

- Il 18 /11/1997 è stata completata la fase di preparazione per attuare la separazione contabile e gestionale delle attività di Produzione, Trasmissione e Distribuzione.

- L’Autorità competente completa la verifica delle tariffe attuali per gli aumenti fissati.

1998 - L’Autorità competente definisce il riassetto della tariffa elettrica e definisce la tariffa che la futura società della Produzione dovrà praticare verso il sistema elettrico.

- Approvazioni da parte del Parlamento italiano della legge Comunitaria che contiene norme di delega al Governo per l’attuazione della direttiva comunitaria n.96/92/CE.

- Il Governo è delegato ad emanare i decreti delegati per l’attuazione della direttiva comunitaria.

- Costituzione di una o più società separate per la produzione.

1999 - Il mercato dovrà essere libero per almeno il 23%.

- Vengono conferiti gli impianti alla/e società di produzione .

2003 - Il mercato dovrà essere libero per almeno il 33%; ciò non implica che l’ENEL debba perdere necessariamente parte della propria quota di mercato, che è ora dell’84%, però almeno una parte di tale quota dovrà essere venduta secondo condizioni concorrenziali.

 

Va ricordato, poi, che, a fine 1997, si è avuta la costituzione di una nuova società, la Wind, formata dall’Enel con France Telecom e Deutsche Telekom, la cui operatività partirà a breve, che si prefigge di offrire una gamma completa di servizi ai clienti che vanno dalla telefonia fissa a quella mobile, ai collegamenti Internet e all’integrazione con reti satellitari; obiettivo principale di questa operazione è, tra l’altro, lo sviluppo di un competitivo terzo gestore cellulare. La nuova società è stata presentata a Roma il 1 dicembre 1997 e sarà controllata da una finanziaria italiana (interamente dell’Enel ma aperta poi ad altri soci) per il 51% e per il restante 49% da una finanziaria estera divisa tra Deutsche Telekom e France Telecom.

Per quanto concerne l’operazione di privatizzazione in senso stretto dell’ENEL, occorre subito chiarire che il settore elettrico è altamente strategico in tutte le strutture economiche e in particolare per il nostro Paese che è fortemente dipendente dall’estero per quanto attiene le materie prime e i prodotti energetici. Una eventuale dismissione potrebbe senza dubbio portare all’insorgere di problemi gravissimi e non risolvibili per l’intera economia nazionale. L’esigenza di un’azienda privatizzata è quella di creare massimi profitti per i propri azionisti e questo obiettivo mal si accorda con la strategicità del settore. In che modo in termini di semplice redditività, ad esempio, sarebbe giustificabile un intervento di potenziamento elettrico in una zona poco popolata o rurale? O ancora: come sarebbe pensabile giustificare investimenti innovativi ad alto potenziale tecnologico nelle centrali più vecchie situate in zone a basso sviluppo economico, misurato esclusivamente in termini di realizzazioni di profitti?

Le prime ristrutturazioni avvenute in vista della privatizzazione hanno confermato i dubbi esposti; basti pensare che mentre prima anche le città piccole avevano comunque sedi operative, amministrative e commerciali dell’Enel, si è ora avviato un processo di smantellamento. Un esempio: in Basilicata e in Molise la struttura locale dell’Enel in pratica non esiste più; i processi di concentrazione della presenza aziendale ha chiaramente penalizzato oltre ai lavoratori anche i cittadini.


[1] La divisione Produzione gestisce gli impianti di produzione ed energia elettrica presenti sul territorio per consentire il massimo decentramento possibile e la migliore vicinanza dell’azienda alla clientela. La divisione Trasmissione assicura l’efficienza del sistema e l’interconnessione con i paesi stranieri attraverso una razionalizzazione delle strutture operative e gestionali. La divisione Distribuzione gestisce le attività commerciali relative alla vendita di energia.

[2] Cfr. Illustrazione Enel n. 3 del 1997.