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Politiche sull’immigrazione: il governo Prodi comincia nella continuità pur di non fallire

ABOUBAKUR SOUMAHORO

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Tutto cominciò mercoledì 17 maggio al Quirinale quando il nuovo governo uscito dalle urne l’11 e il 12 aprile 2006 ha giurato davanti al neo presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Romano Prodi al termine della giornata si è presentato in questi termini davanti ai giornalisti: “L’Italia si aspetta molto. Sentiamo il grande senso di responsabilità. Non possiamo fallire”. Cosi comincia il tanto caro trend di cambiamento radicale e discontinuità, proclamato prima e durante la campagna elettorale delle politiche che ha visto la coalizione di centro destra di Silvio Berlusconi sconfitta alle urne. Ed è all’insegna di questa svolta che il neo ministro alla Solidarietà sociale, Paolo Ferrero e il sottosegretario all’Interno con deleghe sull’immigrazione, Marcella Lucidi, sono arrivati il 24 maggio sull’isola di Lampedusa per “toccare con mano e testimoniare quanto sostenuto dalle associazioni e movimenti antirazzisti sul tema dell’immigrazione”. Ed ecco qui il primo annuncio di Ferrero, parlando delle prossime azioni del governo Prodi. “Un nuovo decreto flussi entro la fine dell’anno per regolarizzare 484 immigrati”, gli stessi che avevano presentato nei mesi scorsi domanda alle Poste in base al precedente decreto flussi che dava la possibilità di ingresso in Italia a 170 mila lavoratori immigrati non appartenenti all’Unione Europea. “Non ci piace definirla sanatoria - ha detto il Ministro - ma si tratta di rendere visibili queste persone che già nei mesi scorsi avevano chiesto di essere regolamentate attraverso le domande inoltrate. Si tratta di migranti che possono avere o hanno già un datore di lavoro e andrebbero regolarizzati”. E sempre dall’Isola di Lampedusa, il ministro su i Centri di permanenza Temporanei Cpt (vere prigioni) lancia “faremo in modo di renderli trasparenti e dare visibilità a quello che avviene al loro interno”. Ci sono bastato queste dichiarazioni del ministro per assistere al “senso di responsabilità” prima del ministro dell’interno Amato, dichiarando che non ci sarà nessuna discontinuità rispetto alla legge Bossi - Fini, in particolar modo sulla gestione dei Cpt. Per chiudere “il cerchio” senza l’aiuto della destra, ci ha pensato il vice premier Rutelli, che rispondendo ad una interrogazione parlamentare circa le dichiarazioni del ministro Ferrero, ha ribadito che non vi sarà nessuna sanatoria né chiusura dei Cpt. Credo che nell’idea di approvare un nuovo decreto flussi entro la fine dell’anno per regolarizzare 484 immigrati non vi è nessuna discontinuità rispetto a quanto voluto dal precedente governo di destra, né un cambiamento di pagina sulla vergognosa e indegna realtà dei Cpt. Mi spiego meglio. Il problema dei flussi non sta nell’allargamento del numero, bensì nell’impianto del provvedimento stesso, nella sua natura mercificatrice. Ovvero se il decreto flussi, ovviamente ispirandosi all’eredità del centro-sinistra, considera a quanto si legge nell’ordinanza 3426 del 22 aprile 2005 a firma del presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, “considerato l’elevato numero di richieste di lavoro stagionale, superiore alla disponibilità di quote di ingressi autorizzabili, sulla base della vigente normativa, in particolare nei settori agricolo e turistico - alberghiero, pervenute agli uffici periferici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che se non tempestivamente soddisfatte potrebbero comportare una grave crisi in settori rilevanti dell’economia nazionale e favorire fenomeni di immigrazione clandestina”, allora viene spontaneo dire e sostenere che la politica delle quote non sia null’ altro che un vero e proprio atto di mercificazione dei migranti, a loro discapito, necessario a soddisfare le richieste dell’imprenditoria e delle politiche neo-liberiste. Tutto ciò a scapito della dignità delle persone. Per quanto riguarda il tema dei Centri di Permanenza Temporanei (Cpt), mostri voluti dal precedente governo di centro sinistra nel testo Unico sull’immigrazione, la cosiddetta legge Turco - Napolitano nel 1998 (ho detto Napolitano?? Proprio Girogio Napolitano, l’attuale Presidente della Repubblica(!)). Va detto che sono strutture dove viene legittimata la detenzione amministrativa di chi non ha commesso nessun reato. Cioè fuori da ogni principio costituzionale. Quindi vanno chiusi tout court, sgombrando in questo modo il campo delle mille ambiguità, facendo emergere l’inutilità della commissione d’indagine sui Cpt istituita dal Viminale. Le intenzioni del ministro Amato a proposito sono ben chiare, cioè i Cpt non vanno e non andranno chiusi. La questione, d’altronde, non si risolve nel renderli vivibili o umanizzandoli, come indicato dalla stragrande maggioranza del governo attuale, magari con l’introduzione di qualche palestra, aria condizionata o riscaldamento. In questa partita di ping pong e proclami della compagine governativa, spetta e tocca a chi in questi anni si è battuto costruendo vertenze e mobilitazioni territoriali e nazionali, fino a portare nell’agenda della Politica il tema dell’immigrazione nei suoi infiniti aspetti. Dal dramma del contratto di lavoro vissuto da milioni di cittadini immigrati che pur di non perdere il soggiorno, pagano i contributi di tasca propria, per non parlare dell’umiliazione e l’arroganza subiti sotto il padrone di turno. A volte col rischio di perdere il titolo di soggiorno alla prima protesta e rivendicazione di diritti sindacali. Al punto che non si chiama più permesso di soggiorno, ma contratto di soggiorno. Perché la perdita di un eventuale contratto di lavoro o licenziamento corrisponde alla perdita del soggiorno. Ecco, tocca a quei movimenti rilanciare con forza e determinazione quanto maturato in questi anni di opposizione al governo Berlusconi. Ovviamente sulla base dei contenuti che ci hanno visti in piazza il 3 dicembre del 2005. Sicuramente prendendo atto del presente che si chiama legge Pisanu, “Pisanu Act”, approvato nella passata legislatura con il sostegno della maggioranza del centro sinistra. Bisogna poi mettere in discussione il vergognoso accordo-convenzione con le Poste e di protocolli di intesa tra Governo, Patronati e Anci sulle pratiche di permessi e carte di soggiorno. Va ricordato che siamo di fronte a un vero provvedimento di privatizzazione. Ecco perché assolutamente va messo all’ordine del giorno nel calendario delle vertenze. Tutto quanto detto fin qui si basa su alcuni elementi fondamentali, come l’autonomia nella pratica della lotta circa il governo e il suo operato. Autonomia che non significa indifferenza, ma ben si capacita di coniugare opposizione e proposizione senza farsi condizionare da un cosiddetto governo pseudo-amico. Credo che un elemento irrinunciabile sia l’auto-organizzazione degli immigrati in questo percorso. Oggi in Italia, nel movimento in generale, si è iniziato a parlare di soggettività migranti, aggettivo che fino a pochi anni fa, sicuramente se non veniva negato e taciuto, comunque non esisteva nel vocabolario dei movimenti, in particolare di quelli antirazzisti. Oggi in Italia, si parla di soggettività migranti, perché stanno emergendo da qualche anno dei movimenti auto-organizzati d’immigrati, a volte organizzati in stile rete su scala nazionale e il Comitato Immigrati in Italia (CII) è una forma di collegamento stabile tra comitati, associazioni, gruppi, collettivi, singoli/e attivisti/e che esprimono in vario modo lo sforzo multiforme di auto-organizzazione per l’affermazione dei diritti, della libertà, della dignità dei cittadini/e immigrati/e in Italia. La peculiarità di tale rete sta nel fatto che ne sono promotori e protagonisti attivi immigrati/e provenienti da qualsiasi paese è attualmente residenti in Italia. Ovviamente è nella condivisione di principi, finalità ed obiettivi comuni che sfidando il razzismo, la schiavitù, il paternalismo, l’assistenzialismo e il settarismo di molti organizzazioni e soggetti sociali, hanno deciso di prendere il proprio destino nelle proprie mani nell’unità per rivendicare i propri diritti. Peccato che questo percorso dell’auto-organizzazione degli immigrati fa ancora fatica ad essere condiviso da molti autori del movimento e organizzazioni. Uno dei tanti pilastri di questo cammino è il sindacato, elemento imprescindibile. Basti pensare al contratto di soggiorno, che con la sua introduzione fa sì che i lavoratori immigrati vengano relegati al ruolo di “usa e getta”, che in stile schiavista e colonialista, subordina la loro posizione regolare e il loro destino alla scelta del “padrone di turno” ed alle regole selvagge del mercato del lavoro basato sulla precarietà. Quindi la permanenza del lavoratore immigrati che viene legato al contratto di lavoro. Ecco perché il ruolo del sindacato, in particolare di base è non solo da valorizzare, ma da rinforzare con capacità e determinazione, per poter rivendicare il diritto dei lavoratori in generale, e contemporaneamente saper leggere le specifica dell’immigrazione. Che oggi come mai prima è diventato il terreno di sperimentazione di nuove forme di precarietà e cancellazione dei diritti in generale. Questo lavoro sindacale - sempre nel campo dell’immigrazione - non potrebbe avere una solida base, se non partendo da uno stretto rapporto con i lavoratori immigrati al di là della fabbrica, del cantiere. Ovvero al di là del luogo di lavoro. Si direbbe un sindacato metropolitano. Quindi dopo il governo Berlusconi, quanto fatto e detto oggi dal governo Prodi non va nella direzione dell’alternativa. Direi che stiamo fin qui assistendo ad un’alternanza di ruoli, mentre la sostanza non cambia (la Bossi - Fini, la legge 30, il contratto di soggiorno, il protocollo tra Vicinale, Poste Italiane, ANCI e Padronati, i Cpt/Cpa, la legge Pisanu, ecc...). Permettetemi di dire che Il governo Prodi comincia nella continuità pur di non fallire.

note

1 RdB- CUB Immigrazione.