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ANALISI -INCHIESTA: STATO DELLE PRIVATIZZAZIONI E DINAMICHE SETTORIALI

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Autore/i

Luciano Vasapollo
Articoli pubblicati
per Proteo (48)

Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
Articoli pubblicati
per Proteo (36)

Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Rassegna sullo Stato delle privatizzazioni:linee di indagine
Rita Martufi, Luciano Vasapollo


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Rassegna sullo Stato delle privatizzazioni:linee di indagine

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

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1. Introduzione

Riprendiamo con questo numero un argomento che è stato già ampiamente trattato in passato nella rivista PROTEO e sia nel libro “Vizi privati ...senza pubbliche virtù” (Mediaprint, Roma , 2003). Il motivo che ci ha indotto a trattare di nuovo questo tema è dovuto all’esigenza di delineare un quadro aggiornato della situazione attuale delle privatizzazioni nel nostro Paese. In questi anni il processo non si è mai interrotto e ci sono state evoluzioni che meritano di essere approfondite soprattutto in vista degli ultimi decreti varati dal nuovo Governo di centro-sinistra che si è insediato nell’aprile del 2006. Le nostre analisi precedenti si erano fermate alla fine dell’anno 2002, ed è proprio da quest’anno che riprenderemo la nostra analisi-inchiesta per fornire a tutti un utile strumento di consultazione per poter comprendere e valutare correttamente la nuova situazione e quali sviluppi ci si deve attendere nel prossimo futuro. Come sempre per svolgere la nostra analisi ci riferiremo ai dati ufficiali , ossia in questo caso i dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nella Relazione sulle Privatizzazioni. Prima di affrontare gli ultimi sviluppi delle privatizzazioni nel nostro Paese ci sembra utile fornire al lettore un breve quadro riassuntivo delle privatizzazioni italiane dal 1993 ad oggi:

2. Un excursus Anno 1993 È stato l’anno in cui più contenute sono state le entrate, con un incasso totale di 2.753 miliardi di vecchie lire. Oltre alla vendita di Italgel, Cirio-Bertolli-De Rica (IRI) e di SIV (Efim), è stato anche l’anno dell’addio alla prima delle grandi banche pubbliche, il Credito Italiano (IRI) ceduta tramite Offerta pubblica di vendita (Opv) per 1.801 miliardi di vecchie lire.

Anno 1994 Con 7 operazioni, lo Stato incassò 12.704 miliardi di vecchie lire. È stato l’anno della vendita di Comit (Opv da 2.891 miliardi) da parte dell’azionista IRI, della prima tranche di IMI (2.147 miliardi), INA (4.530 miliardi) e Sme (IRI), della cessione di Nuovo Pignone (ENI), dell’Acciai Speciali Terni (IRI) e di altre società dell’ENI.

Anno 1995 Per complessivi 13.462 miliardi di vecchie lire sono state collocate le seconde tranche di IMI, INA (entrambe tramite trattativa privata per rispettivi 1.200 e 1.687 miliardi) e Sme e la prima tranche dell’ENI (Opv da 6.299 miliardi). Lo stesso anno erano state anche cedute Italtel (IRI), Ilva Laminati Piani (IRI), Enichem Agusta, Ise (IRI) e altre società dell’ENI.

Anno 1996 Assieme al ’95 è stato l’anno con il maggior numero di privatizzazioni, con un introito totale di oltre 18.000 miliardi di lire (circa 9,3 miliardi di E). Oltre alle ricche vendite di ENI (seconda Opv, 8.870 miliardi di lire) e INA (terza tranche, 3.260 miliardi di lire) sono stati ceduti anche Dalmine (IRI), Italimpianti (IRI), Nuova Tirrena, Sme (terza tranche), Mac (IRI), IMI (terza tranche), Montefibre. Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1996 il gruppo IRI ha realizzato cessioni per un valore pari a 20.873 miliardi di lire, dei quali il 55% è da imputarsi ad operazioni effettuate dal gruppo IRI S.p.A. Il gruppo ENI dal luglio 1992 al 31 dicembre 1996 ha realizzato cessioni per un importo pari a 5.839 miliardi di lire; i debiti finanziari trasferiti sono stati pari a 2.481 miliardi di lire. In complesso l’effetto finanziario è stato pari a circa 8.320 miliardi di vecchie lire.

Anno 1997 È l’anno con il minor numero di operazioni ma con incassi più che raddoppiati, pari a oltre 40.000 miliardi di vecchie lire. Il Ministero del Tesoro ha gestito la vendita della Telecom (nucleo stabile + Opv, 22.883 miliardi di lire), alla terza tranche ENI (Opv, 13.230 miliardi di lire), alla Bancaroma (Opv + prestito obbligazionario, 1.900 miliardi di lire), alla Seat e Aeroporti di Roma. Il Tesoro ha gestito poi le dismissioni riguardanti la vendita della parte del pacchetto azionario posseduto nell’Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.A e la vendita di una quota delle azioni nel Banco di Napoli S.p.A. Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1997 l’incasso è stato di oltre 48.209 miliardi di lire, dei quali oltre il 76% riguarda le operazioni attuate direttamente dall’IRI S.p.A. Nel 1997 nel gruppo IRI vi è stato un incasso di oltre 2.800 miliardi di lire (circa 1,4 miliardi di E). Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1997 il valore delle operazioni effettuate dal gruppo ENI è stato di oltre 6.291 miliardi di lire; a questi vanno aggiunti circa 2.427 miliardi di lire di debiti finanziari trasferiti. L’effetto complessivo totale finanziario è stato di oltre 9.348 miliardi di lire.

Anno 1998 Nel 1998 le entrate da dismissioni hanno superato i 25 mila miliardi di vecchie lire (circa 13 miliardi di E). Il Ministero del Tesoro ha dismesso una ulteriore quota della partecipazione azionaria tenuta in ENI S.p.A. e la vendita della partecipazione nella Banca Nazionale del Lavoro. Si è avuta la vendita della quarta tranche dell’ENI (12.995 miliardi di lire; la partecipazione del Tesoro è scesa così molto al di sotto del 50%), della BNL (6.707 miliardi di lire). Il gruppo IRI ha realizzato dismissioni per più di 4mila miliardi di lire (circa 2 miliardi di E), mentre il gruppo ENI ha realizzato operazioni che hanno portato ad entrate pari a 1.100 miliardi di lire (5,68 miliardi di E). Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1998 il gruppo ENI ha realizzato un volume complessivo di entrate pari a circa 8.106 miliardi di lire (4.186.399,624 E).

Anno 1999 È stato l’anno più generoso con incassi senza precedenti. Con due sole dismissioni, quella di ENEL (il più grande collocamento fatto in Italia, 32.045 miliardi di lire) e quella di Autostrade (asta + Opv da 13.500 miliardi), lo Stato ha incassato in tutto 47.112 miliardi di lire (24,33 miliardi di E). Il Tesoro ha poi venduto anche la partecipazione detenuta nel Mediocredito Centrale. Solo nel settore energetico e bancario il Tesoro ha avuto un incasso di oltre 36 mila miliardi di lire (circa 18,6 miliardi di E). Dal luglio 1992 al 30 giugno 1999 il gruppo IRI attraverso le cessioni ha realizzato proventi pari a circa 52.745 miliardi di lire.

3. Fine dei “Maledetti” anni ‘90

E’ evidente quindi che nel corso degli anni Novanta l’Italia è stato il paese che effettuato più privatizzazioni secondo solo alla Gran Bretagna. Le enormi operazioni di dismissione e di privatizzazione, sono state fatte, così almeno sono state presentate, in sostanza per ridurre il debito pubblico in Italia. Ma in realtà la logica neoliberista delle privatizzazioni è quella dello smantellamento del diritto al lavoro e dei diritti del lavoro, è quella di un capitalismo “selvaggio”, senza regole, che insegue la mera realizzazione del profitto senza scrupoli, creando così seri scompensi sociali in termini di aumento della disoccupazione e di abbassamento della qualità della vita in genere. Il processo di privatizzazione si accompagna a quelli di ristrutturazione, di innovazione tecnologica con esternalizzazioni e delocalizzazioni con i connessi licenziamenti e quindi continuano a basarsi sul calo dell’occupazione; le migliori politiche imprenditoriali non possono essere quelle basate su maggiori profitti derivanti da più alti tagli occupazionali. Negli anni che vanno dal 1992 al 2000 il settore pubblico ha realizzato dismissioni e privatizzazioni che hanno interessato le società dell’IRI, dell’ENI e dell’ENEL e hanno coinvolto il settore metallurgico, delle costruzioni, informatico, bancario, assicurativo, alimentare, energetico, cantieristico. Questi processi hanno interessato oltre 225.000 lavoratori (del settore meccanico, della distribuzione, siderurgico, delle telecomunicazioni, ecc.) Discorso a parte meritano invece le privatizzazioni delle imprese che gestiscono i servizi pubblici locali; queste imprese hanno realizzato profitti elevati soprattutto perché agiscono nel mercato in modo quasi da monopolisti; ciò perché i servizi che offrono (acqua, luce, gas, energia, ecc.) sono tra quelli considerati essenziali e quindi con una domanda sempre forte e sicura. E’ per questo motivo che le imprese multinazionali continuano a cercare di “mettere le mani” sulle imprese di servizi. L’idea che la privatizzazione dei servizi assicura una migliore efficienza e un ottimo prodotto finale è completamente sbagliata perché l’unico scopo delle imprese private è la ricerca del profitto e quindi gli investimenti sono volti solo a massimizzare i guadagni e diminuire i costi a danno della sicurezza sul lavoro, del prodotto finale e della salvaguardia dell’ambiente. Anche la tanto decantata diminuzione dei prezzi non si è realizzata perché al contrario si è verificata una crescita dei prezzi. Ad esempio si sono avuti “circa 11.000 lavoratori espulsi in seguito alla vendita di Telecom Italia, 400 uffici postali periferici chiusi perché non redditizi, tariffe aumentate nel trasporto aereo, nella sanità e nel trasporto ferroviario, insieme a un generale aumento dell’impiego di contratti di lavoro precari (CO.CO.CO., interinali, CFL, ecc.)”3.

4. Le privatizzazioni del nuovo millennio

Anni 2000-2001 Nel 2000 si è avuta una diminuzione delle dismissioni condotte dal Tesoro, anche perché il Governo ha deciso di non lasciare la quota di controllo dell’ENI; l’IRI invece in attesa della liquidazione, ha portato avanti il processo di privatizzazione. Le entrate del Tesoro sono state di circa 1.100 miliardi di vecchie lire (600 milioni di E). Tra le più importanti operazioni di dismissione si è avuta la vendita delle azioni di controllo nel Credito Industriale Sardo e delle azioni rimaste nel Mediocredito Lombardo e nella Meliorbanca. L’IRI SpA (che ha effettuato il 97% delle operazioni del gruppo) ha realizzato la vendita di circa il 44% delle azioni in Finmeccanica, ha perfezionato il trasferimento del nucleo stabile del 30% della società Autostrade ed ha venduto la partecipazione di controllo della società Aeroporti di Roma; tutto ciò ha portato entrate per 19 mila miliardi di lire (circa 10 miliardi di E). Al termine dell’operazione il Ministero del Tesoro detiene il 32,45% del capitale sociale di Finmeccanica.

Nel primo trimestre 2001 il Tesoro ha venduto una quota di circa il 5% del capitale dell’ENI ad investitori istituzionali con entrate pari a 5.268 miliardi di lire (2,72 miliardi di E). L’IRI invece con la vendita del 100% delle azioni della Cofiri ha realizzato entrate pari a 984 miliardi di lire (508 miliardi di E).

Anno 2002 Il Ministero dell’Economia nei primi sei mesi del 2002 ha effettuato le dismissioni di parte delle quote di partecipazione rimanenti in alcune banche italiane (Cariverona, Mediovenezia, Mediocredito Toscano) e la cessione delle azioni residue nell’Ina -Generali e del mediocredito Fondiario Centroitalia; il tutto ha realizzato un’entrata lorda di 99.914.935 Euro. Nel secondo semestre del 2002 invece si è avuta una sola operazione di dismissione che ha interessato la vendita delle rimanenti azioni ordinarie e di risparmio possedute in Telecom Italia. Si ricorda che il processo di privatizzazione della Telecom ha avuto il più alto picco nel 1997 quando il tesoro ha venduto il 39,5% della sua quota di capitale sociale (ad oggi, febbraio 2007, il Tesoro possiede lo 0,1% del capitale). Per quanto riguarda il gruppo IRI invece dal 1992 si sono avute dismissioni pari a 45.526,967 milioni di Euro. Si ricorda poi che il 30 novembre 2002 l’IRI, in liquidazione dal 27 giugno 2000, è stato eliminato dal Registro delle imprese a causa della fusione per incorporazione nella Fintecna, (che in precedenza era posseduta al 100% dallo stesso IRI) la quale porterà avanti il programma delle privatizzazioni.

Anno 2003 Il Ministero dell’Economia nel corso del 2003 ha effettuato le dismissioni del 100% del capitale dell’Ente Tabacchi Italiani, del 6,6% del capitale sociale dell’Enel (la dismissione dell’ENEL iniziata nel 1996, essendo quello elettrico un settore altamente strategico, ha senza dubbio fatto nascere problemi gravissimi che vanno dalla riduzione di posti di lavoro allo smantellamento di sedi operative, amministrative o commerciali nelle città piccole, ecc) ridottosi a febbraio 2007 al 21,14% ,del 10% del capitale ENI (trasformata in società per azioni nel 1992, nel 1995 ha iniziato il processo di privatizzazione; in poco più di due anni e mezzo il Ministero del Tesoro , con quattro offerte , ha collocato sul mercato circa il 64% del capitale ENI e dal 28 novembre 1995 l’ENI è quotata in Borsa) e del 35% del capitale di Poste Italiane ( a febbraio 2007 il pacchetto di azioni in mano al Tesoro è del 65%). Va rilevato che i valori complessivi sui proventi delle privatizzazioni attuate dal 1977 in tutto il mondo pongono il nostro Paese al secondo posto per valore di entrate e al primo posto in Europa superando perfino la patria delle privatizzazioni, ossia il Regno Unito. Nell’anno 2003 il Ministero dell’Economia si colloca tra le prime 10 privatizzazioni realizzate nell’anno in tutto il mondo con 3 operazioni sul mercato, ossia l’ETI (4° posto - 3° a livello UE), il collocamento ENEL (5° posto - 4° a livello UE) e la cessione del 30% di CDP (10° posto - 7° a livello UE)4.

Anno 2004 Nell’anno 2004 il Ministero dell’Economia ha effettuato la dismissione della quota residua (14,42%) nella Coopercredito S.p.A e nel mese di ottobre ha continuato con la dismissione del 18,87% del capitale sociale dell’Enel S.p.A. Fintecna Il volume complessivo delle cessioni realizzate da Fintecna dal 1° gennaio al 31 dicembre 2004 risulta pari a 127.154.000 Euro. Con la vendita della terza tranche di azioni Enel il Ministero dell’Economia e delle Finanze mantiene il controllo diretto del 31,48%; il 10,29% della società è posseduto dalla Cassa Depositi e Prestiti mentre il 58,23% è in possesso degli azionisti privati. Nella tabella seguente vi è una panoramica delle privatizzazioni effettuate dal Ministero negli anni che vanno dal 1994 al 2004. E’ importante anche mostrare un riepilogo delle operazioni di privatizzazioni effettuate dal gruppo Fintecna negli anni che vanno dal 1992 al 2004. Anno 2005

Nei primi sei mesi dell’anno 2005 il Ministero dell’Economia ha effettuato la dismissione del 9,35% del capitale sociale di Enel S.p.A. e la vendita delle quote di maggioranza posseduta nella società Fime s.p.A. e in specifico la quota del 71,8%. La quarta tranche della vendita delle azioni Enel ha portato al possesso del 10,20% delle azioni da parte della cassa depositi e Prestiti , del 67,93% posseduto da azionisti privati e il restante 21,87% detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Da rilevare (vedi graf. seguente ) la partecipazione estera alle operazioni di dismissione; si noti che la Gran Bretagna ha la percentuale più alta (38%) del collocamento istituzionale.

Nel secondo semestre dell’anno 2005 ci sono state altre due importantissime operazioni di dismissione da parte del Ministero dell’Economia ossia la cessione dello 0,06% della società Telecom Italia Media S.p.A. ( dopo questa operazione il Ministero possedeva circa lo 0,02% del capitale sociale), e la cessione dei diritti di opzione connessi all’operazione di accrescimento del capitale sociale di Alitalia S.p.A.

Anno 2006

In sintesi il Governo Berlusconi pur avendo connotati di carattere economico liberista e quindi con la “funzione genetica” di ridurre la presenza pubblica nell’economia, nei fatti ha realizzato solo la vendita dell’ETI, il monopolio tabacchi (nel 2003 è stato venduto il 100% delle azioni) ; per il resto si sono avute sono cessioni di quote marginali. E nel 2006 società come ENI ed ENEL hanno ancora una apprezzabile quota pubblica ENEL (21,36%) , ENI (20,32%); anche l ’Alitalia è per quasi il 50% a capitale statale, mentre la partecipazione in Finmeccanica arriva circa al 34%.

Come si vede è ancora elevato il pacchetto di azioni appartenenti allo Stato! 5. Il centro -sinistra all’attacco

Con il nuovo Governo di centro-sinistra si sono avute delle novità soprattutto nel campo delle liberalizzazioni. Il D.L. 223/2006 (conv. Legge 248 dell’11/8/2006 , noto come Decreto Bersani) ha delineato nuove regole sulla concorrenza. “Queste le principali misure del provvedimento: • Alimentari: liberalizzazione della produzione del pane. Da oggi sarà sufficiente una dichiarazione di inizio attività al Comune, aboliti i limiti quantitativi alla produzione ed il numero dei panifici in ciascun comune. • Assicurazioni: abolita la vendita in esclusiva delle polizze assicurative, con possibilità di agenti plurimandatari. I risarcimenti arriveranno inoltre dalla propria compagnia, riducendo i tempi di attesa. • Authority: multe tra il 3% e il 10% del fatturato per violazione delle norme sulla concorrenza. • Banche: obbligo per la banca di comunicare al cliente per iscritto le variazioni al contratto del conto corrente con possibiltà per il correntista di recedere dal contratto senza costi ulteriori. Ogni banca che modificherà inoltre i propri tassi di interesse a seguito delle variazioni stabilite dalla Banca Centrale Europea dovrà adeguare contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori. • Casa: abolizione dell’obbligo della dichiarazione Ici con la possibilità per i proprietari di case di liquidare l’imposta sulla dichiarazione dei redditi (Unico o 730). • Farmaci: via libera alla loro vendita - se non soggetti a prescrizione medica - nei supermercati e in tutti gli esercizi commerciali (esclusi gli alimentari). Unico vincolo: la presenza di un laureato in farmacia. • Notai: abolito l’obbligo dell’atto notarile nel caso di passaggio di proprietà di automobili, moto e barche. Da oggi sarà necessario solo un atto, gratuito, da effettuare in Comune. • Professionisti: abolita la tariffa minima per i professionisti, con possibilità del cliente di negoziare la parcella. Da oggi i liberi professionisti - ad eccezione dei medici nell’esercizio della professione reso nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso - potranno pubblicizzare la propria attività. • Pubblici esercizi: prevista l’abolizione delle commissioni comunali e provinciali per il rilascio della licenza necessaria all’apertura di un esercizio pubblico. • Taxi: nuova disciplina del servizio ed aumento dei mezzi in circolazione attraverso la programmazione a livello locale. Possibilità per i tassisti di ampliare i turni di lavoro, avvalendosi di dipendenti o familiari, e per i consorzi di utilizzare veicoli aggiuntivi.”5

Anno 2007 Il nuovo Governo Prodi non ha realizzato sostanziali vendite ai privati ( l’Alitalia sarà la prima). Si ricorda che le privatizzazione dell’Alitalia ebbe inizio nel 1998 in quanto prima l’85,1% delle capitale sociale apparteneva all’IRI e il 14,9% era in mano ai privati. L’intento della privatizzazione è stato quello di far scendere la quota dell’IRI al di sotto del 50% per poter privatizzare completamente la compagnia aerea; ad oggi infatti il Tesoro detiene il 49,9% del capitale sociale della compagnia) L’Italia, che in questi ultimi venti anni è stato il secondo Paese al mondo per privatizzazioni, è sceso lo scorso anno al 12° posto anche perché l’”affondo” pesante era avvenuto con i governi di centro-sinistra degli anni ’90. Questa tendenza a una minore attrattiva delle privatizzazioni si è estesa a diversi paesi europei e per il 2007 si prevede un ulteriore calo anche perché la Francia che nel 2006 ha realizzato imponenti privatizzazioni seguita dalla Germania e dall’Olanda si trova in un periodo di incertezza nel suo programma di privatizzazioni. Nel grafico seguente sono riportati gli incassi in euro realizzati dai principali paesi europei; si noti l’assenza dell’Italia tra i primi posti, in particolare un vistoso rallentamento durante la fase del Governo Berlusconi. Nell’anno 2007 rilevante è il disegno di legge in merito alla privatizzazione dei servizi pubblici locali collegato alla finanziaria dei Ministri Lanzillotta (Dl), Bersani (Ds) nel quale è prevista la privatizzazione di settori come quelli di luce , gas, trasporti pubblici (resta fuori solo momentaneamente l’acqua). La premessa al disegno legge così cita: “Alla fine degli anni 90 era stato finalmente avviato un processo di riforma dei servizi pubblici locali, volto ad accrescere l’efficacia dei servizi nel soddisfare i bisogni dei cittadini e ad aumentarne l’efficienza, così da ridurre i costi per le comunità locali. I passaggi fondamentali, che si inserivano in un più generale processo di riforma della regolazione nei settori dei servizi di pubblica utilità, erano costituiti dalle riforme del trasporto pubblico locale, del settore elettrico e del gas naturale, nonché dall’introduzione di incentivi per le trasformazioni delle aziende speciali in S.p.A., puntando a sviluppare la distinzione di ruoli tra ente locale, che programma e regola il servizio, e azienda, che lo deve gestire su base imprenditoriale, aprendo a forme di concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato (affidamento a gara). Il processo così avviato deve ora essere sviluppato con una legge di delega sui servizi pubblici locali che, in attuazione del nuovo dettato costituzionale che attribuisce allo Stato il compito di promuovere la concorrenza, estenda a tutti i settori dei servizi pubblici locali l’approccio riformatore e costruisca una cornice d’insieme coerente per le sperimentazioni da parte degli enti locali di nuove forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini e per le iniziative imprenditoriali delle migliori aziende di servizio....”6. Attraverso la premessa si appoggia la legge (di soli 3 articoli) che affida ai comuni , alle province, alle città metropolitane l’incarico di trovare le attività da mettere a gara tra i privati che devono garantire “la finalità pubblica” attraverso “il perseguimento degli interessi generali”. Solo la “nuda proprietà delle reti” resta pubblica ed è previsto che solo in casi eccezionali potranno affidare i servizi a società pubbliche o a partecipazione mista. La gestione del servizio idrico integrato non è contemplata nel decreto legge e si suppone che sarà fatta oggetto di norme a parte. Per mostrare lo spirito che ha guidato la stesura di questo disegno di legge chiarificatrici sono le parole della stessa Lanzillotta che in un articolo pubblicato sull’Unità del 2.11.06 : “Noi vogliamo fare una liberalizzazione. Il nostro disegno di legge si basa sull’articolo 118 della Costituzione che assegna alla legge statale il compito di identificare le funzioni fondamentali dei comuni per garantire e rendere effettivi i diritti primari dei cittadini. Ma, al contempo, precisa che queste funzioni sono esercitate secondo il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, coinvolgendo le risorse presenti nella società e il mondo economico. È la linea di Blair: massima attenzione alla qualità dei servizi al pubblico. Altro che un approccio liberista.”7 Ci sembra evidente , soprattutto con il richiamo a Blair , quale sia l’idea di liberalizzazione che ci si deve aspettare dal nuovo governo di centro-sinistra! E la ricerca «15 anni dopo: pubblico è meglio» svolta dall’ARCI, dall’ Associazione Rete Nuovo Municipio, ATTAC Italia, e Funzione Pubblica CGIL, porta alla conclusione che sia i lavoratori, sia i cittadini sostengono che non è affatto vero che “privato è meglio” in quanto in questi ultimi cinque anni la liberalizzazione dei servizi ha peggiorato la situazione generale in quanto si è avuta una maggiore precarietà, un peggioramento del servizio e una diminuzione dell’occupazione.Questa insoddisfazione si estende a tutto il territorio nazionale accentuandosi però dove le esternalizzazioni dei servizi sono state maggiori. Ed è interessante riportare le parole di Krugman8 sulle privatizzazioni in USA e le conseguenze negative che queste hanno comportato: “l’appalto delle funzioni alle ditte private. La privatizzazione”, dice Krugman, “è la causa dei fallimenti del governo su tutti i fronti”. “C’è evidentemente un errore fondamentale nell’ideologia anti-statalista adottata dal movimento conservatore americano. I conservatori guardano alle virtù della concorrenza e del mercato, e saltano alla conclusione che la proprietà privata sia, in sé, un elisir magico....Ma non c’è alcuna ragione di credere che una ditta privata incaricata di svolgere un servizio pubblico lo faccia meglio degli addetti alle dipendenze dello Stato”. Krugman ne dà il chiaro segnale: “Perché la presunzione che il settore privato non sbaglia mai, e il settore pubblico non può fare nulla di buono, ci impedisce di risolvere alcuni dei più gravi problemi americani, in particolare il nostro sistema sanitario malato”9. Oggi è evidente quindi, anche a molti fautori del liberismo più o meno sfrenato, ancora di più quanto il mercato non possa disciplinare se stesso, che necessita della mediazione politica, di un intervento da parte dello Stato che realizzi la trasparenza, l’efficienza, salvaguardando però l’interesse economico e sociale generale, garantendo redditività da coniugare assolutamente, però, a giustizia sociale e distributiva, creando ricchezza e lavoro.

Prime Conclusioni

Il quadro descritto ci porta a riflettere criticamente sugli insuccessi dei processi di privatizzazione/liberalizzazione realizzati sino ad ora. La tendenza politico-economica attuale è sempre più indirizzata verso la liberalizzazione più sfrenata e senza limiti. Una liberalizzazione che non terrà in alcun conto le esigenze dei lavoratori, delle classi più deboli della società; “in nome del Dio mercato” continueranno ad essere tolte anche le minime garanzie di Stato sociale presenti ancora oggi, anche se ormai in forma quasi residuale. Quando si parla di privatizzare energia, trasporti, scuola, sanità, si comprende bene quali potranno essere le conseguenze per i cittadini, per i lavoratori, per i disoccupati e tutte le figure sociali precarie, marginali e a basso reddito. Si tratta, quindi, esclusivamente di un’ulteriore resa di conti nel conflitto capitale-lavoro, per tagliare i costi del lavoro diretto, indiretto e differito, per smantellare lo Stato sociale, per affermare definitivamente il paradigma neoliberista dell’accumulazione flessibile attraverso la precarizzazione dell’intero vivere sociale, nella società del “malessere da mercato”. La scelta dei processi di privatizzazioni diventano per il neoliberismo fondamentali per l’esaltazione del libero mercato nel quale, anche se in forme differenziate, prevale sempre e comunque l’economia finanziaria speculatrice a danno del fattore produttivo lavoro. Le privatizzazioni sono la linfa vitale del neoliberismo e risultano determinanti per far emergere quei principi dominanti e quelle forze tese alla ricerca di obiettivi di guadagno, immediato o a medio lungo termine, che non si trasformano mai in processi di redistribuzione equa e di utilità sociale generale. Gli equilibri, la stabilità, la redditività cercata dal sistema capitalistico internazionale attraverso le privatizzazioni si sono rivelati soltanto essere veri processi di destabilizzazione degli equilibri politici, sociali e ambientali. L’aumento di efficienza raggiunto dalle imprese privatizzate è dovuto, dunque, alla contrazione di quei costi, di quelle spese che, invece, dovevano essere ritenute intoccabili. Infatti, in un programma di industrializzazione avanzato e almeno a compatibilità eco-sociale, in un progetto di sviluppo serio di un paese, in cui non prevalgono gli investimenti finanziari ma quelli produttivi, dovrebbe aumentare l’occupazione e gli investimenti per la salvaguardia ambientale, sociale e della salute dei cittadini. E’ necessario quindi introdurre regole e delineare quali sono gli strumenti dell’intervento pubblico necessari ancora oggi. Il nostro Paese ha bisogno di progetti di sviluppo di importanza nazionale per i quali può disporre di risorse finanziarie sicure nel tempo; risorse finanziarie che solo organismi pubblici possono garantire. E’ evidente anche in termini di equilibri macroeconomici, la necessità di un modello di sviluppo radicalmente diverso, capace di generare nuova e diversa occupazione, diversa ricchezza, un diverso modo di produrre e del vivere sociale. Un modello di sviluppo che punti alla distribuzione del lavoro, del reddito e dell’accumulazione del capitale, una modalità di sviluppo quindi ecocompatibile e solidale incentrato su forme di economia sociale capaci di creare diversa ricchezza e distribuire valore diffondendolo socialmente. La divaricazione fra crescita della ricchezza finanziaria e contrazione della ricchezza reale, tra economia reale ed economia finanziaria, è stata ed è favorita nel nostro Paese non solo dalla speculazione internazionale, dalla mancanza di controllo, ma soprattutto da scelte di politica economica che, incentrandosi su una logica privatistica e sulla centralità culturale delle compatibilità economiche e sociali d’impresa, non producono e distribuiscono lavoro, reddito e ricchezza, ma distruggono risorse. È evidente dai dati che i risultati derivano da scelte di politica economica che incentrandosi sulla privatizzazione dell’economia e anche della cultura del sociale diventano parte di un più generale progetto incentrato su una completa ricomposizione concertativi dei conflitti e delle tensioni sociali, attraverso una ristrutturazione delle relazioni economiche ed industriali basate sulle logiche di un capitalismo selvaggio globale. Le contraddizioni tra regole di mercato e garanzia di una qualità della vita dignitosa dei cittadini-lavoratori non sono risolvibili a partire dagli automatismi interni allo stesso mercato e imposte dalle politiche neoliberiste. La logica non può essere quella di un capitalismo “selvaggio” “senza legge” che insegue la mera realizzazione del profitto senza scrupoli, senza regole, creando così seri scompensi sociali in termini di aumento della disoccupazione e di abbassamento della qualità della vita in genere. Il processo di riconversione, di ristrutturazione, di innovazione tecnologica non può basarsi sul calo dell’occupazione, su maggiori profitti derivanti da più alti tagli occupazionali. Il risparmio deve essere incanalato verso investimenti produttivi in senso ampio, capaci di creare ricchezza, lavoro e di attuare un miglioramento complessivo delle condizioni di vita e della protezione sociale. I beni e servizi di interesse collettivo hanno un peso determinante nella qualità della vita delle persone e costituiscono una realtà economica potente dal momento che interessano oltre il 50% dei bilanci pubblici; questo fa si che le imprese private interessate ad estendere il proprio dominio si interessino sempre più a questo servizi. Ciò porta ancora una volta ad un ulteriore attacco al Welfare State sia a livello nazionale previdenza, sanità pubblica, istruzione, mercato del lavoro), sia a livello più locale (acqua, gas, elettricità, trasporti, sistemi prescolari e primi livelli dell’istruzione obbligatoria, formazione professionale, assistenza, ecc.). Tutto ciò ha come conseguenza la realizzazione di una società con maggiori differenziazioni sociali, in cui è sempre più ridotto il sistema di protezione sociale a favore delle fasce di cittadini più deboli; fasce che diventano sempre più grandi andando a comprendere anche quegli strati di società che fino a pochi anni fa erano considerate protette (lavoratori del pubblico impiego, artigiani e commercianti). Creando nuove povertà, nuovi bisogni, ampliando in sostanza l’area dell’emarginazione sociale complessiva, accrescendo, appunto, i “miserabili”, che non essendo riconosciuti in quanto tali, solo perché, ad esempio, possono vantare un piccolo reddito da lavoro precario e intermittente, non avranno neppure riconosciuti i diritti minimi di protezione sociale e di cittadinanza. La liberalizzazione dei servizi, infatti, comporterebbe la perdita definitiva dei alcuni dei diritti fondamentali ottenuti attraverso le lotte, come i diritti sul lavoro e al lavoro, alla salute, all’istruzione,ecc.; è un attacco alla stessa dignità del vivere. Ed allora ci sembra importante chiudere questa prima parte con un “elogio alla coerenza” e riportare quanto detto dall’attuale presidente del Consiglio nell’anno 2003 quando era presidente della Commissione Europea: “Dopo anni di pensiero a senso unico, dobbiamo, tuttavia, essere anche pronti a riconsiderare i confini tra il mercato e lo Stato. Abbiamo visto che non in tutti i settori i privati sono necessariamente i più bravi o i più adatti ad offrire un servizio che risponda all’interesse generale...”10 Ora che cosa è cambiato?

Ricercatrice socio-economica, Comit. Scient. di CESTES e del Comit. Progr. Scientifica di PROTEO

Univ. “La Sapienza”; Direttore Scientifico CESTES e della rivista PROTEO

http://italia.attac. org/documentazione/docpriv05.htm

Cfr. http://www.dt. tesoro.it/Aree-Docum /Partecipaz/Relazione-/Relazione-al-parlamento-2003.pdf, pag.6

Cfr. http://www. altalex.com/index.php?idnot=34368

http://www.italia. attac.org/spip/article.php3?id_article=1237

Giovanni Visone : “Lanzillotta: macché privatizzazione, è una riforma per i cittadini”, Unità 2.11.06

http://illupodei ieli.leonardo.it/blog/tag/privatizzazioni/la_privatizzazione_sta_per_passare_di_moda.html

Paul Krugman, “Outsourcer in chief”, Herald Tribune, 12 dicembre 2006. Si veda anche, di Krugman, “They told you so”, New York Times, 8 dicembre 2006.

Romano Prodi, Europa. Il sogno, le scelte, Quad