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Scienza e politica: un binomio complesso

ESTEBAN MORALES DOMINGUEZ

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1. La scienza al servizio dei bisogni sociali

Stato e governo, scienza e società, rappresentano una trilogia di attori che nella nostra società devono interagire in modo coordinato: in caso contrario verrebbero sacrificati gli interessi strategici dello sviluppo sociale. Tale trilogia può venire sintetizzata in modo essenziale per quanto riguarda le relazioni fra politica e scienza. Un vecchio dilemma messo già in risalto da Snow, nel suo famoso saggio “El politico y el cientifico”. Questo dilemma viene personificato attraverso due tipi di attori, il politico e lo scienziato, con funzioni sociali che non poche volte si contrappongono, ma che in fin dei conti riescono a essere complementari. Solo che per arrivare a detta complementazione, è necessario percorrere un difficile cammino di mutue incomprensioni, ostacoli e interessi. In caso contrario, la relazione inscindibile viene solo espressa attraverso la competizione d’interessi. Tale fatto non corrisponde a una società come quella di Cuba, nella quale vogliamo che prevalga la cooperazione nel lavoro scientifico. La politica essenzialmente non è altro che l’esercizio del potere, per tale motivo le relazioni fra politica e scienza non ci si presenterebbero in un modo diretto, bensì mediante il potere. Essendo quest’ultimo, in sostanza, la capacità di gruppi o persone di far valere i propri interessi. Interessi che vengono determinati da molteplici fattori, in modo che, tendenzialmente, si può pensare alla società cubana come a una grande comunità di propositi. Le scienze e in particolare le scienze sociali, come anche quelle piu vicine alla politica e all’esercizio del potere, si devono intendere come un tipo di attività umana, che fa parte dei processi di produzione tipici delle società moderne, le quali si caratterizzano per la produzione, diffusione e applicazione di conoscenze. Adesso più che mai, se si vuole ancora parlare di società della conoscenza. Di contro, è di massima importanza il fatto che le scienze sociali e la scienza in generale debbano essere concepite come fenomeni culturali. Ciò significa porle in connessione totale e diretta nella sfera culturale in cui si svolgono. In particolare, le scienze sociali appartengono ad un tipo di attività diversa dalla politica, anche se interagiscono ravvicinatamente. Cio diventa più complesso quando ci rendiamo conto che, in determinate circostanze, la scienza puo portare parallelamente anche una forma di esercizio del potere. Situazione che non verrà ripresa in questo saggio. La scienza sociale, a lungo andare, risponde agli interessi delle classi. Perché la missione dello scienziato sociale, consiste nel seguire gli interessi della classe per cui lavora. La quale non ha niente a che vedere con la subordinazione della scienza alla politica. Poiché così interagiscono addirittura quelli che possono isolarsi come in una “torre di Babele”. Dato che non è assolutamente possibile sottrarsi all’influenza della politica, perché anche quando si faccia a meno di essa, ciò denota una posizione politica. Di fronte alla politica, è un assurdo la neutralità. Non c’è neutralità di fronte alla politica. Ciò vuol dire che in tutta la sua ampiezza, non c’è lettura innocente, cioè, tutta l’interpretazione del mondo, qualsiasi forma di conoscenza del reale, è senza ombra di dubbio influenzata dalla posizione sociale, dalla prospettiva politica e ideologica, dagli interessi materiali, dai condizionamenti culturali e dalla soggettività cosciente o incosciente dell’interprete. D’altra parte la politica è molto intrecciata al contesto, pertanto il suo linguaggio è radicato in dei codici che resistono per lungo tempo e che a volte si distaccano dallo stato reale che raggiunge lo sviluppo delle relazioni politiche. In tale situazione, le scienze sociali diventano molto utili nel cercare alternative, nuovi linguaggi e codici, in funzione degli obiettivi strategici e nel tirare fuori la politica dal pantano. Anche se ciò non è così semplice come possa sembrare. La politica non si regola solo mediante ideali scientifici, ma anche tramite ideali di coscienza quotidiana, con un altro livello di riflessione e di percezione politica. Anche se le riflessioni scientifiche apportate dalle scienze sociali sono fondamentali per assumere decisioni certe riguardo società e politica, non è certo che queste riflessioni trovino sempre spazio all’interno della politica pratica. Gli errori che a volte si fanno nell’identificare il linguaggio politico e quello delle scienze sociali vanno evitati; tantomeno si devono introdurre i criteri politici come criteri di valore e di versatilità nell’analisi scientifica. Non si esclude la possibilità che la scienza si confermi attraverso la politica, ma è più importante che la politica si fondi attraverso la scienza. In definitiva, scienza e politica non si devono affrontare in modo competitivo, ma interagire guardandosi in faccia secondo i loro campi di corrispondenza. Risulta, così, importante difendere le differenze fra scienze sociali e politiche, così come la loro mutua interdipendenza. La relativa indipendenza tra esse sembra essere fondamentale. La politica è la più antica delle scienze sociali. Quando queste ultime sono nate, la politica ottenne un potenziale sostegno per essere divenuta una scienza. Tale sostegno è stato uno degli apporti più importanti di Karl Marx alla teoria sociale. Come abbiamo già detto, tra scienza e politica interviene il potere e sarebbe assurdo che in una società come la nostra venisse permesso che queste contraddizioni si manifestassero in modo negativo: è più logico che siano una fonte di sviluppo e una direzione scientifica della società.

2. Le relazioni tra politica e scienza

Se politica e scienze sociali fossero una cosa sola, una delle due sarebbe inutile. Le scienze sociali non possono essere semplici sistemi che spiegano fenomeni o fatti accaduti. Le scienze sociali devono operare su basi di criteri indipendenti, che possono o no coincidere con la politica. Questo perché la configurazione dei fatti empirici nelle scienze sociali e la loro forma di interpretazione teorica non possono essere un’altra forma di esistenza di linguaggio corrente della politica. Abbiamo fatto tanti passi in questo campo, pero dobbiamo impedire in tutti i modi qualsiasi tipo di imposizione. Inoltre dobbiamo evitare che la politica sia un semplice specchio dove riflettere le scienze sociali. Queste ultime non hanno bisogno di ciò e ancor meno la scienza, che in questo modo creerebbe una relazione acritica e incestuosa con la politica. Più di qualsiasi cosa la politica necessita che le scienze sociali siano un corpo indipendente di pensiero, che rispondano ai bisogni e agli interessi storici della classe difesa dalla politica, non semplicemente per giustificarla, bensì per arricchirla. Le scienze sociali devono cercare di proiettare pronostici e predire il futuro, tale cosa a Cuba è una questione di vita o morte. Per questo si esige dai ricercatori preparazione profonda, serietà, onestà ma anche coraggio politico. Non può esistere nessuna attività scientifica subordinata al contesto politico, alle necessità politiche, anche se le scienze sociali contribuiscono a chiarire la congiuntura politica contingente. In realtà, seguire la congiuntura politica è più che altro una funzione degli apparati di analisi degli Organismi dello Stato e del Governo. Essi si basano sulle scienze sociali, ma non assegnano loro una funzione errata. Anche se il ruolo delle scienze sociali è andare al di là in là della congiuntura attuale e proiettarsi verso il futuro. Dunque si parla di andare a fondo ai problemi e metterli in luce, essendo indipendenti da qualsiasi determinazione politica e sociale in voga, in un momento realmente determinato, senza prendere decisioni premature. La storia è fatta di congiunture che si radicano nel tempo, parcellizzando i momenti e lasciando solidi sedimenti che si proiettano nel futuro, intervenendo nel comportamento futuro. Ma le scienze sociali, per le stesse ragioni gia indicate, devono proiettarsi nel futuro, senza diluirsi negli avvenimenti a corto termine. Così non facendo, le scienze sociali perderebbero il loro senso scientifico strategico e le loro potenzialità di pronostico, e ciò significherebbe perdere il carattere scientifico. Spesso si fa l’errore di considerare che le scienze sociali debbano essere sussunte dalla politica, per essere consumate dal resto della società. Ciò si esprime chiaramente quando ancora dentro un processo di comprensione del ruolo che devono svolgere le scienze sociali, la politica spesso reagisce tendendo a monopolizzarle, come se la politica fosse l’unico destinatario delle scienze sociali. Alcuni scienziati si lasciano dominare, mentre altri fanno resistenza, difendendo il ruolo relativamente indipendente delle scienze sociali. Conflitto che trova soluzione sulla base della mutua comprensione di entrambi i settori sociali, del ruolo che corrisponde alla politica e alla scienza. Ma soprattutto nel comprendere che le scienze sociali vanno indirizzate anche all’individuo, alla famiglia, alla scuola e ai mezzi di comunicazione, i quali le consumano senza che queste passino attraverso la politica. Sarebbe sciocco che tali sfere della società si lasciassero influenzare da altre variabili, in quanto i benefici che hanno mantenendosi vicine alle scienze sociali, apportano loro sicuramente migliori risultati. E’ che le scienze sociali, inoltre, non possono sottrarsi alla realtà dei fatti, e cioè che dentro alcune attività sociali si generano anche delle conoscenze scientifiche. Infatti, almeno a Cuba, non è solo l’università l’unico luogo dove si generano conoscenze scientifiche. Tutto ciò è il risultato della gamma di professionisti delle più disparate specialità che realizzano la loro concreta attività, focalizzando il lavoro anche in un senso scientifico. Tutto questo ha comportato confusioni molto serie fra scienze sociali, cultura e politica. E durante un lungo periodo, ha portato come conseguenza che rare volte le nostre scienze sociali apparissero come tali. In questa situazione c’è stato un miglioramento televisivo con le “tavole rotonde specializzate”, la trasmissione “Origenes”, “Pasaje a lo desconocido” e le lezioni televisive. Una variante estrema della relazione tra politica e scienza, sarebbe considerare che le scienze sociali, i loro metodi e procedure debbano essere separati dalla politica e dalla loro influenza. Le scienze sociali dovrebbero così arrivare indipendentemente alle loro conclusioni, tramite i loro mezzi, addirittura in contrasto con le politiche contingenti. Il pensiero politico scientifico non può essere subordinato alla congiuntura politica. In tal modo viene spinto a trovare soluzioni più comode alla politica e non si troveranno le alternative necessarie se in un determinato momento la politica dovesse fallire o cambiare. Visto che si parte con l’idea che la migliore politica è quella attuale, fin dal momento della sua applicazione, dobbiamo pensare come cambiarla. Tuttavia, dobbiamo avere molta cura perché la parola divorzio ha la tendenza a introdurre il criterio della scienza autonoma da tutto. Questo non può esistere, perché nella cultura moderna, agisce molto forte la coscienza politica come parte della convenienza sociale. Nessuno scienziato sociale, di nessuna sfera, può sottrarsi alla politica. Negare questa realtà, soprattutto in sfere dove predomina la soggettività, non è conseguente ed è inoltre una posizione politica. Paradossalmente, la politica può riscontrare opposizione nella classe che deve rappresentarla e la possono aiutare a uscire dal pantano solo le scienze sociali, cercando alternative che non contraddicano la proiezione strategica. Perché imporre politiche sarà sempre peggio di aspettare altre soluzioni. Anche se questo un rappresenta una banalità a cui si ricorre spesso. È molto sintomatico che nei periodi di congiunture critiche, come quello di adesso, la politica ricorra alle scienze sociali. La precedente affermazione è veritiera e si è ripetuta costantemente fin da quando il compagno Fidel Castro fondò i gruppi di Ricerca economica nelle Facoltà di Economia dell’Università della Avana nel 1964. O quando si fecero i lavori per formalizzare i matrimoni nella Cienaga de Zapata negli anni sesanta. Tuttavia, il processo attuale di riavvicinamento alle scienze sociali possiede un carattere molto più profondo, addirittura sistemico; seguendo positivamente questo processo non solo consideriamo le necessità attuali ma sopratuttto la maturità raggiunta nella comprensione che si sono meritati tanto gli scienziati sociali quanto i politici riguardo al bisogno di lavorare assieme.

3. L’importanza della teoria

Non è difficile che in un paese come il nostro ci siano numerosi riscontri contrari all’analisi teorica. Mi porgo la domanda su come protremo diventare mai un “paese di uomini di scienza” se non diamo il giusto valore allla teoria, in quale modo protremmo avere una “una cultura generale e integrale”. Fino a quando non superiamo questa disfunzionalità culturale, non protremo essere un paese colto. È il prezzo da pagare dovuto a tanti anni di sottosviluppo, nonostante gli innumerevoli progressi. Scientificamente parlando, sarà sempre più importante trovare il cammino delle conoscenze, che le conoscenze stesse. Anche se si tratta di processi impossibili da separare. La scienza deve essere capace di costruire modelli di interpretazione della realtà, essendo precisamente questo il suo ruolo. La scienza non puo essere un ammasso di fatti raccolti allo sbaraglio, senza indicare alcuna guida per l’interpretazione della realtà. Nonostante la loro complementarità esistono differenze basilari tra la teoria delle scienze sociali accademiche e la pratica politica. Bisogna distinguere tra lo specialista che cerca una comprensione teorica dei fenomeni e formulare generalizzazioni riguardo il comportamento politico, basandosi su un alto livello di probabilità e chi deve scegliere un percorso di azioni. L’incaricato di delineare la politica si preoccupa dei sottili dettagli dei valori, delle forze e delle preferenze politiche che operano in una situazione particolare in tutta la loro realtà esistenziale, più che dell’astrazione o della probabilità. Il teorico sociale vuole concentrarsi primariamente in elementi comuni a molte situazioni. Chi delinea la politica invariabilmente vuole informazioni dettagliate riguardo a quegli elementi che sono unici rispetto alla direzione che possiede. Gli elementi di enfasi sono determinati dalla posizione di ognuno di fronte alla realtà, in accordo con le urgenze con le quali deve operare all’interno di essa. Il politico ha fretta di fornire risposte alla congiuntura politica, lo scienziato vuole più tempo per l’analisi e la cura meticolosa riguardo lo sviluppo della scienza. Ciò non altera il bisogno di ognuno di provare ad aprezzare le modalità di conoscenza di entrambi. Nessuno può permettersi il lusso di disistimare le conoscenze generalizzate o parcellizzate. Nessuno dei due può operare dimenticando l’altro. I teorici si indirizzano verso la comprensione dei fenomeni, i politici devono scegliere percorsi di azione. I primi prescindono dagli avvenimenti di tutti i giorni, i secondi non possono. Al teorico non preme cercare l’eccezionale, bensì il generale e sacrificare le descrizioni dettagliate del caso isolato a favore dei modelli più ampi e astratti che comprendano molti casi. Il teorico, inoltre, deve essere disposto a tollerare l’ambiguità e affrontare i fatti con probabilità più che con certezza assoluta. Si deve dare via libera all’immaginazione nel trattare con idee poco comuni, a volte assurde, che ci possano portare a riflessioni su temi mai immaginati prima, essendo sempre disposti ad accettare che possiamo sbagliare. Dunque, addentrandoci nella teoria, questa dovrebbe permetterci di prevedere alcune cose, o almeno aiutarci ad arrivare a certi giudizi di valore. “Una teoria concepita sarà allora uno strumento intellettuale che ci aiuta ad organizzare la nostra conoscenza, formulando domande significative e indicando le priorità della ricerca, tanto quanto la selezione di metodi per portare avanti la ricerca in maniera fruttifera” (Dougherty-Sfaltzgarff. p. 26). Questa teoria sarebbe senz’altro in grado di valutare le richieste politiche esplicite e implicite che abbondano in tutte le scienze sociali. Partendo dalla filosofia della scienza, una teoria si definisce anche come una costruzione simbolica, una serie di ipotesi intrecciate, definizioni, leggi, teoremi, assiomi, variabili e costanti, mettendo in risalto una focalizzazione sistematica dei fenomeni e presentando una serie di proposte o ipotesi che specificano le relazioni tra variabili e costanti, con l’obbiettivo di presentare spiegazioni e fare previsioni riguardo ai fenomeni. Certamente, le scienze matematiche servono come strumento non come un semplice pannello di presentazione, bensì per operare congiuntamente con le scienze sociali, scoprendo l’oggetto di analisi scelto, gli algoritmi e le relazioni, che ci permettano di tracciare il modello della ricerca, elaborare le ipotesi e di arrivare a delle conclusioni.

Universidad de La Habana. Membro della Accademia di Scienze di Cuba