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IL CAPITALISMO ITALIANO, RIFLESSIONI E CONTRADDIZIONI

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Dario Stefano Dell’Aquila
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Dottorando in Istituzioni, Ambiente e Politiche per lo sviluppo economico, Università di Roma III

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Non recidere, forbice. Segreti, lacrime e bugie: della manovra finanziaria 2010

Dario Stefano Dell’Aquila

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«È stato un refuso, lo cancelleremo”. Così il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, risponde a chi gli chiede se prevede una modifica dell’emendamento alla manovra che introduce lo stop al requisito dei 40 di contributi per andare in pensione a partire dal 2016. “Non era intenzione né mia, né di Azzollini, né di Tremonti», ha aggiunto il ministro. (Maurizio Sacconi, Corriere della Sera, 1 luglio 2010)

Non era un refuso l’emendamento alla manovra che avrebbe fatto saltare il limite dei 40 anni per i contributi per la pensione. È quanto ha voluto chiarire il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sottolineando come «un’importante riforma delle pensioni» è stata approvata in Italia «senza alcuna protesta, nella pace sociale, senza un giorno di sciopero». «Abbiamo fatto la riforma delle pensioni con un emendamento», ha detto ancora il ministro a Bruxelles, insistendo sul fatto che «non c’è stato alcun giorno di sciopero e non crediate che il sindacato non se ne sia accorto, il sindacato sa fare bene il suo lavoro». (Giulio Tremonti, ANSA 13 luglio 2010)

1. I numeri della manovra Nel maggio del 2009, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo ad una iniziativa del proprio partito dichiarava: «Ho sempre detto che grazie a questa solidità l’Italia sarebbe uscita prima e meglio degli altri paesi dalla bufera che ha investito tutto il mondo. I fatti mi stanno dando ragione ed io voglio dare un messaggio di fiducia che dobbiamo saper trasmettere a tutti i cittadini perché questa è una crisi che è in gran parte psicologica»1. A poco più di un anno di distanza da queste rassicuranti dichiarazioni, la maggioranza governativa ha approvato un provvedimento economico destinato a rendere chiaro ai più attenti che l’ottimismo di plastica del presidente Berlusconi assumeva i contorni di una graziosa bugia. È stata, infatti, approvata senza particolari fibrillazioni d’aula, ma tra grandi proteste sociali, la manovra economica correttiva 2010 (decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito in legge n 122/2010), dal valore complessivo di 24 miliardi di euro. La manovra, negli intenti dichiarati dal governo, ha l’obiettivo di ridurre entro il 2012 il deficit pubblico al 2,7%. L’iter di approvazione, costretto al termine del sessanta giorni previsti per la conversione del decreto in legge, è stato avviato al Senato (170 favorevoli e 136 contrari) dove il testo originario è stato sostituito da un nuovo testo (presentato con un cosiddetto maxi-emendamento). Il governo ha posto la questione di fiducia e, nel giro di due settimane, ha incassato anche il voto favorevole della Camera dei deputati (321 favorevoli, 270 contrari e 4 astenuti). A nulla sono valse le critiche e le proteste delle Regioni, anche di quelle molto care al governo come la Lombardia. Il testo della manovra è, per la parte della stabilizzazione finanziaria, basato sulla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, (inclusi i costi del personale, con il contenimento della spesa previdenziale e di quella per l’invalidità), l’aumento delle entrate non fiscali (pedaggi) e sul contrasto all’evasione fiscale e contributiva. Secondo le stime ufficiali, le misure comporteranno un impatto limitato nel 2010, poiché gli effetti della manovra sui conti pubblici cominceranno a prodursi dal 2011. Il saldo previsto (la somma data dalle maggiori entrate e la riduzione delle spese ) è per il 2011 è pari a 14,3 miliardi, a 24,9 miliardi nel 2012 e si attesta a 24 miliardi di euro nel 2013. A pesare di più i tagli alla spesa, che rappresentano il 60% della manovra nell’intero triennio2. La previsione di maggiori entrate è fondata sulle misure di potenziamento dei processi di riscossione fiscale e sulle misure di contrasto all’evasione fiscale e sull’incremento del gettito dei pedaggi della rete stradale. Dal versante della riduzione delle spese, i tagli riguardano il blocco del pubblico impiego e le riduzioni dirette a Regioni, Province e Comuni (per i quali sono previsti parametri più rigorosi ai fini del Patto di Stabilità interno per un ammontare di 6.300 milioni nel 2011 e 8.500 milioni per il 2012 ed il 2013 rispettivamente)3. La manovra sulle entrate prevede, per il 2011, effetti di maggior gettito pari a 6,4 miliardi di euro, in crescita nel 2012 fino a 8,4 miliardi, per attestarsi nel 2013 a 7,4 miliardi. Per il quadriennio 2010-13, si tratta di circa 23 miliardi di euro, pari a circa il 37 per cento della manovra complessiva: un importo che colloca l’attuale manovra ai primi posti fra quelle degli ultimi dieci anni per incidenza delle maggiori entrate stimate4. Si può notare come non manchi la previsione di nuove spese, tra cui l’incremento di 320 milioni di euro per le missioni militari all’estero. Per avere un termine di paragone, si pensi che, in questa stessa manovra, l’incremento del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, per il 2010, è stato di soli 250 milioni di euro. Che pubblico impiego e enti territoriali siano i primi a pagare il costo di questa imponente manovra correttiva è evidente. Si stima nel 2011 un risparmio pari a 1,7 miliardi di euro, mentre per gli anni 2012 e 2013 si prevedono economie di spesa rispettivamente di 4,3 miliardi e di 5,3 miliardi. Per quanto riguarda le amministrazioni centrali, il solo blocco del turn-over porta a un risparmio di spesa crescente pari a 4,3 milioni nel 2011, 33,4 milioni nel 2012 e 118,5 milioni nel 2013. Anche la Scuola paga un forte dazio alla manovra. Qui le economie di spesa stimate ammontano a 175 milioni per il 2011, a 329 milioni per il 2012 e a 494,5 milioni per il 2013, connessi con l’esclusione del triennio 2010-2012 ai fini della maturazione dei passaggi stipendiali.

2. Costi della politica e degli enti inutili Se sulla stampa il governo ha avuto gioco relativamente facile ad annunciare la soppressione di enti inutili e la riduzione dei costi della politica, va detto che ad un primo esame del provvedimento licenziato dal parlamento molte delle misure adottate non hanno un significativo impatto economico. Ad esempio, la soppressione di un ente come l’Isae genera un risparmio di 135.000 euro, cifra davvero insignificante alla luce di una manovra di circa 25 miliardi di euro. La riduzione dei trasferimenti alle Regioni produrrà effetti per i cittadini a partire dal prossimo anno. La riduzione dei trasferimenti alle autonomie territoriali ammontano in 6.300 mln di euro per l’anno 2011 e in 8.500 mln di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. Inizialmente il testo della manovra allegava una dettagliata tabella che indicava, voce per voce, la materia per cui erano ridotti i trasferimenti. Il grosso dei tagli era ripartito al trasporto pubblico locale, alla edilizia pubblica e alle politiche sociali. La protesta dei presidenti delle Regioni ha sortito come unico effetto quello di ottenere una propria autonomia nello scegliere come saranno distribuiti i tagli. È stato, dunque, previsto il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali nella determinazione delle riduzioni dei trasferimenti da praticare, ma la fissazione dei saldi (e quindi l’importo dei tagli) è rimasto invariato. Una vittoria di Pirro, insomma, che non ridurrà gli effetti negativi della riduzione dei trasferimenti. Una quota significativa di servizi sarà ridotta (pensiamo agli interventi i materia di sostegno alla non autosufficienza) e un’altra parte subirà aumenti consistenti (è presumibile un forte aumento delle tariffe del trasporto locale).

3. Chi pagherà la crisi Un primo esame della manovra rivela, innanzitutto, come si sia realizzato uno degli ultimi tasselli della contro-riforma del sistema pensionistico. La manovra, infatti, in materia previdenziale, ha previsto l’innalzamento dei requisiti anagrafici in rapporto all’allungamento della speranza di vita accertato dall’Istat, in modo da incrementare i predetti requisiti in misura pari a tale aumento. In altre parole non sarà sufficiente disporre di 40 anni di contributi per andare automaticamente in pensione. Per le donne è previsto l’aumento a 65 anni, a partire dal 2012, per il pensionamento di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti della pubblica amministrazione. Sul piano macro-economico, contrariamente alle aspettative, questa manovra è destinata a produrre effetti depressivi sulla crescita del Pil. La riduzione dei salari comporterà una compressione dei consumi e degli investimenti che, a detta della Banca d’Italia, produrrebbe una riduzione della crescita del Pil di circa lo 0,5%. La minor crescita produrrebbe a sua volta una riduzione delle entrate e inciderebbe sui conti pubblici con un disavanzo pari allo 0,3% del Pil. Ciò con molta probabilità vanificherà anche gli effetti sui conti pubblici e, comunque, nel 2012 il deficit supererebbe il tetto previsto dall’Unione Europea. Fallirebbe dunque, l’obiettivo di contenere il disavanzo. Il tutto in una prospettiva di crescita del Pil contenuta tra lo 0,8% e l’1% per il 2010, 1,2% e 1,5% per il 2011 e tra il 1,5% e il 2% per il 2012. Bisogna poi aggiungere che, dal lato delle entrate, la manovra presenta un grande punto interrogativo. Il 90% delle entrate è attribuito ad un recupero dell’evasione fiscale. E se l’obiettivo non può che essere pienamente condivisibile, non può esserlo questa cieca fiducia nelle capacità di recuperare una così larga quota del sommerso fiscale. In altri termini, questa manovra si presenta come una delle più inique che sia mai stata approvata nel corso degli ultimi anni. È evidente come la scelta di non ricorrere alla leva fiscale nei confronti dei redditi più alti non significhi «non aver voluto mettere le mani nelle tasche degli italiani» ma semplicemente che a pagare il costo della crisi debbano essere i soliti noti. Il blocco degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego, nei prossimi quattro anni, si tradurrà in una riduzione dei salari di circa il 10%. Questo senza contare gli aumenti delle tariffe che saranno determinati dalla riduzione del trasferimento alle Regioni. Anche ammesso di doversi trovare di fronte ad una manovra correttiva non rinviabile, solo la progressività dell’imposizione fiscale avrebbe garantito una maggiore equità sociale e anche la redistribuzione dei costi economici. Così, tra aumento dell’età pensionabile, blocco degli stipendi, aumento delle tariffe, a pagare la crisi saranno quasi esclusivamente i lavoratori dipendenti. Davvero, viene da dire, nulla di nuovo sotto il sole.

L 59/97 Federalismo amministrativo Trasporto pubblico locale art, 9 DL 422/97 1.181 Trasporto pubbhco locale art 8, DL 422/97 42 Mercato lavoro 35 Pohzta amm.va 0 Incentivi imprese 674 Protezione civile 6 Serv. Maregrafico 7 Demanio idrico 3 Energia e miniere 2 Trasporti 10 Invalidi Civili 8 Salute umana 174 Opeee pubbliche 51 Agricoltura 249 Viabilità 493 Ambiente 249 Totale L. 59/97 (art 6 comma 20) 3.184

Rimborso tasse automobilistiche 40 Difesa incendi 8 Borse di studio 90 Contratti TPL 150 Politiche sociali 150 Lavoro disabili 42 Procreazione assistita ed altro Salute 10 Prestiti d’onore 76 Lotta all’inquinamento 41 Fondo affitti 110 Fondo politiche per la famiglia 130 Consiglieri di parità 2 Turismo 21 Edilizia residenziale agevolata 350 Sostituzione autobus 167 Fondo non autosufficienze 400 Fondo occupazione 190 Edilizia sanitaria pubblica 800 TOTALE (art 14 comma 2) 5.961 Totale al netto trasporto pubblico locale art. 9, DL 422/97 4.780 Dati in milioni di euro

1 Dichiarazione ANSA del 9 maggio 2009, riportata con larga evidenza da tutti i quotidiani.

2 Cfr. Dossier n. 30, Una analisi aggregata della manovra di finanza pubblica di cui al decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 (A.S. 2228), a cura del Servizio Bilancio, Senato della Repubblica, Roma, giugno 2010.

3 Cfr. Dossier n. 81, A.S. 2228: “Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, a cura del Servizio Bilancio, Senato della repubblica, Roma, giugno 2010.

4 Cfr. Relazione di minoranza della 5ª commissione permanente (programmazione economica, bilancio) (Relatore: Giarletta) Comunicata alla Presidenza il 12 luglio 2010 sul disegno di legge Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, Senato della Repubblica, Roma, luglio 2010.