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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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per Proteo (48)

Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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per Proteo (36)

Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Quarta parte: Le dinamiche evolutive dei processi di internazionalizzazione

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Ed ancora: il trattato di Maastricht si è occupato del problema dell’immigrazione solo per l’ordine e la sicurezza (droga, terrorismo, criminalità); non si vuole, invece, cercare di porre un freno al traffico di manodopera clandestina, allo sfruttamento e al razzismo; non ci si è preoccupati di garantire agli immigrati assistenza sanitaria o legale; quello che è compatibile con il polo europeo della competizione globale è il massimo sfruttamento della manodopera immigrata, come esercito salariale di riserva immediatamente disponibile a condizioni sempre più al ribasso e usabile come massa di manovra per rendere sempre più precarizzata e ricattabile l’intera forza-lavoro, locale e non. Va ricordato che dagli anni ottanta l’offerta di manodopera, ad esempio di Turchia, Marocco e Tunisia è aumentata di oltre 5.800.000 unità; il mercato di lavoro locale di questi paesi ha fornito 2.600.000 posti di lavoro lasciando fuori oltre 3.000.000 di persone.

Va rilevato che la disoccupazione è presente ovunque nei paesi europei; la competizione globale dell’economia e la sfrenata concorrenza, in cui si bada ad aumentare la produttività del lavoro, e del capitale riducendo i costi soprattutto del lavoro sta provocando una riduzione dei salari, dei contributi sociali, della spesa sociale insomma dell’intero Welfare State; la politica dominante il trattato di Maastricht è di assoluto neoliberismo, di puro mercato e al primo posto vi è la crescita del profitto dell’impresa e la trasformazione del Welfare State nel Profit State, nello Stato delle compatibilità d’impresa.

Di questi temi si è già trattato nelle precedenti parti dell’analisi-inchiesta, ne è emerso che la privatizzazione del pubblico impiego, dell’istruzione, della sanità creano nuova precarietà e aumentano i problemi delle fasce più deboli della società, sempre meno garantite, aumentano il differenziale sociale ed economico finalizzando i processi redistributivi sempre più verso il capitale o meglio verso il profitto non reinvestito produttivamente.

E’ necessario ricordare che circa l’85% del reddito mondiale va al 23% della popolazione mondiale; ogni giorno muore un milione di donne a causa di problemi che interessano l’apparato riproduttivo; un miliardo e trecento milioni di persone sono in uno stato di assoluta indigenza dovendo vivere con meno di un dollaro al giorno; 200 milioni di bambini vivono in strada come manovalanza disponibile per la malavita; oltre un miliardo di persone adulte non sa leggere e scrivere; il reddito di oltre il 20% della popolazione mondiale è sceso dal 2,3% all’1,2%, le quote medie di reddito tra le persone più ricche e quelle più povere è cambiato dal 30 a 1 del 1960 al 65 a 1 di oggi.

Se a questo quadro si aggiunge la situazione ambientale dovuta a processi produttivi che non si pongono minimamente nell’ottica di una seria e reale compatibilità socio-ambientale, ci si rende conto della “triste realtà” nella quale viviamo, una triste realtà che si chiama sfrenata competizione globale finalizzata al profitto. Va ricordato infatti, che l’anidride carbonica è cresciuta di oltre il 35% nel ventesimo secolo, la temperatura della superficie terrestre diventa sempre più calda, il buco dell’ozono cresce in misura doppia di quella prevista; ogni giorno circa 150 specie di animali e vegetali sono destinati all’estinzione mentre, dal 1990 ad oggi, ogni anno viene annientata una tribù amazzonica; ogni anno scompaiono 19 milioni di ettari di foreste, delle circa 3000 tonnellate di petrolio estratte ogni anno un milione finisce disperso nel Mediterraneo; la popolazione aumenta di 93 milioni l’anno dei quali 88 sono del Terzo Mondo.

Se si analizzano più da vicino i paesi dell’UE va ancora ricordato che, ad esempio, l’inquinamento delle acque sotterranee (in particolare di nitrati) è più che triplicato in trenta anni e in molti posti si beve acqua con contenuto di nitrati più alto di quello fissato dalle direttive; va poi aggiunto che la metà delle popolazioni dell’UE vive in luoghi che non hanno impianti di depurazione; occorre tenere presente che una quantità considerevole di rifiuti prodotti ogni anno sono nocivi e tossici. Nonostante tutto ciò il trattato di Maastricht non si riferisce molto all’ambiente rimandando soprattutto alle direttive dei singoli Stati membri; quello che si pensa è soltanto che i lavoratori anche sul piano della protezione dagli infortuni e dalla nocività della produzione non siano affatto protetti, anzi anche i lavori cosiddetti a protezione dell’ambiente diventano a forte contenuto precario, non normato ad alto carico di mobilità e flessibilità peggiorando così la protezione del danno per tutti i cittadini.

In sostanza, comunque, dalla firma del trattato di Maastricht non si sono avuti miglioramenti poiché la disoccupazione è cresciuta, lo sviluppo economico rallenta e lo Stato sociale è in crisi, e anzi si trasforma in Profit State, la competizione globale danneggia le condizioni di vita complessive, come si è avuto modo di evidenziare nelle precedenti parti dell’analisi-inchiesta, e tutto ciò non ha portato neppure a sviluppo in termini di assetti macroeconomici capitalistici. Anzi la contrazione della crescita appare chiara se si analizzano i dati di contabilità nazionale , gli indicatori del commercio estero ed altri selezionati indicatori economici di competitività esplicativi dei processi di internazionalizzazione; tali indicatori e aggregati macroeconomici sono stati già evidenziati nelle altre parti dell’analisi-inchiesta e qui di seguito si presentano alcune tabelle di aggiornamento (vedi Tabb. da 1 a 9).