La sinistra, il nuovo governo e i movimenti sociali: la speranza brasiliana

Jaime Cesar Coelho

1. Riflettendo sul Brasile

Il tempo è nemico della sinistra? Se partiamo dall’idea che la sinistra rappresenta il desiderio di cambiamenti, che cerca di trasformare la società a cominciare da i suoi limiti, costruendo nuove utopie, arriveremmo alla conclusione che il tempo della sinistra non è lo stesso dei conservatori. Le richieste della società e le aspettative della popolazione sono in gran fermento quando una coalizione di sinistra o sotto la sua leadership, arriva al potere.

Pensiamo adesso al caso brasiliano. Per la prima volta nella storia brasiliana un partito legato alla lotta sociale, con un programma d’orientamento socialista, arriva al potere. Per di più, nella sua carica più importante, quella del presidente della repubblica, c’è attualmente Luiz Inácio Lula da Silva, un operaio metalmeccanico, che partì con un pau-de-arara [i] del nordest brasiliano, per sfuggire alla fame che da sempre devasta la regione. Questa storia è molto ben raccontata nella poesia “Morte e Vida Severina” di João Cabral de Melo Neto.

Al contrario della maggior parte degli emigranti che fuggivano dalla siccità alla volta di una grande città, Lula riusci a fare un ulteriore passo avanti. E che passo! Sotto l’influenza del fratello Frei Chico, che militava nell’allora clandestino PCB (Partido Comunista Brasilero), il giovane operaio entra nel movimento sindacale. Siamo negli anni settanta. Periodo di piombo della dittatura militare, che iniziò con il golpe militare e che durerà fino al 1985. La base della militanza è il sindacato dei metalmeccanici della grande ABC [1], che comprende le catene di montaggio di automobili e tutte le multinazionali legate al processo di industrializzazione e sostituzione d’importazione, caratteristico dello stile di sviluppo adottato in Brasile e in altri paesi latinoamericani. Questo era il settore più dinamico dell’industria brasiliana, quello che nel vecchio vocabolario degli studiosi dello sviluppo corrispondeva al settore “moderno” dell’economia. Di fatto il processo d’industrializzazione brasiliana arriva in questo periodo al suo apice. Per la prima volta, nella storia della Repubblica, l’economia brasiliana assisteva al processo di completa internazionalizzazione del ciclo della merce. Benché soffrisse di inconsistenza dinamica, l’economia brasiliana contava sulla presenza di tutti i settori di una economia capitalista sviluppata, ossia i settori produttori di concime, di beni di capitale e di beni di consumo leggeri e durevoli. Questa trasformazione tecnica andava di pari passo con quella profonda delle relazioni produttive e, di conseguenza, con quella dell’apparato normativo e legale che regolava i rapporti tra capitale e lavoro. Il regime militare fu di grande utilità nella definizione di questo sistema di accumulo, nella misura in cui, reprimendo il movimento sindacale, dava impulso al processo d’accumulo ampliato e rendeva proporzionali i guadagni extra dei capitali qui investiti.

Dal golpe in poi le riforme effettuate cercarono di dotare l’ambiente economico di meccanismi che facilitassero il processo d’espansione del capitale. Il regime militare si preoccupò oltremodo di due aspetti: addomesticare le forze sindacali e creare meccanismi di credito a breve e lungo termine. Il primo obiettivo, ovviamente, cercava di diminuire i costi variabili cercando d’imbavagliare ogni possibile contestazione dei lavoratori. I metodi non erano tra i più moderni: imprigionamento, tortura e controllo delle organizzazioni sindacali. Queste ultime non erano proibite, ma il loro funzionamento dipendeva da quanto fossero rispettose del regime. Il secondo obiettivo, ossia la creazione di un sistema di credito adeguato all’espansione del capitale, fu perseguito attraverso la riforma del sistema finanziario del 1965. All’interno delle misure entrate in vigore in quel periodo, ci fu anche la creazione del Banco Central do Brasil.

Come si capisce, era in gioco una tremenda contraddizione. Nello stesso istante in cui si veniva a creare una industria dinamica, moderna e che esigeva rapporti differenziati tra capitale e lavoro, si inibiva l’espressione politica dell’insieme dei lavoratori. Sarà tra questa contraddizione ed un fervente ambiente politico opposto alla dittatura militare che verrà segnato il percorso politico dell’allora operaio metalmeccanico e attuale presidente della Repubblica.

È importante tener conto che non crebbe come un bambino di città, figlio d’operai e membro della parte organizzata dei lavoratori. C’è qualcosa di molto speciale nel suo percorso. Lula è passato attraverso la miseria del Brasile “arcaico”, dalla condizione miserabile degli ambienti rurali alla condizione di sfruttamento del settore più dinamico dell’economia brasiliana. In questo percorso è riunito il vecchio e il moderno. Certamente questa esperienza risulterà molto importante nella costruzione del Partido dos Trabalhadores, nato il 10/2/1980.

 

2. La nascita del PT e la nuova dinamica del movimento sindacale brasiliano

Le trasformazioni nell’ambiente economico e l’aggravamento delle condizioni di rigenerazione del capitale, insieme al secondo shock petrolifero e all’aumento degli interessi degli Stati Uniti, fecero in modo che le contraddizioni del regime emergessero. Il movimento sindacale aumentò la pressione e i sindacati tutelati dal governo militare cominciarono a perdere la poca legittimità che possedevano. In questo contesto nasce la prima grande protesta operaia della regione del ABC.

Il movimento sindacale creava un problema politico di grande proporzione per il regime che ebbe come prima reazione un tentativo di intimidazione. Ma la forza non sarebbe stata in grado di contenere la reazione popolare. Non si trattava più di quei gruppi della piccola borghesia, organizzati in una eroica guerriglia, che uno ad uno furono smantellati dalla forza repressiva del governo, durante gli anni settanta. Si trattava ora di un movimento di massa con il quale l’impiego della forza avrebbe comportato costi molto più elevati. Il movimento nacque certamente come una reazione degli operai al fine di ottenere condizioni di lavoro migliori, ma ben presto prese il carattere politico della contestazione della dittatura. Toccò a Lula e ai suoi compagni del sindacato dei metalmeccanici il compito di fare da ponte. Per Lula sarebbe stata la prima “leadership di massa” sorta in seno al proletariato brasiliano dopo il 1964. Intorno a questo movimento cominciò ad articolarsi l’organizzazione del PT. Il pesante ruolo del governo e il complesso gioco di forze politiche che si stavano delineando, fecero apparire a Lula sempre più chiara la necessità di organizzare una forza politica che trascendesse i limiti del movimento sindacale. Figure importanti del mondo intellettuale, delle organizzazioni civili, della Chiesa Cattolica e di una serie di organizzazioni che avevano lottato contro il regime negli anni di piombo, si unirono per formare il Partido dos Trabalhadores. A questo si unirono trotskisti, religiosi vincolati alla teologia della liberazione, marxisti-leninisti, socialdemocratici, e in generale persone che contestavano lo status quo. Il fatto importante è che la presenza operaia era un dato fondamentale per il progetto di un partito della sinistra dall’ampio inserimento sociale, e da questo punto di vista il PT era autentico. Al comando del partito c’era un leader operaio.

Ai partiti comunisti in clandestinità (PCB e PcdoB) l’alternativa politica petista si presentava come una potenza storica incontrastabile. Per i partiti comunisti era molto difficile concorrere con un partito che nasceva vincolato al movimento operaio, ai movimenti religiosi della sinistra e che dava ricovero a quella sinistra che si era già dissociata dai partiti comunisti per questioni sia tattiche che strategiche. È bene ricordare che il regime militare avrebbe ammesso la legalità dei partiti comunisti solo dopo la sua caduta, ossia a partire dal 1985. Inoltre va anche ricordato che, esattamente come per la sua uscita dal potere, quest’ammissione fu frutto di una negoziazione delicata, che per molti aspetti esigette da parte di questi partiti una specie di “moderazione” volontaria, per non essere qualificati come le forze che avrebbero pregiudicato il processo d’apertura. In fine va sempre ricordato che questi partiti ebbero un ruolo importante nella lotta per la democrazia. Nel caso del PCB, sin dall’inizio del regime, il partito adottò, per la demolizione del regime, una tattica pacifica, inserendo suoi esponenti nel partito d’opposizione ammesso dal regime, il Movimento Democrático Brasilero (MDB). Questa situazione causò una serie di divisioni interne che dettero origine a varie organizzazioni che invece presero la via delle armi. Nel caso del PcdoB, ispirato alla strategia maoista, si tentò l’organizzazione di una guerriglia contadina (la guerriglia del Araguia), che non ebbe alcun successo. Anche questo partito finì per inserire suoi esponenti nel MDB. Il lungo periodo di clandestinità di questi partiti e i loro errori tattici, contribuirono alla formazione del PT. Ma ciò non basta. Come cercherò di dimostrare, la nascita del PT va inserita in una serie di mutamenti della realtà economica e sociale brasiliana. Il PT fu senza dubbio figlio della “modernizzazione autoritaria” brasiliana [2].

Il progetto politico era sicuro. In quanto partito di massa, il PT superò qualunque organizzazione della storia della sinistra brasiliana. La sua ascesa poneva su un piano secondario i partiti comunisti [3] e il “trabalhismo”, inaugurando una nuova fase della politica nazionale. La sua capacità di tollerare nella stessa struttura gerarchica diverse correnti politiche, incluse quelle per certe questioni antagoniste, fu, per la sua leadership, un lavoro d’estrema abilità politica e frutto anche di una struttura organizzativa che cercò di portare sempre avanti un modello di democrazia interna.

La crescita del partito avvenne su vari fronti. Crebbe nella rappresentanza legislativa, penetrò rapidamente nei movimenti sociali, conquistò progressivamente le prefetture delle città importanti e avanzò alla conquista d’alcuni governatorati di stato. La sua influenza nel mondo intellettuale e in particolare nelle università pubbliche, aumentò esponenzialmente. Nel mondo della cultura varie personalità offrirono il loro prestigio alla crescita del partito.

In questo senso, l’ascesa al potere centrale non arrivò con lo schiocco delle dita. Fu frutto di un progetto politico perseverante, portato avanti con grande abilità e che seppe sfruttare gli aspetti più importanti della congiuntura nazionale ed internazionale.

 

3. Il contesto delle elezioni del 2002: fu la vittoria della sinistra?

Non possiamo svincolare la vittoria di Lula nelle elezioni del 2001 dal processo di logoramento che stava attraversando l’alleanza al potere già dal 1994. Questa alleanza, sotto la presidenza di Fernando Cardoso (FHC), s’ingegnò di portare a termine una delle più grandi trasformazioni effettuate da un governo all’interno di un contesto democratico, nella storia della Repubblica. Si trattò di mutare lo stile di sviluppo basato sul modello della sostituzione delle importazioni, con il forte intervento dello Stato, verso un modello di orientamento liberista. Su questo aspetto il Brasile seguiva i passi già compiuti da Pinochet, durante gli anni settanta, e quelli di Reagan e della Tatcher negli anni ottanta. Il mantra del mercato fu ripetuto fino all’esaurimento. La vittoria simbolica della cantilena liberista avvenne nel contesto profondo della crisi fiscale dello Stato e della perdita di legittimità di questo stesso, che si trascinava fin dalla crisi del debito all’inizio degli anni ottanta.

Fernando Henrique Cardoso dimostrò un’abilità senza pari nel saper mettere insieme i settori conservatori della politica nazionale per portare avanti la sua politica di deregulation e di privatizzazione. Gli argomenti erano semplici e noti alla classe lavoratrice: 1) lo Stato è inefficace nella prestazione di servizi e nell’offerta di prodotti; 2) lo Stato ha perso la capacità di finanziamento e deve diminuire le sue funzioni; 3) il paese, in un mondo globalizzato, ha bisogno di fare profitto sulla produttività e pertanto è necessario che si produca uno shock sulla competitività.

Alle classi più basse, il discorso prometteva il miglioramento dei servizi nella sanità e nell’educazione, per quelle più alte grandi possibilità di poter fare affari in campo finanziario e nei programmi di privatizzazione.

Sebbene buona parte delle attività pubbliche erano state cedute, durante gli otto anni del governo di Cardoso, il debito pubblico non diminuì, ma al contrario iniziò un percorso di crescita esponenziale. La grande mossa del governo fu il periodo dorato del cambio semifisso (1994-1999), che sulla scia di una tremenda sopravalutazione del cambio rese possibile il gioco dell’importazione. Come qualsiasi studente d’economia al primo anno sa, il cambio è un ottimo rimedio contro l’inflazione, ma abitua a riscuotere un prezzo sufficientemente elevato comportando la crescita delle passività interne ed esterne.

Il problema del cambio scoppiò verso la fine del 1998 e l’inizio del 1999. La crisi del cambio esigette la libera fluttuazione della moneta (il REAL) e un conseguente processo di compressione salariale ed aumento dell’inflazione. Come Keynes aveva avvisato, i salari nominali sono rigidi nella parte bassa. In questo senso, nulla come una svalutazione della moneta per corrodere il potere d’acquisto dei salari e aumentare i guadagni del settore produttivo di beni commerciabili, può permettere un guadagno nella bilancia commerciale con lo scopo di compensare i successivi deficit in conto corrente.

Questo processo provocò il logoramento del governo Cardoso. È oltremodo vero che la crisi dei cambi occorse soltanto dopo che questo ebbe garantito la sua rielezione ad ottobre del 1998. Al di là dei problemi con la moneta, che in un certo qual modo furono sminuiti da un’inflazione che sebbene alta non fu mai fuori controllo, nel 2001, per pura imprudenza del governo e per la mancanza di piogge [4], il paese soffrì di una grande crisi di approvvigionamento di energia. Il razionamento dell’energia mise a dura prova la pazienza dei brasiliani e fece tremare la coalizione al potere. Diventò di volta in volta sempre più difficile per il governo Cardoso mantenere la sua base d’appoggio al Congresso Nazionale. La rottura definitiva nell’alleanza giunse con l’imposizione della candidatura, nell’ala maggioritaria del partito del presidente [5], del candidato alla successione, il senatore per San Paolo e ministro della salute José Serra.

Il PT riuscì ad approfittare di questo contesto e si presentò come la forza capace di cambiare con sicurezza. Come partito tradizionalmente rappresentante dell’opposizione e con lo spettro dello status quo di tutto il governo, restava difficile cucire una candidatura dell’establishment che si presentasse come qualcosa di “nuovo” nella successione. La sinistra, in questo quadro, si permise il lusso di dividersi in tre candidature [6]. Ma la candidatura di Lula era di gran lunga la più solida dal punto di vista della struttura e dell’inserimento nella società civile.

A quel punto, ossia a metà del 2002, cominciò a farsi sempre più forte l’aspettativa di un reale possibilità di vittoria del PT. Fu qui che il programma petista, tradizionalmente legato ad un discorso radicale, cominciò a soffrire di riadattamenti. Il punto maggiore di moderazione del discorso si ebbe con la proposta della Carta ao Povo Brasileiro il 22/6/2002 [7].-----

In questa erano contenuti gli aspetti voluti dal mercato: garanzia della copertura dei contratti, austerità fiscale, permanente lotta all’inflazione e continuità del processo riformatore.

L’avallo del mercato, in particolare dell’alta finanza, fu visto dai dirigenti della campagna petista come un mezzo fondamentale per la neutralizzazione della reazione ad una vittoria del candidato Lula. Forse il tenore della Carta aveva aiutato nella conquista di parte degli strati sociali di medio reddito, anche se poco fece per consolidare il voto degli strati popolari, ma raccolse dai settori conservatori, neutralizzando il discorso di candidatura di José Serra. Per non fare arrivare Lula al potere, durante le elezioni del 1989 [8], le elite conservatrici avevano ripetuto il discorso della paura, ammonendo che se il candidato petista fosse arrivato al potere il paese sarebbe andato verso l’anarchia, gli investitori se ne sarebbero andati, ecc. Dopo undici anni e alla sua quarta candidatura, Lula risolse puntando su un atteggiamento ben più moderato e una campagna televisiva molto vivace, coordinata dai due migliori curatori d’immagine politica del paese; tanto che cominciò ad essere scherzosamente chiamato “Lulinha paz e amor” [i]. Il candidato cercava con ciò di togliere ai suoi oppositori l’argomento della stabilità, che non era rientrato nei fondamenti del programma delle elite nelle elezioni precedenti, mentre nel frattempo tesseva alleanze future per garantire la governabilità in caso di vittoria.

La strategia ebbe il suo effetto. Al di là di una convincente vittoria, il partito del presidente riuscì ad occupare con i suoi eletti il settore più grande della camera e ottenne una buona rappresentanza al senato [9]. La vittoria generò un forte clima speculativo sul mercato finanziario, con una grave svalutazione della moneta nazionale nei confronti del dollaro. Nonostante ciò il nuovo governo riuscì a calmare gli animi del mercato, ma da qui in poi le cose divennero più complesse.

 

4. Le possibilità di cambiamento e il dilemma della governabilità

La progressiva diminuzione del radicalismo petista non è solo nel programma. Il presidente ha scelto la strategia della cautela e ha nominato nelle aree economiche persone che avevano già ottenuto la fiducia del mercato. Come ministro delle finanze è stato nominato Antonio Palocci, medico ed antico militante del partito che, nonostante il suo passaggio in gioventù nel trotskismo, si era reso famoso per la sua prudenza. Il programma dell’attuale ministro delle finanze si distacca poco da quello del precedente ministro del governo Cardoso, Pedro Malan.

Come ministro per le pianificazioni è stato nominato il genovese, naturalizzato brasiliano, Guido Mantega. Anche lui antico militante del PT e professore d’economia della Facoltà di Getúlio Vargas di San Paolo, che non si era mai allontanato da un programma radicale.

Per la Banca Centrale è stato scelto Henrique Meireles, uomo di mercato, eletto deputato federale dal partito di Cardoso. Questa scelta ha irritato profondamente la maggior parte della sinistra del PT.

Al ministero dello sviluppo è stato chiamato Luiz Fernando Furlan, in un chiaro tentativo di creare un ponte con il settore industriale brasiliano. Completando il quadro, il presidente ha scelto per il ministero dell’Agricoltura, Allevamento ed Approvvigionamento Roberto Rodrigues, impresario indipendente dell’agribusiness.

In un certo qual modo queste scelte riflettono un chiaro tentativo del presidente e del nucleo duro di potere [10], di neutralizzare ogni possibile forza d’opposizione delle fazioni capitaliste, cercando di rafforzare la governabilità. Secondo il ministro delle finanze, in una metafora che viene spesso ripetuta dal presidente Lula, il Brasile non è una “fusca”, ma un grande bastimento: non si dà “cavalo de pau” ad un bastimento [11]. In altre parole, i cambiamenti devono essere lenti e sicuri, affinché il governo non venga risucchiato dalle circostanze.

Le aree sociali, come la previdenza, la salute, il lavoro, l’educazione, sono rimaste ai quadri del partito del presidente. Tra queste la più sensibile è quella della previdenza poiché una delle questioni che ancora rimane aperta è la riforma del sistema previdenziale. In questo senso il governo, sotto la bacchetta del nuovo ministro Ricardo Benzoini, dovrà affrontare una delle sue più aspre battaglie. La resistenza principale alla riforma non è nei partiti dell’opposizione ma all’interno della base di supporto del governo e nel partito del presidente. Bisogna mettere in risalto che uno dei principali obiettivi della riforma, è la lotta al cosiddetto deficit previdenziale del funzionalismo pubblico e che questo è un settore importante d’appoggio del governo. Sebbene poco espressivo dal punto di vista numerico, i lavoratori del settore pubblico sono organizzati. Uno sciopero di grandi proporzioni in questo settore difficilmente porterebbe il governo al fallimento ma certamente andrebbe ad influire nelle relazioni tra governo e Partido dos Trabalhadores.

Il presidente ha dichiarato che la riforma tributaria e quella previdenziale sarebbero state le prime riforme che avrebbe portato a termine quest’anno. Il problema sta nel fatto che è chiaro che la direzione di queste riforme è quella di una continuità con quelle introdotte dal governo Cardoso. Questo potrebbe essere il senso dell’approvazione alla camera dei deputati del regolamento dell’articolo 192 della costituzione, che tratta del sistema finanziario. La sua approvazione apre la porta alla discussione sull’approvazione dell’autonomia della Banca Centrale, tesi portata avanti dall’area economica del nuovo governo.

Questo tema ha portato al primo scontro tra il governo e i settori più a sinistra del Congresso Nazionale. Questa volta il governo ha ottenuto il successo, ma nulla garantisce che da ora in poi sarà sempre così. In questo momento il governo conta ancora sul grande appoggio popolare, il che facilita le cose per il presidente. Ma è naturale che gli indici di popolarità tendono a cadere e che gli oppositori, e in particolare quelli della propria base di supporto, potrebbero elevare il tono delle critiche.

A questo punto dell’analisi è obbligatorio domandarsi: ma alla fine dei conti, quali cambiamenti propone il governo?

È una domanda legittima e necessaria. Di fatto il governo, in questo inizio di mandato, si è distinto per aver dato continuità al programma del suo predecessore. Dal mio punto di vista la strategia del governo è relativamente chiara. Il presidente punta ad una uscita conservatrice per lottare contro l’incertezza della situazione economica e si gioca il fardello del cambiamento in altre sfere d’attuazione. Credo che è su questo che puntava il presidente quando ha nominato Olívio Dutra, ex governatore del Rio Grande do Sul, al Ministero delle Città [i], recentemente creato. In questo stesso senso va intesa la nomina di Miguel Rosseto, anch’egli del Rio Grande do Sul, nell’area fondiaria [i].

Alcune cariche sono state destinate ai partiti che hanno fornito appoggio durante le elezioni: Ciro Gomes (PPS) all’Integrazione Regionale, Miro Teiera (PDT) alle Comunicazioni, Agnelo Queiroz (PCdoB) allo Sport, Gilberto Gil (PV) alla Cultura, Walfrido Guia (PTB) al Turismo, Anderson Adauto (PL) ai Trasporti e Roberto Amaral (PSB) alla Scienza e Tecnologia [12].

Tra questi ministeri quelli che hanno maggiori rapporti con l’area economica sono le Comunicazioni, il Turismo, i Trasporti e l’Integrazione Regionale nonostante sia in quello delle Comunicazioni che sorgono importanti conflitti d’interesse a causa del contratto di concessione dei servizi sotto la regolamentazione dell’ANATEL (Agência de Regulação do Setor de Telecomunicações).

Allo stesso modo bisogna distinguere il ruolo che sarà assunto dal ministro delle Miniere e dell’Energia Dilma Rouseff, dal quale ministero dipendono l’importante azienda petrolifera statale (PETROBRÁS) e l’agenzia che regola il settore energetico (ANEEL).

L’ipotesi che cerco di sostenere è che sebbene il governo Cardoso aveva promosso un ampio processo di deregolamentazione e liberalizzazione, rimangono nelle mani dello Stato alcuni strumenti, che se ben utilizzati possono distinguere, almeno parzialmente, la politica economica dall’attuale governo da quella che ha caratterizzato il precedente governo.

 

5. Le prospettive di un’alterazione del modello economico

I principali strumenti di gestione dell’economia, aldilà delle basi costituzionali, sono: Il Banco do Brasil, la Caixa Econômica Federal e il Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social (BNDES) [13].

Tutti questi organismi possono essere poderosi strumenti a favore di una politica creditizia strategica. Credo che sarà in questo senso che il governo orienterà i suoi sforzi. Mi sembra sufficientemente chiaro che il governo non tenterà di muoversi nella politica monetaria e in quella dei cambi. Inoltre tutto sembrerebbe far pensare che le variazioni in campo fiscale debbano essere affini agli orientamenti del governo precedente. Quindi sarà nel settore del credito, con l’utilizzazione di strumenti già disponibili e con incentivi alle cooperative, che il governo cercherà di produrre variazioni al modello economico. Il credito dovrà essere distribuito con maggiore enfasi per i settori esportatori, per le piccole e medie imprese, per le abitazioni e la bonifica, e per sopperire ai colli di bottiglia della catena produttiva. Questo richiederà molta cura da parte del governo, affinché non si perda nel sentiero del credito facilitato che, tradizionalmente, è terra fertile per il favoreggiamento. Lasciarsi andare in questo senso avrebbe un effetto simbolico profondamente negativo.

Da quello che possiamo percepire, le prospettive non puntano a cambiamenti radicali del modello economico. Il governo aveva già chiarito che il costo politico di un cambiamento di direzione radicale non sarebbe stato sostenibile. Sembra che il nucleo duro del governo, giusto o sbagliato che sia, si sarebbe convinto che, dinanzi all’attuale rapporto di forze, non sarebbe stato possibile cambiare il nocciolo della politica economica. In altre parole, i cambiamenti devono essere attuati ai margini.

Può darsi che questa sia l’unica strategia possibile. Se è corretta o no, non lo si può discutere, ma con questa possiamo tracciare il profilo del nuovo governo. Tutto lascia intendere che siamo dinanzi ad una convergenza verso il centro dei settori egemonici della sinistra brasiliana. Ciò porterà inevitabilmente ad una frattura nell’arco dei partiti. Non si può scartare un allontanamento delle frange più radicali della sinistra e un avvicinamento di quelle conservatrici, principalmente attraverso le varie articolazioni dei partiti all’interno del parlamento.

Tutto lascia intendere che a seguito del mantenimento dell’orientamento atto a ridurre l’inflazione che stabilisce le azioni in area economica, i tassi di crescita continueranno ad essere mediocri. Con l’attuale modello, un ritmo di crescita più forte dipenderà dall’ambiente esterno, dal grado di fiducia degli investitori e dall’offerta di credito. Il primo fattore è una variabile esogena e i restanti, sebbene il governo possa avere un’importante influenza, hanno stretta relazione con il primo. È molto difficile tracciare una prospettiva della congiuntura economica internazionale per i prossimi quattro anni. L’ambiente esterno soffre sia dell’influenza del ritmo di crescita degli Stati Uniti che non va per niente bene, sia dei problemi militari, che sono in una situazione deplorevole da quando il governo americano ha deciso di intraprendere la politica dell’attacco preventivo.

Di fronte a questo scenario ciò che ci resta da fare è dare uno sguardo alla storia. Il modello attuale si basa sui risultati del gioco che giorno per giorno si ottengono nel gran casinò della finanza globale. Da quando i conti capitale sono stati deregolamentati il “mercato” ha nelle sue mani un enorme potere di veto. La preoccupazione fondamentale degli agenti detentori della liquidità è la garanzia d’ingressi a redditività crescente e a condizioni di basso rischio. In altre parole, la buona politica economica è quella che garantisce i flussi dei pagamenti. In questo senso, per un paese come il Brasile, le esigenze in termini di surplus primario nei conti pubblici, sono espresse nel traguardo del 4,25% del Prodotto Interno Lordo (PIL). È tra le altre cose per questa ragione che il Brasile non cresce o è cresciuto molto poco. Nel continuo prevalere dei bisogni del mercato il tasso di crescita rimane basso. Questo scenario tende a indebolire la strategia del governo. Il tempo non è amico della sinistra in un paese tanto diseguale come il Brasile.

Il governo sta scommettendo su un miglioramento generale delle aspettative, con una caduta del grado di rischio del paese e una ripresa dei ritmi di crescita più forti. Questo scenario virtuoso, se mai si verificherà, non rimarrà immune alle abituali tempeste del gran casinò globale.

Nel caso in cui ciò venisse confermato, ossia che il tasso di crescita rimanga ad un livello molto basso e la disoccupazione ad uno molto alto, il logorio del governo sarà inevitabile. Gli ultimi venti anni sono stati estremamente rovinosi per lo sviluppo brasiliano. Sebbene si siano ottenuti dei significativi progressi in campo politico, con la fine del regime militare nel 1985, l’economia è entrata in un processo di quasi ristagno. Per un paese cresciuto ad un tasso medio annuo del 5,6% tra il 1930 e il 1980, la crescita degli ultimi venti anni è quasi un sintomo di ristagno. Questo tasso si scontra con la crescita della popolazione. Il basso livello di crescita avrà seri riflessi sull’ambiente sociale. Gli indici di violenza urbana esploderanno, le infrastrutture soffriranno fisicamente seri problemi, infatti nel 2001, pur possedendo una delle maggiori riserve idriche del pianeta, abbiamo sofferto di una crisi energetica. Oggi i quartieri della classe media delle città brasiliane sembrano le zone emarginate del vecchio regime dell’Apartheid del Sud Africa. Le case sono circondate da inferriate e da recinti elettrificati. Questo è un sintomo del deterioramento del benessere del paese, nella forma più completa, una chiara manifestazione del fatto che stiamo male e che, continuando con il modello economico attuale, staremo sempre peggio.

Ci si chiede se è possibile uscire da questo modello, o se esiste una alternativa. Le alternative esistono, all’interno dei limiti dello stesso sistema, ma il rapporto tra le forze necessario per implementarle rimane un’incognita. Il punto nevralgico del modello attuale è la libertà di movimento nel conto capitale, che detto in un’altra forma sarebbe: tutto per il mercato e poco per la società civile. Quando il nostro ambiente economico dipende dai profitti degli arbitraggi degli speculatori internazionali, ci resta poco da fare se non agire in accordo con questa prospettiva e tifare per un buon andamento dell’economia internazionale.-----

Silver e Slater (2002) richiamano alla nostra attenzione il fatto che nei momenti di dominanza dell’alta finanza c’è una maggiore tendenza alle turbolenze d’ordine politico. Il rapporto tra il mercato e lo Stato (Polanyi) è sempre, in questi momenti, conflittuale, perché ciò che è in gioco è la disputa per l’eccedente in regime di scarsezza e l’alta competitività all’interno della struttura imperfetta del mercato. I governanti della sinistra camminano sul filo del rasoio dinnanzi alla disputa tra le aspettative della popolazione che lo ha eletto e i signori del mercato che possono rendere più o meno proibitiva la sua permanenza al potere. Il tempo è una variabile chiave. Su quest’aspetto Lula dovrà fare una scelta ora che non potrà fare in futuro, poiché il suo governo ha una speranza di vita di quattro anni, con la possibilità della rielezione secondo la legislazione elettorale in vigore.

Uno dei meccanismi che l’attuale governo è riuscito a creare per uscire da questa disputa è stato il Consiglio per lo Sviluppo Economico e Sociale (Conselho de Desenvolvimento Econômico e Social), con rappresentanti delle forze sociali più organizzate del paese, ossia coinvolgendo pastori, preti, organizzazioni non governative, centri sindacali e organizzazioni di rappresentanza dell’imprenditoria. Il coordinamento del consiglio è stato affidato all’ex prefetto di Porto Alegre, Tarso Genro. Figura conosciuta per le raffinate doti intellettuali e per l’amministrazione, piena di successo, dello stato del Rio Grande do Sul, l’ex prefetto sta cercando di portare avanti lo spinoso compito di ricerca di alcuni elementi di consenso sul tema della riforma previdenziale e tributaria. La strategia del governo è quella di assumersi la responsabilità esclusiva dell’elaborazione delle proposte che saranno avviate dall’esecutivo al legislativo.

È difficile sapere quale è il limite delle concessioni all’interno del gioco di interessi. L’unica certezza è che il governo ha la responsabilità non soltanto di governare, ma anche di sostenere un progetto della sinistra che è stato costruito con molto sacrificio dalle generazioni presenti e da quelle passate. In qualche modo il governo non potrà governare nella stessa maniera per tutti. Il progetto principale dell’attuale gruppo al potere è quello di costituire un ambiente sociale meno diseguale. Per questo è necessario approfondire la democrazia e pertanto limitare la libertà del capitale, che nel mio modo d’intendere differenzia la sinistra dalla destra liberale. È molto chiaro, sin dall’immediato dopo elezioni, che il governo Lula non si fa carico di una proposta di governo socialista. Spesso molti settori all’interno della sinistra e del PT fanno resistenza nell’ammetterlo, ma è importante che si chiarisca: il PT non è un partito di sinistra tradizionale e il suo programma attuale è molto più moderato di quanto si proponeva alla sua fondazione.

Del resto, fino ad ora, si è avuta l’impressione che l’attuale governo si sia mostrato più vicino alle aspettative dei suoi elettori tradizionali nella politica estera. La risoluta posizione nel conflitto venezuelano e la chiara manifestazione di dissenso verso la guerra contro l’Iraq, hanno mostrato un governo vicino al popolo e ai principi dei partiti che fanno parte dell’attuale gruppo governante. Sul piano interno le discordie sono aumentate. La gestione ortodossa dell’economia e la gestione confusa delle politiche sociali hanno provocato le reazioni d’importanti settori della società.

La grande sfida, mi sembra, debba essere quella di trovare delle risposte alle proposte di riscatto sociale che sono alla base della vittoria di Lula, poiché questo governo dovrà agire in maniera ferma nella costruzione di un nuovo modello economico, senza mettere a rischio la governabilità. È giusto avere pazienza, senza dimenticare che il futuro si fa a partire dal presente.


[i] Ndt. Camion utilizzato per il trasporto dei braccianti del nordest.

[1] La regione della grande San Paolo, che comprende le città di Santo André, São Bernardo e São Caetano (da cui ABC) dove si concentrano le industri metallurgiche.

[2] Un’analisi interessante sulla modernizzazione autoritaria si può trovare in TAVARES, Maria da Conceição e ASSIS, J. Carlos (1986).

[3] Per un’importante analisi sulle origini del sistema partitico brasiliano si suggerisce di consultare SOUZA, Maria do Carmo Campello de (1983).

[4] Bisogna ricordare che la quasi totalità dell’energia elettrica in Brasile proviene da fonti idroelettriche.

[5] L’alleanza di governo era fondamentalmente composta dai seguenti partiti: Partido do Movimento Democrático Brasileiro (PMDB), Partido Trabalhista Brasileiro (PTB), e il partito del presidente, Partido da Social Democracia Brasileira (PSDB).

[6] Furono proposti candidati dal Partido Socialista Brasileiro (PSB) e dal Partido Popular Socialista (PPS), il vecchio Partido Comunista Brasileiro (PCB). I candidati furono rispettivamente il governatore di Rio de Janeiro, Anthony Garothinho e l’ex governatore dello Stato del Ceará ed ex ministro delle finanze del governo di Itamar Franco, Ciro Gomes.

[7] Anche in questa strategia elettorale bisogna separare l’alleanza con il Partido Liberal (PL). Questa alleanza portò alla scelta di José Alencar, importante industriale del settore tessile, a cui affidare l’incarico di vice presidente. Questa alleanza fu recepita con molto scetticismo da diversi settori del PT e fu abbandonata solo perché Lula minacciò di rinunciare alla sua candidatura, nel caso fosse stata resa effettiva. È anche importante aggiungere che sebbene l’alleanza con il PT sembri strana, questo partito già faceva opposizione al governo Cardoso, negli ultimi quattro anni del suo mandato. Inoltre è importante mettere in risalto che José Alencar era noto per le sue critiche nazionaliste al modello economico dell’era Cardoso.

[8] Alle elezioni presidenziali del 1989, il candidato petista andò al secondo turno con il candidato delle elite Fernando Collor de Mello, sul quale due anni più tardi si aprì una procedura di impeachment per corruzione.

[i] Ndt. “Piccolo Lula pace e amore”.

[9] Il sistema di governo brasiliano è presidenziale, mentre quello legislativo è bicamerale. Al Senato sono eletti tre senatori per Stato con mandato di otto anni, mentre il mandato per la camera dei deputati è di quattro anni e quello per la presidenza della Repubblica è di quattro anni con diritto alla rielezione.

[10] Il cosiddetto “nucleo duro” è composto dal capo della Casa Civil, José Dirceu e dagli assessori speciali del presidente. La figura più forte, dopo il presidente è José Dirceu. Vecchio guerrigliero durante il governo militare, fondatore del PT e presidente della “legenda” negli ultimi anni, da cui uscì solo per assumere quella della Casa Civil è, aldilà di ciò che si dice uno degli uomini più vicini al presidente. È senza dubbio figura di punta dell’attuale governo. Dopo la sua uscita dalla presidenza del PT al suo posto venne nominato l’ex deputato federale José Genoíno. Anche questo è un uomo di fiducia del presidente e un politico dalla riconosciuta arguzia.

[11] “Fusca” era una vettura popolare fabbricata dalla Wolksvagen. L’espressione “cavalo de pau” si riferisce ad un brusco cambiamento di rotta.

[i] Ndt. Ministero dello Sviluppo Urbano.

[i] Ndt. Ministro della Riforma Fondiaria.

[12] Qui di seguito diamo il significato delle sigle mensionate: Partido Popular Socialista (PPS), Partido Democrático Trabalhista (PDT), Partido Comunista do Brasil (PCdoB), Partido Verde (PV), Partido Liberal (PL), Partido Trabalhista Brasileiro (PTB) Partido Socialista Brasileiro (PSB).

[13] Come presidente del BNDES fu nominato Carlos Lessa, ex rettore della Universidade Federal do Rio de Janeiro, un uomo con un vasto Curriculum di servizi prestati al governo e con una chiara propensione allo sviluppo e allo strutturalismo legati alla Commissão Econômica para America Latina e Caribe (CEPAL).