Il governo Lula e la controriforma previdenziale

Áquilas Mendes

Rosa Maria Marques

 [1]

La riforma previdenziale proposta dal governo Lula e già approvata alla Camera dei Deputati, comporta un passo ancor più decisivo nella distruzione dello Stato, iniziata dal Governo Collor. Questa scredita completamente la necessità della promozione dell’universalità del rischio vecchiaia e adotta le raccomandazioni del FMI, della Banca Mondiale e del capitale finanziario relativo ai fondi pensione. In questo contesto, il presente articolo ha come obiettivo quello di mettere in luce l’impatto e gli interessi reali del governo Lula nei riguardi della riforma, o meglio, della controriforma previdenziale. La prima parte dell’articolo illustra i risultati, in termine di protezione sociale, ottenuti durante gli anni ’80 e consolidati nella Costituzione del 1988. L’intenzione è quella di dare un contributo alla comprensione della riforma Lula, il cui significato principale va contro i principi chiave della Costituzione. La seconda parte tratta degli aspetti principali che hanno contribuito al lungo abbattimento della Sicurezza Sociale brasiliana, iniziato dai vari governi durante gli anni ’90. La terza parte espone le caratteristiche della proposta del governo Lula, evidenziando gli argomenti, gli accordi politici conseguiti, l’opposizione e il senso della riforma previdenziale.

Introduzione

La società brasiliana è stata sorpresa, verso al fine di Aprile, dall’avvio della proposta di riforma previdenziale del governo Lula al Congresso Nazionale. Questa è stata resa pubblica nel mezzo di un gran baccano
 nel quale non è mancata una “marcia” voluta dal Presidente della Repubblica e da sua moglie, dai membri della sua equipe e dai governatori, per evocare simbolicamente la forma di lotta dei movimenti sociali ed in particolare del Movimento Senza Terra, che manifestavano nella Esplanada dei Ministérios. Ma se la manifestazione del presidente evoca i movimenti sociali, il contenuto della proposta se ne discosta, non riscontrando eco tra gli impiegati, principali “protagonisti” dei mutamenti. La riforma è caratterizzata anche dall’essere un passo decisivo nella distruzione dello Stato, iniziata dal governo Collor, screditando completamente la necessità di promuovere l’universalità della copertura del rischio vecchiaia e adottando l’agenda del FMI, della Banca Mondiale e degli araldi del capitale finanziario in rapporto ai fondi pensione.

Aldilà del contenuto della riforma proposta dal governo Lula, bisogna porre attenzione sull’utilizzo di pratiche passate, dove è manifesto il disprezzo per i principi della dottrina previdenziale, sull’argomentazione menzognera e sulla brutalità con cui viene condotto il “dibattito” ed infine sulla rapidità con la quale la riforma sta per essere approvata: a “tamburo battente”. L’esposizione dei motivi della Proposta de Emenda Costitucional 40, così come tutti gli interventi pubblici dei rappresentanti del governo Lula, costituisce un vero pezzo di retorica, dove fili differenti, di vario colore e provenienza, sono stati tessuti in maniera da difendere ciò che qui non è scritto, senza alcun ritegno per il deturpamento, l’omissione di informazioni e il preconcetto contro gli impiegati, frutto di un lungo processo di distruzione del servizio pubblico brasiliano. Per fare fronte a questa strategia di convincimento, dove è stato costituito un vero fronte di guerra per impedire qualunque discussione e per promuovere la sua approvazione in tempo record, l’opposizione degli impiegati [2], degli intellettuali, dei militanti e dei rappresentanti del Partido dos Trabalhadores al Congresso Nazionale, si è mostrata insufficiente. Quindi anche se si devono espletare le fasi di rito del Congresso Nazionale, la facilità con la quale il governo Lula ha ottenuto l’approvazione al primo turno nella Camera dei Deputati, non lascia dubbi su quale sarà il risultato finale: il cosiddetto governo “democratico e popolare” completerà, entro l’anno, l’agenda della Banca Mondiale e del FMI nella delicata riforma previdenziale [3].

Il governo Lula non esce, pertanto, incolume da questa campagna: ha perso in poco tempo importanti basi d’appoggio, principalmente tra i cosiddetti “formadores de opinião”. Ma la perdita degli intellettuali di sinistra e degli impiegati, benché importante, è solo un primo passo del lungo sentiero che le masse di brasiliani avranno bisogno di imboccare per prendere coscienza dei veri interessi del governo da loro stessi eletto. L’obiettivo di questo articolo è quello di fornire un aiuto affinché ciò venga compreso.

A tal proposito questo articolo inizia con il riscattare i progressi in materia di protezione sociale ottenuti dalla Costituzione del 1988, poiché la vera dimensione della “riforma” Lula può essere compresa solo se analizzata come parte integrante di un processo che ha avuto inizio quasi immediatamente dopo la sua promulgazione e contro di questa. Nella seconda parte, in maniera breve, si analizzano gli attacchi dei precedenti governi al testo costituzionale e la riforma promossa dal governo di Fernando Henrique Cardoso. La terza parte è infine dedicata alla proposta del governo Lula, con particolare rilievo per i dibattiti, gli accordi politici, l’opposizione e il senso della riforma.

 

1. La democratizzazione del paese e la protezione sociale

Il movimento politico e sociale contro la dittatura militare
 che culmina nella democratizzazione del paese e nell’ascesa alla presidenza della repubblica di José Sarney, nel 1985 - trova un importante momento nella discussione e nell’elaborazione della nuova costituzione. Si trattava di porre le basi del nuovo regime e all’interno di queste la questione sociale assumeva un’importanza senza pari. I costituenti progressisti erano unanimemente concordi sulla necessità di effettuare passi concreti in rapporto al riscatto dell’enorme debito sociale brasiliano ereditato dal regime militare e per questo cercavano di inserire nella Costituzione i diritti basilari ed universali della cittadinanza, stabilendo il diritto alla sanità pubblica, definendo il campo di assistenza sociale, regolamentando il sussidio per la disoccupazione e ampliando la copertura della previdenza sociale. Queste garanzie sono state oggetto di un capitolo specifico - quello sulla Sicurezza Sociale, forma simbolica di rottura con il passato quando le risorse di lavoro sono state ampiamente utilizzate per altri fini, diversi da quelli della protezione sociale [4].

I principi che avevano animato i settori progressisti della costituente sono stati: l’ampliamento della copertura dei segmenti fino ad allora non protetti; l’eliminazione delle differenze di trattamento tra lavoratori rurali ed urbani; l’implementazione della gestione decentralizzata nelle politiche sulla salute e sull’assistenza; la partecipazione dei settori interessati al processo decisionale e a quello di controllo della realizzazione delle politiche; la definizione di meccanismi di finanziamento più sicuri e più stabili; e tra gli altri obiettivi, le garanzie di un volume sufficiente di risorse per l’implementazione di politiche contemplate dalla protezione sociale. Nel campo della Previdenza Sociale, questi principi sono stati espressi soprattutto attraverso la creazione di una base di valori, corrispondenti a quello di un salario minimo e all’eliminazione delle differenze tra lavoratori rurali ed urbani, in rapporto alla tipologia e ai valori dei benefici concessi. La Costituzione del 1988 ha mantenuto separate, come in precedenza, la previdenza per i lavoratori del mercato formale del settore privato dell’economia da quella per gli impiegati federali, statali e comunali. Allo stesso tempo, ha introdotto un regime unico di contrattazione per le tre sfere di governo, che ha portato alla scomparsa dei vincoli sul lavoro all’interno del settore pubblico, non compatibili con la categoria degli impiegati. Le contribuzioni versate precedentemente sono state, secondo la legge, trasferite alle sfere di governo responsabili per gli impiegati [5].

Alcuni progressi verso l’universalità, l’ampliamento della copertura e la diminuzione delle disuguaglianze sono antecedenti alla Costituzione del 1988. Per quanto riguarda la previdenza, in particolare tra il 1985 e il 1987, quindi durante il governo Sarney, il valore dei benefici urbani di base è stato aumentato [6], il termine delle carenze diminuito ed alcuni tipi di benefici sono stati estesi alla clientela rurale. Quindi la protezione sociale, sancita dalla Costituzione del 1988, può essere definita come l’apice di un processo d’ampliamento della propria copertura e dei propri diritti, iniziato, verso la fine degli anni ’70, nel pieno della lotta per la democrazia e proprio, per mano dei dittatori, durante il regime militare [7].

L’universalità dei diritti e la partecipazione della comunità alla definizione delle politiche sociali, hanno avuto come principio base il superamento del carattere meritocratico e l’adozione della cittadinanza come criterio d’accesso. Questo è stato lo stesso principio che aveva orientato verso l’universalità della protezione sociale i paesi capitalisti sviluppati, dopo la Seconda Guerra Mondiale, proprio durante gli anni ’70 ed ’80 [8].

La cittadinanza è facilmente riconoscibile nel settore della sanità. Da una situazione dove il servizio pubblico era rivolto solo ai lavoratori e ai contribuenti del mercato del lavoro formale, si è passati alla garanzia di questo diritto per tutti. Ma nella Previdenza Sociale questo criterio è rimasto imbrigliato sin dal principio: insieme ai lavoratori contribuenti con pensione calcolata sulla base dei contributi versati, esistevano lavoratori rurali o con salari molto bassi che ricevevano un livello di salario minimo, il cui valore era calcolato indipendentemente dalla presenza di un leggero sforzo contributivo o dalla completa assenza di contributi. Nell’intenzione dei costituenti, il requisito della cittadinanza di fronte alla Previdenza Sociale avrebbe dovuto essere finanziato, in maniera naturale, attraverso le risorse ottenute con le imposte. Questa pratica tuttavia non è mai stata implementata, poiché l’attribuzione di un salario minimo è finanziata attraverso i contributi dei lavoratori e contribuisce alla ridistribuzione del reddito tra i lavoratori. Una tale distorsione nel finanziamento del Regime Geral da Previdência Social (RGPS), quello della previdenza dei lavoratori del settore privato, sarebbe stata ripresa più avanti, poiché avrebbe costituito uno degli elementi principali della cosiddetta crisi della previdenza in Brasile.

Per sostenere le spese della protezione sociale, ora ampliate nel concetto di Seguridade Social (Sicurezza Sociale), ed inoltre per rendere il finanziamento meno dipendente dalle variazioni cicliche dell’economia (principalmente dell’impiego e del mercato formale del lavoro), i costituenti avevano stabilito che le sue risorse avrebbero avuto come base il salario (i contributi degli impiegati e delle impiegate), la fatturazione (portando al suo interno il Fundo de Investimento Social-Finsocial [9] e il Programa de Integração Social e de Formação do Patrimonio do Servidor Público - PIS/pasep), l’utile d’impresa (nuova contribuzione introdotta nella Costituzione chiamata Contribuição sobre o Lucro Líquido - CLL) e la rendita delle lotterie e delle scommesse. Oltre a queste fonti la Seguridade Social può contare sulle imposte dell’Unione, degli Stati e dei Municipi [10].

Inoltre per garantire il finanziamento della Seguridade Social, i costituenti hanno posto particolare attenzione nello stabilire che le risorse disponibili fossero utilizzate esclusivamente per la protezione sociale, cosa che nessun governo aveva fatto dopo la loro promulgazione. I costituenti inoltre avevano scritto nella Costituzione che il trattamento delle risorse della Seguridade Social non avrebbero potuto essere distinte dal loro concetto di protezione “holística”, ossia che all’interno della Seguridada Social, non vi sarebbe dovuto essere alcun vincolo sulle risorse: ogni anno, durante il dibattito sul bilancio, sarebbe stata definita la parte dell’intero fatturato da devolvere a ciascun settore. L’unico vincolo previsto era quello per le risorse del PIS/Pasep, che è rivolto solo al programma per la sicurezza durante la disoccupazione e per il pagamento del sussidio PIS/Pasep, dal momento che il 40% della sua riscossione è destinata al prestito realizzato dal BNDES alle imprese. -----

 

2. Il lungo smembramento della Suridade Social

Vari sono gli aspetti che evidenziano le iniziative e i mezzi che minano il concetto di Siguridade Social durante i governi che si sono succeduti dalla promulgazione della Constituição Cidadã [11]. Tra gli aspetti principali si nota: l’utilizzazione di parte delle risorse per fini estranei alla Siguridade Social nei primi due anni successivi alla promulgazione della Costituzione; la specializzazione dei contributi degli impiegati e delle impiegate nella Previdência Social; la creazione di meccanismi che permettano l’accesso dell’Unione alle risorse della Seguridade Social e quindi all’istituzionalizzazione del suo uso indebito; l’alterazione dei criteri d’accesso ai benefici previdenziali, specialmente per le pensioni; l’inclusione, sul piano dell’analisi e del dibattito pubblico, del regime degli impiegati, in chiara rottura con l’articolo 194 della Costituzione.

Recuperare questo smembramento è essenziale per comprendere quanto fosse fragile il consenso che aveva definito i contorni della Costituzione del 1988, ed in particolar modo quello relativo all’articolo sulla Seguridade Social. Nulla più di ciò indica come in Brasile le politiche sociali sono permanentemente soggette ad obiettivi ed a costrizioni economiche d’ogni tipo. La Costituzione del 1988, riflettendo il desiderio di democrazia e di riscatto del cosiddetto debito sociale di quel tempo, era stato uno di quei rari momenti in cui veniva contraddetta una regola molto importante. Il recupero di questo smembramento, anche se in forma ridotta, realizzata dai governi Sarney, Collor e Cardoso (in entrambe le amministrazioni), fornisce la prospettiva della controriforma previdenziale intrapresa dal governo Lula.

La prima iniziativa contro il concetto di Seguridade Social era stata realizzata già nel primo anno successivo alla promulgazione della Costituzione, quando le risorse dell’allora Finsocial e del CSLL erano state stanziate nella loro totalità allo scopo, in pratica, di finanziare gli Encargos Previdenciários da União (EPU). Questa spesa, che corrispondeva alla parte di contributo dell’Unione per il finanziamento degli stipendi degli impiegati federali, non riguardava la Previdência Social della Seguridade Social, poiché il regime a cui erano soggetti questi impiegati era stato mantenuto a parte dai costituenti (MARQUES, 1989). Di fronte al dissenso provocato, l’anno successivo questo eccesso venne estremamente ridotto e fatto sparire entro il 1990. Ma passati appena due anni, approfittando delle difficoltà del Regime Geral da Previdência Social (RGPS) nel far fronte all’aumento spropositato della domanda di benefici [12], il governo non aveva rivisto per la Sanità il 15,5% di contribuzione sul reddito degli impiegati e delle impiegate previsto dalla Lei de Diretrizes Orçamentária (LDO) (MÈDICI e MARQUES, 1994). Questa decisione aveva implicato, oltre all’obbligo per il settore della Sanità a sollecitare un prestito d’emergenza insieme al Fundo de Amparo do Trabalhador (FAT), l’uso esclusivo dei contributi per i benefici previdenziali, andando contro il concetto stesso di Seguridade Social. La legittimazione di questa pratica era stata poi regolamentata dalla riforma promossa dal governo Cardoso.

La terza misura presa contro la Seguride Social non si fece attendere. In nome di una maggiore stabilità della moneta, nel 1994, era stato approvato lo svincolamento di parte delle risorse della Seguridade Social attraverso la creazione del Fundo de Estabilização Fiscal (1997) e finalmente, per esprimere il suo reale carattere di Desvinculação dea Receitas da União (DRU - nel 2000), era stato permesso che il 20% del reddito d’imposta e delle contribuzioni fosse liberamente collocato dal governo federale, compreso il pagamento degli interessi dovuti (MÈDICI e MARQUES, 1994a, - MARQUES e MENDES, 2001). Questa misura aveva ottenuto una netta opposizione dei sostenitori della Seguridade Social ed il Partido dos Trabalhadores aveva chiuso la questione rifiutando la sua approvazione al Congresso Nazionale. Curiosamente, con Lula attualmente alla presidenza della repubblica, questo stesso partito ha avviato una proposta di riforma tributaria che prevede l’estensione fino al 2007 del DRU. Dimenticando qualsiasi principio precedentemente difeso, sostiene che: “Sebbene gli indicatori dell’economia nazionale ci danno oggi l’immagine di una situazione migliore rispetto al passato, la cautela esige che una simile disposizione rimanga in vigore fino a quando le condizioni macro-economiche [non miglioreranno] e le incertezze nello scenario internazionale non spariranno” (E.M.I., 2003, p.1). Oltre ad affermare che gli indicatori dell’economia nazionale erano migliorati rispetto al passato, mentre il paese mostrava un tasso di disoccupazione record (nella Grande São Paulo, secondo la Fundação Sistema Estadual de Aálise de Dados - Seade - la disoccupazione era pari al 20,6% dell’impiego e secondo l’Istituto Brasileiro de Geografia e Estatística - IBEGE - 14,6%), un tasso dell’interesse nominale di riferimento del 26,5% e una domanda con chiari segni di arretramento economico (diminuzione del Consumo das Familiás e della Formaço Bruta do Capital, tra gli altri), parlava cinicamente di cautela o di espediente per lo svincolo delle risorse per la Seguridade, al fine di aumentare il surplus primario richiesto dal FMI per il pagamento del debito pubblico ed estero [13].

Tuttavia l’ultimo attacco alla Seguridade Social, prima dell’elezione di Lula alla presidenza della repubblica, è avvenuto attraverso la riforma previdenziale promossa dal governo Cardoso. Questo governo aveva presentato a marzo del 1995 una proposta, conosciuta come Proposta de Emenda Costitucional 33 (PEC 33), che alterava la previdenza sociale sia dei lavoratori del settore privato sia degli impiegati dell’amministrazione pubblica. Questa era rimasta in discussione alla Câmara de Deputados fino al luglio 1996 ma a causa delle forti resistenze nei confronti del suo contenuto, in cui non era mancata, all’epoca, la ferma opposizione della Central Única dos Trabalhadores (CUT) e del Partido dos Trabalhadores (PT), era stata ritirata, riformulata e ripresentata nel 1997 [14]. Alla fine del 1998, veniva finalmente approvata la Emenda Costitucional nº 20 (EC 20), che alterava il pensionamento del RGPS e il regime stesso degli impiegati pubblici [15].

Nell’RGPS, i dispositivi costituzionali sottoposti a revisione ed approvati dalla EC 20 sono stati: la soppressione della copertura di dieci salari minimi per il pagamento della pensione per il periodo di servizio e per la sua regola di calcolo (la misura aritmetica degli ultimi trentasei mesi di contribuzione); la sostituzione del tempo di servizio con il tempo di contribuzione e la creazione delle condizioni che consentono al sistema pubblico di previdenza di seguire le regole che proporzionano l’equilibrio finanziario ed attuariale. Approvati questi nuovi dispositivi costituzionali, il governo è passato ad elaborare le leggi ordinarie e i decreti del Ministério da Previdência e Assistêcia Social (MPAS) per definire le nuove regole e stabilire le regole di transizione.

Tra le altre misure, il progetto di legge presentato al Congresso Nazionale mirava per il RGPS: 1) all’ampliamento del periodo di contribuzione per il calcolo del beneficio; 2) all’introduzione della formula di calcolo per questo beneficio in considerazione dell’età di coloro che richiedevano il pensionamento e l’aspettativa di vita secondo i calcoli dell’IBGE. Questa proposta corrispondeva alla Legge 9.876/99. A partire dall’entrata in vigore di questa legge il valore del pensionamento non sarebbe più stato calcolato in base alla media aritmetica degli ultimi 36 mesi di contribuzione (ed al massimo un periodo di 48 mesi) e così anche per la media aritmetica dei maggiori salari-di-contribuzione, corretti a livello monetario almeno dell’80% del periodo contributivo dell’assicurato [16]. Su questo calcolo era applicato un fattore riduttore che variava in accordo con l’età dell’assicurato, ossia con l’aspettativa della durata della vita che questo aveva dopo il pensionamento, secondo le stime della Fundação IBGE. Questo fattore è stato denominato Fator Previdenciário [17]. Per gli iscritti all’RGPS fino alla vigilia della pubblicazione del EC 20, era stato mantenuto il pensionamento proporzionale, ai 25 e 30 anni di contribuzione, rispettivamente, se di sesso femminile o maschile, dal momento in cui si erano raggiunti i 48 o i 53 anni d’età. In questo caso il valore del beneficio corrispondeva al 70% del salario di beneficio, accresciuto del 5% per ciascun gruppo di 12 contribuzioni addizionali, fino al limite del 100%.

Considerata la resistenza all’introduzione dell’età come criterio per la concessione della pensione (60 e 65 rispettivamente per le donne e gli uomini, come precedentemente proposto e non approvato nell’EC 20), il fattore previdenziale era stato il metodo escogitato dal governo Cardoso per la sua adozione, soltanto che nel calcolo del beneficio si disincentivava la cosiddetta pensione precoce e si incentivava la permanenza in servizio. In questo senso il governo Cardoso è stato vincente, riuscendo, in un modo o nell’altro, a fare approvare dall’RGPS la sua proposta. Ma l’implementazione del fattore aveva significato l’introduzione, nella copertura del rischio vecchiaia, di una graduale disuguaglianza non presente inizialmente. Ciò perché, tra lavoratori della stessa età, quelli che avevano iniziato prima erano rimasti danneggiati.

Ora per il regime degli impiegati pubblici civili, il governo Cardoso, sebbene fosse riuscito ad approvare le modifiche, non aveva avuto successo in ciò che considerava fondamentale: l’eliminazione del diritto all’integralità (pensione di valore uguale al salario nel periodo di attività) e del diritto alla parità nell’aggiustamento (garanzia, per il valore del pensionamento, dell’applicazione dello stesso indice e della stessa percentuale utilizzati nell’aggiustamento dei redditi degli impiegati attivi); e l’esigenza della contribuzione dei pensionati. Per questo era fondamentale non solo la mobilitazione attiva degli impiegati, ma anche il voto dei deputati della sinistra, che avrebbero dovuto dissociarsi in questa lotta dal Partido dos Trabalhdores [18].

Le principali modifiche ottenute da Cardoso per il regime degli impiegati sono state: a) l’assunzione del concetto di “tempo di contribuzione” in sostituzione a quello di “tempo di servizio”; b) l’estinzione del pensionamento proporzionale, conforme alle regole di transizione identiche a quelle dell’RGPS; c) l’introduzione del limite d’età per il pensionamento. A differenza di quanto avvenuto in relazione all’RGPS, erano stati approvati i limiti d’età per il pensionamento legato al periodo di servizio, con 55 anni, per le donne e 60 anni per gli uomini [19]. La regola di transizione tuttavia permetteva alle donne di andare in pensione al compimento del 48esimo anno di età e agli uomini al compimento del 53esimo, dopo che l’impiegato avesse compiuto un periodo addizionale del 20% rispetto al tempo che mancava, al 15/12/98, per meritare il beneficio richiesto. Inoltre erano state unificate le regole applicate agli impiegati di tutti i livelli, ossia a quelli federali statali e municipali, ed era stata permessa, dal momento in cui era stata creata la previdenza complementare per gli impiegati, l’adozione della copertura dell’RGPS per il pensionamento dei nuovi impiegati. Il progetto di legge complementare che aveva istituito questo regime non ebbe seguito al Congresso Nazionale.

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3. Distruggere lo Stato: la riforma del governo Lula

La riforma previdenziale intrapresa dal governo Lula, approvata al primo turno alla Camera dei Deputati il 7 agosto 2003, ha ripreso i punti, respinti durante la riforma promossa da Cardoso, riguardanti il regime degli impiegati. In questo caso solo pochi deputati si sono ribellati contro la posizione del partito, esprimendo in diversa maniera il loro malcontento e il loro distacco e dando l’impressione che le precedenti manifestazioni del PT non erano servite a nulla. Ma a dire il vero, salvo alcune sorprese, come la proposta di riscossione dei contributi degli inativos e la manifestazione di gran disprezzo per l’applicazione delle regole di transizione, il suo programma di governo mostrava elementi che sarebbero stati presenti tanto nella proposta quanto nell’esposizione delle sue ragioni. Tuttavia man mano che si è arrivati a formare alcuni elementi non si è svelata la totalità delle loro implicazioni, principalmente per coloro che non sono esperti nel settore. L’articolo relativo alla Reforma da Previdência a partire dal paragrafo 47 del Programma de Governo 2002 dice:

“Una delle sfide politiche ed amministrative maggiori del futuro governo è l’equazione della questione previdenziale. Per affrontare questa sfida sono necessarie un insieme di iniziative a corto, medio e lungo raggio che forniscano soluzioni strutturali in grado di permettere alle generazioni odierne di brasiliani e a quelle del futuro di poter essere pienamente coscienti e relativamente tranquille sul tema dei diritti di cui potranno godere al termine di una lunga vita dedicata al lavoro. Questa profonda revisione deve avere come obiettivo la creazione di un sistema previdenziale universale di base, pubblico, obbligatorio, per tutti i lavoratori brasiliani del settore pubblico e privato. Il sistema deve avere un carattere contributivo, con benefici chiaramente stabiliti e con un valore del livello e della copertura dei benefici del pensionamento chiaramente definito.” (Programma de Governo, 2002, § 47, grifo nosso)

Per quanto riguarda il terzo pilastro del sistema previdenziale brasiliano, la previdenza complementare, che può essere esercitata attraverso i fondi pensione patrocinati dalle imprese o istituiti dai sindacati (conformemente alla Lei Complementar 109), rivolta a quei lavoratori che chiedono una rendita addizionale oltre a quella garantita dal regime di base, ciò va inteso anche come un poderoso strumento di rafforzamento del mercato interno futuro e quindi come fonte di risparmio a lungo termine per lo sviluppo del paese. È necessaria la crescita e il rafforzamento di questa istituzione attraverso meccanismi d’incentivazione (Idem, ibidem, § 57, grifo nosso).

Ciò che a volte ha rappresentato una vera sorpresa, è stata la forma e il metodo utilizzati dal governo Lula nell’indirizzare e nell’approvare la sua proposta. Aldilà del fatto che il partito, nelle sue differenti istanze, non abbia partecipato all’elaborazione della proposta, ogni indirizzo contrario o con carattere di emendamento, da parte dei deputati del PT, è stato fermato, essendo stata stabilita l’adesione al testo del relatore, con le modifiche negoziate dalla direzione del partito. In questo modo l’iniziativa dei 30 deputati del partito che avevano lanciato, il 29 maggio, il manifesto “Retomar o Crescimento Já!”, dove parte del suo contenuto si riferiva a questioni relative alla riforma previdenziale, non è potuta andare avanti. Per questo non sono mancate minacce e pressioni di ogni sorta che hanno impedito la realizzazione del dibattito e del chiarimento di vari punti della riforma contestati. A causa delle pressioni, nella prima votazione, 24 avevano votato seguendo le indicazioni del partito (ma avevano votato criticando la proposta ed affermando che lo facevano per rispetto e per disciplina nei confronti della linea di partito), 3 avevano votato contro [20] e 8 avevano optato per l’astensione [21]. I secondi sono stati minacciati di espulsione dal partito e i terzi di qualche tipo di sanzione.

 

3.1. I grandi assenti nella riforma

L’elezione di Lula alla presidenza della repubblica è stata intensamente festeggiata nelle strade delle principali città del paese, prima ancora che il risultato ufficiale fosse annunciato. La gioia che aveva coinvolto persone di differenti strati sociali indicava, con la più nitida chiarezza, il contenuto che tutti attribuivano al nuovo momento del paese: l’ora di promuovere una inversione nella politica economica e sociale sviluppata fino a quel momento, in modo da permettere la crescita del Brasile, attraverso la ridistribuzione del reddito e della ricchezza e il riscatto dell’enorme debito sociale accumulato. In materia di previdenza sociale, la speranza era quella di un nuovo governo che desse seguito al processo di universalità della copertura del rischio vecchiaia iniziato con la Costituzione del 1988, attraverso il superamento degli ostacoli che fino ad allora avevano ristretto questa protezione ad una minoranza della popolazione occupata brasiliana, lasciando senza protezione milioni di lavoratori e le loro famiglie. Allo stesso tempo, si era sperato che il governo risolvesse l’immensa iniquità presente nel Regime Geral da Previdência Social (RGPS), con l’applicazione del “fator previdenciário”.

Così come menzionato precedentemente, la previdenza sociale brasiliana, considerando anche tutti i suoi limiti, è la più organizzata dell’America Latina. Il Brasile è stato l’unico tra tutti i paesi latino-americani che ha creato un sistema unico per tutti i lavoratori del settore formale dell’economia, unificando i vari istituti precedentemente esistenti e garantendo così livelli di copertura uguali per tutti, indipendentemente dal ramo di attività esercitato. Con la concessione di uno stesso statuto per tutti i lavoratori, lo Stato brasiliano, ha realizzato un importante passo nella costruzione del concetto di nazione, integrando in un unico ordinamento i lavoratori del nord e del sud del paese. Questo processo, sebbene incompleto, è avanzato significativamente con la Costituzione del 1988 quando, tra gli altri dispositivi, erano stati estesi i benefici per i lavoratori agricoli ed era stato introdotto il livello base, corrispondente ad un salario minimo. Nella dottrina previdenziale, ciò sarebbe stato l’equivalente di un reddito base, ossia ciò che la società considera essere il valore minimo che un lavoratore non attivo deve ricevere.

Nonostante questo progresso, la previdenza sociale brasiliana non ha raggiunto, durante la sua costruzione, la totalità degli occupati. Ma ciò non si deve ad alcuna “mancanza” nel disegno di copertura, quanto invece al processo economico vissuto dal paese nell’ultimo decennio, con i suoi inevitabili riflessi sul mercato del lavoro. Nel 2001, per esempio, secondo i dati della Pesquisa Nacional por Amostra por Domicílios, realizzata dall’Istituto Brasileiro de Geografia Estatística (IBGE), 40,7 milioni di occupati del settore privato dell’economia non versavano contributi all’RGPS o a qualunque altro tipo di regime, ciò equivaleva al 57,7% della popolazione occupata in quell’anno nel privato.

Ma non tutti le 40,7 milioni di persone saranno integrati nella copertura previdenziale. Come mette in evidenza lo stesso MPAS (2003) tra questi ci sono: a) 20,4 milioni che non hanno reddito o ricevono meno di un salario minimo. Di cui circa 5 milioni sono lavoratori agricoli, che in futuro usufruiranno di benefici speciali, ossia del diritto ad un salario minimo, e 15,4 milioni di persone potenziali beneficiari del programma di assistenza sociale focalizzato nella lotta alla povertà; b) persone con una età tra i 10 e i 16 anni (oltre l’età minima autorizzata dalla legislazione brasiliana per il lavoro e quindi all’affiliazione al regime previdenziale); c) persone con più di 60 anni che difficilmente adempieranno ai requisiti di eleggibilità a causa della mancanza di contributi e del periodo minimo di contribuzione, e che costituiranno potenziali richiedenti di assistenza sociale. Fatto un rapido calcolo, il totale delle persone che riusciranno ad essere protette dall’RGPS saranno circa 18,7 milioni.

Secondo l’IBGE, tra questi 18,7 milioni di persone, il 41% sono salariati senza contratto, il 10% sono lavoratori domestici (senza contratto), il 44% sono definiti come lavoratori autonomi [22] e il 6% sono impiegati. In termini di ramo d’attività i livelli più bassi di copertura si trovano nel Comércio de Mercadorias (38% degli occupati non sono protetti), nella Prestação de Serviços (49,9%), nell’Indústria de Construção (66,9%) e nell’Agrícola (67,9%).

Tuttavia, nonostante la speranza e l’urgenza di promuovere l’universalità, il governo Lula ha avanzato una proposta all’esame del Congresso Nazionale che si limita a esporre modifiche alle condizioni di accesso e ai valori dei benefici degli impiegati pubblici. Non sono state oggetto della sua proposta, quindi, le strategie di inclusione di un ampio contingente di lavoratori attualmente non coperti da nessun tipo di protezione o rischio vecchiaia.


3.2. L’uso della retorica senza pudore

Tra gli aspetti che caratterizzano il modo in cui il governo Lula ha avviato la sua lotta per far passare a “tamburo battente” la sua proposta di riforma previdenziale, richiama particolare attenzione l’uso delle mezze verità, dei preconcetti e anche della distorsione delle informazioni. Questa pratica, associata all’efferatezza e alla persecuzione verso tutta l’opposizione, principalmente tra le proprie fila, spiega e rivela, allo stesso tempo, il significato più importante della riforma previdenziale del governo Lula. Vediamo, in primo luogo, quali sono stati i suoi principali “argomenti” nella discussione lampo prima del voto al primo turno alla Camera dei Deputati.

Il deficit che non esisterebbe

Nella lotta per conquistare “i cuori e le menti” a favore della sua proposta di riforma previdenziale, il governo Lula non si è fatto pregare: ha fatto uso, sul piano della retorica, di tutto ciò che è stato costruito dall’immaginario del popolo brasiliano. Prima di tutto ha fatto uso della credenza dell’esistenza di un grande deficit nella Previdência Social. Ciò che era stato ripetuto, per molti anni di seguito, dai governi precedenti, specialmente durante i due mandati di Cardoso. Dopo qualche tempo, tuttavia, avendo di fronte una lunga serie di informazioni contrarie che avevano cominciato ad essere ampiamente divulgate, principalmente da opinionisti, questo argomento era stato abbandonato negli interventi dei rappresentanti del governo Lula ed è scomparso dalla relazione esposta dal deputato José Pimental al Congresso Nazionale.

Nel caso del Regime Geral de Previdência Social (RGPS), dei lavoratori del settore privato dell’economia, le contribuzioni sono di fatto inferiori alle spese. Ma ciò accade perché al suo interno ci sono benefici che possono essere caratterizzati, interamente o in parte, come assistenziali: 6,9 milioni di lavoratori agricoli che ricevono un salario minimo (SM) e che non verseranno mai contributi e 5,9 milioni di pensionati per termini d’età per i quali la legislazione esige minor tempo di contribuzione rispetto ai 30 e i 35 anni previsti per la maggior parte dei lavoratori. In altri paesi, l’apporto supplementare, necessario per il finanziamento di questi benefici, è realizzato attraverso le imposte, con uno sforzo congiunto della società. In Brasile, in assenza dei finanziamenti dello Stato, questo sforzo è limitato in gran parte ai salariati del settore formale, contribuendo alla ridistribuzione dei redditi tra i lavoratori. Ma poiché le contribuzioni sono in una situazione di ristagno, a causa della debole condizione economica e dell’elevato tasso di disoccupazione, la loro riscossione è insufficiente a finanziare, oltre ai benefici dei lavoratori urbani, quelli dei lavoratori agricoli.

Come già detto precedentemente, la lettura isolata dei conti del’RGPS si scontra con lo spirito dei costituenti del 1988. Questi, nell’introdurre il concetto di Seguridade Social e nel definire il loro campo d’azione e le fonti di risorse, avevano reso concreta la terapia attuale contro i rischi sociali, in cui, ad esempio, non si poteva pensare alla copertura del rischio vecchiaia senza una concomitante garanzia per il rischio malattia. Per questo motivo, nel dibattito sull’esistenza o meno del deficit, è necessario considerare l’insieme della Seguridade. Questa, che include la Previdenza, la Sanità e l’Assistenza Sociale, ha registrato un surplus di R$ 32,96 miliardi nel 2002. In questo calcolo sono considerati tutti i ricavi e le spese della Previdenza, della Salute e dell’Assistenza Sociale, mentre non sono inclusi il PIS/Pasep e il FAT, poiché il sussidio di disoccupazione ha una rendita vincolata.

Se al surplus fossero sommate le spese per gli impiegati pubblici dell’Unione (civili e militari), anche se l’articolo 194 della Costituzione non considera il loro regime integrabile nella Seguridade, e se fosse considerata la contribuzione dello Stato come datore di lavoro, questo diminuirebbe di R$15,08 miliardi, ma continuerebbe anche così ad essere consistente. Questo risultato rappresenta il famigerato surplus primario del 4,25%, concordato con il FMI come segno di buon andamento delle finanze dello Stato e come attestato della sua capacità di rispettare i termini del debito estero.

Formati in base ai dati ufficiali, questi risultati non hanno potuto essere contestati e per questo, lo stesso Ministro da Casa Civil, José Dieceu, nel seminario organizzato dalla Fundação Perseu Abramo, il 23 e il 24 maggio a So Paulo, ha riconosciuto che la Seguridade Social è in attivo. Anche così la disinformazione è stata significativa, soprattutto per la grande massa della popolazione. A ciò ha contribuito significativamente la capacità dei mass media, che hanno continuato a riprodurre il primo “discorso ufficiale”.

In nome della “giustizia sociale”

Il governo Lula per indicare l’enorme ingiustizia sociale consustanziale nel regime previdenziale degli impiegati pubblici civili, ha paragonato, nella Exposição de Motivos che presentava la proposta di riforma al Congresso Nazionale, il livello medio dei benefici dell’RGPS, di R$ 362,00, al guadagno di R$ 50.000 di un impiegato. Non fosse stato per il fatto che questi dati sono stati ripetuti in maniera esaustiva dai media, si sarebbe potuto pensare, peccando di ingenuità, che si era trattato di un “equivoco”. A parte il fatto che non si paragona una media con un valore assoluto, cosa risaputa anche da una persona poco familiare con i “misteri della distribuzione”, nel calcolo della media dell’RGPS sono stati indubbiamente inclusi i benefici dei lavoratori agricoli (con uno SM) e le pensioni per limiti d’età, tutti a carattere assistenziale, con valori bassi e che “trascinano” la media verso il basso. Secondo i dati dello stesso MPAS, la media delle pensioni per periodo di contribuzione è di R$ 812,30, molto al di sopra dei R$362,00 utilizzati per appianare la retorica. Inoltre la media delle pensioni della maggior parte degli impiegati federali rimane intorno ai R$ 1.038,00 come reso noto dal CUT, nello stesso seminario sopra menzionato.

Ma è stato sulla base di questo paragone fasullo che si è potuta difendere l’adozione del tetto di R$ 2.400,00 sia per gli impiegati sia per i lavoratori dell’RGPS e, di conseguenza, l’estinzione dell’integralità per gli impiegati e l’inizio dell’unificazione dei regimi. Bisogna ricordare quali attenzioni sono state poste: sapendo che i militari sarebbero stati fonte di grande resistenza a qualunque proposta, il governo non li ha esclusi, così come era accaduto in Cile [23].

Sebbene il numero di assicurati con pensione di valore estremamente elevato [24] sia piccolo rispetto all’insieme degli impiegati, il governo e i media si sono preoccupati di divulgare in maniera esaustiva la loro esistenza, presentandola come la prova incontestabile del trattamento differenziato dei funzionari pubblici in rapporto ai lavoratori del settore privato. Di fronte alla realtà della distribuzione del reddito brasiliano, la peggiore del mondo dopo la Suazilândia, piccolo regno tra il Mozambico e l’Africa del Sud, ciò è risultato fondamentale cosicché il governo potesse ricevere il più ampio appoggio per la sua riforma da tutta la massa dei lavoratori brasiliani dopo che questi, una volta impiegati, avevano ricevuto un salario significativamente basso. Ma per conquistare questo appoggio non è stata meno importante anche un’altra “associazione” che il governo Lula si è preoccupato di fare: rapportare la precaria situazione del servizio pubblico, principalmente nell’area sociale, alla classe degli statali. Questo è stato il senso del suo discorso, nel dire, per esempio, che facendo la riforma, non avrebbe mai trascurato la prestazione di servizi per la salute. In questa maniera, si è andata sommando all’idea, nata fin dal governo Collor (che il funzionario pubblico è un “marajà”, che guadagna senza lavorare o che lavora poco), quella che li considera parte integrante di un segmento privilegiato della popolazione e che, per questo motivo, in nome della giustizia sociale bisogna effettuare una riforma. Curiosamente, la promozione di questa giustizia sociale è difesa a cominciare dal livellamento verso il basso senza dire nulla riguardo al miglioramento delle condizioni di coloro che guadagnano poco. Ciò non a caso, poiché significherebbe affrontare le cause della cattiva distribuzione del reddito esistente tra i lavoratori, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico.

In assenza di una proposta riguardo a ciò, il governo, aveva deliberatamente discusso come se fosse un’unica questione, l’introduzione del tetto di R$ 2.400,00 e il fatto della distribuzione dei proventi degli impiegati, presentando un ventaglio accentuato tra il valore maggiore e quello minore. Il tetto di R$ 2400,00 ha come unico proposito quello di aprire il campo alla creazione di fondi pensione nel paese, non quello di limitare il massimo provento nel settore pubblico [25].

Sebbene in nome della giustizia sociale, il governo aveva approvato la contribuzione dei pensionati, molto più in là, in funzione della resistenza, era stato obbligato ad esentare quelli con una pensione fino a 1.440,00 (per i funzionari federali) e con una fino a R$ 1.200,00 (per funzionari statali e municipali) [26]. La copertura degli impiegati inativos era stata respinta in tre occasioni durante il governo Cardoso ed aveva sempre contato sul voto contrario del Partido dos Trabalhadores. Prima di quello, solamente l’ultimo governo militare aveva osato riscuotere contributi dai pensionati, nel caso dell’allora INPS [27]. Oggi come ieri, gli argomenti contrari a questa iniziativa sono gli stessi: la contribuzione da origine ad un diritto futuro e, per questo non può esigere che il pensionato contribuisca. Questo prelievo significa la rottura di uno dei principi più chiari cari alla dottrina previdenziale, proprio considerando che gli impiegati, fino al 1993 [28], partecipavano al solo finanziamento della pensione, con livelli anche abbastanza alti. Oltre a ciò, per quale motivo questo non viene preteso anche dai lavoratori rurali pensionati che in passato non hanno versato contributi? In materia previdenziale, dire che questi ultimi ottengono benefici di uguale valore al salario minimo non ha alcun fondamento, poiché il motivo legato alla riscossione dagli inativos non era tanto sul valore della pensione quanto per l’assenza di una contribuzione precedente.

3.3. A servizio del capitale finanziario

Se non esiste un deficit e se la motivazione non è quella di promuovere la giustizia sociale, allora in nome di che cosa è stata avviata, a “tamburo battente” questa riforma? Ricordiamo, in primo luogo, che l’applicazione del tetto di R$ 2.400,00 è associata alla creazione di un fondo pensione [29]. Il governo Lula è “convinto” [30] che la creazione di fondi pensione per gli impiegati e per gli altri lavoratori, porterà ad un significativo risparmio interno che contribuirà a finanziare lo sviluppo del paese. Inoltre, manifesta l’intenzione di utilizzare le risorse dei fondi per i suoi programmi futuri sulle infrastrutture o per attività sociali, in disaccordo con il concetto di beneficio. Ne risulta che i Fundos de Pensão attuali, dei lavoratori statali, alcuni giorni dopo l’approvazione della riforma al primo turno, avevano manifestato la loro preoccupazione a questo proposito, esigendo garanzie di rendimento nella realizzazione degli investimenti. Ciò perché questi programmi, avendo una basso rendimento [31], non erano mai stati di alcun interesse sia per il settore privato sia, a causa degli stessi motivi, per i fondi pensione. Nel caso dei fondi per gli statali, dove il beneficio deve ovviare agli effetti dell’inflazione, con un tasso di più del 6% annuo, l’applicazione di programmi come questi può ricondurre ad una condizione passata in cui il governo era stato obbligato ad effettuare capitalizzazioni miliardarie nella Petros (i fondi pensione dei lavoratori della Petrobrás) e nella Previ (i fondi pensione del Banco do Brasil).

Il ruolo attribuito dal governo Lula ai fondi pensione non è diverso dalla comprensione del governo Cardoso, della Banca Mondiale e dal FMI. Come ci insegna Francisco de Oliveira:

“È questo che spiega le recenti convergenze pragmatiche tra il PT e il PSDB, l’apparente paradosso dal quale il governo Lula realizza il programma di Cardoso, rendendolo radicale: non si tratta di un equivoco, ma di una vera nuova classe sociale, costituita, da un lato, da tecnici ed intellettuali di banca, nucleo duro del PSDB, e, dall’altro, da operai convertiti in operatori di fondi previdenza, nucleo duro del PT.” (OLIVEIRA, 2003, p. 38).

Oltre a ciò, nella letteratura, ci sono quelli che considerano essere questa la maniera dei lavoratori di guadagnare il potere nel mondo attuale della globalizzazione finanziaria [32]. Questa lettura infatti non è estranea ai sostenitori del governo Lula. È un peccato che questi non abbiano fatto proprie le esperienze già effettuate in America Latina e il tracollo, degli ultimi anni, dei fondi pensione nord americani. Senza parlare di ciò che è accaduto con i dirigenti della Enron, che hanno visto i loro risparmi andare in fumo dalla notte al giorno.

L’illusione che la classe operaia “potesse raggiungere il paradiso” con i fondi pensione nasce nell’ambiente del capitale finanziari, unico interessato alla proposta del governo Lula. La regola della contribuzione definita, senza alcuna garanzia per quanto riguarda il valore del beneficio, pone il futuro delle prossime generazioni al servizio del capitale. In questa maniera, il Brasile, l’unico che fino ad ora aveva resistito ad aprire le porte alla creazione e allo sviluppo dei fondi pensione attraverso la riforma del proprio sistema previdenziale, lo farà ora cominciando dagli impiegati pubblici e mediante cambiamenti nella legislazione che consentiranno ai sindacati e alle organizzazioni di lavoratori di svilupparli.

Un’altra ragione dell’impegno del governo Lula per l’approvazione della riforma previdenziale, tuttavia anche al servizio del capitale finanziario, è la realizzazione di un significativo surplus primario. Come è noto, negli ultimi anni, per far seguito all’accordo sancito con il FMI, il Brasile ha effettuato uno sforzo sovrumano per generare una eccedenza (ricavi meno costi, senza considerare gli interessi), la cui finalità fosse quella di garantire il flusso dei pagamenti del debito estero. Il PT, che aveva inserito correttamente sul documento “Concepção e Diretrizes do Programma de Governo do PT para o Brasil [33]”, la necessità di ridurre la vulnerabilità esterna mediante, tra le altre politiche, quella di “denunciare dal punto di vista politico e giuridico l’accordo attuale con il FMI, per liberare la politica economica dalle restrizioni imposte alla crescita e alla difesa del commercio del paese” (PT, p. 46 e 47 apud BORGES NETO, 2003), era passato sin dai suoi primi giorni di governo a difendere e a rendere prioritario l’aggiustamento fiscale, elevando il surplus primario, per sua espressa volontà, al 4,25% [34]. Il 28 maggio, quindi un mese dopo l’invio del progetto di riforma previdenziale al Congresso Nazionale, nella lettera indirizzata a Horst Köhler, amministratore delegato del FMI, il ministro delle finanze, Antônio Palloci ha scritto:

“Il governo è andato avanti in maniera rapida nel compimento della sua agenda per il recupero economico e l’avvio delle riforme. Dopo l’importante sforzo per la costruzione del consenso, è stata avviata al Congresso una proposta ambiziosa di riforma tributaria e previdenziale che aumenta il traguardo del surplus primario di medio termine al 4,25% del PIL. Oltre a ciò, è stato approvato l’emendamento costituzionale che facilita la regolamentazione del settore finanziario - un passo necessario per formalizzare l’autonomia operazionale del Banco Central” (MINISTERIO DA FAZENDA, 2003, p. 1, §1).

Di fronte a questo chiaro obiettivo, la riforma della previdenza ha anche il ruolo di intervenire nella continuità del perseguimento di un significativo surplus primario. Secondo le stime del ministro della previdenza, Ricardo Benzoini, in 20 anni, i cambiamenti approvati risulteranno in una economia di R$ 52 miliardi. Oltre a ciò, anche la copertura degli inativos e l’aumento del tetto da R$ 1869,34 a R$ 2400,00 per l’RGPS risulterà in un aumento delle riscossioni [35]. Prima delle negoziazioni avvenute alla Camera che hanno aumentato il limite di esenzione per l’applicazione della tassa sulla pensione, il governo sperava di ottenere con questa misura risorse addizionali per R$ 147 milioni (E.M.I., 2003). Non è necessario dire che la generazione del surplus primario in previsione del pagamento del servizio del debito ha costituito un vero salasso, e questo è stato anche maggiore se si considera che il livello della spesa pubblica in determinate aree è già estremamente basso, impedendo l’azione attiva dello Stato.

3.4. La controriforma e la distruzione dello Stato sociale

A causa di tutto ciò la riforma avviata dal governo Lula si caratterizza per il suo senso antidemocratico, antirepubblicano e oltretutto per aver promosso una distribuzione dei redditi al contrario, tra i dipendenti pubblici e il capitale finanziario [36].

È antidemocratica perché non considera la necessità di regole di transizione adeguate ai cambiamenti provocati da una riforma come quella previdenziale. Nel caso specifico degli impiegati pubblici, in cui la legislazione garantiva una pensione di valore uguale a quello dello stipendio, che non comportava per coloro che andavano in pensione una riduzione del reddito [37], ciò era legato al fatto che le entrate sarebbero state più basse di quelle ricevute dai lavoratori del settore privato, a pari livello di qualifica. Ma durante la vita la rendita ricevuta dai due segmenti avrebbe teso a diventare uguale. Ciò perché quando i lavoratori del settore privato vanno in pensione sperimentano una ripida caduta del loro reddito (la quale è tanto più accentuata quanto più il salario è alto durante il periodo di attività) e gli impiegati pubblici che, durante il periodo di attività ricevono meno continuano a ricevere lo stesso valore al momento del pensionamento. In altre parole, il patto stabilito tra lo Stato brasiliano e i suoi funzionari era quello di garantire un rendita perpetua, sebbene più bassa della paga di mercato a parità di qualifica. Attraverso questo meccanismo l’impiegato pubblico era lontano dall’incertezza per la sua rendita futura, generando un rapporto consumo/risparmio differente da quello del lavoratore salariato del settore privato. Ciò significa che l’impiegato pubblico, considerando la sua rendita futura garantita, poteva fare, durante la sua vita attiva, uno sforzo minore nel risparmio.

La riforma promossa dal governo Lula significa una rottura del contratto stabilito tra lo Stato e gli impiegati attuali. Questa rottura è estremamente violenta, poiché non considera che il funzionario pubblico non sa come cambiare il suo comportamento di un tempo nel rapporto consumo/risparmio. Saranno pochi quelli che sapranno raggiungere tutti i requisiti (età, tempo di contribuzione, tempo di durata dell’incarico) per avere diritto ad una pensione integrale.

In qualunque società democratica, quando le leggi sulla previdenza sono alterate le regole di transizione sono applicate proprio per minimizzare al massimo le perdite per coloro i quali sono già integrati nel mercato del lavoro. A quanto pare, la preoccupazione del governo Lula nel non “interrompere” i contratti, manifestata ripetutamente in varie occasioni prima e dopo le elezioni presidenziali, non si applica agli impiegati pubblici.

D’altro canto, considerando che la remunerazione degli impiegati pubblici in servizio non cambierà, poiché si continuerà a guadagnare meno dei lavoratori del settore privato, il cambiamento delle condizioni di pensionamento comporterà un freno per tutte quelle persone veramente qualificate che intendano affrontare un concorso pubblico. L’unica condizione affinché ciò non avvenga è rappresentata da un quadro di estrema disoccupazione in cui lo Stato diventi l’unica alternativa all’occupazione. In altre parole, la riforma previdenziale del governo Lula ha costituito un passo decisivo nel lungo processo di distruzione dello Stato iniziato con il governo Collor.

L’altro risultato è quello di promuovere una ampia ridistribuzione del reddito, ma non quella desiderata da tutti. Come abbiamo visto, la riforma provocherà un ampio trasferimento dei redditi tra gli impiegati con guadagni più elevati e il capitale finanziario. Ciò che si sperava, era che Lula iniziasse l’ampliamento della copertura del rischio vecchiaia, estendendo la garanzia di un salario minimo a tutti gli anziani delle città (andando pertanto a colpire il mercato informale del lavoro e quelle persone che hanno una bassa capacità contributiva). È chiaro che per questo sarebbero necessarie risorse non indifferenti che potrebbero essere considerate solamente in virtù di un cambiamento del sistema tributario brasiliano, in cui il capitale speculativo e le grandi fortune non avrebbero una reale partecipazione. Ma la proposta di riforma tributaria avviata dal governo Lula è lontana dal preoccuparsi di ciò.


[1] Articolo scritto per il III Colóquio de Economistas Políticos da América Latina, che ha avuto luogo in Buenos Aires tra il 16 e il 18 ottobre 2003, e per la rivista Proteo (Roma). Gli autori ringraziano i commenti dei professori João Machado Borges Neto e Paulo Nakatani.

[2] Questi sono stati i responsabili, il 5 e 6 agosto 2003, nella Esplanada dos Ministéiros e alla Camera dei Deputati, della prima grande manifestazione contro l’attuale governo.

[3] Questa agenda esalta l’austerità fiscale, dando priorità al controllo delle spese.

[4] È risaputo che le risorse legate alle contribuzioni degli impiegati e delle impiegate - detratte dallo stipendio per le pensione dei lavoratori dell’area formale del settore privato dell’economia - sono state utilizzate tra i vari progetti della dittatura militare, per la costruzione dell’Itaipu, ponte Rio-Niterói e nell’istallazione dello stabilimento nucleare di Angra dos Reis,. Queste risorse non sono mai state devolute all’allora Fundo de Previdência e Assistência Social.

[5] Il trasferimento delle contribuzioni è stato parzialmente realizzato, costituendo uno dei motivi di difficoltà indicati dagli stati e dai municipi per far fronte alle spese relative alle pensioni dei propri lavoratori. Sebbene questo aspetto non deve essere dimenticato, le difficoltà sono più facilmente attribuibili al fiacco adempimento nella riscossione dei tributi, dovuto alle difficoltà congiunturali dell’economia nazionale e alla politica degli interessi alti esercitata in quasi tutti i periodi dai vari governi, per la mancata risoluzione del problema del debito pubblico e per i compromessi accettati con il FMI.

[6] La legislazione precedente dfiniva basi differenti a seconda del tipo di rischio coperto.

[7] In Brasile sono stati i militari ad istituire la Previdenza Sociale per i lavoratori del mercato formale del settore privato dell’economia, unificando le vecchie istituzioni corporative urbane e quindi garantendo uguali diritti a tutti gli assicurati, indipendentemente dal settore d’attività e dalla regione in cui lavoravano. Questi hanno esteso la copertura anche ai lavoratori rurali. Queste misure, volute anche dai governi precedenti, potevano essere intraprese solamente con un regime d’eccezioni. Nella costituzione di una unità nazionale, non si deve disprezzare il ruolo giocato dalla creazione di una Previdenza Sociale pubblica nel settore privato dell’economia come strumento di ridistribuzione dei redditi. Curiosamente questa unificazione, impari in tutta l’America Latina, ha costituito il principale ostacolo alla sua privatizzazione.

[8] Proprio attraverso i problemi economici affrontati durante questo decennio, i sistemi di protezione sociale sono arrivati alla copertura di nuovi segmenti. Sono emblematici due esempi: L’ampliamento del concetto di disoccupazione a quei lavoratori che non avevano mai lavorato prima e la concessione di un reddito minimo basato sul principio di cittadinanza e non su quello assistenziale.

[9] Nel 1991 il Finsocial ha dato luogo alla Contribuzione per il finanziamento della Seguridade Social (Confins).

[10] La Costituzione del 1988 non stabiliva, tuttavia, come avrebbe dovuto essere la partecipazione degli enti federali nel finanziamento della Seguridade Social. Nel 1997 è stata creata la Contribuição Provisória sobre a Movimentação Financeira (CPMF), le cui risorse si sono sommate a quelle previste dalla Costituzione. Solamente il 13 settembre del 2000 è stato approvato l’Emendamento alla Costituzione n 29, che definisce i rapporti tra Unione, Stati e Municipi sul finanziamento al Sistema Ùnico de Saúde.

[11] Ulysses Guimarães, leader storico del Partido Movimento Democrático Brasileiro (PMDB) e presidente della Assembléia Nacional Constituinte, aveva “battezzato” la Costituzione del 1988 in un suo discorso del 27 luglio dello stesso anno, nell’annunciare la sua approvazione, www.persocom.br/fug/c_cidada.htm (20 agosto 2003).

[12] Le domande per l’ottenimento di una pensione, che erano state contenute dalle favorevoli aspettative che aveva creato il lavoro dei costituenti, erano aumentate significativamente dopo la definizione del paragrafo relativo alla Seguridade Social. In altre parole, le domande del 1993 corrispondevano alla somma di quelle di svariati anni.

[13] Il surplus primario (l’eccedenza tra le entrate e le spese del governo federale, esclusi gli interessi) era del 3,75% del PIL alla fine del governo Cardoso, conforme alle negoziazioni effettuate con il FMI. Tuttavia, il 28 febbraio, nella Carta de Intenção inviata al FMI, il governo Lula ha aumentato spontaneamente questa percentuale a 4,25% promovendo tagli al bilancio dell’Unione per R$ 14,1 miliardi, riducendo, ad esempio, le disponibilità per i ministeri dell’area sociale del 12,44% (Grupo de Estudos e Pesquisas em Conjuntura, 2002)

[14] Ma il governo Cardoso non era rimasto fermo durante tutto questo tempo. Attraverso la Medida Provisória nº 1.723 del 29/10/1998 e la Legge 9.717 del 28/11/1998 aveva reso più agile l’introduzione di nuove regole per l’organizzazione e il funzionamento dei regimi propri della previdenza sociale degli impiegati pubblici dell’Unione degli Stati, dei Distretti Federali e dei Municipi, dei militari dello Stato e del Distretto Federale. La logica di questo strumento giuridico era quella di imporre la “responsabilità fiscale”, contenendo le spese di questo regime. Entro certi limiti queste limitavano le spese correnti al e non oltre il 12% del rendimento corrente liquido dei regimi propri degli enti statali per ogni esercizio finanziario.

[15] È bene ricordare che si erano avute una serie di modifiche nella legislazione previdenziale tra il 1994 e il 1996. Questo perché non tutte le proposte del governo Cardoso esigevano, per essere approvate e regolamentate, che ci fosse una alterazione dei dispositivi costituzionali. Questo era il caso dell’estinzione del buono di permanenza in servizio e del peculio (il buono era un aiuto finanziario diretto a coloro che avevano maturato già il diritto al pensionamento ed avevano scelto di continuare a rimanere in servizio; fino a quel momento il peculio era stato pagato solo all’assicurato che fosse stato impossibilitato al lavoro, prima di aver completato il periodo di contribuzione necessario per aver diritto alla pensione d’invalidità ed inoltre, quando il pensionato che continuava a lavorare e a pagare contributi alla previdenza pubblica, avesse abbandonato definitivamente il lavoro) e la trasformazione in benefici assistenziali degli aiuti per la natalità e i funerali, pagati solo alle famiglie con reddito mensile pro capite inferiore ad un quarto del salario minimo. Inoltre era stata modificata l’applicazione delle pensioni speciali che permetteva il ritiro dalla vita attiva con periodi di servizio minori rispetto a quelli richiesti alla maggiore parte dei lavoratori, sia per quelli che lavoravano in imprese la cui attività era considerata nociva alla salute (senza importanza se un lavoratore fosse, per esempio, amministrativo o non in una impresa per prospezioni petrolifere) sia anche per certe categorie di lavoratori come giornalisti e piloti aeronautici. Secondo la nuova legislazione, la concessione del pensionamento speciale è dovuta solamente a quei lavoratori che esercitano comprovatamene attività con pericolo per la salute e a rischio.

[16] L’ampliamento del periodo di contribuzione per effetto del calcolo di beneficio provoca, per coloro che hanno avuto una evoluzione salariale positiva durante la carriera, una riduzione del valore della pensione. Se ne ricava che proprio per l’assicurato che avesse raggiunto i requisiti necessari per andare in pensione fino al 28 novembre 1999, viene applicato il nuovo periodo di base delle contribuzioni.

[17] La formula di calcolo del valore pensionistico per tempo di contribuzione; “a” è l’aliquota di contribuzione dell’assicurato (incluso quella dell’impiegato e del datore di lavoro); “Es” è l’aspettativa di vita dell’assicurato dalla data del pensionamento; e “Id” è l’età dell’assicurato alla data del pensionamento Diesse (2001, p. 252).

[18] Le direzioni dei seguenti partiti avevano orientato i loro deputati nel votare contro la riforma previdenziale intrapresa dal governo Cardoso: PT, PDT, PSB, PC do B e PPS. La posizione adottata da questi partiti nella votazione del PEC 40 al primo turno alla Camera, nel 2003, è in contrasto con questo orirentamento.

[19] Bisogna mettere in risalto che l’introduzione del limite di età aveva ottenuto il voto contrario dei rappresentanti del Partido dos Trabalhadores.

[20] I deputati Babá (pará), Luciana Genro (Rio Grande do Sul) e João Fontes (Sergipe) avevano detto no, il 6 agosto 2003, alla riforma che doveva essere votata nell’assemblea plenaria, senza distinzioni. Il giorno dopo gli stessi avevano votato contro la tassazione degli inativos. A questi si aggiungeva la senatrice Heloísa Melena, che non era stanca di protestare in ogni occasione contro la riforma. Tra gli alleati, nel PD do B è da sottolineare il voto contrario di Alice Portugal (Bahia), Sérgio Miranda (Minas Gerais), Promotor Alfonso Gil (Piauí) e Jandira Feghali (Rio de Janeiro).

[21] Per l’astensione avevano optato nella votazione del 6 agosto: Walter Pinheiro (Bahia), João Alfredo (Ceará), Maninha (Distrito Federal), Paulo Rubens Santiago (Pernambuco), Chico Alencar (Rio do Janeiro), Mauro Passos (Santa Catarina), Ivan Valente (São Paulo), Orlando Fantazzini (São Paulo). Sotto la pressione del governo finirono per dire si alla riscossione degli inativos.

[22] Secondo il deputato José Pimentel, relatore della proposta di riforma previdenziale, nel dibattito promosso dalla Escola de Governo, il 18 agosto 2003, a São Paulo, il gruppo di lavoro del governo a breve proporrà , come forma di incentivazione all’adesione di questa categoria di lavoratori, che l’aliquota del lavoro autonomo sia ridotta dall’attuale 20% all’8%. Non è stato chiarito, tuttavia, quale sarà il livello garantito del beneficio e neanche cosa accadrà per le risorse mancanti.

[23] È interessante notare che proprio il presidente Lula, nell’articolo pubblicato sul giornale Gazeta Mercantil, il 5 settembre 2000, nel criticare la riforma intrapresa da Cardoso, ha difeso una riforma che includesse i militari (DA SILVA, 2000).

[24] Secondo Lindolfo Machalo, queste rappresentano lo 0,1% del totale delle pensioni pagate agli impiegati (http://ww.tribuna.inf.br/anteriores/2003/maio/27)

[25] La misura per questo, prevista dalla Costituzione del 1988, consisteva nella definizione del tetto salariale del funzionario pubblico federale (con i rispettivi sottotetti statali e municipali). Per adottare questa misura sarebbe stato necessario, nel frattempo, la formulazione di una legge che esigesse l’aggiustamento tra i tre mandati. Insieme alla riforma previdenziale, il governo Lula ha finito per proporre i limiti massimi della remunerazione, ciò che è stat oggetto di negoziazione nel voto al primo turno della Camera dei Deputati.

[26] Questa differenza di valore dell’esenzione provocherà certamente delle contestazioni.

[27] La riscossione sugli inativos, a livello statale, è praticata in 7 Stati dei 27 della Federazione: nell’Ampá (8%, dal 1999), in Bahia (11%, dal 2001, prevista al 12% per il 2004), nell’Espírito Santo (10%, dal 1997), nel Maranhão (dall’8% al 10% secondo il valore della pensione, dal 1999), nel Minas Gerais (4,8%, dal 2002), nel Mato Grosso (dall’8% al 12% secondo il valore della pensione, dal 1999. Molti impiegati che erano ricorsi alla giustizia si sono visti restituire i loro contributi), nel Paraná (10%, dal 1998), a Rio de Janeiro la contribuzione del 11% è stata sospesa dal Tribunal de Justiça, nel Sergipe (10%, dal 2001). Come si può vedere, è stata sulla scia della discussione promossa dal governo Cardoso sulla tassazione degli inativos che questi Stati hanno cominciato ad adottarla.Questa contribuzione,nel frattempo, non deve essere confusa con quella esistente negli Stati del Rio Grande do Sul, di Santa Catarina, e di São Paulo, che si applica alla pensione, tenendo tuttavia conto della dottrina previdenziale.

[28] Su questo aspetto si è manifestato più di una volta l’uso della disinformazione: il governo ha omesso, durante tutti i dibattiti, il fatto che gli impiegati avrebbero versato contributi per l’11% del loro salario. La contribuzione dei lavoratori del settore privato dell’economia consiste di una aliquota (7,65%; 8,65%; 9%; o 11%) applicata al salario (fino a R$ 560,81; da R$ 560,82 a R$ 720,00; da R$ 720,01 a R$ 934, 67; da R$ 934,68 a R$ 1.869,34 rispettivamente). La contribuzione degli impiegati è del 22% (inclusi gli incidenti sul lavoro) sul totale della busta paga.

[29] Per i nuovi impiegati. Per gli attuali impiegati, si conserva l’integrabilità nel momento in cui vengono assolte, simultaneamente, le seguenti condizioni: 55 anni d’età per le donne e 66 anni per gli uomini; un tempo di contribuzione di 30 anni per le donne e 35 anni per gli uomini, 20 anni di lavoro nel servizio pubblico e 5 anni di servizio effettivo nella funzione da cui si otterrà la pensione. Fino al 31/12/2005, per ogni anno in anticipo rispetto ai limiti d’età, sarà effettuata una riduzione del 3,25% sul valore della pensione. A partire da questa data, la riduzione sarà del 5%. Nel testo originale, quello prima della negoziazione, questa riduzione sarebbe stata applicata a partire dall’approvazione degli emendamenti costituzionali. In qualche maniera, si è alterata completamente la regola di transizione approvata dal governo Cardoso. Questa esigeva il completamento del tempo di servizio per il pensionamento prima dei limiti d’età, inteso come fattore inibitore a riduzione del valore del pensionamento, e quindi direttamente dell’integrabilità.

[30] Per usare l’espressione che sembra essere un marchio registrato del presidente Lula (“sono convinto”).

[31] Ad eccezione delle strade di rodaggio, ma dove la concessione è chiusa.

[32] Vedere, tra gli altri, MELMAN, 2002.

[33] Approvato al XII Encontro Nacional del partito, avvenuto a Recife a dicembre 2001.

[34] Per una analisi dettagliata della “evoluzione” della politica economica del PT nel governo Lula, si veda BORGES NETO, 2003.

[35] La riforma del governo Lula introduce lo stesso tetto per il regime dei lavoratori del settore privato e per quello degli impiegati pubblici, Di conseguenza si eleva il tetto del RGPS a R$ 2400,00.

[36] Così Francisco de Oliveira ha caratterizzato la proposta di riforma di Lula nel seminario realizzato il 15 agosto 2003 a São Paulo, per il centenario del XI agosto.

[37] L’integralità è parte costitutiva dei rapporti di lavoro nel settore pubblico.