Sfide per la Cina nell’organizzazione mondiale del commercio

Gladys Hernandes

1. Riferimenti storico-economici

La maggior sfida che la Cina deve affrontare oggi è la sua appartenenza alla OMC. L’11 Dicembre 2001, alla conferenza Ministeriale della OMC a Doha in Qatar, la Cina diventò ufficialmente il centoquarantatreesimo membro della Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, WTO), con pieni diritti.

La Cina fu uno dei 23 stati che firmò la carta costitutiva dell’Accordo Generale per le Tariffe ed il Commercio il 30 Ottobre 1947. Il Protocollo Provvisorio di Applicazione di questo organismo, predecessore del WTO (OMC), fu presentato il 21 Aprile del 1948 dal rappresentante del governo cinese, al tempo guidato da Chang-Kai-Sheck, e fu firmato il 21 di Maggio dello stesso anno dalla maggioranza dei firmatari del GATT.

La personalità internazionale della Cina si mantenne quando il governo rivoluzionario assunse il potere nel 1949. Secondo le regole del diritto internazionale vigente, la sostituzione del governo nazionalista con quello Popolare non implicava un cambio di Stato; la Cina rimase dunque come fondatrice del GATT.

Per ragioni storiche, in proporzione all’approfondimento della applicazione della politica estera della nuova Repubblica Popolare Cinese, il paese si allontanò dalle attività dell’organizzazione.

Quando nel Marzo del 1950 Taiwan richiese di uscire dal GATT, e la sua domanda venne accettata, il governo Cinese mandò una lettera di energica protesta alla segreteria dell’ONU. Nel Marzo 1965, Taiwan fece domanda di adesione al GATT in qualità di osservatore, e la domanda fu accettata. Questa domanda venne poi cancellata nel 1971, quando la Repubblica Popolare Cinese si vide restituito il suo posto all’ONU.

Nel 1986 e 1991 la Cina argomentò che Hong Kong e Macao dovevano seguitare a considerarsi firmatari del GATT, ma come Regioni Amministrative Speciali (RAE), sotto la denominazione: “Hong Kong-China” e “Macao-China”. Tale proposta aveva la sua base nella clausola C della Sezione 5 dell’Articolo 26 del GATT. Inoltre la Cina spiegò la sua posizione quanto alla partecipazione di Taiwan nel GATT come “zona tariffaria individuale della Cina”, nell’Ottobre 1991.

Nel Luglio del 1986 il governo cinese reclamò ufficialmente il recupero della sua posizione come paese fondatore del GATT, e per diritto come membro del suo successore, il WTO-OMC, e si iniziò così un lungo processo di negoziazioni.

I quindici anni di negoziati sono considerati il periodo più lungo per un paese nel processo di entrata in questa organizzazione. Questo ritardo fu causato dalle obiezioni imposte dai paesi sviluppati, fondamentalmente l’EU, il Giappone, gli USA, il Canada ed altri paesi che vollero esigere dalla Cina una grande quantità di requisiti per poterla accettare come membro a pieno titolo. Inoltre nel processo si osservarono varie discrepanze politiche, principalmente con gli Stati Uniti ed in minor misura con la Unione Europea.

È indispensabile analizzare questi requisiti che includono tra le altre cose: il picco della riforma economica, l’ampliamento della liberalizzazione commerciale; l’eliminazione delle barriere tariffarie; l’accettazione della disciplina multilaterale della OMC, i ribassi tariffari, l’apertura dei settori dei servizi, telecomunicazioni, finanze, assicurazioni, trasporti, turismo ed altri; la creazione di un regime amministrativo uniforme per il commercio; la diminuzione delle imprese statali che controllavano il commercio estero; la liberalizzazione agricola.

I dibattiti intorno ai vantaggi e svantaggi della incorporazione nell’OMC abbondano nei mezzi di comunicazione. Nella Cina stessa regna una certa incertezza, visto che ancora non si riesce ad apprezzare grandi trasformazioni e vi è preoccupazione per la mancanza di conoscenza di come le autorità condurranno il processo.

Le voci che asseriscono che l’entrata nella OMC porterà grandi benefici per la Cina scommettono sull’allargamento del commercio, il maggior impulso per la riforma economica, e l’attrazione di livelli sempre più elevati di investimenti stranieri.

È comunque chiaro che con questo passo il governo cinese ha assunto responsabilità significative ed impegni difficili. In primo luogo, dovrà ridefinire la propria politica estera, e fondamentalmente le relazioni della Cina con gli Stati Uniti, che sono il mercato di esportazione più importante per la Cina, con il Giappone ed i vincoli con i paesi della regione asiatica.

Nelle nuove relazioni di forza non solo prevarranno gli aspetti commerciali, ma anche altri di indole differente, che tenderanno a creare non solo benefici ma anche problemi.

Senza alcun dubbio, al momento di ponderare i benefici ed i possibili effetti negativi, la parola finale la avranno le misure di politica economica che adotterà il governo cinese ed il grado di responsabilità che esso si assumerà di fronte alle domande dell’OMC ed in particolare di fronte alle esigenze di molti dei paesi sviluppati interessati ad eliminare quei fattori commerciali che fino a questo momento hanno permesso il picco di esportazioni della Cina, e che sono fondamentalmente il dumping nei prezzi.

Non sarebbe realista dire che oggi la Cina non ha bisogno dell’OMC.

La forte espansione economica della Cina negli ultimi 20 anni si è manifestata nei tassi di crescita, di media maggiori del 9% all’anno nel decennio passato. Questo ha creato una ampia gamma di nuove opportunità di impiego e di investimento. Dall’altro lato, l’impatto che genera un mercato di 1300 milioni di consumatori potenziali è rilevante nella presente congiuntura della economia mondiale.

Tuttavia, le riforme economiche in Cina non sono state accompagnate solo dal successo. Alcune delle grandi sfide con le quali le autorità cinesi si devono confrontare sono relative allo sviluppo agricolo del paese, i mercati finanziari, l’evoluzione delle imprese statali, l’esplosione di problemi sociali e gli effetti del boom economico sull’ambiente.

I grandi squilibri che diedero origine al surriscaldamento economico degli ultimi dieci anni sono tuttora presenti ed il passato e presente dilemma si ritrova centrato sulla questione di come ottenere simultaneamente la crescita economica e le riforme strutturali.

2. Cina e OMC

Sotto molti aspetti, l’associazione della Cina con l’OMC è una possibilità per poter accorciare le distanze in ambiti come la competitività e la difesa dei propri interessi commerciali sulla stessa base multilaterale applicata dai suoi soci. È possibile che queste condizioni permettano alla Cina di sostenere i ritmi di crescita economica e delle riforme.

Dato che l’economia mondiale ora è enormemente più complessa ed inter-relata, la partecipazione della Cina in conformità con le norme del commercio internazionale è divenuta essenziale.

Come membro della OMC la Cina potrà partecipare alla formulazione delle norme che governano il commercio e gli investimenti internazionali. In questo modo le sarà possibile difendere i propri interessi commerciali per mezzo del sistema di soluzioni delle dispute della OMC. Le imprese esportatrici cinesi trarranno beneficio dai regolamenti dell’OMC, cosa che implica che i prodotti cinesi non dovranno essere discriminati nei mercati dei paesi membri.

Bisogna anche sottolineare che la associazione con l’OMC renderà la Cina ancor più attraente per gli investimenti stranieri. Varrebbe la pena di domandarsi se gli investimenti stranieri nei paesi sottosviluppati, in generale, hanno prodotto più occupazione altamente retribuita, maggiori entrate tributarie per il governo, e più trasferimenti di tecnologia. Le esperienze positive in questo senso sono quelle che mostrano un processo selettivo degli investimenti stranieri in funzione degli interessi nazionali.

Un altro elemento rivela come gli obblighi per la Cina derivanti dalla sua associazione all’OMC faciliteranno una maggiore competitività in tutti i settori dell’economia. I consumatori cinesi ne saranno i beneficiari diretti, specialmente quelli dotati di risorse.

Questo elemento è irrefutabile, visto che la competizione promuove la varietà. Tuttavia, tenendo conto dello stato attuale dello sviluppo industriale in Cina, se le misure di promozione del governo non contribuiscono a preservare il potenziale delle industrie nazionali, i pericoli saranno imminenti.

Bisognerebbe pensare alle possibilità reali delle imprese nazionali. Nelle condizioni attuali la competizione con imprese straniere non fomenterà il progresso dell’efficienza e della produttività per la generalità delle imprese nazionali. Con il tempo la cosa più probabile è che si rafforzino le imprese più profittevoli del settore non statale e che aumentino le capacità delle imprese straniere multinazionali nel mercato nazionale.

Un settore fino ad ora molto importante, quello dei servizi, probabilmente sarà preso d’assalto dalle compagnie straniere. Queste si propongono di estendere una gamma ampliata di servizi come assicurazioni, finanziamenti, distribuzione, che si vogliono stabilire in Cina dopo il suo ingresso nell’OMC.

È importante tenere in conto che la adesione alla OMC implica non solo certi diritti ma anche specifiche responsabilità. Gli obblighi assunti dalla Cina sono numerosi e si possono esaminare nel Protocollo sulla Cina, la relazione del gruppo di lavoro e le liste di accordi su beni e servizi, documenti di lavoro per la Cina nell’OMC.

Gli obblighi principali riguardano la riduzione, fino all’eliminazione, delle barriere non tariffarie, l’apertura nel settore dei servizi e la competitività.

a. Riduzione delle tariffe

Durante il suo primo anno come membro della OMC ed a partire dal primo Gennaio 2002, la Cina ha iniziato il riaggiustamento della sua politica tributaria ed il livello generale delle tariffe si ridurrà di un 3%, incluso il riaggiustamento di 5300 partite tariffarie, cifra che rappresenta il 73% del totale nazionale. Questo vuole dire che il livello generale delle tariffe diminuirà al 12% da un livello di 15.3% e si spera che per il 2005 il livello generale della Cina arrivi al 10%.

Le tariffe industriali di maggiore importanza per le imprese statunitensi saranno ridotte dal 25% al 7%. Le tariffe agricole di maggiore importanza per gli agricoltori statunitensi saranno ridotte dal 31% al 14%.

Il settore agricolo sarà uno di quelli più toccati e di quelli che più soffrirà i colpi della competizione straniera. Si può dire che questa è la sfida maggiore che la Cina affronta a causa del suo ingresso nell’OMC, per un settore del quale vivono più di 700 milioni di persone, e nel quale già si trovano più di cento milioni di lavoratori eccedenti. In termini di volume di produzione, la Cina è il leader mondiale in vari prodotti come alcuni cereali, carne, cotone, arachidi, frutta e tabacco. Però in generale l’agricoltura cinese si caratterizza per una bassa produttività e per problemi nella qualità dei prodotti citati sopra.

In generale le tariffe in questo settore saranno diminuite da una media del 22% al 17%. Un gruppo importante di prodotti agricoli come la soia, le carni, la frutta, la verdura, vini e prodotti lattieri, vedranno le tariffe relative ridotte da un 31.5% ad un 14.5%. Tali riduzioni tariffarie si produrranno gradualmente entro la fine del 2004.

La riduzione di queste tariffe provocherà un aumento delle importazioni dei prodotti con una alta domanda nel mercato cinese come il mais, la soia ed il grano. La principale causa che origina questa domanda si deve alla mancanza di competitività internazionale dei prodotti nazionali. La chiave per diminuire gli effetti negativi nel settore agricolo provocati da questo aumento delle importazioni di prodotti strategici sarà l’aumento della produttività e competitività dei produttori nazionali.

Il disarmo tariffario, così come la competizione che sarà generata dall’aumento di prodotti stranieri nel mercato cinese, probabilmente peggiorerà ancora la situazione delle imprese cinesi che malgrado gli sforzi realizzati durante le riforme, risultano ancora inefficienti. L’arrivo e l’ampliamento delle imprese transnazionali e delle loro catene produttive, che possiedono notevoli risorse finanziarie, tecnologie avanzate, un più alto livello di capacità imprenditoriale ed estese reti di distribuzione, creerà gravi difficoltà alle imprese cinesi, e fondamentalmente alle imprese statali, tuttora immerse nel noto processo di ristrutturazione.

Queste imprese attraversano serie difficoltà finanziarie e nella maggioranza non sono riuscite a superare il ritardo tecnologico per il quale i prodotti posseggono un minor valore aggregato, cosa che mette gli imprenditori cinesi in una posizione svantaggiosa.

b. Apertura nel settore dei servizi

Nel settore dei servizi si può affermare che la Cina ha assunto un notevole livello di impegni come paese in via di sviluppo, visto che ad eccezione dei servizi sociali, sanitari e quelli dell’intrattenimento, culturali e sportivi, gli altri settori dovranno sperimentare un maggior grado di apertura. Si includono servizi chiave in settori come i servizi professionali, costruzioni ed ingegneria, assicurazioni, finanza, distribuzione, telecomunicazioni e turismo.

Con l’apertura del settore delle assicurazioni già in questo momento si nota un visibile aumento di istituzioni che prestano tali servizi, con possibilità di accedere al mercato delle assicurazioni con celerità mediante il libero accesso allo studio di rischi e del mercato cinese in generale.

Il settore bancario da parte sua si propone in un immediato futuro di offrire maggiori opportunità per commercializzare servizi a partire delle operazioni possibili in moneta nazionale cinese, in primo luogo con le imprese cinesi e, come parte di un processo, anche con persone singole.

Anche il settore delle telecomunicazioni si aprirà considerevolmente, in particolare nella telefonia cellulare. La Cina fa parte della maggioranza dei consumatori di telefono cellulare, e si è convertita nel paese con il maggior sviluppo delle comunicazioni mobili nel mondo. Questo settore sta attraendo notevole interesse nel mercato mondiale. In esso convergono ed investono grandi imprese riconosciute internazionalmente che dal decennio passato hanno cominciato a spostare le proprie basi di produzione ed i propri centri di ricerca in Cina.

Anche nel settore turistico si sono ampliate le possibilità di offrire l’intera gamma di servizi turistici. Si è anche arrivati a stabilire che per l’anno 2004 le imprese straniere potranno possedere il 100% del capitale degli hotel del paese. I servizi di distribuzione ed anche di costruzioni sono stati ampiamente liberalizzati.

c. Riforme sistematiche che garantiscono l’adesione ad accordi esistenti dell’OMC

Altri impegni assunti includono la realizzazione di riforme sistematiche che garantiscano l’adesione agli accordi esistenti della OMC. La Cina ha assunto gli obblighi di numerosi accordi esistenti della OMC che comprendono tutti gli aspetti del commercio: l’agricoltura, il regime delle licenze di importazione, aspetti dei diritti di proprietà intellettuali in relazione al commercio, le barriere tecniche al commercio e le misure sugli investimenti relativi al commercio.

Il paese si è anche compromesso con disposizioni specifiche sulla liberalizzazione commerciale che significano il diritto di importare ed esportare beni direttamente al cliente in Cina in un tempo di tre anni.

Così come anche il diritto di realizzare la distribuzione di qualsiasi tipo di prodotti in Cina entro un tempo di tre anni a partire dall’anno di adesione, eccetto i fertilizzanti chimici ed il petrolio crudo e raffinato, che possono essere distribuiti al massimo cinque anni dopo la adesione, ed i fertilizzanti chimici, che possono essere venduti almeno cinque anni dopo la adesione.

Altro elemento importante e piuttosto preoccupante dal punto di vista della selettività del processo di investimenti è che l’approvazione degli investimenti e delle importazioni non sarà soggetta a requisiti del tipo della necessità di trasferire tecnologia, la presenza di compensazione sui cambi, i risultati delle esportazioni ed i requisiti del contenuto di origine locale perché secondo le regole presenti della OMC questi requisiti distorcono il commercio. Altro elemento è l’approvazione del diritto a esportare in Cina senza dover fare un investimento in loco.

d. L’eliminazione delle misure non tariffarie

Eliminazione graduale di misure non tariffarie, del tipo di quote e licenze per centinaia di prodotti.Tutte le misure non tariffarie che non rispondano alle regole OMC dovranno essere eliminate per il primo Gennaio 2005.

In questo stesso modo si dovrà eliminare il monopolio delle importazioni commerciali di prodotti agricoli ed industriali da parte dello stato. A partire da questo momento le imprese di proprietà statale devono effettuare gli acquisti e le vendite prendendo come base considerazioni di tipo commerciale.

In questo senso il governo dovrà eliminare il sussidio alle esportazioni di prodotti agricoli ed i sussidi per la sostituzione di importazioni e per le esportazioni di beni industriali. Questo senza dubbio è uno dei punti di maggiore controversia, sopratutto considerando che i paesi sviluppati, prima e dopo Doha, hanno aumentato i livelli di protezionismo proteggendosi dietro queste salvaguardie.

Su questo punto la Cina ha accettato, per un periodo di 15 anni, che gli Stati Uniti ed altri membri della OMC continuino ad usare la speciale metodologia OMC per valutare il dumping, in caso facendo antidumping contro la Cina.

Secondo un meccanismo di salvaguardia specifico per la Cina, gli Stati Uniti ed altri membri della OMC possono restringere, per un periodo di 12 anni, le crescenti importazioni provenienti dalla Cina che perturbano i propri mercati.

La Cina dovrà effettuare varie trasformazioni per poter adempiere i suoi obblighi secondo l’OMC: ristrutturazione delle industrie, pubblicazione di leggi e regolamenti interni, creazione di procedimenti formali per la soluzione di dispute e della uguaglianza di condizioni per le imprese straniere. La Cina ha accettato di ridurre radicalmente le tariffe e di eliminare la quota sulle importazioni, smontare il sussidio per le esportazioni ed aprire il settore dei servizi alla competizione straniera. Alcuni di questi cambi saranno attuati immediatamente, altri avverranno gradualmente in un periodo di pochi anni.

Le autorità cinesi stanno completando intensi lavori per cercare di rendere compatibili, annullare o modificare i regolamenti che non si possono adeguare alla OMC. In tale riforma sono coinvolti i 25 ministeri del governo centrale cinese, le regioni autonome ed i comuni.

Questo processo comprende trasformazioni in più di 1.150 leggi, regolamenti ed altre misure di politica macroeconomica. Le letture riguardanti l’OMC sono diventate il tema di lavoro dominante di molti imprenditori, e molti di loro hanno effettivamente iniziato a studiare i regolamenti della OMC.

Già dalla fine del 2001 la Cina aveva modificato sei leggi per adattarle alle norme della OMC. Tre delle leggi modificate (Legge sulle Imprese Azionarie Miste Cino-straniere, Legge sulle Marche e Legge sui Diritti Intellettuali) furono riviste nel 2001. Le altre tre (Legge sulle Imprese Miste Contrattuali cino-straniere, Legge sulle Imprese con Capitali Esteri, Legge sulle Patenti) furono rettificate nell’anno 2000.

Le sei leggi regolano l’uso del capitale straniero e la protezione della proprietà intellettuale. Sebbene la Cina abbia fatto grandi sforzi di emendamento di leggi rilevanti, ancora vi è un lungo cammino da compiere per ottenere che le leggi amministrative ed i regolamenti locali seguano pienamente le norme OMC.

La questione di come la Cina debba affrontare il proprio ingresso nella Organizzazione Mondiale del Commercio è appena stato analizzato dalla Assemblea Popolare Nazionale della Cina e dalla Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese nel Marzo 2002.

Nel 2002 si sono celebrate le sessioni annuali della Assemblea Popolare Nazionale, il massimo organo di potere in Cina, e della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, istituzione di consultazione politica della Cina. Queste sono state le prime due sessioni plenarie dopo che la Cina è entrata nell’OMC.

Sebbene per i cinesi la OMC sia stata una parola di moda per molti anni, non tutti hanno compreso le implicazioni economiche e sociali che l’appartenenza a questa organizzazione internazionale genererà.

Sono inoltre poche le istituzioni finanziarie che possono fare fronte subito a questo processo. La Banca di Sviluppo di Pudong, con sede a Shangai, ha annunciato recentemente di essere pronta ad accettare investimenti stranieri. Altre piccole e medie banche commerciali hanno riconosciuto di essere svantaggiate rispetto alle istituzioni finanziarie straniere, e hanno piani di quotarsi in borsa o di captare fondi stranieri al fine di rafforzare il proprio potere.

Il primo impatto economico dopo l’entrata si è riflesso nella riduzione dei prezzi in alcuni settori. Fino ad ora il più rilevante è stato quello delle automobili. L’entrata nell’OMC ha causato un enorme impatto in Cina. Dipartimenti governativi, imprese e cittadini comuni stanno facendo tutto il possibile per adattarsi a questa nuova identità.

Tra le misure adottate dal governo nel piano finanziario, con l’obiettivo di avvicinare di più il mercato dei capitali cinese alle pratiche internazionali, si conta la messa in circolazione di una gran quantità di azioni statali e di corporazioni delle compagnie che sono quotate in Borsa. Tuttavia, le Borse cinesi registrarono grandi alti e bassi negli indici immediati, dovuti al timore degli investitori di fronte ad una brusca espansione della capacità del mercato.

D’altro canto, le quattro banche commerciali più potenti della Cina hanno iniziato riforme nel sistema del personale, cercando di riaggiustare e ridurre il numero di impiegati e per questo molti lavoratori stanno ricevendo un pensionamento anticipato o devono cercare un altro posto di lavoro.

Il commercio esterno della Cina nel primo trimestre dell’anno 2002 è aumentato del 7.7% rispetto all’anno precedente raggiungendo i 122.060 milioni di dollari, secondo statistiche fornite nell’Aprile del 2002 dalla Amministrazione Generale delle Dogane.

Le statistiche indicano che la Cina ha registrato un surplus di 7.260 milioni di dollari nei primi tre mesi del 2002, con un valore delle esportazioni di 64.440 milioni di dollari e 57.400 milioni di dollari di importazioni, cifre che rappresentano un aumento del 9.9% e del 5.2% rispettivamente.

Nel Marzo del 2002 il commercio estero della Cina è aumentato di un 5.8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, arrivando a 46.330 milioni di dollari (23.820 milioni di dollari di esportazioni e 22.510 milioni di dollari di importazioni).

Le cifre mostrano che il commercio di processamento e le esportazioni di imprese miste sono aumentati, e le esportazioni di macchine e prodotti elettronici hanno rappresentato un 47.7% del totale delle esportazioni.

Simultaneamente si è osservato un notevole incremento delle importazioni di crudo, legnami e carta nel primo trimestre del 2002.

Una evidente spiegazione di questo sviluppo spettacolare può trovarsi nell’esplosione degli investimenti diretti stranieri.

Alla fine del 2001, la Cina contava 390.025 imprese straniere. Il totale calcolato degli investimenti stranieri accumulati è di 745 mila milioni di dollari, essendo gli investimenti ripagati intorno ai 395mila milioni di dollari.

Nell’anno 2001 si sono stabilite in Cina 26.140 imprese straniere per un valore contrattuale di 69mila milioni di dollari, di questi 44 mila milioni sono già stati investiti.

Le esportazioni delle imprese straniere nel 2001 sono arrivate a 133mila milioni di dollari, cosa che rappresenta una crescita dell’11.6% rispetto al 2000, la metà del totale delle esportazioni del paese nel 2001.

Nell’anno 2001, le imprese straniere in Cina hanno esportato il 50.1% del totale venduto dalla Cina all’estero, e hanno contribuito per il 25% della produzione industriale. Gli investimenti stranieri diretti hanno contribuito con il 12% degli investimenti fissi del paese.

Nell’anno 2001 la Cina ha ricevuto investimenti esteri diretti per un totale di 44.241 milioni di dollari. Di questo totale, il 29.9% veniva da Hong Kong, il 12.7% dalle Isole Vergini, il 10.9% dagli USA, il 10% da Taiwan, il 7.8% dal Giappone, ed il 5% dalla Corea del Sud. La Cina è il quarto produttore mondiale di beni industriali, dopo gli USA, il Giappone e la Germania. La Cina produce il 50% degli apparecchi fotografici, il 30% degli apparecchi per aria condizionata, il 25% delle lavatrici ed il 20% dei frigoriferi del mondo. È il più grande mercato dei cellulari, con 189 milioni di utenti. -----

3. La Cina, la OMC e le Relazioni con i Suoi Principali Partner Commerciali

Risulta evidente che la adesione della Cina (insieme a Taiwan) ha modificato la composizione ed il carattere della OMC, e questo dovrà influire direttamente nelle relazioni della Cina con altri paesi, specie i vicini asiatici.

Analizzando brevemente la congiuntura presente dell’economia mondiale vengono fuori vari elementi importanti che incidono nelle relazioni di forza nell’area. Il principale elemento è il processo di crisi economica attraversato dal Giappone, dove in più di 12 anni non sono stati sintomi apprezzabili di recupero. Nel 2001, la crescita economica non ha superato lo 0.9%, ed il 2003 vedrà probabilmente una possibile caduta, dell’1.3%.

Senza dubbio la dipendenza dai mercati dei paesi sviluppati ai fini dell’eliminazione o della diminuzione delle tensioni della crisi economica ha determinato una situazione delicata per molti paesi sottosviluppati, tra i quali quelli del Sud Est Asiatico.

Altro elemento chiave è che la recessione economica è evidente per molti dei paesi asiatici che ancora non hanno risolto i problemi economici e finanziari che originarono la crisi del 1997. Questi paesi dipendono dal boom delle esportazioni per il recupero delle loro economie.

La Cina ha così iniziato a provocare timori in relazione alla sua capacità economica ed alla possibilità di diventare leader della regione, soprattutto considerando la situazione che il Giappone sta attraversando.

In questo senso, lo sviluppo come paese esportatore della Cina già costituiva una sfida per le nazioni dell’area in anni precedenti alla crisi del 1997. In questo momento però è arrivato a rappresentare una preoccupazione grave.

Gli argomenti più importanti in questo senso si riferiscono al fatto che con l’entrata della Cina nell’OMC si incrementeranno i volumi del commercio, dell’investimento straniero e del trasferimento tecnologico verso la Cina, a detrimento del resto dei paesi dell’area.

Un altro elemento è la possibilità che la Cina arrivi a sviluppare una tale competitività da riuscire a penetrare un mercato ancora maggiore di quello che già possiede.

Le opinioni degli esperti vanno da chi assicura che lo sviluppo cinese beneficerà la regione, fino a quelli che argomentano che i paesi dell’area si troveranno gravemente in difficoltà a causa del potere economico cinese.

La proiezione della crescita per la Cina nei prossimi 20 anni è importante, visto che è stato pronosticato un incremento della sua partecipazione nel PNL mondiale dal 3.7% nel 2000 all’8% nel 2020.

Tra il 1995 ed il 2000 la partecipazione della Cina alle esportazioni mondiali è cresciuta dal 2.9% al 3.9%, mentre le esportazioni di Tailandia ed Indonesia sono rimaste stagnanti. Negli ultimi anni la Cina ha superato la Malesia e Singapore nell’esportazione di prodotti elettronici verso gli Stati Uniti.

L’approccio che asserisce la crescita e lo sviluppo potenziale della Cina basa la sua analisi nelle riserve di crescita del paese a partire dal progresso che potrebbe verificarsi negli investimenti stranieri, il movimento della politica di investimenti verso ovest e l’ampliamento delle riforme. Questi elementi ipoteticamente potrebbero contribuire ad aumentare la competitività delle produzioni del paese.

Tuttavia i timori generati da questa crescita potrebbero non risultare oggettivi se si analizza che già in diverse fasi storiche, l’Asia ha assimilato l’impatto di accadimenti come l’evoluzione economica del Giappone, i cui tassi di crescita aumentarono del 3.9% medio negli anni 60, e fino al 12.9% medio negli anni 80; o lo sviluppo dei Paesi di Recente Industrializzazione, che hanno ottenuto tassi di crescita del 3.8% medio annuale negli anni 80 e tassi del 9% negli anni 90.

Questa idea si sostenta nel potenziale effettivo del mercato cinese, la sua capacità importatrice e la nozione realistica sul fatto che la Cina può essere analizzata non come paese nettamente esportatore ma come una nazione in via di sviluppo di enorme potenziale di importazioni. Questo elemento tenderà a rinforzarsi quanto più la Cina metterà in atto le trasformazioni necessarie a mantenere gli impegni presi con l’OMC.

L’esperienza dei Paesi di Recente Industrializzazione rinforza questa idea. Questi paesi sono fioriti negli anni 90 in parte grazie al loro commercio con la Cina. Per Taiwan, Singapore ed Hong Kong, la Cina è diventata un punto chiave. L’adesione della Cina all’OMC può anch’essa tradursi in una crescita del prodotto interno lordo dei paesi con esportazioni di valore elevato.

Secondo un recente studio della Banca di Investimenti Warburg UBS, l’adesione della Cina potrebbe provocare a Taiwan un boom economico per il 2005 equivalente all’1.7% del PIL di Taiwan del 2000. Esistono anche calcoli per altre economie dei Paesi di Recente Industrializzazione, che mostrano benefici dell’1.1% del PNL del 2000 parallelamente allo sviluppo della domanda cinese delle loro esportazioni.

Per la maggior parte del Sudest Asiatico, tuttavia, le prospettive non sono così brillanti. La UBS Warburg calcola che le economie della regione perderanno per il 2005 tra lo 0.1% e lo 0.2% del loro PNL del 2000. Per l’India questa cifra potrebbe arrivare allo 0.7%.

È certo che la maggioranza di queste economie dovranno effettuare serie trasformazioni per poter garantire la crescita delle proprie esportazioni. Altre economie più avanzate della regione potranno invece sviluppare il loro commercio.

Per attenuare l’impatto negativo che la crescita dell’economia cinese ha causato si sono cominciati ad osservare altri approcci che mostrano elementi interessanti in relazione alla realtà economica e sociale della Cina.

Uno di questi argomenti è in relazione con la manodopera cinese, considerata storicamente come la più economica, cosa che influirà sul processo degli investimenti stranieri. In questo senso conviene mettere in evidenza che forse già è in corso di svolgimento in Cina una trasformazione strutturale in relazione alle produzioni di manifatture di valore aggregato più basso.

Le zone economiche speciali possono aver iniziato la loro partecipazione alla produzione di manufatti di maggior valore, per cui il costo della manodopera tenderà ad elevarsi, cosa che pone le prospettive della manodopera in relazione diretta con l’espansione ad ovest. Questo genererà forte domanda di infrastrutture, specialmente nei settori delle comunicazioni e dei trasporti.

Un altro fattore importante si riferisce alle politiche di controllo della natalità cinesi. Ora la popolazione cinese tende ad invecchiare, ed il drammatico incremento dell’invecchiamento potrebbe essere superiore a quello dell’India e dell’Indonesia. Questo potrebbe implicare un movimento delle produzioni a manodopera intensiva verso altri paesi dell’area.

Sarebbe anche conveniente mettere in evidenza che la Cina non è una economia monolitica, e non deve essere analizzata come un intero. La Cina è fatta di numerosi centri regionali dove le barriere al commercio risultano a volte superiori a quelle internazionali. Sebbene con l’entrata nell’OMC queste condizioni dovranno cambiare, è probabile che ancora esista un margine di tempo prima che realmente la Cina funzioni come una unità intera ed arrivi ad imporre condizioni di competitività.

Si suppone che sia i paesi sottosviluppati che alcuni paesi sviluppati possano approfittare di questo margine di riserva per ampliare le proprie relazioni con la Cina. Non si può nemmeno scartare la questione delle economie comparate, visto che la Malesia e Shangai producono praticamente la stessa quantità di esportazioni intensive in termini di manodopera. Un caso simile si presenta quando si vada a comparare il commercio della Tailandia e quello della zona cinese di Beijing/Tianjin.

Malgrado queste realtà non è meno certo il timore che si è risvegliato nella regione asiatica per l’entrata della Cina nell’OMC. Questa è una delle ragioni per le quali la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico e la Cina si sono accordati per cercare di liberalizzare il commercio reciproco.

4. Relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina

Il futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Cina dipenderà dal grado di compimento da parte della Cina dei suoi obblighi come membro dell’OMC e del rispetto che mostrano gli Stati Uniti per queste regole internazionali.

Le frizioni commerciali tra Stati Uniti e Cina non scompariranno con l’adesione della Cina all’OMC, come non sono scomparse le frizioni tra Stati Uniti e molti dei paesi con i quali commerciano, fondamentalmente a causa delle violazioni commesse in relazione agli obblighi determinati dall’OMC.

Esiste il potenziale per un aumento del commercio, principalmente nei primi anni, mano a mano che cresce il volume e l’estensione delle relazioni commerciali. La Cina già gode di un importante eccedenza commerciale con gli Stati Uniti. Se le compagnie americane scoprono che l’accesso promesso ai mercati della Cina non si materializza tanto rapidamente il risultato potrebbe essere una combinazione instabile di crescita lenta delle esportazioni degli Stati Uniti, un’eccedenza commerciale bilaterale cinese politicamente insostenibile ed un livello elevato di frizioni commerciali.

Potrebbe anche succedere l’esatto contrario, non resta che aspettare e vedere.

La Cina deve affrontare una pressione tremenda per l’osservazione dei regolamenti internazionali e dei suoi impegni con l’OMC.

Si deve sperare che le imprese nordamericane beneficino di maggiori opportunità di esportazione verso la Cina, maggiore creazione di lavoro negli Stati Uniti e opzioni diverse per l’investimento all’estero. In proporzione allo sviluppo dei vincoli commerciali ed imprenditoriali tra questi paesi si amplierà anche il contatto personale tra cittadini cinesi e statunitensi.

Risulta evidente che con l’entrata nell’OMC la Cina ha iniziato una nuova tappa nelle riforme economiche, che implicherà una maggiore apertura agli investimenti stranieri. In questi momenti si osserva come le multinazionali straniere esperte in vendite al dettaglio, assicurazioni, finanze ed altri settori stanno penetrando nel mercato cinese. È preoccupante che queste imprese promuovono non solo fondi finanziari, tecnologie, esperienze di amministrazione, ma anche una forte influenza di stili di vita ed abitudini di consumo.

Senza alcun dubbio, in futuro, il paese più popolato del mondo dovrà sperimentare cambi anche più radicali.