Venezuela: ora siamo persone

EDITORIALE RIVISTA LABERINTO

Che succede in Venezuela? A che sta pensando la Presidenza di Hugo Chavez? A che cosa mirano tutti i cambiamenti realizzati dal governo e dalle organizzazioni che lo appoggiano? Sono domande che in questo momento la gente dell’opposizione e della sinistra in generale si sta facendo. Domande che a volte rimangono senza risposta per mancanza d’informazione sul Venezuela da parte dei mezzi di comunicazione, o sono domande che ricevono risposte incomplete, ambigue o semplicemente false quando la disinformazione si unisce all’intossicazione informativa. Ci sembra però necessario affrontare la situazione del Venezuela con un certo rigore. Per riflettere su di essa e per l’importanza che merita, abbiamo voluto dedicare alla Rivoluzione Venezuelana questo numero 16 della Rivista Labirinto. Negli ultimi mesi, siamo stati testimoni della forza e dell’affermazione che questa trasformazione ha avuto sul popolo venezuelano. Il 15 agosto 2004, c’è stato un referendum vincolante sulla continuità del Capo di Stato, Hugo Chavez Frías, in adempimento al meccanismo di controllo politico sconosciuto in altri paesi (una lezione per le democrazie capitaliste occidentali “modello”) e che invece appartiene alla nuova democrazia venezuelana: la possibilità di realizzare un referendum revocativo, dopo aver raccolto un certo numero di firme, per qualsiasi rappresentante politico dello Stato. In un processo di votazione e scrutinio garantito dagli organi elettorali e da tutti gli osservatori internazionali, la vittoria delle forze che appoggiano il presidente venezuelano è stata schiacciante ed esemplare: un 60% ha votato per la sua continuità. Dopo più di cinque anni di mandato, lottando contro la più potenti forze reazionarie politiche, economiche e medianiche, l’appoggio al presidente del Venezuela non è diminuito, anzi è aumentato. Il 31 ottobre sono state realizzate le elezioni per il governo degli stati e dei municipi e, secondo gli ultimi dati, il risultato è stato schiacciante: 20 dei 22 governi degli Stati e 270 dei 334 comuni in gioco sono stati conquistati dalle forze bolivariane (quelle che appoggiano la Rivoluzione), mentre l’opposizione si muove unicamente su un terreno politico “paludoso”: la cospirazione permanente, il boicottaggio ai processi democratici e la critica alla loro legittimità, ignorando la certezza dei risultati e le affermazioni degli osservatori internazionali. Le ultime vittorie delle forze che appoggiano Chavez, sono state schiaccianti e sono le ultime sequenze di una serie di processi elettorali che sono iniziati a dicembre del 1998. L’oligarchia venezuelana vincolata all’imperialismo nordamericano ha subito una seria sconfitta per mano dei settori popolari, favorendo così l’unione delle forze per il progresso e per i cambiamenti sociali. Questi avvenimenti politici sono un sintomo di ciò che in realtà sta accadendo, e contraddicono l’immagine che i mezzi di comunicazione nazionali o internazionali danno sulla legittimità e sui valori democratici di Hugo Chavez e del suo governo. Ciò ha grande importanza se consideriamo che tutte queste vittorie si stanno realizzando contro il tremendo dominio dei mezzi di comunicazione dell’oligarchia (che controlla la maggior parte della TV, dei giornali e delle radio). Una grande lezione per coloro che basano i fallimenti della sinistra sul potere mediatico del capitale che dimostra il fatto che un progetto antagonista può giungere al potere e può resistere all’attacco dei mezzi di comunicazione, soprattutto se poggia su un ampia base sociale, cosciente ed organizzata. La recente visita di Hugo Chavez nel nostro paese per invito di Zapatero, ha messo al tappeto il Venezuela ed il fallito colpo di stato che l’imperialismo nordamericano ha cercato di realizzare ad aprile del 2002. Come ben afferma il Ministro Moratinos, il governo Aznar ha cercato di legittimare il governo dittatoriale e “marionetta” che ha resistito appena 72 ore. Ma non dimentichiamo che nemmeno il comportamento del PSOE durante quei momenti è stato esemplare dal punto di vista democratico. Ricordiamo la dichiarazione di Felipe González durante la breve dittatura che ha retto, sequestrando Chavez: “Hugo Chavez è un dittatore di voti e stivali” e ci sarebbe anche molto da commentare sul ruolo che hanno giocato e giocano tuttora i mezzi di comunicazione privati suppostamente indipendenti (cioè, la stampa borghese). Per questa ragione la rivista Labirinto, durante questa recente visita, ha voluto esprimere il suo appoggio al Presidente del Venezuela e a ciò che rappresenta, rendendolo pubblico con la firma del manifesto che le organizzazioni di solidarietà hanno redatto. In Venezuela si sta realizzando un cambiamento strutturale negli aspetti politici, economici, sociali ed ideologici con un ampio e forte sostegno del suo popolo. L’arrivo al potere di Hugo Chavez ha aperto un processo di cambiamenti profondi in tutti gli aspetti della società venezuelana che segnano una differenza qualitativa, più che quantitativa, rispetto ad altri governi progressisti della zona. Di fronte a certe confusioni o dubbi, rispetto a ciò che lì sta accadendo, noi di Labirinto riconosciamo il processo venezuelano come un processo rivoluzionario al servizio degli interessi della classe lavoratrice e non un timido processo di riforme e di maquillage. Che cos’è che ci fa chiamare questo cambiamento “processo rivoluzionario”? Definiamo concettualmente processo rivoluzionario quel cambiamento che porta una classe sociale subalterna (e schierata) ad esercitare il dominio su altre classi in una determinata formazione sociale. Una classe sociale fino ad allora dominata, passa ad essere dominante. La classe ora dominante costruisce un nuovo Stato, trasformando l’antico regime in uno nuovo sotto i suoi interessi. Così è avvenuta, con molte differenze e con altre sfumature, la trasformazione dal feudalesimo al capitalismo (dal XIV secolo ad oggi) come frutto delle rivoluzioni, delle lotte e delle guerre in cui la borghesia ha finito per dominare la nobiltà, piantando le basi per la distruzione del feudalesimo e iniziando a costruire lungo vari secoli il presente sistema. Anche l’attuale regime di dominio capitalista ha iniziato a subire esperienze rivoluzionarie, processi di cambiamento superiore, in cui la classe lavoratrice è quella che ha passato ad essere dominante sulle classi capitaliste. La più importante è stata la Rivoluzione Russa del 1917, durante il XX secolo si sono prodotte esperienze rivoluzionarie di maggiore o minore importanza che a loro volta si sono concluse in una o in un’altra maniera. Osservando il cammino elettorale, che non è stato esente da momenti di violenza, stiamo assistendo in Venezuela ad un cambiamento nelle classi che esercitano il dominio. Un cambiamento rivoluzionario superiore, pensiamo, in quanto in questo caso ciò che si sta disarticolando in Venezuela è una società capitalista. L’antico regime neocoloniale del Venezuela, in cui le classi capitaliste locali e latifondiste, insieme ai loro alleati internazionali, avevano costruito per secoli uno Stato e un modello di sfruttamento, sta per essere distrutto da un grande movimento delle classi popolari, al quale stanno partecipando lavoratori informali, proprietari di conti correnti bancari, operai, militari, contadini, professionisti e tra gli altri la piccola borghesia. Tre aspetti, correlati gli uni agli altri, sono quelli che caratterizzano questa trasformazione come un processo rivoluzionario al servizio degli interessi della classe lavoratrice: la trasformazione dello Stato, il ruolo delle classi popolari e l’ideologia della dirigenza di questo processo. Da quando nel 1999 Hugo Chavez assume la presidenza, si è aperta una serie di processi elettorali, l’assemblea costituente, l’applicazione delle leggi, gli attacchi della reazione e la risposta delle forze rivoluzionarie, che stanno conformando dialetticamente il nuovo Stato e la nuova società. Oltre a una nuova Costituzione e a leggi che conferiscono un ambito legale per una trasformazione profonda, l’elemento fondamentale e determinante del nuovo Stato in costruzione è il suo esercito. Proveniente da classi popolari e con una maggioranza di ufficiali e sottoufficiali appartenenti ad una corrente militare progressista, l’esercito venezuelano è la garanzia determinante del fatto che il processo resista ancora (ricordiamo la sconfitta del Cile di Allende, per fare un paragone). Possiamo affermare che in Venezuela si è creato un esercito fedele agli interessi del cambiamento della classe lavoratrice e non sottomesso all’oligarchia locale o all’imperialismo. Si è creato un nuovo esercito, l’essenza dello Stato, in accordo al cambiamento nelle classi che esercitano il dominio, secondo gli interessi dominanti di classe. “La povertà si sconfigge consegnando il potere ai poveri” ripete sempre il presidente del Venezuela. È qualcosa di strategico e di intrinseco alla Rivoluzione venezuelana, il fatto di costruire una democrazia reale che si poggia sulla partecipazione cosciente ed attiva delle organizzazioni popolari che nascono durante l’aperto conflitto tra classi. E ciò sta dimostrando che esiste un grande salto qualitativo tra il modello di società precedente e quella che si sta costruendo. Da classe in sé per sé a classe per se stessa, i lavoratori venezuelani stanno prendendo le redini del futuro di questo paese, e aumentando la coscienza e l’impeto rivoluzionario aumenta anche la radicalità delle loro rivendicazioni, non solamente economiche ma anche politiche. Logicamente quest’aspetto dimostra che il processo venezuelano è qualcosa di molto diverso rispetto alla riforma verso un capitalismo paternalista o populista. Il modello di democrazia che si sta costruendo in questo processo non può essere compatibile al dominio capitalista. Paragonare il nuovo Venezuela in costruzione al futuro “Stato del Benessere” capitalista sarebbe un errore, provocato dalla mancanza di osservazione dei cambiamenti nella loro complessità. Sono il protagonismo di cui godono le organizzazioni popolari e l’ideologia ed il ruolo di cui sono dotate, che segnano la differenza. A volte lo abbiamo letto in alcune dichiarazioni di un venezuelano anonimo che proviene dai poverissimi quartieri popolari. La cosa più importante che aveva vissuto e che rendeva incondizionato questo cambiamento non erano i miglioramenti sociali (che ancora non sono sufficienti), ma soprattutto il fatto che “ora siamo persone”. I passi fatti nei sei anni di governo, le lotte e i cambiamenti ci possono già far capire qual’è il pensiero di coloro che lo dirigono. La trasformazione dello Stato ed il ruolo dato alle masse lavoratrici ci offrono segni chiarificatori dell’ideologia che sostengono i leader delle forze rivoluzionarie in Venezuela. Nonostante tutto, ciò non evita il fatto che alcuni si chiedano: “dove andrà a finire il Venezuela?”. I contratti con grandi aziende private petrolifere, il sostegno alla piccola e media azienda privata, l’esistenza di una grande banca privata o il mantenimento del pagamento del debito estero, possono confondere ed incluso portare ad una critica “purista”o impaziente degli stessi venezuelani e degli stranieri. Ma noi chiediamo: “per caso nessuno ricorda manovre, allora criticate, come quella della Nuova Politica Economica nella Russia di Lenin, in cui un governo rivoluzionario fece uso dell’iniziativa privata e dei rapporti capitalisti in uno stato operaio e contadino? Abbiamo forse dimenticato l’importanza della differenza tra tattica e strategia? Possiamo forse ignorare la difficilissima congiuntura internazionale in cui ci troviamo e la situazione economica concreta del Venezuela?. La fase attuale, di fronte a simile ed avversa situazione nazionale ed internazionale (minacce, colpo di stato, sabotaggio totale dell’economia, omicidi di lider, economia mono produttiva, assenza di minima produzione alimentare, ecc. ecc), è stata caratterizzata fondamentalmente da un processo di accumulazione di forze: il consolidamento della trasformazione dell’esercito e la costruzione della coscienza e dell’organizzazione popolare. Qualcosa di indispensabile per poter aspirare ad un minimo cambiamento futuro nell’economia e per non essere schiacciati. Il Presidente del Venezuela ed il leader della cosiddetta “Rivoluzione bolivariana” Hugo Chavez Frias, descrive perfettamente l’orizzonte verso cui mira questo processo rivoluzionario ed il suo carattere di classe: “La povertà, la miseria, l’emarginazione non le risolveremo con impacchi di acqua tiepida. Diceva bene Simon Bolivar - le cancrene politiche non si curano con palliativi- io potrei dire anche che le cancrene sociali non si curano con palliativi. L’unica maniera, l’unica vera maniera,- accettiamolo così, capiamolo così - in cui potremo condurre ogni giorno in più il nostro popolo alla sua piena libertà sociale ed economica, è attraverso una piena rivoluzione, una rivoluzione integrale, una rivoluzione che si deve occupare dell’economia, cioè una rivoluzione che deve essere non solo politica e sociale, ma anche profondamente economica. Lo dico una volta per tutte, dobbiamo abbandonare il modello capitalista che si è instaurato in Venezuela per tanto tempo, all’interno del modello capitalista, del modello economico capitalista non è possibile una soluzione dei gravissimi problemi che ha la società, la povertà, la miseria e l’emarginazione”. Una foto, un’immagine statica, presa sulla mappa di una società ed inquadrata esclusivamente sull’economia, non ci da l’informazione sufficiente in merito a quale siano gli interessi delle classi dominanti e di quella dirigente. È obbligatorio analizzare il movimento, il processo. Già con questa visione si può centrare l’attenzione sui tre aspetti prima citati e sul rapporto tra questi. Sembra una bugia ed è invece una lezione storica degna di essere appresa che si possa fare una rivoluzione solo pochi anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica ed il blocco dell’Est, in cui cercarono di affondare in quel naufragio tutto un movimento storico, qualsiasi tentativo di emancipazione, qualsiasi tentativo di resistenza. Quando ancora non si è seccato l’inchiostro di quegli scritti che garantivano la fine della storia, tornano a ricrearsi processi rivoluzionari. E proprio nel cortile di casa degli Stati Uniti. E ancora ubriachi della confusione e della demoralizzazione provocate dal fallimento-sconfitta di quelle esperienze, ci giungono queste gesta che a molti costa fatica definire, soprattutto di fronte all’assenza della retorica e dell’ostentazione classiche dei movimenti rivoluzionari e comunisti tradizionali. Falci e martelli, bandiere rosse o canti dell’“Internazionale” negli ultimi anni sembravano nascondere un cancro, una “tenia” che stava divorando profondamente, e da decenni, l’essenza rivoluzionaria di quei paesi. Oggi, un popolo pieno di dignità e coraggio, diretto da un militare che cita Gesù Cristo o Bolivar e da una lettura magistrale della realtà del suo paese con una proiezione internazionalista, ci sta dando una lezione di intelligenza, freschezza e fermezza rivoluzionaria. E nel suo progresso, con il suo esempio, si rompono vecchie strategie, fisionomie e schemi. La Rivoluzione venezuelana non sta solo preparando l’emancipazione del suo popolo, ma si sta anche convertendo in una dimostrazione per tutti, che non si contraddice con le tesi che il marxismo e la scienza sulla lotta di classe ci hanno lasciato dai tempi di Marx, ma si rafforza, arricchisce, chiarisce e ci aiuta ad ampliare la sua analisi. Forse sono anche momenti per riflettere sugli errori del passato, per capire meglio le strutture del dominio capitalista del presente, per affrontare i problemi nella costruzione della società del futuro senza sfruttamento. Il Venezuela, per il contesto geografico e storico che vive l’America Latina di oggi, piena di lotte sociali emergenti, si è convertito in un grande nemico del dominio imperialista e dello stesso sistema capitalista. È sorto come un esempio espansivo di dignità, di alternativa e di speranza per i lavoratori ed i popoli del mondo agli albori del XXI secolo. Esempio che gli sta costando caro, che cercano di isolare, nascondere ed inabissare. Per l’urgenza che vive l’umanità e di fronte alla persecuzione che sta soffrendo questa nuova speranza rivoluzionaria in una simile situazione mondiale, manifestiamo con la modesta capacità della rivista Labirinto la nostra solidarietà alla Rivoluzione venezuelana. Perché lo merita. Anche perché la sentiamo come nostra.

Consiglio di Redazione di Labirinto