Contrattazione sociale, per l’indipendenza e la concretezza delle lotte nel territorio

Luigi Marinelli

1. Contrattazione nel territorio

La crisi della democrazia rappresentativa, l’imporsi di un modello di “governance”1 delle politiche nazionali e locali, ha posto a varie realtà di movimento e alle organizzazioni sindacali e sociali di base la necessità di praticare ed elaborare nuove strategie di intervento e di lotta. Il tema della “contrattazione sociale” risponde a questa esigenza di posizionarsi in maniera indipendente e conflittuale a tutela degli interessi dei settori popolari e di classe, con l’obiettivo di evitare un agire sociale che rimandi e deleghi alla rappresentanza istituzionale e alla concertazione tra le forze politiche effettiva soluzione-non soluzione delle rivendicazioni. Tra l’azione di lotta, la rappresentazione degli interessi e dei diritti e l’effettiva risposta politica bisogna darsi un percorso che sposti il baricentro delle decisioni dall’istituzione al sociale, si tratta di una reazione antagonista alla “privatizzazione della decisione pubblica” della governance. In più lo sviluppo di esperienze di contrattazione sono una importante condizione per il più generale processo di ricomposizione di un blocco sociale capace di operare verso una radicale trasformazione della società. Praticare, elaborare, organizzare la contrattazione nei territori significa in altri termini evitare i limiti delle pur ricche mobilitazioni di protesta, per passare ad una resistenza sociale organizzata e permanente, capace di ottenere direttamente risultati piccoli e grandi, che a loro volta rendono credibile e praticabile la loro estensione in sempre più articolati campi di intervento. Un esempio, ancora embrionale, può essere l’esperienza dei “comitati della IV settimana” contro il carovita, che come un coltello multiuso possono articolare un intervento sui temi diversi del vivere collettivo partendo dal nodo della redistribuzione della ricchezza, dal rapporto produzione-consumo, fino alla critica della politica dei redditi e del modello di welfare. Da questa esperienza in corso, vogliamo sottolineare non tanto i primi risultati parziali, ma alcune linee guida a nostro parere generalizzabili in altre situazioni. Intanto la capacità di cogliere un tema, quello del carovita, che di per se è sempre stato di uso demagogico e generico, e comunque fortemente sentito come prioritario da sempre più estesi settori popolari, un qualcosa su cui poter inveire ma non agire. Si è riuscito a trasformare un tema “moloch” in vertenza nazionale di crescente interesse, si sono e si stanno predisponendo piattaforme e richieste, organizzando comitati locali, si stringono alleanze e partecipazioni con varie realtà esistenti (dai consumatori, ai lavoratori, ai piccoli produttori), si promuovo iniziative di lotta, si aprono trattative con enti, aziende e amministrazioni locali, si chiudono accordi e intese. Si sono colti quindi dei nodi interessanti per uno sviluppo della contrattazione sociale: l’internità ai settori popolari di una questione cruciale, la definizione di più e precisi piani/campagne di intervento con controparti ben riconoscibili, la necessità di articolarla organizzativamente coinvolgendo a vari livelli soggettività diverse (associazioni consumatori, sindacati di base, organizzazioni di produttori...). Da qui in poi c’è la possibilità di costituire vertenze sulla grande distribuzione commerciale, sulla politica delle tariffe e privatizzazione dei servizi e delle risorse, sulla speculazione edilizia e il diritto all’abitare, sulla speculazione finanziaria e il monopolio delle banche e assicurazioni, sui trasporti, sulle politiche sociali e fiscali nel territorio. Dal generico, inaffrontabile e indefinito che genera inazione, sudditanza e vuoto, si passa alla gestione articolata di una lotta produttrice di organizzazione sociale, che rimanda in prospettiva alla generale questione della democrazia e dei poteri forti del paese, alle concrete condizioni di vita e di lavoro, da trasformare e rimodellare diversamente rispetto alle già date prospettive di “modernizzazione” di una società comunque disuguale e distruttiva di forze e risorse collettive.

2. Lotte, organizzazione, rappresentanza

La “contrattazione sociale” necessita ancora di essere arricchita dalle esperienze e dai contributi di analisi delle realtà che in questi anni hanno continuato a esprimersi fuori dal pensiero unico del liberismo e che non assimilano il berlusconismo come madre di tutte le sconfitte e gli arretramenti in termini di diritti e condizioni sociali. L’attenzione propedeutica è nella definizione delle piattaforme, dei soggetti (organizzati e non organizzati) con i quali costruirle e modificarle, i processi per rendere concrete le rivendicazioni a partire dall’individuazione delle controparti istituzionali e non istituzionali, perché si tratta non solo di considerare controparti i governi “amministrativi” formali, ma anche i soggetti (aziende, enti, società, associazioni) che agiscono concretamente il potere nella società civile. L’altro aspetto fondamentale è la costruzione di organizzazione intorno alla contrattazione, le modalità di costruzione di nuovi legami di solidarietà e unità al di fuori dei tradizionali settori di intervento sindacale o genericamente politico-culturale. Percorsi di ricomposizione che hanno bisogno di concretezza, come hanno bisogno della prospettiva di poter realmente, anche se parzialmente, incidere nel confronto con la “governance”. Per questo bisogna interrogarsi, non solo sulle modalità di lotta e di rappresentazione pubblica delle rivendicazioni (problema spesso visto come assolutamente prioritario), ma soprattutto sulla ricerca e definizione pignola di effettivi risultati piccoli o grandi, capaci di consolidare man mano le nostre ipotesi di organizzazione e lotta.

Note

* Feder. RdB Bologna, Rete per il Reddito Sociale e i Diritti.

1 Una definizione: gestione della politica assimilata alla gestione di un’azienda che ha come azionisti una rete di forti poteri economici e finanziari, e anche “l’amministrazione pubblica ha per compito non più di servire l’insieme della società, ma di fornire beni e servizi a interessi settoriali” Ali Kazancigil, direttore della divisione delle scienze sociali, della ricerca e delle politiche presso l’Unesco “Gouvernance et science: modes de gestion de la société e de production du savoir empruntés au marché”, Revue internationale des sciences sociales.