Sviluppismo della modernità capitalista versus giustizia sociale ed equilibrio naturale

CARLO LAZO VENTO

Luciano Vasapollo

Mayra Carmona González

MAYRA CASAS VILARDELL

Proposte alternative di economia locale e di compatibilità solidale eco-sociale

Questo articolo è una sintesi della introduzione al libro “L’acqua scarseggia...ma la papera galleggia”a cura di Luciano Vasapollo (Jaca Book, Milano 2006)

1. Le linee di analisi

Per comprendere l’attuale fase della competizione globale è necessario connetterla con l’analisi dell’organizzazione del ciclo produttivo, delle caratteristiche del tessuto produttivo e sociale, del ruolo dello Stato, dei rapporti tra le aree internazionali e della loro struttura economica, degli interessi complessivi di dominio ed espansione che determinano il conflitto globale fra imprese e poli geoeconomici1. Tutte problematiche fortemente connesse, spesso anzi dipendenti dall’epocale passaggio, almeno nei paesi a capitalismo maturo, dall’era fordista a quella cosiddetta postfordista a forte caratterizzazione qualitativa con la messa diretta a produzione dell’informazione, della comunicazione e delle altre risorse del capitale intangibile. È semplicemente impossibile, pertanto, nella attuale realtà socio-economica, interpretare lo sviluppo solo in termini della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL), escludendo gli elementi qualitativi del benessere e le trasformazioni strutturali del sistema come obiettivi prioritari dello sviluppo sociale. Contraddittoriamente con questi obiettivi, tutti i paesi misurano i propri livelli di sviluppo a partire dal Prodotto Interno Lordo (PIL), come espressione del valore totale della produzione di beni e servizi di un paese in un determinato periodo (in generale un anno, benché a volte si consideri il trimestre) indipendentemente dalla proprietà dei capitali produttivi. Uno degli indicatori del livello di vita di un paese è considerato il PIL pro capite cioè il valore del PIL totale diviso per il numero di cittadini. Se il PIL cresce più in fretta della popolazione, si considera che aumenta il livello di vita, se la popolazione cresce più in fretta del PIL si dice che il livello di vita diminuisce. Dato che il PIL pro capite non tiene in conto il costo della vita di ogni paese, questo indicatore non è in realtà un misuratore del livello di vita della popolazione di un paese, poiché occulta il vero sviluppo umano, espresso in primo luogo dal potere d’acquisto reale ed in secondo luogo dai benefici sociali che riceve la popolazione. In tal senso è stato pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) nel 1990 un altro indicatore del livello di vita, l’indice di sviluppo umano. Questo si esprime su una scala da uno a 100 e tiene in conto: il PIL pro capite, il grado di alfabetizzazione e la speranza di vita della popolazione. In linea con questo metodo si sono sviluppate le concezioni sullo Sviluppo Locale, che, svolgendo un ruolo importante nelle aspirazioni delle nazioni nella lotta per sradicare la povertà ed accedere velocemente allo sviluppo, poiché alternativo allo sviluppo neoliberista, cerca di potenziare le risorse proprie delle località, attivando le forze produttive e favorendo lo sviluppo economico, sociale e naturale. Gli esempi di crescita economica senza benessere e viceversa sono vari, visto che tra gli elementi che influiscono sul benessere e che non si contabilizzano nel PIL si possono citare, tra le altre: l’ambiente equilibrato e non deteriorato, la distribuzione socialmente equa del reddito, le aspettative sulla qualità della vita futura e la felicità del tempo liberato dal lavoro. La questione dello sviluppo costituisce un tema di rilevanza particolare nel dibattito politico, a livelli differenti e considerato in contesti socio-economici differenti. La rilevanza del tema ambientale è una di queste priorità di dibattito che è stata analizzata in una intensa polemica non solo tra economisti negli ultimi decenni. Anche le esperienze sullo Sviluppo Locale (SL) costituiscono un punto di vista analitico che permette di metterne a fuoco da angoli diversi la rilevanza ed il significato della crescita socio-economica, identificando fattori chiave che incidono sulla sua attuazione. Lo SL implica la mobilizzazione delle risorse territoriali a partire dal dispiegamento di iniziative produttive che favoriscano la crescita e la efficienza dell’attività imprenditoriale ma in forma coordinata e finalizzata all’ottenimento di obiettivi di lungo periodo a carattere solidale e di compatibilità socio-ambientale, per esprimete così le necessità ed aspettative della società locale e che naturalmente sono armonizzate con gli interessi generali in tutto il paese.

2. Quale sviluppo

Il nuovo secolo è iniziato con una dichiarazione di solidarietà senza precedenti, poiché a settembre del 2000 al Vertice del Millennio celebrato sotto gli auspici delle Nazioni Unite, gli alti dirigenti riuniti formularono la Dichiarazione del Millennio nella quale sono proposti obiettivi e mete mirati ad eliminare la povertà nel mondo. Questo impegno preso tanto dai paesi poveri che dai paesi ricchi, pone il mondo davanti alla necessità di promuovere l’avanzamento verso lo sviluppo. Tuttavia nell’anno 2003 il mondo ha visto un incremento di scontri violenti, accompagnato da un aumento della tensione internazionale e dalla paura del terrorismo, provocando difficoltà nelle relazioni economiche tra i paesi e quindi una diminuzione dei flussi di turismo internazionale, che ha messo in discussione l’avanzamento vero verso lo sviluppo. È da sottolineare che si sono contate diverse cause che hanno contribuito alla povertà nel mondo, la Relazione sullo Sviluppo Umano pubblicata dal PNUD nel 2003 fa riferimento alle seguenti cause: la prima è la necessità di riforme economiche per ottenere la stabilità macroeconomica, la seconda la necessità di istituzioni e governi solidi capaci di fare rispettare le leggi e controllare la corruzione e la terza la necessità della giustizia sociale e della partecipazione cittadina alle decisioni che investono direttamente l’umanità, nelle proprie comunità e nei propri paesi. Queste sono cause che a dire della stessa relazione si sta cercando ancora di eliminare, per questo continuano a meritare priorità nell’elaborazione delle politiche. Inoltre si aggiunge una quarta causa della povertà nel mondo, associata ai limiti strutturali che ostacolano la crescita economica e lo sviluppo umano. Il dibattito attuale per l’eliminazione della povertà nel mondo, si svolge all’interno della cosiddetta globalizzazione economica, che provoca una certa instabilità interna nei vari paesi, tanto economico-produttiva, come sociale, con esiti finanziari negativi sui paesi più poveri che subiscono gli effetti delle politiche di liberalizzazione di beni e servizi nei mercati, oltre che delle strategie delle multinazionali che approfittano delle nuove opportunità di localizzazione ed introducono innovazioni ed economie di scala, che contemporaneamente provocano diminuzione di costi di produzione e di scambio, e quindi propiziano l’aumento del controllo dei mercati da parte di queste imprese, lasciando l’economia locale priva della possibilità di approfittare delle proprie risorse a fini produttivi e pertanto senza possibilità, per la maggioranza delle persone, di accedere al mercato del lavoro, cosa in se stessa molto incoerente rispetto agli obiettivi del millennio. La sempre maggiore diffusione dell’emergenza ambientale ha portato inoltre alla luce nuovi problemi. Infatti ci si domanda: fino a quando è possibile continuare a sfruttare le risorse della natura, a inquinare e a provocare disastri naturali anche se solo per garantire ai poveri del mondo il minimo necessario alla loro sopravvivenza?

3. Evoluzione del tema dello sviluppo nella sua integrazione alla problematica ambientale L’economia ortodossa cerca di equiparare la crescita economica ed il benessere, e pertanto li identifica come prova del successo della gestione economica. Non si tratta solo di crescere, ma di crescere molto.2 La realtà obbliga a concepire un nuovo stile di sviluppo alternativo che di fronte ai falliti modelli convenzionali sia anche in grado di integrare la dimensioni ambientale nella sua totalità e complessità, dando vita a modelli di produzione, consumo e comportamento che vadano dalla scomparsa della povertà fino al miglioramento della qualità della vita, e l’arrivo della giustizia e della pace su scala globale. A dieci anni dalla conferenza di Stoccolma i paesi del Terzo Mondo, ed in particolare dell’America Latina, sono stati strangolati dalla crisi del debito, cadendo in gravi processi di inflazione e recessione. La ripresa economica apparve dunque come una priorità delle politiche governative, configurandosi nei programmi neoliberisti di vari paesi, in un periodo nel quale i problemi ambientali del mondo avanzavano e si rendevano sempre più complessi. A partire da questo momento il discorso dello “sviluppo sostenibile” comincia a soppiantare quello dell’”eco-sviluppo”. La relazione tra ambiente e sviluppo va crescendo negli ultimi anni, sia nell’ambito scientifico sia in quello popolare, con un cambio concettuale importante. Il passato riduceva queste contraddizioni a soluzioni tecnico-economiche, mentre oggi si riconosce che ci troviamo di fronte ad un problema di scala planetaria che risulta da interazioni e trasformazioni di tutti i tipi e dai cambi nelle relazioni dell’umanità e del suo macrosistema. Sviluppo ed ambiente non devono risultare obiettivi antagonistici. Al contrario, gli stili di vita ed i modelli di comportamento sono le cause di molti dei problemi di degrado socio-economico e politico-culturale che subisce oggi l’umanità.

4. Concezione dello sviluppo locale e ruolo dell’Amministrazione Pubblica Al fine di giungere ad una comprensione chiara del tema e trattandosi di un concetto relativamente moderno del quale non esiste una definizione generalmente accettata, benché un gruppo di ricercatori studi attualmente i temi vincolati allo sviluppo locale tenendo in conto le particolarità del funzionamento di un’economia socialista dove lo Stato protegge e garantisce un sviluppo armonico tra tutte le regioni del paese, lo sviluppo economico locale deve contenere una serie di elementi distintivi che lo caratterizzi e lo differenzi, per cui si realizzarono molti tentativi di formulare definizioni adatta alle diverse condizioni dello sviluppo socio-politico-economico. Questi obiettivi pertanto, possono e devono contenere gli interessi macroeconomici del paese, essendo vitale che contribuiscano all’assicurazione di risultati e benefici di ordine sociale, come la salute, l’istruzione, la sicurezza. “Lo sviluppo economico locale a Cuba costituisce un processo attivatore dell’economia e dinamizzatore della società locale che, mediante l’utilizzazione fondamentalmente delle risorse endogene esistenti in un determinato territorio, si rende capace di stimolare e fomentare la sua crescita economica, creando pertanto lavoro e ricchezza e mettendoli in funzione del miglioramento della qualità della vita e la soddisfazione delle necessità crescenti delle comunità locali. È un processo mediante il quale i governi locali stabiliscono iniziative e promuovono attività economiche efficienti ed efficaci, in forma coordinata con tutte le strutture politiche e sociali del Partito, in progetti uniti che hanno influenza decisiva sul settore produttivo, incentivandolo con lo scopo principale di ridisegnare la struttura socio-economica del territorio, per favorire il passaggio da livelli primari a livelli secondari di sviluppo e così incrementare i valori produttivi, l’efficienza nella gestione e l’effettività sociale.” “L’economia territoriale dovrà assumere un ruolo ciascuna volta più attivo nella ricerca e realizzazione di soluzioni relazionate con lo sviluppo locale, in particolare a partire dalle risorse, cultura e tradizione di ogni territorio. Ugualmente completerà le attività nazionali sulla base delle stesse premesse.”3 La realizzazione di tali programmi è attuabile a partire dall’incentivazione dell’iniziativa imprenditoriale di proprietà statale. Essa è basata sull’ iniziativa creativa che, a partire dalla conoscenza profonda delle risorse locali e dell’applicazione degli enunciati scientifico-tecnici, riesca a mettere in campo nuove attività imprenditoriali e sociali che permettano di soddisfare le necessità della popolazione, senza sprecare il potenziale posseduto tanto dalle Cooperative di Produzione Agricola quanto dai lavoratori autoimprenditori, che svolgono un ruolo importante nel consolidamento dello sviluppo economico e sociale nelle località. Lo sviluppo locale implica la mobilitazione delle risorse territoriali a partire dallo spiegamento di iniziative produttive che favoriscano lo sviluppo e l’efficienza dell’attività imprenditoriale, in forma coordinata ed avviata al raggiungimento di obiettivi a lungo termine che esprimono le necessità e le aspettative della società locale e che ovviamente sono armonizzati con gli interessi supremi collettivi in tutto il paese.

5. Verso quale “Sviluppo sostenibile”

Il processo di presa di coscienza sul tema ambientale si estende all’ambito internazionale e trascende il piano puramente ecologico, comprendendo quello economico, giuridico, culturale, sociale e politico. La notorietà di un concetto tanto diffuso come quello di “sviluppo sostenibile” è il risultato di una crescente preoccupazione universale riguardo la insostenibilità del sistema economico capitalista. E quindi è una mera illusione pensare a uno sviluppo sostenibile perché ogni produzione di merci provoca un impoverimento delle risorse naturali; si può però pensare a uno sviluppo basato su fonti energie rinnovabili come quelle ricavabili dal sole,ecc. Quando ci troviamo davanti ai disastri ambientali più gravi, incendi, contaminazione dei fiumi, è lecito chiedersi perché la tecnica venga usata a scapito dell’interesse umano e solo a favore dell’interesse economici di pochi. La crisi ambientale, infatti deriva sostanzialmente dall’appropriazione delle risorse naturali collettive da parte dei grandi oligopoli privati; le contestazioni che sono nate già a partire dai primi anni 60 hanno evidenziato come l’organizzazione capitalistica può procedere bene solo attraverso lo sfruttamento della produzione e i rapporti basati esclusivamente sul profitto. 6. Almeno due approcci paradigmatici intorno allo “sviluppo sostenibile” Lo sviluppo sostenibile si esprime come una funzione della crescita economica, dell’equità e della sostenibilità ambientale. Progredire da questo punto di vista significa un processo di compensazione ed integrazione tra i diversi ambiti del processo che contribuiscono all’ampliamento dell’area fattibile dello sviluppo sostenibile. È interessante riflettere sulle distinzioni del termine, visto che il trattamento dei problemi ambientali e l’idea stessa di sostenibilità hanno diviso le fila degli economisti, anche di quelli apparentemente più radicali. Da una parte vi sono i teorici che focalizzano la loro attenzione sugli aspetti monetari senza dipendenza dall’informazione fisica su risorse e processi (i rappresentanti dell’economia ambientale), e dall’altra gli autori che appoggiano l’idea di ampliare e riformulare l’idea solita del sistema economico (i difensori dell’economia ecologica). La modernità capitalista ha creduto di aver trovato nella razionalità economica uno strumento privilegiato per garantire il benessere dell’umanità e nella razionalità dello sviluppo tecnologico lo strumento per la dominazione della natura. Sebbene non si possa negare il ruolo della scienza e della tecnologia nello sviluppo dell’umanità, oggi è necessario ripensare la razionalità tecnologica in modo da porla in funzione della integrazione armonica tra la società e l’ecosistema, che significa un nuovo tipo di attenzione sociale sulla tecnologia.

7. “Sviluppo sostenibile” e sviluppismo capitalista La problematica ambientale negli ultimi decenni del secolo che si è concluso si è manifestata come il segno più eloquente della crisi della razionalità economica. Se negli anni ‘70 la crisi ambientale portò a proclamare il freno alla crescita prima di arrivare al collasso ecologico, ora il discorso neoliberista afferma la sparizione della contraddizione tra crescita ed ambiente. Si finge in effetti di convertire i meccanismi del mercato nel mezzo più certo e efficace per internalizzare le condizioni ecologiche ed i valori ambientali al processo di crescita economica sempre nella logica capitalista dello sviluppismo. Dal punto di vista neoliberista non si analizzano i problemi ecologici come risultato della accumulazione del capitale, ciò che si rende manifesto è la necessità di assegnare prezzi e diritti di proprietà ai beni e servizi della natura perché il mercato, signore e padrone di tutte le soluzioni, si incarichi di aggiustare gli squilibri ecologici e le differenze sociali. Falsi contestatori dello sviluppo identificano dunque il mercato come la via per arrivare ad uno sviluppo sostenibile con equità e giustizia, quando in realtà esso è il maggior responsabile dei danni che vediamo. Così lo sviluppo sostenibile scatena un delirio ed una inerzia incontrollabili alla crescita4 e noi pensiamo con una compatibilità con le leggi del modo di produzione capitalista. Il discorso della sostenibilità crea un simulacro quando nega i limiti della crescita. In questo senso la ricerca e l’analisi con al centro lo sviluppo sostenibile diventa un paradigma dell’attualità capitalista ed in quanto tale è analitico, parziale e riduzionista; primo a perché considera che solo analizzando le piccole parti si può interpretare il totale e riduzionista perché considera gli eventi discreti e meccanici con una relazione causa - effetto perfettamente stabilita e prevedibile e assume i comportamenti degli insiemi come la somma delle azioni individuali.5 Quindi la proposta dello sviluppo sostenibile appare come il risultato della crisi della modernità capitalista, associata alla crisi dei suoi paradigmi ed al difetto attribuito alla categoria “sviluppo” che non è riuscito a raggiungere i suoi scopi, correndo per questo il pericolo di convertirsi in un altro paradigma irrealizzabile. Più che la novità è stata l’ambiguità dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile ciò che ne spiega il successo nel raggiungere un consenso molto generale, che include la maggioranza dei teorici e dei praticanti della economia ambientale e della economia ecologica. Il nuovo “sviluppismo ecologico”6, insieme alla caduta dei prezzi del petrolio e delle materie prime, in generale ha fatto sì che la riflessione economica si spostasse dalle risorse verso i rifiuti ed il loro riciclaggio e dai processi fisico-energetici verso gli strumenti monetari; come se i rifiuti non fossero prodotti dalla gestione delle risorse e se alla gestione adeguata degli strumenti economici si potesse ovviare con la conoscenza della realtà fisica della gestione. Nello stesso modo sia la letteratura accademica sia i rapporti delle istituzioni governative, e sempre più spesso non governative, hanno mantenuto un comportamento contraddittorio in questo campo: molta preoccupazione per trovare strumenti economici per alleviare i “danni ambientali” e molta mancanza di preoccupazione per il funzionamento integrato dei processi fisici e monetari la cui espansione genera i danni anzidetti. Il mercato, infatti, non è spinto da nessun altro fine diverso da quello dell’ottenimento del massimo del guadagno; non tiene quindi in nessun conto altre esigenze che possano in qualche modo limitare il proprio bisogno di accumulare profitti, di produrre più di quanto necessario, ossia surplus di produzione. In questo momento difficile, si è avuta una nuova politica conservatrice che ha accelerato su tutto ciò che poteva nuocere ai produttori: salari, e stato sociale. Lo sviluppismo che aveva dominato prevedeva che tutti i paesi si sarebbero potuti sviluppare, fino ad arrivare ad un mondo con paesi quasi del tutto allo stesso livello economico e di ricchezza. Questo però non è avvenuto: la continua emarginazione, la precarietà del vivere e del lavoro che affliggono ormai anche coloro che fino a pochi anni fa si sentivano sicuri del loro posto nella società sta creando sempre maggiori contraddizioni che portano a rivolte di interi settori della società e che non sono gestibili da parte della classe dominante. Il continuo attacco alle garanzie sociali viene mistificato attraverso una forma di celebrazione dell’instabilità che viene presentata come la possibilità per tutti i lavoratori di acquisire nuove esperienze attraverso la normalizzazione dei lavori instabili, flessibili e a tempo. Il posto di lavoro stabile viene sostituito da quello a termine, a contratto in nome della flessibilità e della competitività.

8. Il Governo, l’Amministrazione Pubblica e la pianificazione territoriale:l’applicazione pratica a Cuba Il progetto rivoluzionario cubano, processo unico e permanente iniziato nel 1868 con le lotte indipendentiste, unì dalla sua origine, in un tutto inseparabile, l’indipendenza politica e l’emancipazione sociale. Dalla società cubana precedente il 1959 non sarebbe potuto sorgere un Stato nazionale indipendente senza lo sradicamento dallo schiavitú, senza l’uguaglianza tra donne e uomini7. Dal 1868 germoglia, per raggiungere più tardi con José Martí la sua espressione più piena, un’etica che rappresenta il marchio indelebile della giustezza della rivoluzione cubana; la patria si fondò sulla giustizia e l’umanesimo: la patria o è solidale o non c’è. José Martí, nei preparativi dell’ultima guerra di indipendenza del 1895, la guerra necessaria, concepisce la geniale idea di creare un Partito che potesse condurre la lotta, il Partito Rivoluzionario Cubano, del quale è oggi prosecutore il Partito Comunista di Cuba. Si formarono donne ed uomini di idee avanzate, rivoluzionari, alcuni di essi con totale distacco e rinuncia alla propria condizione di classe borghese, alle proprie ricchezze; donne ed uomini di profonde radici popolari, leader di massa; si sviluppò la guida Fidel e, con lui, la vera indipendenza divenne realtà il primo di gennaio del 1959. La rivoluzione cubana è l’opera di un sforzo nazionale combinato. I tratti più distintivi che l’hanno caratterizzata sono: il riconoscimento di una cittadinanza politica che promuove il benessere generale senza sconvolgimenti nel sociale, il perseguimento di una politica davvero nazionale ispirata ad una solida convenzione etica, la priorità al tema dello sviluppo, l’assenza di interessi corporativi ed il raggiungimento e la difesa ad oltranza dell’indipendenza e della sovranità nazionale.8 In corrispondenza con tale concezione, si considera che l’integrazione e l’orientamento strategico dello sviluppo locale sono basati sulla leadership sociale e sull’apprendistato organizzativo. Queste due categorie abbracciano differenti concetti usati da vari autori negli ultimi anni. Attualmente la leadership sociale si concepisce come una delle forze fondamentali che permette alle organizzazioni il proprio sviluppo, benché con maggiore vincolo rispetto ai punti di vista moderni delle discipline associate con l’apprendistato organizzativo.

9. Per una sostenibilità socialista a partire dal paradigma del socialismo ambientale È necessario partire da quanto scritto in precedenza e sottolineare che fino ad ora le teorie della crescita imperanti non sono riuscite a presentare modelli di sviluppo che considerino la problematica ambientale in forme conseguenti. I risultati mostrano che la massima crescita quantitativa, anche se dichiarata a carattere di sviluppo sostenibile, ottenuta per superare problemi impellenti non è stata altro che la creazione di altri problemi, tra i quali sono ben visibili quelli di continuo deterioramento ambientale; pertanto l’identificazione tra sviluppo e ambiente continua a tenersi sul terreno dell’utopia a livello globale, mentre gli indicatori del deterioramento continuano a crescere. Le tecnologie che vengono adottate e promosse in un sistema di mercato non sono quelle che risultano di beneficio dal punto di vista sociale ed ecologico, ma quelle che riducono i costi e massimizzano i benefici da un punto di vista economico, cioè in soli termini di profitto. Fino a che la contaminazione dell’ambiente e il depredare le risorse naturali in maniera massiccia risultano come “esternalità” al costo di produzione, non si avrà nessun incentivo a promuovere tecnologie che pongano fine a queste azioni nocive 9. Lo sviluppo sostenibile presuppone che la produzione come base della vita sociale sia stata superata dalla modernità e la resistenza alla globalizzazione implica la necessità di disattivare il potere di simulazione di questo nuovo ordine economico. Per questo è necessario costruire una razionalità sociale e produttiva che riconoscendo il limite come condizione di sostenibilità fonde la produzione con le potenzialità della natura e della cultura. Il discorso dello sviluppo sostenibile inscrive le politiche ambientali negli aggiustamenti dell’economia neoliberale per dare soluzione ai processi di degrado e inquinamento ambientale ed all’uso economicamente razionale delle risorse naturali; allo stesso tempo risponde alla necessità di legittimare l’economia di mercato, che resiste all’esplosione che la aspetta determinato anche dalla sua leggerezza meccanicista. Per realizzare uno sviluppo realmente egualitario per tutti i paesi del mondo sono molte le cose da fare; tra queste si possono elencare senza dubbio ad esempio: 1) fermare le guerre e l’economia di guerra; 2) la cancellazione del debito dei paesi del Terzo Mondo; 3) diminuire l’uso senza limiti del petrolio; 4) cercare di far crescere il reddito pro-capite nei paesi del Sud del mondo con produzioni qualitative fuori mercato e forte contenuto di compatibilità, eco-sociale solidale 5) diminuire fino ad arrivare all’annullamento in tutto il mondo dell’uso delle centrali nucleari sia a livello civile sia bellico, ecc. La vita umana dipende ed è garantita dalle risorse della natura. Può mantenersi solo se si preserva la produttività della biosfera. Per conservare tali risorse, sulle quali si basa il sostentamento e lo sviluppo, è necessario assicurare che il capitale naturale del pianeta non diminuisca. Concepire questa visione e difenderla a tutti i costi costituisce una innegabile sfida per le generazioni presenti e future. Il neoliberismo ambientale cerca di indebolire le resistenze della cultura e della natura per sottometterle alla logica del capitale, con il proposito di legittimare il furto delle risorse naturali e culturali della popolazione in uno schema globalizzato. Si finge di accettare che le popolazioni indigene diano valore alle proprie risorse naturali e culturali come capitale naturale, che accettino una compensazione economica per la cessione del proprio patrimonio alle imprese transnazionali di biotecnologia. Davanti a tutte queste strategie di appropriazione economica e simbolica della natura e della cultura da parte del capitalismo internazionale emerge oggi una etica ambientale che propone la rivalutazione dell’esistenza umana. Si va creando un confronto di interessi contro le condizioni di sostenibilità ai meccanismi del mercato attraverso lo sviluppo di movimenti reali capaci di realizzare un processo politico di riappropriazione sociale della natura. Tale movimento si unisce alla costruzione di un paradigma alternativo di sostenibilità, nel quale le risorse ambientali si convertono in potenziali fattori di sviluppo solidale capaci di ricostruire il processo economico entro una nuova razionalità produttiva, proponendo un progetto sociale basato sulla produttività della natura, le autonomie culturali e la democrazia partecipativa10. Tutto ciò può essere la base per la costruzione di una società a sostenibilità socialista capace di superare il capitalismo già a partire da un progetto paradigmatico di socialismo ambientale e di compatibilità sociali che fuoriescano dalla logica del mercato e del profitto, ponendosi così da subito sull’orizzonte della conflittualità anti-capitalista per la costruzione del socialismo.

note

* Autori Proff. dell’Univ. di Pinar del Rio (Cuba).

1 Cfr. Arriola J., Vasapollo L., “L’uomo precario nel disordine globale”, Jaca Book, Milano, 2005.

2 Bermejo, R.1994. Manual para una economía ecológica. Madrid. Ed. Bakeaz, p.182-225.

3 Partito Comunista di Cuba. 1997. “Resolución Económica del V Congreso del Partido Comunista de Cuba”. Pg 56.

4 Daly,H.E.1990. Toward Some Operational Principles of Sustainable Development, Ecological Economics, vol 2(1).

5 Bermejo, R.1994. Manual para una economía ecológica. Madrid. Ed. Bakeaz, p.224-225

6 Estevan, A. 1998. El nuevo desarrollismo ecológico, Archipiélago (33).

7 Per una visione completa cfr.: * Barredo Medina, L. 1996. “Democracia, Sociedad Civil y Gobernabilidad en Cuba”. * Domenech, M. Silvia. 1996. “Cuba, Economía en Periodo Especial.

8 Barredo Medina. Lázaro 1996. Democracia, sociedad civil y gobernabilidad en Cuba de los 90.

9 Blanco, J.A.1995.Tercer Milenio: una visión alternativa de la Posmodernidad, 2da ed., Ciudad Habana, p. 114-147.

10 Leff, E. 1998. Sustentabilidad del desarrollo, op.cit.