TFR: giovani contro vecchi, padri contro figli. Un aspetto della nuova contrapposizione generazionale e sociale

MICHELE FRANCO

1. Colpire ancora il salario

Non bisogna, necessariamente, vivere la condizione di lavoratore dipendente per percepire, quasi ossessivamente, la martellante campagna di propaganda che il governo, le organizzazioni sindacali collaborazioniste e l’insieme del padronato hanno messo in moto attorno alla questione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Non solo le riviste economiche o le pagine finanziarie dei quotidiani, da sempre attente a tutte le nuove forme possibili di rastrellamento di salario ai danni del lavoro, ma, a dimostrazione dell’importanza strategica che i poteri forti assegnano alla partita in atto, sono stati realizzati spot televisivi ed una grande pubblicistica1 che pervade l’intero circuito della comunicazione mediatica. Mai come ora tale strumentazione serve a per preparare il terreno e persuadere il consenso necessario per realizzare questa colossale operazione di trasferimento coatto di ricchezza verso l’aggiotaggio del sistema delle imprese e della finanza. Siamo dunque, a ridosso di un fondamentale snodo politico della vicenda sindacale italiana. Stiamo attraversando - spesso in maniera inconsapevole tra gli stessi attivisti sindacali - un passaggio di fase in cui, attraverso la questione TFR e non solo, si accelerano le dinamiche di ulteriore trasformazione autoritaria del sindacato ufficiale, si delineano meglio alcune direttrici di sviluppo, di accorpamento e di dislocazione del capitalismo tricolore nell’ambito della generale competizione globale e, di converso, aumentano le responsabilità oggettive e le consegne politiche per l’azione del sindacalismo di base. Si evince, da ciò, un oggettivo salto di qualità che l’RdB e la CUB devono realizzare per candidarsi alla rappresentazione degli interessi dei lavoratori, dei precari e dei ceti popolari.

2. Il prosieguo di una controriforma

E’ meglio ribadire, subito, che il governo dell’Unione Prodiana - attraverso lo strumento dell’ultima Legge Finanziaria che ha accelerato ed indicato alcune di modalità di applicazione - ha ripreso i temi antioperai e la pluridecennale linea di condotta dei precedenti esecutivi attualizzando la cosiddetta (contro)riforma del TFR. Questo ulteriore tassello, di un progetto più ampio di profonda manomissione dell’istituto della previdenza pubblica, sottrae, senza neanche troppi formalismi di sorta, concretamente, un’altra fetta di salario dalle tasche dei lavoratori. Se negli anni ’70 la copertura pensionistica riusciva a coprire il 70-80% dell’ultimo salario a partire dai provvedimenti varati dal governo Amato tale istituto ha cominciato ad essere sotto attacco in forme sempre più penalizzanti per le tasche ed il complesso dei diritti dei lavoratori. Infatti nel periodo di vigenza del primo governo del Cavaliere (1994) la reazione operaia riuscì a tamponare - momentaneamente - l’affondo antisociale che allora fu tentato. Con l’insediamento degli esecutivi successivi, anche utilizzando la mistificante etichetta di compagini governative “amiche” dei lavoratori, è ripresa la lente, ma costante, opera di smantellamento delle pensioni e dell’intera struttura della previdenza pubblica. In questo solco, più volte, a seguito di un continuo susseguirsi di accordi sindacali a perdere, sottoscritti da CGIL-CISL-UIL, si è concesso ai governi di centro/sinistra quello che non si era, giustamente, voluto concedere a Berlusconi. Ed è, senza alcun dubbio, un risultato ascrivibile al governo Dini, nato dopo il ribaltone anti/berlusconiano ordito da D’Alema in combutta con Bossi e Bottiglione, che il sistema previdenziale poté passare dal “retributivo” al “contributivo” innestando, di fatto, un fattore materiale di frammentazione e scomposizione nel corpo sociale dei lavoratori. Un primo negativo cuneo che produsse, da un lato, un consistente taglio economico per i lavoratori neo/assunti e, dall’altro, una iniziale frattura normativa (e politica) tra le vecchie e le nuove generazioni di operai. A questo proposito è importante ricordare - anche per sbugiardare e rispondere adeguatamente alla attuale demagogica campagna di CGIL-CISL-UIL - che, nel 1995/6, all’epoca delle misure varate dal governo Dini, i sindacati collaborazionisti sponsorizzarono quella “riforma” in nome di una presunta difesa del futuro dei giovani lavoratori i quali, grazie all’accettazione supina di quei provvedimenti, avrebbero usufruito di una pensione dignitosa alla fine del loro ciclo di lavoro. Un interessato refrain, simile nella sostanza, a ciò che stiamo ascoltando, anche in questi ultimi mesi, a sostegno dell’annunciato scippo del TRF. Una ingannevole sinfonia la quale, ieri come oggi, però, se millantata con abile accortezza, da parte padronale e governativa, può toccare i nervi scoperti e le autentiche preoccupazioni di molti lavoratori che sono, comprensibilmente, spaventati da un futuro prossimo in cui vedono dissolversi e scomparire quel minimo di garanzie e tutele sociali collettive godute negli ultimi decenni.

3. La contrapposizione generazionale

Tra gli obiettivi più astuti della propaganda padronale c’è quello di estorcere, attraverso abili dispositivi di raggiro e di palese confusione, la simpatia e l’appoggio delle giovani generazioni a queste misure antisociali. Anni di bombardamenti ideologici e propagandistici, imperniati sulla filosofia dell’esaltazione dell’individualismo più bieco, hanno affermato nell’immaginario dei nuovi assunti e di gruppi di lavoratori più giovani (ed anche di quelli che aspirano ad un posto di lavoro o che sono situati nel limbo della precarietà e dell’insicurezza) che non esiste più la possibilità futura di una pensione certa e che l’investimento in un Fondo Pensione rappresenta la chance più realistica, più sensata ed accettabile per assicurarsi una prospettiva di vita meno incerta ed al riparo dagli effetti della crisi. In questa direzione hanno operato i grandi opinion maker della dis/informazione ed i culi di pietra che siedono nelle comode plance di comando dei meccanismi della comunicazione deviata. Questi apprendisti stregoni del capitale lavorano, alacremente, all’imposizione di un clima culturale e politico mirante alla contrapposizione tra i giovani lavoratori e quelli anziani e tra i padri ed i figli. In questo modo si vogliono determinare fratture generazionali fin dentro le fila dei soggetti sociali investiti da queste politiche di deregolamentazione. La campagna conto “i fannulloni”, contro i presunti buchi di bilancio negli enti previdenziali mentre si tace sulla situazione finanziaria dell’INPS o dell’INPDAP che sono in attivo nei loro conti economici2, contro i lavoratori che preferirebbero una comoda pensione mentre, causa l’allungamento dell’età media della vita, occorrerebbe che continuassero a faticare ed a farsi sfruttare sono gli argomenti ricorrenti del caravanserraglio propagandistico scatenato quotidianamente su tutti i media. L’obiettivo, persino dichiarato esplicitamente, se si ascoltano con attenzione i proponimenti di alcune teste d’uovo della Confindustria e del generale sistema delle imprese, è quello di suscitare incomunicabilità tra i diversi settori della moderna composizione di classe affermando, nello svolgimento delle concrete dinamiche sociali dell’attuale contraddizione capitale/lavoro, una sorta di litigiosa balcanizzazione del mondo del lavoro, dei lavori e dell’intero sistema di relazioni sindacali e sociali. A questo proposito il padronato e gli esponenti governativi - lo stesso Epifani - per giustificare tale comportamento, usano addurre, a sostegno di questi obiettivi, che la obbligata tendenza all’allungamento dell’età pensionabile è un trend già in atto tranquillamente nell’Unione Europea. Di fronte a questo dato dovremmo tranquillamente e disciplinatamente adeguarci per favorire la migliore integrazione possibile dell’Azienda/Italia alle nuove compatibilità del sistema economico ed alle più difficili sfide imposte dal mercato internazionale. Infine, come ulteriore giustificazione di queste misure antipopolari, i poteri forti del capitale richiamano il dato che certifica l’aumento del numero dei pensionati rispetto ai lavoratori in produzione. Quindi - lor signori - lanciano un messaggio terroristico che preannuncia un vero e proprio diktat: o si allunga l’età lavorativa accompagnandola con una decurtazione delle pensioni o le nuove generazioni si troveranno, tra breve, senza soldi disponibili per la previdenza.

4. Una difesa di massa, unitaria e condivisa

Come si comprenderà la riforma del TFR è solo un aspetto di un affondo più corposo e destrutturante contro i lavoratori e contro tutte le norme e le garanzie di ciò che residua della vecchia unità politica e materiale attorno cui si addensava la composizione di classe variamente dislocata in tutti gli interstizi del mercato del lavoro. Le Rappresentanze Sindacali di Base e l’intera Confederazione Unitaria di Base sono giunte a questo appuntamento con una attitudine politica e militante consapevole dell’importanza della questione3 e convinti di poter svolgere una funzione politicamente espansiva in questa vicenda. Abbiamo tentato di delineare una critica ragionata all’intera filosofia antisociale della controriforma in atto e spronato tutti i nostri attivisti e le strutture dell’intero sindacalismo di base ad una battaglia di massa, possibilmente unitarie e coordinata, nei posti di lavoro e nella società. Il primo dato che abbiamo voluto assumere, come compito immediato di coerente attività sindacale, è stato quello di garantire, nei limiti oggettivi delle nostre forze organizzate, una adeguata campagna di contro/informazione. Una azione che stiamo svolgendo verso tutti i lavoratori a prescindere delle tessere e delle collocazioni sindacali di appartenenza. Infatti, se vogliamo che il sentimento di mugugno contro questo scippo annunciato si traduca in iniziative di mobilitazione e di lotta, anche su l’intero arco delle questioni attinenti le condizioni di lavoro, l’opposizione netta al furto del TFR deve essere accompagnata da una strategia che apra nuovi spazi politici per il sindacalismo di base e per l’affermazione di un programma fondato sull’autonomia e sull’indipendenza dalle vigenti compatibilità economiche e da tutti gli esecutivi governativi. La produttività dei lavoratori in questi decenni è fortemente aumentata in tutti comparti, ma i risultati di questa tendenza, realizzata sulle spalle dei lavoratori, dei precari e della nuova forza lavoro migrante, non è stata riversata né per il sostegno delle politiche di difesa ed ampliamento dello stato sociale, né nei salari o negli stipendi, sempre meno in grado di reggere l’aumento del costo complessivo della vita. Questo processo ha implementato, esclusivamente, gli indici dei profitti padronali, la crescita delle rendite e dell’evasione fiscale, l’ottovolante della speculazione borsistica e la liberalizzazione selvaggia del lavoro. CGIL-CISL-UIL si stanno facendo promotori di una campagna a favore dei fondi pensione perché coinvolti fino in fondo nei fondi di categoria. In tale modo queste organizzazioni possono accedere alla spartizione della torta affaristica ed alle operazioni di gestione e reinvestimento nel mercato di questi consistenti capitali4. A sostegno di tali scelte i sindacati concertativi sono in amorevole feeling con il lessico adoperato e con l’azione del governo che minaccia di applicare il cosiddetto scalone Maroni (cioé dal 2008 si andrà in pensione a 60 anni) se non si farà una nuova controriforma delle pensioni in tempi brevi. Al momento le uniche divergenze tra il governo ed i sindacati concertativi sono sulle modalità ed i tempi di tale controriforma. Per CGIL-CISL-UIL la vera preoccupazione è quella di riuscire a concordare con il governo ed i poteri forti lo svolgimento di questa partita in una logica di mercanteggiamento e di svendita continua degli interessi dei lavoratori. Epifani, Angeletti, Pezzotta sono infastiditi che una brusca acceleratala da parte del governo - che sotto la spinta del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, dell’Unione Europea e delle grandi agenzie di certificazione sopranazionali potrebbe decidere senza troppo concertare - eroderebbe seriamente la loro base sociale ed il potere di interdizione e di contrattazione che ancora mantengono. Si pone, quindi, per i lavoratori tutti (quelli “pubblici” - quelli “privati” - quelli migranti - l’intero mondo della precarietà e della atipicità) l’esigenza di battere questo vero e proprio saccheggio dei contributi previdenziali. L’organizzazione diffusa, nelle aziende e nel territorio, del rifiuto di questo scippo, lo smascheramento di una operazione di smantellamento delle pensioni e la mobilitazione unitaria ed intergenerazionale sono i passaggi necessari che dobbiamo realizzare per impostare una coerente difesa delle condizioni di vita e di lavoro respingendo al mittente qualsiasi tentativo di contrapposizione e di competizione tra i lavoratori. Alla Confederazione Unitaria di Base il compito di svolgere una positiva funzione di orientamento, promozione di mobilitazione, di costruzione di vertenze e di ricucitura politica ed organizzativa di un possibile nuovo e più articolato schieramento di classe dentro e fuori i posti di lavoro. Un passaggio necessario per aprire, con la lotta, una nuova stagione di protagonismo, partecipazione ed autorganizzazione dei lavoratori.

Federazione Regionale della Campania dell’RdB/CUB

mercenari/economisti assoldati per spiegare le ragioni del furto e della ineluttabilità della previdenza integrativa, questi dati sono molto significativi. Infatti ci troviamo di fronte ad una vera e propria pubblicità ingannevole ai danni del lavoro, dei salari e degli stipendi.

Nel 2005 l’attivo dell’INPS è stato di 2,03 miliardi di euro, nonostante la consuetudine del solito passivo delle gestioni di commercianti, artigiani ed agricoltori. Il patrimonio netto dell’INPS raggiunge i 24,2 miliardi di euro. Questo malgrado 50 miliardi di euro di evasione contributiva annuale, il saccheggio dei decenni passati per finanziare il sistema delle imprese, la svendita e le speculazioni del patrimonio immobiliare e la mancata separazione di molte spese assistenziali che “illegalmente” non sono a carico dello stato. (Queste notizie sull’INPS sono tratte da una scheda informativa contenuta nel numero del bollettino “speciale TFR” a cura dello SLAI/COBAS). Altre informazioni utili sono rintracciabili sul sito dell’RdB Parastato INPS: www.inps.rdbcub.it.

Tra la grossa mole di materiali che l’RdB ha predisposto, almeno da due/tre anni, vogliamo segnalare gli atti del Convegno Nazionale sul TFR, tenuto il 12 novembre 2004, con relazioni e comunicazioni di Pierpaolo Leonardi, Mimmo Provenzano, Luciano Vasapollo, Giovanni Mazzetti e Luigi Romagnoli. Questi scritti, assieme a volantini, schede informative e moduli occorrenti per ottemperare alla prescrizione del si¬len¬zio/as¬senso sono consultabili e scaricabili dal sito: www.rdbcub.it o dal portale della CUB: www.cub.it.

E’ evidente che la collocazione ed il ruolo di CGIL-CISL-UIL nell’affaire fondi pensione non è, esclusivamente, un mero nuovo capitolo della strategia di capitolazione o di collaborazione di classe ma rappresenta un dato inedito, almeno per l’Italia. Questi avvenimenti modificano profondamente ed ulteriormente la natura e la funzione di queste organizzazioni nell’attuale ciclo politico e nel corso storico del capitalismo. Ritorneremo, in un prossimo numero di PROTEO, con una riflessione più argomentata su questa importante questione relativa all’esigenza irrinunciabile di costruire concretamente, in alternativa alla irreversibile degenerazione ed al profondo mutamento di CGIL-CISL-UIL un sindacato di classe forte ed autorevole politicamente.