La mobilitazione delle RdB/CUB per l’Università sociale

PIETRO DI GENNARO

1. Un’onda per riprendersi il futuro Scrivere mentre l’autunno italiano s’infiamma come non succedeva da decenni, è allo stesso tempo entusiasmante ma anche ricco d’incognite per l’immediato futuro che ci vede promotori1 della generalizzazione2 della protesta che, innescata dal grandioso sciopero generale del 17 ottobre3, si organizza e dilaga da tutte le Università italiane. La novità sorprendente dell’autunno 2008 ha origine nell’azione lampo del nuovo Governo Berlusconi che, ad inizio estate, accelerando con brutale determinazione, ha gettato ossigeno dentro il fuoco della spaventosa crisi economica che i media incominciavano a svelare al grande pubblico. Il DL 112 del 25 giugno 2008 presentato in pompa magna dal Governo Berlusconi come il rivoluzionario piano industriale per l’economia e la pubblica amministrazione italiana, ha mobilitato, il giorno dopo, tutte le strutture RdB del Pubblico Impiego che, in poche ore, sono passate dall’analisi del Decreto Legge alla controinformazione diffusa e capillare. In poche settimane sono state organizzate assemblee e manifestazioni in tutti i comparti pubblici che ci hanno portato il 16 luglio a Montecitorio. FERMIAMOLI e i lavoratori hanno risposto in massa tanto da mettere in fibrillazione la Digos preoccupata delle migliaia di lavoratori che confluivano ad ondate in piazza, nonostante la tremenda calura estiva. Le RdB dell’Università si sono trovate contemporaneamente su due battaglie importanti: il contratto nazionale di lavoro del comparto4 che si è trascinato all’Aran fino al primo agosto, e contro l’approvazione della Legge 133 del 6 agosto. Ricordare quelle settimane significa storicizzare il comportamento delle organizzazioni politiche e sindacali che con gravissima complicità hanno preferito le ferie è l’assoluta immobilità, lasciando che la propaganda governativa crescesse e ammantasse di mistificato rigore positivo, l’intera opinione pubblica. Non è una sintesi autocelebrativa che non serve a nessuno ma il riconoscimento di un percorso che ha diffuso e fatto maturare nei lavoratori e nelle loro famiglie una presa di coscienza reale dei provvedimenti legislativi proposti ed approvati nel giro di poche settimane. La portata devastante del DL 112 non è sfuggita ai Rettori e ai Professori universitari. A luglio alcuni senati accademici avevano addirittura deliberato preoccupazioni e invitato alla protesta. La Crui che subito aveva preso le distanze e ammonito il Governo, per un piatto di lenticchie5 però, ha spento ogni focolaio di dissenso e ha accompagnato la trasformazione del DL 112 nella Legge 133 lasciando inalterato l’impianto del piano industriale che, come gli studenti dell’Onda hanno imparato bene, ha nella trasformazione delle Università pubbliche in Fondazioni, un cardine fondamentale per il completamento del processo di smantellamento e svendita ai privati di un business enorme6. La portata della forza del movimento studentesco dell’autunno 2008 ha già segnato dei passaggi che andranno approfonditi per diventare capitoli di storia sindacale in Italia. L’Onda ha messo al centro della sua piattaforma il ritiro della Legge 133. L’Onda e la base dei lavoratori della Scuola e dell’Università, trainate ed informate dal sindacalismo di base, hanno costretto CGIL, CISL e UIl ad abbandonare con urgenza la pesante e complice immobilità per rincorrere e cercare di strumentalizzare la rivolta degli studenti. Il 30 ottobre, lo sciopero confederale unitario del comparto Scuola arriva in ritardo. Il giorno prima il Senato aveva approvato definitivamente la conversione del Decreto Gelmini, DL 137/087 nella Legge 169/2008. Il 30 ottobre8 l’Onda trova la sua legittimazione mediatica su giornali e in televisione. Diventa fenomeno di massa. La sua azione si moltiplica in tutt’Italia tanto da riuscire ad organizzare, attraverso occupazioni, assemble giornaliere, lezioni in piazza, etc., le riuscitissime manifestazioni cittadine del 7 novembre. La rincorsa dei sindacati confederali continua. Il 14 novembre c’è lo sciopero del comparto Università proclamato unitariamente. La piattaforma degli studenti ispira quella del sindacato che però si divide. Il giorno prima9 la CISL si sfila e ritira lo sciopero e la partecipazione. L’Onda ha la sua autonomia, il corteo dei confederali nella manifestazione di Roma, è un corpo estraneo. Mentre il dialogo politico10 e sindacale con il Governo riprende nonostante il secondo DL Gelmini11, il 15 e il 16 novembre gli studenti sono alla Sapienza in una grande assemblea nazionale. Gruppi di lavoro e workshop. Sono tanti e hanno le idee chiare: chiedono lo sciopero generale, il ritiro della Legge 133, lavorano all’autoriforma, vogliono un’altra Università, vogliono riprendersi il futuro e non vogliono pagare la crisi.

2. Chi pagherà le crisi del sistema combinato “ricerca e didattica”, governato dall’accademia pubblica del nostro paese? Invece che partire dalla Base conviene iniziare da un autorevole postulato che ben pochi oserebbero obiettare, non fosse altro che per la sua lapalissiana portata accademica. Marco Mancini12, nel presentare il volume “IL SISTEMA UNIVERSITARIO ITALIANO”13, sostiene che gli ultimi decenni della vita degli atenei italiani, sono stati tumultuosi e spesso caotici essenzialmente per due criticità intrinsiche del sistema universitario e del sistema paese. La prima è che l’Università è un sistema complesso fatto da sottosistemi complessi “ciascuno dotato di proprie regole, per lo più incongrue rispetto a quelle altrove vigenti”. La seconda è una legislazione troppo dinamica che “non segue un disegno unitario e coerente e che è stato costruito in funzione di obiettivi per lo più contingenti ed episodici”. Banalmente si potrebbe osservare che la responsabilità allora è sempre e solo dei Professori universitari che guidano e governano il sistema e i sottosistemi ma anche peggio, guidano e governano la produzione delle leggi che vanno a modellare tutto il sistema sociale del nostro paese14. Altrettanto banalmente, vogliamo dire che la responsabilità è equamente distribuita tra chi materialmente agisce e chi invece si gira dall’altra parte dedicando tutta la sua esistenza alla didattica e alla ricerca. In mezzo, c’è un grande numero di docenti universitari che rappresentano il corpus “intellettuale” del sistema di spartizione partitocratica e sindacale15 che con i propri singoli e specializzati rivoli della ricerca accademica, contribuisce a condensare e stabilizzare la riproducibilità autoreferenziale della “classe” e del “pensiero” dominante. Per la verità, negli ultimi decenni, che la vita degli atenei sia stata tumultuosa e caotica non se ne è accorto quasi nessuno al di fuori del sistema universitario e al netto di cicliche proteste più o meno durature ad ogni proposta di riforma del governo di turno. Anzi, l’Onda di protesta degli studenti, ha smascherato decenni di sonnacchioso e complice adattamento a tutti i processi di svalutazione (altro che valutazione) e svendita del sistema pubblico dell’università. Su tutti, il processo di aziendalizzazione, perniciosamente infrattato nella sempre eterna rivendicazione e promozione dell’autonomia gestionale e politica in nome dei fondamentali dettati costituzionali16. Gli effetti più devastanti, che come organizzazione sindacale denunciamo e combattiamo da tempo, sono diventati argomenti fondamentali nelle analisi e nella critiche proposte dal movimento studentesco. I tagli, il nepotismo, le esternalizzazioni e il pericolo della privatizzazione definitiva, costituito dalla possibilità data ai Senati Accademici di votarsi la trasformazione dell’Università in Fondazione17, sono forse i più propagandati. Ma tra questi, probabilmente, è la riduzione progressiva delle opportunità di inserimento stabile e qualificato che al di là di ogni e rilevante questione inerente all’occupazione, costituisce uno dei mali cronici del nostro paese. I migliori cervelli e con essi, la migliore didattica e la migliore ricerca possibile, fanno la fortuna degli altri paesi mentre l’Italia non solo non investe ma riesce solo ad allargare a dismisura le contraddittorie aree di super sfruttamento sottopagato, precario e anche di vero e proprio lavoro nero, che da un lato rappresentano ormai la struttura portante dell’intero sistema universitario18, ma dall’altro fanno del posto sicuro di ricercatore19, una meta tanto ambita quanto chiusa nelle possibilità dinastiche delle baronie. Spesso e sempre più invecchiato, il candidato dopo anni e anni di servilismo fedele ed assoluto, sostenuto unicamente dalla passione e, nei casi più fortunati, da ripetuti e miserevoli contratti atipici o borse o assegni di studio, diventa il vincitore ex ante del posto a concorso che è stato spartito con metodologia matematica mediata da anzianità e potere politico, tra i professori ordinari dei diversi settori scientifico e disciplinare, all’interno dei diversi Dipartimenti, che alimentano i diversi corsi di laurea, all’interno delle diverse Facoltà e che, infine, raccordandosi con i diversi Atenei italiani, definiscono la comunità accademica nazionale. Il sistema complesso e i sottosistemi complessi. È probabile che gran parte dei tumulti e del caos, menzionati nella citazione del tre volte Rettore Mancini, siano dovuti a questa spartizione che poi è anche quella che viene replicata nei salti di carriera successivi scalando il ruolo di Associato e poi quello definitivo di Ordinario. Si tratta di una semplice spartizione di risorse, che possiamo tradurre in una definizione allegorica ma più efficace: la guerra dei punti organico20. In questa guerra, come in tutte le guerre, a pagare sono sempre i più deboli nonostante le indiscutibili capacità intellettive, visto il successo di reclutamento che i giovani dottorati italiani trovano nelle più grandi e prestigiose università estere. Il discorso sarebbe più lungo se affrontassimo il tema degli abbandoni dagli studi sia universitari e sia quelli dalla scuola secondaria21. La precarizzazione e l’impoverimento culturale ed economico degli individui che formano la società, non sono effetti collaterali ma processi determinati dal conflitto capitale/lavoro attraverso il restringimento guidato e governato22 delle risorse pubbliche anche nella Scuola e nell’Università. 3. Per l’università sociale Fatta questa breve introduzione su una delle componenti dell’Università italiana e lanciato un argomento, di straordinaria importanza, da mettere in discussione nelle varie strutture di RdB Università23, focalizziamo ciò che riguarda l’altra componente che per ora24 rappresenta la struttura sindacale delle RdB nelle Università: il personale tecnico-amministrativo. Il personale tecnico-amministrativo è la vittima predestinata nella guerra dei punti organico. A differenza di ricercatori, associati ed ordinari25, ai lavoratori delle università è stata applicata la privatizzazione del rapporto di lavoro nel 199326. Poiché il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO27) include gli stipendi dei docenti e del personale tecnico-amministrativo, la competizione sulle stesse risorse risulta ovvia a discapito della componente più debole. Quindi la crescita della spesa del personale docente (per numero e per carriera) non può che portare, a lungo andare, alla completa estinzione del personale tecnico-amministrativo. Si capisce perché allora come tutti i discorsi di core business (ricerca e didattica) nascondono un condiviso e strategico disegno per esternalizzare quel che resta di pubblico nel lavoro amministrativo e tecnico delle Università italiane. Una motivazione in più per chi sostiene la via delle Fondazioni28. A questo poi, va aggiunto la deresponsabilizzazione della “governance” dal diritto pubblico di tutte le voci di bilancio universitario che deve essere controllato ed amministrato. Dopo l’autonomia economica e gestionale, lo step successivo diventa quello che la Legge 133 prevede possibile con un semplice voto del Senato Accademico. Siamo di fronte ad una deriva inaccettabile che mette il destino delle Università pubbliche in mano ai pochi Professori che una volta messo a sicuro il loro status giuridico di servitori dello Stato, potrebbero, senza nessuna difficoltà decidere la fine dell’Università Statale. Anche nelle università e soprattutto nelle università si capisce come il controllo da parte dei Professori nelle gerarchie delle organizzazioni sindacali confederali, ha espropriato i lavoratori di una vera rappresentanza capace di mettere in discussione le decisioni che compromettono perfino la loro stessa sopravvivenza. L’introduzione della contrattazione decentrata di secondo livello o aziendale, ha strategicamente realizzato il dissolvimento dell’unità dei lavoratori e creato la competizione per la rappresentanza locale delle organizzazioni sindacali confederali con il dilagare di sigle autonome tipicamente corporative. Sul piatto c’è il salario accessorio attraverso cui spartire le misere opportunità di distribuzione economica, di formazione e di carriera che, se mediaticamente viene solennemente indicato come la molla per l’efficacia, l’efficienza e addirittura la produttività, di fatto è diventato il gioco perverso su cui i protagonisti delle relazioni sindacali si confrontano realizzando, attraverso gli accordi integrativi, selvagge differenze tra le persone e le professionalità tra ateneo e ateneo29. Dove l’intervento delle RdB si è distinto, i delegati sono riusciti a scardinare la chiusura dei tavoli aprendo l’informazione verso i lavoratori e di conseguenza determinare consapevolezza e partecipazione30. RSU31, RLS32, Consiglio di Amministrazione, Senato Accademico, l’FFO, il Bilancio di previsione e consuntivo, la programmazione triennale del fabbisogno33, lo Statuto, i regolamenti, etc., sono gli strumenti principali che le strutture RdB devono acquisire e padroneggiare per esercitare una reale azione sindacale che possa abbracciare tutte i diversi aspetti che riguardano il lavoro nelle Università. Detta così sembrerebbe una missione impossibile. Bisogna considerare che però, è proprio il personale tecnico amministrativo che con il proprio lavoro e le proprie competenze, permette la funzionalità strutturale delle Università. È quindi sempre più urgente rompere il dominio del sistema confederale che piega i lavoratori dentro un sistema di totale sottomissione al potere baronale che persegue disegni di riduzione costante del salario e del diritto alla carriera, nonché la “soluzione finale” della privatizzazione. Al di là dei picchi di vero ed incontrollato capolarato accademico esercitato con tutta la legittimazione che le leggi34 e le risorse della ricerca prevedono, la presenza di cooperative e ditte appaltanti e appaltate per i svariati servizi che vengono espletati all’interno degli Atenei (dalle guardianie alle manutenzioni, dalla ristorazione alle pulizie e di tutto ciò che può essere esternalizzato), a parte il personale tecnico-amministrativo incardinato, i numeri dei lavoratori precari35 che mantengono in piedi l’Università è spaventosamente alto e fuori dai censimenti ufficiali nonché dal famoso FFO. I progetto RdB è sicuramente ambizioso se messo a confronto della complessità del sistema Università e dei suoi sottosistemi. Cancellare la precarietà, aumentare l’occupazione, aumentare i salari, puntare ad una trasformazione radicale del lavoro universitario, sono imprese velleitarie se affrontate contro la “governance” accademica partendo dal singolo Ateneo. Per quanto una struttura sindacale interna possa pensare di strutturarsi e crescere non possiamo prescindere dalla costruzione di un forte coordinamento nazionale che includa tutte le componenti a partire dai Professori36 che uscendo fuori dalla chiusura della dimensione disciplinare e corporativa, sappia trasversalmente condividere il progetto RdB/CUB puntando al condizionamento necessario, di cultura e di conflitto, per socializzare l’obiettivo di una trasformazione radicale che riesca a conquistare l’Università sociale o universalizzata37. NOTE RdB/CUB Università di Salerno

Passare dalla fabbrica della precarietà alla fabbrica dei saperi e della conoscenza, opponendosi alla svendita dell’Università Pubblica alla logica del profitto privatistico. La lotta comune di studenti, lavoratori, precari, ricercatori e docenti. È quello che abbiamo portato agli studenti nel comunicato di RdB/CUB Università del 28 ottobre 2008. Abbiamo auspicato l’autunno della protesta generalizzata capace di cambiare le ordinarie relazioni gerarchiche delle componenti della scuola e delle università. Abbiamo avvertito del pericolo strumentalizzazione di chi negli ultimi 20 anni con l’autonomia, il dialogo, la concertazione e la spartizione partitica ha prodotto dequalificazione e gerarchia verticale del sapere, gerarchia verticale delle opportunità e delle occasioni di lavoro, di formazione e di ricerca. Abbiamo indotto la critica sul prodotto laurea che è diventato insufficiente anche con l’ulteriore prodotto specializzante e costoso dei master che comunque non danno rimedio alla condizione di precarietà permanente ma condannano i CERVELLI migliori a fuggire all’estero. Abbiamo denunciato e condannato 20 anni di processi devastanti di esternalizzazione, di precarizzazione, e di consegna ai privati delle parti profittevoli dell’Università, della Ricerca e di tutta la Pubblica Amministrazione. Abbiamo posto l’urgenza di un ripensamento delle “riforme” dell’ultimo ventennio, restituendo all’Università la sua funzione di strumento pubblico del progresso culturale, scientifico ed anche economico del Paese. Abbiamo rilanciato la sfida della protesta generalizzata mettendo insieme i diversi linguaggi di chi prova a discutere, organizzarsi, confrontarsi e a difendersi insieme per un cambiamento reale e radicale che vada oltre una rappresentazione del dissenso circoscritta e a scadenza. Eppoi, la prospettiva delle le lotte di tutto il mondo del lavoro contro la devastazione dei diritti più elementari, a partire dalla questione della precarietà, del salario, della sicurezza su lavoro, della democrazia sindacale a finire a quella della riqualificazione e del potenziamento della pubblica amministrazione per garantire i servizi pubblici fondamentali e quindi diritti e reddito sociale a tutti i cittadini. Il grande sciopero generale del 17 ottobre di CUB/COBAS/SDL ha portato in piazza i primi cortei di studenti, genitori, bambini e pensionati assieme ai lavoratori di tutte le categorie contro l’iniquo sistema economico e sociale sostenuto dai governi che si sono succeduti negli anni. Vicenda chiusa il 16 ottobre: non è un caso se quello era il giorno che precedeva lo sciopero generale L’unica modifica al DL 112 è stato limitare a una sola tornata l’allungamento a tre anni della periodicità degli scatti biennali per la docenza. Nel mondo si spendono per l’educazione 2.000 miliardi di dollari, ossia più del doppio di quanto si spende nel mercato dell’automobile. Una cifra che fa gola agli investitori in cerca di investimenti redditizi. [Università in fermento: rispondere con la lotta alle politiche neoliberiste di Alessandra Ciattini su Proteo N. 2005-1]. È il decreto legge che sarà ricordato per la rintroduzione del grembiulino e del maestro unico. Per settimane e settimane questi argomenti riempiranno giornali e trasmissioni televisive, lasciando in secondo piano il fatto che la Ministra Gelmini ha vestito con un cappottino ideologico l’esecuzione dei tagli ordinati dalla legge 133. Per quanto i partiti e i sindacati confederali abbiano lavorato per nascondere le responsabilità del Ministro Tremonti e circoscrivere lo scontro tra Scuola e il Ministro Gelmini, gli studenti del movimento hanno usato la data del 30 ottobre per aumentare la diffusione e la generalizzazione della protesta. Non a caso, proprio il 30 ottobre a Piazza Navona ci sono scontri premeditati provocati da squadre fasciste che tentano di rompere l’unità dell’Onda. Il 30 ottobre è anche la data della spaccatura tra CISL, UIL e la CGIL che non firma il Protocollo Brunetta che definisce l’ambito economico per il rinnovo contrattuale di 3,5 milioni di dipendenti pubblici per il biennio 2008/2009. Il ritiro della CISL Università arriva in seguito all’incontro con il Ministro Gelmini che nel pomeriggio dell’11 novembre tenta di far revocare lo sciopero impegnandosi a prendere in considerazione i temi proposti dal dialogo. Corriere della Sera del 5.11.08. Mariapia Garavaglia - ministro della Pubblica Istruzione del governo ombra del PD - e Luciano Modica responsabile nazionale Università del Pd , “Concorsi, sì a nuove regole. Bene i segnali del governo”. Decreto Legge 10 novembre 2008 n. 180, recante “Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca”. Lo abbiamo definito: UN DECRETO MILLEFAVORI PER DIALOGARE SULL’AFFOSSAMENTO DELL’UNIVERSITÀ PUBBLICA (www.universita.rdbcub.it). Marco Mancini, Prof. Ordinario di GLOTTOLOGIA, è Segretario Generale della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (C.R.U.I.), nonché, con il terzo mandato, Rettore dell’Università degli studi della Tuscia. - Marco Mancini ha rappresentato il Comitato di Settore, nella penosa e lunga trattativa per il biennio economico 2006/2007 del CCNL dell’Università. Il contratto è stato firmato da RdB Università e dalla Confederazione RdB Pubblico Impiego il 16 ottobre 2008. IL SISTEMA UNIVERSITARIO ITALIANO, M. Grassi, E. Stefani, 2007 CEDAM - Padova. Anche se l’attuale Ministro Brunetta viene definito professore sans papier, cioè senza pubblicazioni scientifiche, dagli economisti amerikani di NfA. - www.noisefromamerika.org Ci riferiamo al sindacato confederale e a quello autonomo corporativo. Costituzione della Repubblica Italiana - Art. 9: La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica - Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. Va ricordato che la legge 133/08 è stata combattuta dalle RdB Pubblico Impiego fin dalla presentazione del DL112 il 25 giugno 2008, presentato come il Piano Industriale per la Pubblica Amministrazione (Università compresa). Da non sottovalutare l’ormai istituzionale uso/abuso degli studenti part-time e quelli, studenti e non, del servizio civile. Primo livello di incardinamento cui segue la figura di professore associato ed infine di ordinario. Si definisce “punto organico” l’equivalente dei costo medio annuale di un professore ordinario, tenendo conto dei rapporti di costo verificati, si attribuiscono pesi differenziati di punti organico per le altre categorie di personale. Professori ordinari 1.0 - Professori associati 0,7 - Ricercatori 0,5 - Personale amministrativo e tecnico 0,3 - Il riferimento al punto organico e ai pesi indicati consente, pertanto, di stimare le spese complessive per il personale una volta attribuito un valore monetario al punto organico. Nel 2004, il costo annuale medio per assegni fissi, al netto degli oneri previdenziali a carico dei l’amministrazione, è stato per i professori ordinari, pari a 71.118 Euro e, da questo valore, si può calcolare che il costo di un punto organico, comprensivo degli oneri riflessi (pari al 37,70%), è di 97.930 Euro che, ai fini della presente stima, si riduce del 2% in ragione degli incrementi stipendiali disposti annualmente a carico dei bilanci universitari. Il valore da considerare è quindi di 95.971 Euro. (Estratto dalla nota tecnica allegata alla comunicazione a firma del Ministro Moratti del MIUR - Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca - Prot.n. 272 del 18 febbraio 2005). L’uomo precario, J. Arriola, L. Vasapollo, Jaca Book, Milano 2005 (il fallimento scolastico a pag. 155). Legge 133/08. Rigettando la precarietà o lo sfruttamento del lavoro nelle università, con l’allargamento delle opportunità dignitose e tutelate di inserimento alla base della piramide della componente docente, si può e si deve arginare la “fuga dei cervelli” e con questo iniziare una vera riqualificazione della ricerca e della didattica trasformando l’Università italiana fino ad invertirne la funzione di reclutamento, tanto da offrire occasioni appetibili per i giovani che si formano anche nelle università estere. L’invito è esplicito. Una parte consistente della base dei docenti universitari che hanno tessere sindacali confederali sono completamente estranei alle vicende delle organizzazioni confederali sia interne che esterne ai singoli Atenei. Al di là del sostegno economico rappresentato dalla tessera sindacale che non è poco rilevante, il sostegno maggiore richiesto è l’influenza del ruolo “intellettuale” che si eserciterebbe, condividendo il progetto RdB/CUB, attraverso l’allargamento delle adesioni nella massa del personale docente e tecnico-amministrativo. Dall’assemblea della base del sindacalismo di base (Milano) e soprattutto con l’adesione e la partecipazione allo sciopero di tutto il sindacalismo di base del 17 ottobre 2008, molti docenti universitari si sono avvicinati alle RdB unendosi a quelli che da tempo seguono questa rivista. È utile ricordare come ricercatori, associati ed ordinari mantengono la scala mobile di Stato. Si dimostra facilmente quindi come la richiesta della rintroduzione della scala mobile sia una giusta rivendicazione. Nel 1993, a seguito della legge delega 421/1992, venne trasformata la procedura che regolava i rapporti di Pubblico Impiego attraverso DPR (Decreti del presidente della Repubblica). Il DL 29/1993 ha normato tale trasformazione e con tutte le sue integrazioni successive è stato riportato nel DL 165/2001. A seguito di questa riforma è stata introdotta la contrattazione (CCNL e Accordo Collettivi) come elemento privatistico di regolamentazione del rapporto di lavoro. Proprio sull’FFO vengono operati i tagli della Legge 133/08 - 1,5 miliardi di euro in 5 anni - il DL 180/08 recupera 354 milioni di euro. Per ottenere tali risultati, da un lato, si è cercato di combattere l’idea stessa della socializzazione delle conoscenze, inerente all’istituzione universitaria, rilanciando la politica dei brevetti, intesi come documenti che fissano un contenuto scientifico-tecnologico e una proprietà intellettuale, garantendo al ricercatore un guadagno. Dall’altro, con la Legge Finanziaria del 2001 (Governo D’Alema) si è stabilito che le università possano costituire Fondazioni di diritto privato, a cui vengono attributi una serie di compiti (in particolare con il regolamento attuativo dell’art. 59), che coincidono con quelli svolti dalle università come l’acquisto di beni e servizi, il funzionamento degli uffici tecnici, dei centri di calcolo, l’erogazione dei servizi al diritto di studio. [Università in fermento: rispondere con la lotta alle politiche neoliberiste di Alessandra Ciattini su Proteo N. 2005-1] Il concetto è generalizzabile in tutto il pubblico impiego. La contrattazione di secondo livello ha già realizzato un ritorno alla contrattazione individuale attraverso la redefinizione arbitraria (accordi e contratti decentrati) delle materie del contratto nazionale. Le risorse da spartire localmente sono una delle cause dell’inefficienza della pubblica amministrazione perché generano clientele sindacali e sul piano generale minano la base salariale dei dipendenti. Dall’organizzazione del lavoro, alle responsabilità, dalle riqualificazioni alle indennità, dagli incentivi alla definizione dei turni, (etc.), l’idea che ogni comparto che presenta svariate autonomie, come Università, Sanità ed Enti Locali, possa realizzare migliaia di accordi diversi, se non può essere definita folle, allora è frutto di una strategia precisa che persegue inefficacia, inefficienza e allo stesso tempo il controllo dei lavoratori, nonché la riduzione dei loro diritti e della loro dignità. Occorre un’inversione decisa e lottare per un rafforzamento dei contratti nazionali di lavoro anche nel settore del Pubblico Impiego. Per gli approfondimenti dagli Atenei rimandiamo al sito www.universita.rdbcub.it Rappresentanze Sindacali Unitarie composte da rappresentanti votati dai lavoratori ed eletti nelle liste delle sigle sindacali presenti negli Atenei. Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza Il programma triennale del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tiene conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. Il programma viene valutato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando il limite del 90 per cento ai sensi della normativa vigente. Legge 30, legge Biagi, etc. Tra le tante fatte al DL 180/08 del Ministro Gelmini, è utile riportare la denuncia dell’ADU (Associazione Docenti Universitari). ISTIGAZIONE ALLA PRECARIZZAZIONE. Denunciamo che quanto previsto dal comma 3 dell’art. 1 del Decreto-Legge 180 (“Ciascuna università destina tale somma per una quota non inferiore al 60% all’assunzione di ricercatori a tempo DETERMINATO e indeterminato”) equivale ad aumentare a dismisura il precariato e a ridurre i posti in ruolo. Infatti le baronie avranno interesse a preferire ai ricercatori in ruolo quelli ‘a scadenza’ perché più ‘subalterni’ e meno pagati, la cui spesa peraltro non deve essere ‘contabilizzata’ nel famigerato 90%.La situazione per il personale tecnico amministrativo, con questo DL 180, è chiaramente destinata a peggiorare. Come nel comparto Sanità, il coinvolgimento e l’organizzazione dei medici sono necessarie e strategiche; addirittura nelle Facoltà di Medicina e quindi i Policlinici, le due categorie si fondono nel potente Primario Professore che in molti casi, proporzionalmente alla sua scienza e alla sua umanità, vede sgretolarsi nelle sue mani un immenso potenziale pubblico, vede rarefarsi i suoi allievi migliori, per colpa di chi anche sulla sua carriera, le sue applicazioni e le sue scoperte, persegue corruzioni che nutrono la bestia selvaggia del lucro privato. Università neoliberista o democratizzazione dell’educazione superiore? Alessandra Ciattini. Proteo N. 2006-2