Governo Berlusconi: la tigre di carta, è ancora una tigre?

NAZARENO FESTUCCIA

1. Guerra ai servizi pubblici La differenza sostanziale tra il piglio decisionista e aziendalistico e la consistenza degli atti realizzati dal governo ci fa porre una domanda: che la tigre fosse di carta lo sapevamo, ma è ancora una tigre? il piano della P2 in realtà è un manifesto politico intorno al quale costruire un blocco sociale capace di rimodellare il sistema, spostando i rapporti di forza tra le classi derivanti dalle lotte degli anni settanta, per riprenderne il controllo in forma palese e in forma occulta. Un modello privo di opposizione politica e opposizione sociale. La prima è stata ottenuta facendo coincidere la rappresentazione politica con la rappresentanza parlamentare, e l’hanno cancellata. La seconda ci provano coinvolgendo CGIL, CISL, UIL, nei loro progetti e impedendo l’esercizio della libertà sindacale ai sindacati capaci di rappresentare l’ opposizione sociale. La capacità mediatica di dare rappresentazione agli atti del governo o anche il solo effetto annuncio coprono la mancanza di organicità del progetto e lo scontro tra i poteri pretendenti al controllo sociale. Così come il populismo sfrenato, con forti venature reazionarie, consente di denigrare e cancellare il valore sociale di istituzioni, diritti, garanzie e Stato sociale, il riformismo generico, che non dice mai come e perché bisogna riformare qualcosa, disarma le masse e apre la strada ai processi di devastazione istituzionale. Il nuovo modello sociale non è ancora delineato con chiarezza, segno che non si è ancora deciso quale sia il gruppo egemonico interno alla borghesia, e procede con spinte a volte contraddittorie a seconda di come si schierano i gruppi di potere in relazione ai propri interessi materiale piuttosto che alla costruzione del modello. Il rischio è che diventi un paradigma sociale a metà tra le democrazie occidentali e le dittature sudamericane, in cui la forma non corrisponde alla realtà fatta dei soliti opportunismi. La debolezza strutturale e sovrastrutturale della borghesia italiana, con forte vocazione parassitaria e incapacità progettuale di medio e lungo respiro, diventa un pericolo mortale per il sistema se ad essa non si contrappone un’opposizione di classe liberata dagli utili (al capitale) idioti. La vicenda Alitalia diventa la rappresentazione in piccolo del possibile futuro del paese se lasciato in mano loro. Se presumibilmente non hanno ben chiaro il progetto futuro, una cosa ce l’hanno chiara, riportare il Paese indietro negli anni in una condizione di debolezza sociale, attaccando diritti e garanzie per rendere precarie le condizioni, non solo di lavoro, ma anche di vita. È la premessa indispensabile per il nuovo ordine. Negli anni passati, la sconfitta delle lotte operaie ha consentito di recuperare profitto, ridimensionare un soggetto sociale e distruggere un modello di produzione per ristrutturare l’apparato produttivo. Oggi l’attacco al pubblico impiego ha come obiettivo la distruzione della Pubblica Amministrazione, il recupero delle risorse ad essa assegnate, l’abbattimento dello Stato sociale e l’introduzione dell’insicurezza del futuro per orientare verso poteri e uomini forti in grado di rassicurare. L’attacco al pubblico impiego si materializza nella devastazione delle condizioni di vita e di lavoro, nascoste dietro la campagna contro i fannulloni, un luogo comune storico che ha reso persino difficile l’incontro tra le avanguardie sociali espresse da pubblico e privato. In realtà si sta demolendo l’insieme di diritti, garanzie e certezze dei pubblici dipendenti fino a distruggerne la dignità personale, professionale e sociale. Il contratto di lavoro da regolatore del rapporto di lavoro è diventato elemento di distruzione del lavoro pubblico in applicazione a interventi legislativi debordanti e invasivi. Le relazioni sindacali sono relegate alle segreterie confederali che realizzano gli accordi politici mentre alle categorie rimane la contrattazione tecnica, che vuol dire applicazione acritica di quanto deciso in sede di accordo politico. La privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, che doveva portare chissà quali vantaggi, ha di fatto creato una condizione di terra di nessuno dal punto di vista normativo per cui il primo che si alza legifera e proclama senza contraddittorio. Brunetta saltellando sui vari trespoli mediatici attira su di sé l’attenzione e le viscere dell’opinione pubblica nella sua crociata contro i pubblici dipendenti, nascondendo agli occhi dei cittadini i reali processi in atto. Il vero obiettivo è la Pubblica Amministrazione di cui bisogna cancellare strutture, servizi, funzioni e contenuti. Allora diventa prioritario distruggere gli elementi di garanzia sociale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo Stato che la P.A. rappresenta con la sua indipendenza dal potere politico. Occorre cancellare la funzione di redistribuzione di reddito e ricchezza che svolge nel paese, considerando che in periodi di crisi economica ha svolto una vera e propria funzione di ammortizzatore sociale garantendo lavoro. Bisogna distruggere il consenso sociale che la P.A. produce nei cittadini nei confronti di un modello sociale solidale e dei diritti, cambiano i governi ma il tuo ufficio pubblico è sempre là. Si deve cancellare lo strumento che eroga le prestazioni sociali perché non avrebbe senso distruggere lo Stato sociale e lasciare in piedi il mezzo che lo rende possibile. Confondere il malfunzionamento o le disfunzioni con la funzione sociale è un errore mortale, così come lo è distruggere la funzione sociale per correggere il malfunzionamento o le disfunzioni.

2. Il supermercato dei servizi pubblici Alla distruzione della P.A. non si sostituisce una rete di attività pubbliche funzionanti, ma un supermercato di servizi, di pessima qualità per i meno abbienti, di qualità per chi può, che i privati prelevano a costo zero dalla macchina pubblica lasciando sul terreno involucri e spese da affidare all’erario pubblico. Ancora una volta incrociamo il modello Alitalia nel nostro percorso. La crisi economica che si sta dispiegando non potrà non accelerare le dinamiche in maniera disorganica rendendo il processo incontrollabile e difficile da interpretare. Il tutto gestito da un governo nella gran parte della sua composizione mediocre e avvezzo ad obbedir tacendo mentre la componente più attiva rimane una cricca di ex socialisti in vena di revanscismo politico e personale che li rende aggressivi e irrazionali. Non è più sul piano politico che si affrontano i problemi, ma sul piano della gerarchia di azienda con tendenze autoritarie e logiche di profitto personale, di lobby, o di settore sociale. Una breve rassegna sulle trasformazioni dei singoli settori della Pubblica Amministrazione rende palpabile il senso del ragionamento fatto finora. La Giustizia rimane un terreno di scontro notevole, la disgregazione dell’organizzazione, che passa attraverso l’attacco alle condizioni di vita, di lavoro e professionali degli addetti, è tutta interna al processo di devastazione che mira al controllo dei giudici, delle inchieste, delle sentenze. In poche parole alla messa fuori uso di uno degli elementi fondanti dello Stato di diritto. La Scuola attraversa una crisi strutturale perché deve trasformarsi in semplice riproduttrice di ideologia di azienda anche attraverso l’uniformità del vestiario e delle norma comportamentali, così come la ricchezza della interazione tra insegnanti è un ostacolo alla pianificazione dei cervelli. L’Università invece deve tornare ad essere di élite, attraverso un’accurata selezione socio-economica e le fondazioni sono ideali per questo scopo. L’ingresso dei privati consente inoltre il controllo della ricerca e orienta la formazione a seconda degli interessi del ceto che controlla i processi produttivi. La Sanità ormai è un supermercato dove i privati entrano ed escono a piacimento devastando il tutto, ma è un dovere del governo che restituisce le elemosine investite attraverso affidamento di servizi alla persona e alle aziende sanitarie. In questo caso la scusa sono i piani di rientro delle regioni e le diseconomie, tutte legate al finanziamento occulto di partiti e centri di potere vari. La Previdenza è un tesoretto vero, il problema è come metterci le mani con il consenso dell’opinione pubblica, intanto si comincia dagli istituti e dalle sedi con la solita scusa del risparmio che è da sempre l’ultimo dei problemi che i governi si sono posti. I Ministeri che conoscono altalenanti rimpasti organizzativi e operativi, perdono funzioni e uffici periferici, la macchina dello Stato si ritira dal territorio, le funzioni statali locali vengono ridotte, affidate a privati, direttamente o attraverso il passaggio per gli Enti Locali che non sono in grado di assolvere a tale nuovo compito. Gli Enti Locali sono la discarica delle operazioni di devastazione della Pubblica Amministrazione e operano con risorse sempre più esigue che arrivano a metterne in pericolo la sopravvivenza. Le Agenzie Fiscali sono un intralcio per un governo che ha fatto dei condoni l’elemento di ricomposizione sociale della propria base di consenso. Bisogna ridurne la capacità operativa e bisogna farla passare per una riforma migliorativa della Pubblica Amministrazione. I Vigili del Fuoco ormai sono una componente delle forze di sicurezza e la loro specificità nella protezione civile viene ostacolata per regalare ad una miriade di associazioni risorse e funzioni vitali per la tutela dei cittadini. Era cominciata come la lotta ai fannulloni finirà come la lotta allo Stato sociale, alla Pubblica Amministrazione, allo Stato, al patto sociale che sta alla base dell’attuale modello di relazioni sociali. L’iniziativa sindacale non può non comprendere la portata strategica delle trasformazioni in atto e limitarsi ad una vertenzialità di posto di lavoro che finisce con il rendere totalmente subordinati gli interessi dei lavoratori a quelli di governo e imprese, perché il punto di mediazione sarà sempre più al ribasso. Ma qual è il punto di mediazione sul quale ci si può attestare e può essere definita mediazione la distruzione della forza lavoro alla quale il sindacato dà rappresentanza sociale? Questo è possibile solo se l’organizzazione sindacale decide di disfarsi della propria base sociale per divenire soggetto interno al nuovo modello legittimato nella propria funzione dalla capacità di essere promotore finanziario e produttore di consenso sociale mistificato. La vertenza Alitalia è giunta vicino al punto di rottura della relazione tra interessi dell’azienda e dei lavoratori, ma il sindacato può sostenere il punto di rottura solo se ha una progettualità confederale in cui le vertenze assumono valenza universale e una progettualità politica capace di definire un modello sociale alternativo con rapporti di forza e valori diversi. La capacità di resistenza deve saper trasformare l’aspetto vertenziale rivendicativo in strategia di lunga durata con alcuni obiettivi principali quali : tentare di arginare, se non è possibile fermare gli attuali processi di trasformazione, ridefinire ruolo e funzione del sindacalismo conflittuale nel nuovo modello sociale che si va delineando, ricostruire l’opposizione sociale e contribuire a ricostruire l’opposizione politica al processo in atto, non solo e non necessariamente parlamentare.

Federazione Nazionale RdB/CUB