1. Introduzione Nato a Vienna nel 1887, Rudolf Hilferding, esercitò per alcuni anni come pediatra e dal 1902 cominciò a lavorare per la rivista socialdemocratica tedesca Neue Zeit; dall’anno 1907 iniziò la sua carriera come consulente del Partito socialdemocratico tedesco. La sua posizione fu sempre considerata moderata e di “destra” e nel 1920 al congresso di Halle si espresse contro l’adesione all’internazionale comunista, tenendo sempre ben evidente nella sua concezione la distinzione fra marxismo e socialismo. “La conoscenza delle leggi che vigono nella società produttrice di merci mostra, allo stesso tempo, i fattori che determinano la volontà delle classi di questa società. Manifestare la determinazione della volontà delle classi è, nella concezione marxista, compito di una politica scientifica, cioè, di una politica che sa descrive conoscenze causali. La politica del marxismo, così come la teoria, è libera da giudizi di valore. Ecco perché è falso, sebbene è un’idea molto diffusa... identificare il marxismo con il socialismo. ... La conoscenza delle leggi del divenire della società che offre il marxismo garantisce sempre una superiorità a ciò che lo rende suo, e i più pericolosi tra gli avversari del socialismo, sono probabilmente quelli che hanno assaporato meglio il frutto della sua conoscenza. Ma, d’altronde, l’identificazione del marxismo e socialismo è facilmente comprensibile. Il mantenimento della dominazione classista è vincolata alla circostanza del fatto che i sottomessi alla stessa creano la sua necessità. La conoscenza del suo carattere transitorio sarà, di per sé, (p.5) una causa del suo superamento. Perciò si spiega l’avversione invincibile della classe dominante a riconoscere i risultati scientifici del marxismo “ , Nostra traduzione (Nos. trad.) da : R. Hilferding El capital financiero Madrid, Editorial TECNOS, 1985, (prefazione, |pp|. 5-6 ) Nel 1910 pubblicò la sua opera più importante Il capitale finanziario; fu per due volte Ministro delle Finanze ( nel 1923 e nel 1928); la sua rivista Die Gesellschaft fu sempre ad indirizzo decisamente anticomunista. Con l’avvento del nazismo cominciò la sua fuga per tutta l’Europa, ma fu arrestato a Marsiglia nel 1941 e in carcere fu torturato e ucciso, anche se ufficialmente morì suicida. Il lavoro di Hilferding è caratterizzato da tre fasi: nella prima si è dedicato allo studio del capitale finanziario , nella seconda allo studio del capitale “organizzato” e nella terza ha affrontato il problema delle conseguenze del nazismo sul socialismo democratico. 2. Il concetto di capitale finanziario e i confronti con i capitalismi contemporanei L’importante crescita delle attività finanziarie, nazionali ed internazionali, che ha accompagnato il processo di mondializzazione a partire dai primi anni ‘70, accelerato negli anni ‘80 del secolo scorso, lontano dall’essere una novità è una caratteristica strutturale del sistema capitalista dalle sue origini. Così lo scrissero, a suo tempo, autori critici come Marx, Lenin o Hilferding e così lo affermano recentemente responsabili di istituzioni e organismi finanziari in tutto il mondo, a partire da quelli della Riserva Federale degli Stati Uniti d’America, commentando la situazione creata dalla crisi delle ipoteche-spazzatura, i cosiddetti subprime, e il fallimento di tante banche d’investimento. Nella fase attuale si assiste ad una mondializzazione dei mercati, causa ed effetto dell’aumento di competitività e di produttività del sistema economico nel suo complesso e dei singoli operatori economici più in particolare. Accanto alla internazionalizzazione del processo produttivo si registrano profondi mutamenti nei modelli comportamentali alla base della manifestazione della domanda dei beni e servizi prodotti. La cosiddetta globalizzazione neoliberista si manifesta in specifiche rappresentazioni dei diversi modelli capitalisti ma si caratterizza in ogni ambito come inasprimento dello sfruttamento e compressione dei diritti, nell’unico modo di essere del modo di produzione capitalistico. Ciò avviene attraverso la divisione internazionale del lavoro e un attacco senza precedenti al costo del lavoro, al salario diretto, indiretto e differito (disoccupazione strutturale, precarietà, tagli enormi dello Stato sociale, sviluppo del Profit State, fondi pensione e privatizzazioni, delocalizzazioni, esternalizzazioni, ecc.). In materia di relazioni economiche internazionali gli studiosi marxisti hanno avuto molto poco da aggiungere, solo alcune indicazioni al passo con lo sviluppo internazionale del capitale, un’analisi fondamentale dell’epoca dell’imperialismo da parte di Lenin, seguito da Baran e Sweezy, ed elementi di una costruzione incompleta sviluppata da A. Emmanuel e P. Palloix. Altri elementi attuali da considerare sono la teoria degli scambi mercantili e finanziari internazionali, quella delle aree monetarie su scala mondiale e gli elementi di analisi di una teoria del commercio estero che, comunque riferite contestualmente al loro tempo, erano già presenti nelle opere dei classici. Anche quindi a livello di sistema paese, o meglio di aree-poli, oltre che nel sistema imprese si configura una fase della competizione globale. In tutto ciò è ovviamente centrale anche nell’attuale fase l’analisi delle forme che assume il capitale. Si può parlare di quattro forme del capitale: il capitale finanziario,(meglio il capitale-investimento finanziario), il capitale produttivo (cioè gli investimenti produttivi), il “capitale umano” (forza-lavoro) e quello denominato capitale sociale, che sarebbe l’accumulazione di conoscenza e pratiche produttive. Il capitale-investimento non deve essere pensato come un corpo unico, bensì come unità differenziata e gerarchizzata in cui si fondono il capitale produttivo (tra cui gli IDE, gli Investimenti Diretti Esteri), il capitale commerciale e il capitale-finanziario (ossia l’investimento finanziario), il quale rispetto al passato ha assunto un carattere prettamente speculativo. Il capitale produttivo, nella fattispecie gli investimenti diretti esteri, e l’investimento finanziario, interagiscono reciprocamente al fine di disporre della massa-denaro che permetta di sostenere l’economia reale, o meglio di imporre la “stabilità” voluta dai grandi blocchi geopolitici in quei paesi in cui l’investimento produttivo è stato orientato. E ciò necessariamente porta a fenomeni di sovrapproduzione di merci e capitali. Le aree ad interesse strategico, quali l’Europa centro-orientale e l’area asiatica dell’ex Unione Sovietica, l’Eurasia, la stessa America Latina costituiscono di fatto il campo di battaglia dove i due maggiori poli geoeconomici, meglio i due poli imperialisti (USA, UE) combattono la propria guerra economica di controllo globale attraverso i movimenti delle diverse forme di capitale. Ciò è possibile grazie anche ad interventi in termini di internazionalizzazione finanziaria che, sfruttando i proventi degli investimenti produttivi esteri, servono per riciclare i profitti in occidente favorendo forme di speculazione finanziaria a facile guadagno e rendita. Il capitale produttivo è ancora sottomesso alle leggi degli Stati; una macchina non si trasporta tanto facilmente da un posto in un altro. Il capitale produttivo si muove in un spazio internazionale, perché le imprese multinazionali stabiliscono una logica di accumulazione che unisce le proprie attività in diversi paesi in un unico processo produttivo, anche attraverso le delocalizzazioni e le filiere internazionali. Il capitale umano, brutto termine dell’economia convenzionale per definire la forza lavoro, ha ancora più barriere, oltre a chiedere “permesso” alle frontiere, e costa più tempo trasferirlo che una macchina. La forza-lavoro si muove in un spazio internazionale con differenti forme di regolazione e valorizzazione della forza-lavoro stessa, agendo da un nomade esercito salariale di riserva. Da parte sua il capitale sociale, l’accumulo di conoscenze ed esperienza, il know-how, la cultura produttiva, è quasi strettamente nazionale, spesso addirittura regionale, locale(si pensi al fenomeno dei distretti industriali in Italia). Pertanto, le distinte dinamiche economiche si realizzano in questo pianeta a velocità e con barriere molto diverse. Ma attualmente l’unico mercato mondiale realmente esistente, che abbia sorpassato i limiti della regolazione degli Stati nazionali, è il mercato del capitale finanziario globale, favorito dalla deregulation finanziaria voluta già dalla fine degli anni ’70 per permettere quella globalizzazione finanziaria come tentativo di uscire dalla crisi strutturale di accumulazione e valorizzazione. Come tale la globalizzazione neoliberista è una realtà non finita, soggetta pertanto a cambiamenti imprevedibili nel suo divenire. C’è un’altra dimensione della globalizzazione neoliberista, che invece avanza rapidamente è quella in materia finanziaria, la cui analisi necessita di maggiori specifici approfondimenti di quelli effettuati in questo lavoro, ma che sicuramente trova una sua importante base teorica proprio negli studi di Hilferding. Proprio il volgere degli eventi e in particolare la situazione creatasi dopo la prima guerra mondiale a chiusura di una importante fase di mondializzazione del capitale, porta Hilferding a considerare una nuova teoria, ossia quella del capitalismo “organizzato”, in quanto il capitalismo non viene più visto come prossimo al crollo ma ad una sua trasformazione strutturale da realizzarsi attraverso le riforme. E, quindi, mentre in una società di libera concorrenza i sindacati devono organizzare la lotta di classe, nella società del capitalismo “organizzato” devono avere dei compiti socialisti. Nella sua opera principale Il capitale finanziario Hilferding stima eccessivamente la volontà rivoluzionaria della classe operaia e si dice convinto che il ruolo del capitale finanziario messo a disposizione delle banche affinché possa essere utilizzato dalle industrie rappresenta l’ultimo stadio del capitalismo. Evidente è la diversa impostazione teorica e politica, soprattutto nel metodo, con Marx. La nozione di capitale è centrale nell’opera di Marx, fino al punto che dà nome alla sua opera maggiore. Proprio per questa importanza, o magari per questa ragione, risulta abbastanza complicato riassumere in alcuni linee il suo obiettivo e significato. Inoltre, l’onnipresenza della scienza economica dominante tradizionale e convenzionale nei mass media e nella produzione di ricerca e di egemonia imposta nell’accademia contribuisce ad oscurare più che a chiarire la questione. Di fronte alle semplificazioni puramente propagandistiche, anche da sinistra, per il mantenimento della società del capitale e alle sue leggi del modo di produzione capitalista, l’analisi di Marx e poi quella marxista, approfondisce la natura stessa del sistema economico dentro il quale ha senso l’esistenza e il funzionamento del capitale, proponendo una vera spiegazione dei processi sociali implicati. E, in parte,su tale impostazione si associa lo stesso Hilferding assumendo che : “Il denaro serve in questo processo unicamente come mezzo di prova del fatto che le condizioni individuali di produzione della merce corrispondono alle condizioni sociali di produzione.” (Hilferding (85), p. 21, Nos trad.), ma contraddicendosi pienamente nelle conseguenze da trarne sul piano politico e sulle possibilità e modalità di trasformazione e superamento del modo di produzione capitalista. Lo scambio di una merce per denaro conferma la natura sociale della produzione privata, la definisce come parte dello sforzo produttivo sociale totale, per un ammontante dado dalle unità. In questo tipo di transazioni, il denaro è l’unità di conto e il mezzo di scambio. Questa è la nozione più semplice del denaro ed è soggetta alla contraddizione di dover essere una merce, un valore d’uso, concreto ed allo stesso tempo rappresentare quello che hanno tutte le merci in comune, il valore di scambio.
3. Primi approcci per una teoria compiuta sul denaro Di fronte alle definizioni convenzionali del denaro, semplici descrizioni delle sue diverse caratteristiche apparenti (unità di conto, mezzo di scambio e deposito di valore), la teoria marxista iscrive queste descrizioni nella natura contraddittoria del valore di scambio ed in quella della sua rappresentazione ideale, il denaro. Il valore di scambio, la produzione e le economie basate su di esso, racchiudono la contraddizione che appare tra il bisogno di produrre valori in uso disponibili per il consumo (sotto la forma di valori di scambio) e le conseguenze di dare priorità al valore di scambio, alla sua crescita, alla gestione dei mezzi produttivi. La funzione di mezzo di pagamento del denaro è molto vincolata alla sua funzione come mezzo di scambio: “Nel processo di circolazione M, D, M la stessa grandezza di valore esisteva duplicata, una volta come merce ed un altra come denaro. Ma la merce può anche essere venduta e pagata in un secondo momento. La trasformazione della merce si è consumato prima che il suo valore sia stato sostituito dal denaro. Il venditore si converte in creditore e il compratore in debitore. Il denaro riceve una nuova funzione mediante la separazione di vendita e pagamento, si converte in mezzo di pagamento. È cessato il fenomeno simultaneo dell’equivalente in merce e denaro in ambedue i poli del processo di vendita. Il mezzo di pagamento entra in circolazione, ma dopo che la merce è uscita dalla stessa. Il denaro ora non media nel processo, ma lo conclude indipendentemente.” Hilferding (85), p. 48 (Nos. Trad.). Secondo la concezione marxista del denaro, bisogna distinguere le diverse funzioni del suddetto, cosa che ammettono anche gli economisti tradizionali. In questa maniera, il denaro può agire principalmente come unità di conto, misura dei valori; come mezzo di scambio e di pagamento; ed, alla fine come riserva di valore o capitale accumulato. Ma la prospettiva marxista si distanzia dalla visione dominante, ai tempi di Marx come attualmente, nella misura in cui stabilisce chiaramente le contraddizioni in cui incorre il denaro nelle sue diverse funzioni, ed in cui la sua analisi si iscrive nel processo generale di circolazione delle merci attraverso i cosiddetti circuiti o processi ciclici del capitale. Avendo riferimento anche alle categorie marxiste, la nozione di capitale di Hilferding e che anche a tutt’oggi abitualmente si utilizza, non solo non coincide con il concetto marxista di capitale ma crea confusioni gravi, incluso per gli economisti che l’utilizzano nei loro ragionamenti teorici. Come ha denunciato Marx ai suoi tempi, oggi continua ad essere abituale nei circoli convenzionali, dominanti sul piano economico e politico, confondere denaro e capitale. Allora come adesso era facile confonderli, ma la logica di Marx non lascia spazio a dubbi: una cosa è il denaro come unità di conto, mezzo di scambio e di pagamento, ed altra cosa il denaro come riserva di valore; una cosa è il denaro nello scambio di merci tra loro ed altra cosa è il denaro nel capitalismo, nell’accumulazione ampliata. Ai tempi di Marx, ed anche in quelli di Hilferding, i bassi livelli salariali e il relativo ritardo dei sistemi bancari nazionali rese impensabile il fatto che questo tipo di credito potesse generalizzarsi nei pagamenti dei salari perciò si considerò che la maggior parte di questi dovesse pagarsi in denaro “contante e sonante”. D’altra parte, allora come adesso, i pagamenti corrispondenti all’acquisto di materie prime per la produzione, operazioni realizzate tra capitalisti, rispondevano chiaramente al tipo di operazioni in cui il denaro utilizzato non era tale ma era denaro creditizio.2 Perciò, in circostanze normali, questo credito tra capitalisti si sostiene da solo finché si estingue, sulla base del capitale produttivo creato per l’investimento finanziato ed il prodotto della vendita futura delle nuove merci. Ciò di cui ha bisogno il capitalista industriale che investe è il denaro per comprare merci e lavoro, capitale monetario. Nel passare ad essere il denaro un mezzo di pagamento, si apre la possibilità di gestire ed organizzare i pagamenti monetari con l’obiettivo di ridurre al massimo il denaro in contanti necessario per effettuarli. Questo desiderio di economizzare denaro contante induce a sostituirlo con un altro tipo di denaro, che permetta di evitare lo sfasamento tra ricavi e costi In questo caso si parla di denaro di credito: “Il credito appare, in primo luogo, come semplice risultato della funzione del denaro come mezzo di pagamento”. Hilferding (85), p. 72 (Nos. Trad.) Mentre nella riproduzione semplice sono le merci, quelle acquistate o vendute, ad essere l’obiettivo finale delle transazioni, cosa caratteristica delle economie non capitaliste, e, dunque, il denaro non diventa un mezzo di scambio, come descrivono le teorie monetarie classiche, nella riproduzione ampliata c’è un cambio qualitativo della funzione esercitata dallo stesso. Indipendentemente dal grado di sviluppo del sistema bancario e di credito, il capitalista che interviene sui mercati delle merci e del lavoro lo fa per conseguire più denaro con la futura vendita delle nuove merci prodotto. Così, parte del suo denaro (D) comprerà materie prime (Mp) ed altra parte lavoro (L) per conseguire, dietro la produzione, più denaro rispetto a quello l’investito. “Ciò che è stato reso possibile qui, in primo luogo, attraverso il denaro è la separazione e l’indipendenza della circolazione del valore del capitale fisso di fronte alla continuità della sua funzione tecnica nel processo di produzione.” Hilferding (85), p. 63 (Nos. Trad.); e continua spiegando che il denaro proveniente dell’ammortamento del capitale fisso si converte così in una delle principali fonti di capitale monetario “congelato” per i suoi detentori-proprietari, che lo vanno accumulando, periodo dopo periodo, fino ad utilizzare la somma totale in sostituzione dell’elemento del capitale fisso ammortizzato. Ebbene, il “congelamento” del capitale monetario durante un certo tempo nel corso del processo di circolazione del capitale individuale tende ad essere eliminato dal credito per il capitale sociale.” Logicamente, il sistema bancario non va a distinguere alcuni fondi da altri nel momento di conseguire gli utili, cosicché nonostante i suoi detentori -proprietari cerchino di mantenere i “liquidi”, i fondi dell’ammortamento alimentano crediti di capitale addizionale. Al contrario, nella riproduzione ampliata, il denaro compie una funzione più complessa: “Il denaro-capitale costituisce la forma in cui appare in scena tutto il capitale individuale ed inizia il processo come capitale. Perciò, appare come il primus motor, prestando il suo impulso all’intero processo.” Marx (81), p. 336 (Nos. Trad.) Avendo riferimento anche alle categorie marxiste, la nozione di capitale di Hilferding e che anche a tutt’oggi abitualmente si utilizza, non solo non coincide con il concetto marxista di capitale ma crea confusioni gravi, incluso per gli economisti che l’utilizzano nei loro ragionamenti teorici. Come ha denunciato Marx ai suoi tempi, oggi continua ad essere abituale nei circoli convenzionali, dominanti sul piano economico e politico, confondere denaro e capitale. Allora come adesso era facile confonderli, ma la logica di Marx non lascia spazio a dubbi: una cosa è il denaro come unità di conto, mezzo di scambio e di pagamento, ed altra cosa il denaro come riserva di valore; una cosa è il denaro nello scambio di merci tra loro ed altra cosa è il denaro nel capitalismo, nell’accumulazione ampliata. Ai tempi di Marx, ed anche in quelli di Hilferding, i bassi livelli salariali e il relativo ritardo dei sistemi bancari nazionali rese impensabile il fatto che questo tipo di credito potesse generalizzarsi nei pagamenti dei salari perciò si considerò che la maggior parte di questi dovesse pagarsi in denaro “contante e sonante”.
4. La questione bancaria,
il capitale finanziario e la natura
della crisi attuale del capitale
Nei primi anni del 1900 si sviluppa la cosiddetta banca mista (banca tedesca) che si differenzia dalla precedente banca di deposito (la banca inglese)3. Hilferding sostiene che la caratteristica della banca tedesca risiede proprio nella diversa destinazione del capitale che si presta e si ha quindi una sostanziale differenza tra il credito per la circolazione, ossia il denaro che si presta all’impresa per i suoi pagamenti, e il capitale di credito ossia il denaro utilizzato per finanziare gli investimenti produttivi.
Si ha quindi che la banca inglese in sostanza è specializzata nel cosiddetto capitale circolante mentre la banca tedesca, o banca mista, può accordare un prestito
5. Quale uscita dalla crisi: capitalismo sociale “organizzato” o socialismo? Rinunciando all’idea del superamento del modo di produzione capitalista, più che nella descrizione delle categorie, l’impostazione tra Hilferding e Marx è completamente differente sul piano del metodo e delle conseguenze politiche. È il capitalismo “organizzato” che rappresentava in sostanza una fase di transizione per giungere al socialismo; il capitalismo “organizzato” era in sostanza l’unione di capitale commerciale, industriale e bancario. Il concetto di capitale organizzato porterà Hilferding a ritenere che il proletariato dovrà scegliere fra questo e il socialismo democratico arrivando qualche tempo dopo a sostenere che la mancata rivoluzione ha in realtà decretato la vittoria del capitalismo “organizzato”. Questa situazione di accordi sempre maggiori tra le imprese porta inevitabilmente alla necessità della crescita delle banche che sono chiamate a disporre di sempre maggiori capitali; Hilferding arriva a prevedere la necessità della costituzione di una unica grande banca o di un unico grande gruppo di banche che avrebbero in tal modo gli strumenti per controllare tutta la produzione industriale. La creazione di un sistema banca centrale porterebbe, sostiene Hilferding ad una naturale formazione di un cartello generale delle imprese che regolerebbe la produzione; tutto ciò inciderebbe necessariamente nel rapporto tra i capitalisti e lo Stato. Si avrà, quindi, che in paesi come l’Inghilterra dove il capitalismo concorrenziale è molto sviluppato i capitalisti richiederebbero una grande libertà di commercio; al contrario negli altri paesi europei e in Nordamerica i capitalisti richiedono dogane protettive per difendersi dalla concorrenza inglese. “Dal momento che il capitale -scrive Hilferding- non può fare altra politica che quella imperialistica, il proletario non deve contrapporre a quella imperialistica una politica eguale a quella dei tempi in cui il capitale industriale dominava incontrastato: il compito del proletariato non consiste nel contrapporre alla politica capitalistica più progredita quella, ormai superata, dell’era del libero scambio e della opposizione allo Stato”. 12 Oggi, invece il nuovo processo di internazionalizzazione è ormai affermato nei mercati come processo di competizione globale per l’impresa diffusa nel sociale (generalizzando, cioè di tipo postfordista) nell’epoca dell’accumulazione flessibile. Infatti, escludendo il circuito dei consumi locali e tradizionali, per la stragrande maggioranza dei prodotti ormai non vi è differenza di status o di percezione dei prodotti nazionali e dei prodotti trasnazionali; di solito, i prodotti che provengono da altri paesi, o sono diretti ad altri paesi, vengono trattati allo stesso modo dei prodotti nazionali. Le imprese, ormai, tendono a considerare il mercato interno come una delle parti di un mercato più ampio, articolato in molte unità nazionali: un mercato transnazionale in cui sviluppare la competizione globale in chiave microeconomica come competizione fra imprese, e in un’ottica macroeconomica come competizione fra poli geoeconomici. Le imprese, comunque, sono un asse portante dell’internazionalizzazione, in quanto da una parte hanno dettato i tempi e modi della transnazionalità e dall’altra ne hanno tratto il massimo beneficio. Senza dubbio l’economia capitalista da metà degli anni ‘70 si trova immersa completamente in un nuovo paradigma tecnologico predominante, diverso da quello che era servito da base al ciclo fordista-keynesiano e che l’economia cosiddetta postfordista aveva lasciato definitivamente dietro di sé. Altri componenti dell’aggiustamento neoliberista sono state la flessibilizzazione salariale e di impiego e la deregolamentazione per via legale (cioè la precarizzazione istituzionale); riduzione dell’insieme di norme che regolano il funzionamento dell’economia e privatizzazione, cioè riduzione della capacità di intervento diretto nell’economia dello Stato e del settore pubblico. Quindi una situazione di competizione globale del tutto diversa da quella ipotizzata da Hilferding per la fase di massimo sviluppo delle relazioni capitalistiche che avrebbero potuto generare un capitalismo “organizzato” sociale. L’idea del cartello generale di Hilferding si collegava, nel contesto economico-produttivo e politico-sociale del suo tempo, all’ipotesi che questo connubio sistema banca- sistema impresa potrebbe guidare l’economia capitalistica e questo confermerebbe la speranza della realizzazione di un sistema socialista attraverso cambiamenti pacifici, verso un capitalismo sociale o un socialismo di mercato, detta con i termini attuali. Questa teoria è però molto illusoria in quanto non analizza i problemi legati al lavoro salariato, alla produzione, allo scambio, come evidenzia in maniera netta e chiara Marx. “Alla fine, senza il minore dubbio, il sistema di credito agirà come una poderosa molla nel periodo di transizione dal regime capitalista di produzione al regime di produzione del lavoro associato, ma solamente come un elemento in relazione con altre grandi commozioni organiche dello stesso regime di produzione. Invece, le illusioni che alcuni si fanno riguardo al potere miracoloso del sistema di credito e del sistema bancario in un senso socialista nasce dall’ignoranza totale di ciò che è il regime capitalista di produzione ed il regime di credito come una delle sue forme.” Marx (80), p. 620 “Non appena il mezzo di produzione smette di essere capitale (ciò implica anche l’abolizione della proprietà privata sul suolo), il credito come tale non avrà ora [p. 620] nessuno senso, cosa che, del resto, hanno visto anche i sansimoniani. Al contrario, fino a quando durerà il regime capitalista di produzione perdurerà come una delle sue forme il capitale ad interesse e seguirà a formare, in realtà, la base del suo sistema di credito.” Marx (80), p. 621 A fine anni ’20 con la crisi economica lo stesso Hilferding comincia a sospettare della correttezza della sua teoria sul “capitalismo organizzato”, realizzando di non aver saputo cogliere l’importanza della guerra e le sue ripercussioni economiche. Ed ancora Hilferding sostiene che i paesi capitalistici avanzati attaccano sempre di più i paesi sottosviluppati anche attraverso l’uso di forme violente; questo porterà ad un risveglio della propria coscienza nazionale: “A poco a poco [...] lo stesso capitalismo finisce col suggerire ai popoli assoggettati i principi e i metodi della loro liberazione... Simili aspirazioni indipendentistiche minacciano il capitale europeo proprio nei territori più ricchi di risorse naturali e di prospettive di sfruttamento, e il capitale per mantenere il suo dominio si vede costretto a rafforzare continuamente i suoi strumenti egemonici”13.Nonostante ciò mantenne comunque la propria posizione continuando a sostenere che il capitalismo organizzato riesce a risolverei conflitti economici e sociali.14 È così che nella fase successiva Hilferding si interessa soprattutto di economia e politica nello stato nazionalsocialista e si dedica soprattutto alla politica estera, tralasciando l’approfondimento di alcuni temi che con gran intuito aveva iniziato ad analizzare e che necessitavano di un più adeguato approfondimento sul piano dei riscontri con una realtà politico-economica in continua evoluzione, nella quale le risposte alla crisi del capitale dovevano assumere fin da allora carattere politico organizzato per la trasformazione radicale dello “stato di cose presenti”. E pur trattandosi oggi di una crisi strutturale e sistemica non si può certo parlare della prossima fine della società del capitale. Non davvero perché il sistema capitalista troverà ancora delle modalità attuative dei capitalismi per far sopravvivere il modo di produzione capitalista, ma soprattutto perché il passaggio ad un modo di produzione altro, presuppone ovviamente non solo l’esplosione dell’oggettività drammatica in cui si presenta la crisi ma la presenza organizzata della soggettività di classe che può indirizzare verso i percorsi reali di trasformazione economica e sociale con la soluzione della crisi del capitale che potrà assumere solo le vesti della politica in quel processo dinamico che si muove sull’orizzonte della costruzione della società “altra”, cioè del socialismo. Si ringrazia Henrike Galarza (Univ. Pamplona, Paesi Baschi) per la collaborazione e le considerazioni critiche.