Ali SPEZZATE

SILVIA ROSSI

La vicenda Alitalia in un film documentario prodotto dai lavoratori

Tutti giù per aria... ché per terra sono rimasti già in troppi, o meglio per strada: sono gli oltre diecimila lavoratori, tra assistenti di voli, piloti, precari dell’ex Alitalia, che nel passaggio alla Compagnia Aerea Italiana si sono ritrovati in cassa integrazione nel migliore dei casi, senza lavoro e senza nessun tipo di ammortizzatore sociale, nel peggiore. Sull’altare dell’italianità della compagnia, cavallo di battaglia della campagna berlusconiana per le elezioni dell’aprile 2008, sono stati sacrificati, poi, almeno altri quattromila lavoratori dell’indotto (mense, imprese di pulizia, manutentori, tecnici informatici ecc.), spariti semplicemente nel nulla. Totale: quattordicimila persone a spasso, da un mese all’altro. La stampa ne ha scritte di cose sulla vicenda Alitalia, che a detta di molti sindacalisti e lavoratori ha fatto impallidire il caso della Parmalat per gravità della situazione di azionisti e lavoratori implicati. Nessuna notizia, però, ha tenuto veramente conto della voce dei lavoratori che, per mesi, da settembre dell’anno scorso, hanno protestato quasi quotidianamente nei corridori dell’aeroporto di Fiumicino, sulla piazza di Montecitorio, sotto il Ministero del Lavoro a via Fornovo e davanti alla sede di via Flavia. Ora quei mesi di lotta, che hanno decretato l’ennesima sconfitta del diritto al lavoro in Italia, sono diventati un docufilm, Tutti giù per aria, ché sulla terra, appunto, non c’è posto per tutti. A presentare a Roma, il primo giugno scorso, al teatro Ghigne, la pellicola - ideata, autoprodotta e realizzata dagli stessi ex lavoratori Alitalia con l’aiuto del regista Francesco Cordio, del giornalista Matteo Messina e del montatore Francesco Biscuso - sono stati proprio loro: assistenti di volo in cassa integrazione, piloti di Boeing a spasso per le vie di Roma, ex assistenti di terra aeroportuali ora in cerca di lavoro... e giustizia, almeno mediatica. Adesso il film sta girando per festival sotterranei e non. E il ricavato delle vendite del dvd (disponibile sul sito www.tuttigiuperaria.it) andrà ai lavoratori più bisognosi, che a causa del taglio fino al 40% del loro stipendio, dovuto alla cassa integrazione, non riescono più ad arrivare a fine mese. «L’obiettivo è stato puntato sugli ultimi mesi di contestazione di un’intera categoria - spiega uno degli ideatori del ducufilm, Alessandro Tartaglia Polcini, ex assistente di volo ora cassaintegrato - quella dei lavoratori dell’ex Alitalia, che si è trovata coinvolta in una centrifuga politico-economica senza precedenti in Italia». «Con il passaggio a Cai - aggiunge Guido Gazzoli, altro realizzatore del film, ex capo cabina per ben 28 anni, ora in cassa integrazione anche lui - ben quattordicimila persone hanno perso il lavoro e il nuovo contratto, entrato in vigore con il benestare dei sindacati confederali e di categoria, non osserva molti dei diritti fondamentali che dovrebbero invece tutelare i lavoratori assunti». Tra questi, una delle più gravi lacune è la mancata tutela per genitori con figli minori a carico, che non vengono esentati dal lavoro notturno. Una delle scene più toccanti del documentario è la protesta delle mamme passate in Cai, che hanno portato i loro figli a manifestare dietro lo striscione: «Se la mamma parte in volo io stanotte dormo solo». «Una feroce campagna mediatica - racconta Francesco Staccioli, promotore del film, responsabile di cabina Alitalia per 21 anni, ora in cassa integrazione - ha dipinto per mesi la nostra categoria di dipendenti con tinte fosche... quello che noi abbiamo voluto fare con questo film è dimostrare che non è tutto come lo hanno mostrato in televisione, vogliamo raccontare all’opinione pubblica quello che non conosce fino in fondo. E vogliamo farlo noi». Nei contenuti extra del film, che si trovano sul sito stesso, sono presenti molti interventi che personalità della politica e del mondo dello spettacolo hanno rilasciato ai lavoratori durante i mesi di “balletti” che hanno caratterizzato il fallimento della compagnia di bandiera, tra cui il sindacalista Giorgio Cremaschi (Fiom-Cgil), il premio Nobel Dario Fo, l’attore Ascanio Celestini (che ha regalato un suo brano inedito, che inizia e chiude il docufilm, agli ex lavoratori), la ministra Mara Carfagna, il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero e tanti altri che, bene o male, hanno parlato dell’“aereo di carta” Alitalia. «In molti hanno accusato questo film - spiega il regista Francesco Cordio - di essere di parte, di non prendere mai in considerazione il punto di vista dell’altro, ovvero dell’azienda. Ebbene, è proprio così! Questo è un film di parte, militante nel senso stretto della parola. Dà voce e parte dalla voce dei lavoratori. È il loro sguardo sulla vicenda Alitalia. Come faceva a non essere di parte?». Dopo i titoli di coda, quando l’aero di carta Alitalia è ormai “disperso” nel mare nostrum della Cai, si possono leggere alcuni dati che nessuna tv, radio o giornale ha mai pubblicato: quelli delle morti e delle malattie professionali che migliaia di lavoratori d’aria hanno contratto in servizio, a causa della prolungata esposizione a radiazioni ionizzanti che provocano tumore e altre patologie, pressurizzazioni che sottopongono il fisico a carenze di ossigeno costante e presenza elevata di anidride carbonica. Solo per dirne alcune. Senza considerare l’amianto dei vecchi Dc9 e Dc8, allo stress dovuto a variazioni climatiche, irregolarità alimentari, fusi orari ecc. Non c’è che dire, alla fine del film è inevitabile sentirsi tutti un po’ giù per aria, con lo stomaco; un po’ più con i piedi per terra, invece, con la testa. A fianco dei quattordicimila lavoratori che da mesi, come il protagonista del docufilm, Fernando Cormick, girano alla ricerca del lavoro perduto, in attesa, forse, di essere “integrati” in una Compagnia che nei loro confronti ha vestito la bandiera del disonore, in difesa di un’italianità maschera di uno dei più gravi e grandi massacri alla storia del lavoro italiano degli ultimi sessant’anni.