Condizionamenti economici dello sviluppo locale comunitario

GERTRUDIS LETICIA TOLEDO CABRERA

Introduzione

Nel contesto latinoamericano le relazioni lavoro - capitale, rappresentano l’essenza del modo di produzione capitalista imperante che ha modellato i processi di sviluppo locale secondo gli interessi del grande capitale transnazionale globalizzato. L’alternativa dello sviluppo locale comunitario in America latina dalla sua dimensione socioeconomica non potrebbe essere compresa senza considerare l’interrelazione dialettica tra le forze produttive sottosviluppate e le relazioni di produzione capitaliste dominanti. Questo è quello che ci permette di comprendere ed agire nelle cornici storiche concrete di un organismo sociale dove si sono consolidate relazioni socioeconomiche esclusorie.

1. Contraddizione Forze Produttive - Relazioni di Produzione Partire dall’assunto della comunità come gruppo sociale permette di apprezzarla come un’entità mediatrice di processi sociali ed individuali che si costituisce nello spazio socializzante della personalità inserito in una formazione economico-sociale concreta.2 I fenomeni sociali di qualsiasi comunità hanno la loro genesi nel modo di produzione, cioè, nella congiunzione sistemica delle loro forze produttive e delle relazioni di produzione che si stabiliscono tra gli uomini. La legge della corrispondenza tra il livello di sviluppo delle forze produttive e le relazioni di produzione è il fondamento della teoria marxista dello sviluppo che non esclude il ruolo della sovrastruttura. La soggettività e la sovrastruttura formalizzata sono tanto più potenti ed effettive quanto più si conoscono e dominano le relazioni sociali di produzione e le tendenze oggettive che emergono nel loro spiegamento incessante e contraddittorio. L’esame del modo di produzione ci fornisce il fondamento economico materiale delle relazioni sociali imperanti nella comunità e ci permette di conoscere il potenziale di sviluppo presente in esse. Per questo è importante comprendere il riflesso dell’avanzamento delle forze produttive nelle relazioni di produzione della società e come tali relazioni favoriscono od ostacolano lo sviluppo delle forze produttive. A livello macro - economico è essenziale che le dimensioni e le determinanti dello sviluppo siano in sintonia con le relazioni economiche dominanti nel paese, ed il livello di sviluppo raggiunto dalle forze produttive in un momento dato. Il sistema economico e sociale pone un’impronta differenziante su vari piani e direzioni. La comunità esiste nei limiti di relazioni di proprietà dominanti di uno o di un altro tipo. Come è noto, le relazioni di proprietà rispetto ai mezzi di produzione costituiscono la base del sistema di relazioni sociali di produzione che determinano la situazione delle classi e dei gruppi sociali della produzione nella distribuzione, nello scambio, nel consumo ed il contenuto degli interessi economici. L’attuale stadio di sviluppo del capitalismo, detto globalizzazione più che un’espressione di interdipendenza come lo si definisce frequentemente, come se gli agenti che ne fanno parte si relazionassero alla pari, diluendo le relazioni di dominio, è un doppio movimento di polarizzazione sociale: all’interno di ogni paese, con sempre più poveri e pochi ricchi e su scala mondiale tra paesi e regioni poveri e ricchi.3 In America Latina esistono relazioni di produzione capitaliste marcate da caratteristiche di sottosviluppo economico e sociale ai tempi della globalizzazione neoliberalista. Risultante del processo di dominazione economica del capitalismo sviluppato e conforme alle regole imposte dagli interessi coloniali ed imperialisti, si trasformò questa regione in produttrice di materie prime per il grande capitale e consumatrice di beni industriali, pur rimanendo immutata la divisione internazionale del lavoro con svantaggi per questi paesi produttori di uno o al massimo due prodotti e importatori del resto dei beni; vittime di un scambio disuguale attraverso il quale perdono permanentemente gran parte della loro eccedenza economica. Ma la causa di questa divisione la si attribuisce alla disuguale distribuzione dei frutti del progresso scientifico-tecnico dove i primi produssero e si appropriarono dei progressi ed allo scambio disuguale derivato dalle differenze di produttività del lavoro. Nonostante l’esistenza di differenti tipi di elementi intrecciati nella struttura socioeconomica dell’America latina si può dimostrare che esiste un sistema di subordinazione basato su un elemento principale, dominante, capace di unire e subordinare i differenti elementi di tale struttura: il capitale. In questa struttura può osservarsi che le relazioni di produzione capitalista nonostante non siano né omogenee e né uniche, sono le dominanti. Il resto dei tipi di produzione si sottomettono e non entrano in contraddizione antagonistica pur essendo altrettanto mercantili. In questo modo si constata che la relazione sociale di produzione in America latina è il capitale che unisce i differenti elementi della struttura sociale eterogenea. Nonostante che possano esistere differenze tra questi paesi, nei quali possono avere maggiore o minore grado di maturazione le relazioni di produzione capitalista, la contraddizione economica fondamentale, la legge economica fondamentale, le classi, i fattori sovrastrutturali sono quelli di tale modo di produzione. Dentro tali relazioni quelle monopolistiche, costituite da capitale straniero e nazionale, sono arrivate ad essere dominanti. Per questa ragione i fattori esterni ed interni dello sviluppo sono integrati in un tutto unico. Ciò dà luogo a che si crei una contraddizione principale i cui poli sono i blocchi dominanti ed il resto è costituito dagli altri elementi della struttura socioeconomica. In modo che la contraddizione fondamentale del capitalismo, tra il lavoro ed il capitale, si manifesta in questi paesi in modo più ricco e complesso. Le relazioni di produzione costituiscono un sistema che va dalla produzione ed appropriazione dell’eccedenza economica, passando per la distribuzione della ricchezza, allo scambio ed al consumo finale.4 Le forme specifiche che assume l’accumulazione del capitale nella sua fase di globalizzazione tende ad acutizzare le contraddizioni tra lo sviluppo delle forze produttive e le relazioni sociali di produzione, tra l’appropriazione individuale e crescente della produzione, tra l’irrazionalità sociale, politica ed ecologica del sistema nel suo insieme e la razionalità economica dei monopoli transnazionali. L’accumulazione quindi sia nella sfera produttiva che in quella non produttiva, è dipendente dai paesi sviluppati, ma solo questi ultimi sono quelli che si appropriano delle eccedenze economiche che il paese genera, per le distinte vie. “L’incapacità dei paesi sottosviluppati di indurre il decollo economico ed approdare all’autosostenibilità della crescita economica è probabilmente il più cospicuo dei tratti del sottosviluppo e della dipendenza”.5 Il risparmio interno è insufficiente per i processi di accumulazione, in primo luogo per la scarsa eccedenza economica che si genera. Tutto ciò predomina nel settore agricolo oltre che nella sua struttura economica anche per la storia di colonizzazione, e negli ultimi tempi va espandedosi anche al settore informale. La bassa produttività del lavoro è la chiave per capire il fenomeno della bassa capacità di generazione di eccedenza economica che risulta a sua volta molto instabile ed incerta per fattori naturali e per il comportamento del mercato mondiale al quale sono subordinati. L’incertezza del ciclo economico ed il carattere esportatore dipendente dei mercati internazionali dominati dal capitale monopolista, sono il risultato evidente della deformazione e dei ritardi. Circa la distribuzione, l’America Latina si è caratterizzata per essere la regione del mondo che presenta il maggiore livello di disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Per l’enorme breccia esistente nella distribuzione delle entrate tra il piccolo segmento di ricchi e la massa enorme dei poveri con scarso accesso ai mercati. La mancanza di equità distributiva, riferita a come e quanto si distribuiscono le entrate nazionali tra i gruppi sociali, raggiunge dimensioni allucinanti. Il basso livello di vita ed il ritardo sociale sono un risultato diretto della struttura deformata della proprietà, della produzione interna e della dipendenza esterna dal capitalismo monopolista internazionale.6 La questione della povertà in America Latina è fondamentalmente un problema di ridistribuzione. “Siamo obbligati a determinare un modello di consumo che concili le possibilità reali di ogni paese con giudizi di valore che facilitino un’adeguata selezione ed assimilazione del meglio e più progredito derivante dalla civiltà tecnologica del mondo attuale nel momento in cui avanza nello sviluppo parallelo di spiritualità basata sui tesori del sapere e della cultura se si ama un uomo colto all’altezza del secolo XXI.7 Una società non può aspirare a consumare più di quello che è capace di produrre. Questo assioma colloca i paesi in via di sviluppo in una posizione di inferiorità davanti alle enormi disuguaglianze planetarie di ricchezza e povertà. La disconnessione del consumo interno dalle possibilità reali dei paesi è un’altra parte delle distorsioni alienanti nei paesi latinoamericani. I modelli di consumo della classe dominante e l’interesse dei paesi sviluppati coincidono facendosi valere per tutti. Il cosiddetto “effetto dimostrazione” si traduce nel fatto che il paniere del consumo deve essere riempito coprirla a colpi di importazioni crescenti, o investendo in rami produttrici di beni di lusso per determinati gruppi sociali. Per questi motivi il mercato interno non ha il dinamismo e la dimensione sufficienti per generare stimoli economici che spingano il capitale nazionale all’investimento, all’industrializzazione e definitivamente alla crescita economica. In sintesi, le forze produttive arretrate e le relazioni di produzione a dominazione capitalista costituiscono la base del sistema di contraddizioni che esiste in America Latina generato dall’l’accumulazione originaria del capitale; sistema che si acutizza e moltiplica vieppiù con effetti economici e sociali alienanti.

2. Contraddizioni dello Sviluppo Locale dalle relazioni di produzione dominanti I modelli proposti a partire dalle note teorie dello sviluppo, hanno messo a fuoco tradizionalmente lo sviluppo come un fenomeno macro, centrando la sua analisi nella nazione come insieme e totalità. All’aspetto territoriale nello sviluppo non era stata prestata invece alcuna speciale attenzione nelle concezioni delle differenti correnti di pensiero; ma l’esistenza ineludibile della globalizzazione ha un significato diverso per regioni e paesi, aprendo e chiudendo prospettive, complicando i processi di disuguaglianza sociale ed economica tra paesi e tra località. Questo processo impone condizioni al processo di accumulazione globale, che coinvolgono differentemente i territori a seconda delle loro diverse dimensioni. Relativamente al territorio esistono concezioni contrapposte, da un lato alcuni concentrano l’analisi sul processo di accumulazione e crescita economica, indipendentemente dal territorio, (il mercato assegnerebbe sempre l’opzione più efficiente delle risorse); e da un’altra parte vi sono coloro che considerano che i paesi sottosviluppati devono appoggiarsi sulle misure statali per risolvere le disparità imposte dallo sviluppo disuguale del capitalismo mondiale. Questa ultima variante ha dato luogo alla disarticolazione di molti territori, dando risposta alla specializzazione per l’esportazione di determinati prodotti. Alcuni evidenze dell’avanzamento della globalizzazione neoliberista sul territorio sono l’articolazione interterritoriale che è coordinata da soggetti extranazionali, la selettività di alcune regioni per i loro vantaggi competitivi, con la conseguente esclusione di altre; la riduzione o rinuncia da parte dello Stato alla sua funzione redistributiva essenziale, ecc..8 La cosa locale come unità di analisi nelle teorie dello sviluppo è utile per varie ragioni dal punto di vista teorico ed empirico, tra esse: il tentativo di cercare una nozione di sviluppo che permetta di spiegare l’azione pubblica per lo sviluppo di località e regioni arretrate, la necessità di interpretazione di processi di sviluppo industriale in località e regioni del sud dell’Europa, il passaggio dal modello fordista di produzione al modello di produzione flessibile, le tendenze attuali ai processi di decentramento, i cambiamenti nel modello di accumulazione, i processi di ristrutturazione dello Stato, le domande di spazi di autonomia della società civile e gli effetti della globalizzazione. Le aspettative dello sviluppo industriale attraverso i poli di crescita che avrebbero dovuto determinare un aumento del livello occupazionale in zone rurali, sono miseramente fallite determinando, contrariamente alle attese, un processo di migrazione verso aree urbane, privilegiando alcune zone ed estendendo la povertà ad altre. L’economia capitalista aveva dato luogo a spoporzioni territoriali nel suo sviluppo, poiché storicamente è prevalso un processo di socializzazione a partire dalla specializzazione di alcuni territori nell’esportazione di prodotti, senza che questo implicasse lo sviluppo di altri. Allo stesso tempo, una preoccupazione della scienza e della politica a livello mondiale che comincia ad occupare un posto importante è il problema ambientale tutto ciò, almeno, come interpretazione dello sviluppo a partire dagli anni ‘80.9 Il punto culminante di tale concezione si definisce sviluppo sostenibile che ha rappresentato un nuovo punto di vista dello sviluppo poiché integra le dimensioni economiche, sociali ed ambientali, si avvicina ad un’analisi globale, sottolinea l’importanza dell’equità intergenerazionale, e prende in considerazione i problemi ambientali dei paesi sottosviluppati. Ma per i paesi sottosviluppati, eliminare la povertà è fondamentale per raggiungere lo sviluppo sostenibile. Le misure politiche imposte con la nascita del modello neoliberale accentuarono le disuguaglianze sociali, approfondendo la povertà, aumentando l’indebitamento estero, che si trasformò in una maggiore dipendenza dal centro imperiale del capitale; il neoliberismo ha causato danni ambientali, recidendo maggiormente le possibilità di uno sviluppo sostenibile ed equo, per questo lo sviluppo deve incominciare dall’immediato, dal locale, per poi diffondersi tra il nazionale ed il regionale. Qui si apre la via a concezioni come lo sviluppo endogeno dove l’idea del territorio è l’elemento essenziale dello sviluppo; tra le principali elaborazioni sottolineo l’ecodesarrollo di I. Sachs, del 1974, el desarrollo agropolitano di J. Friedmann e M. Douglas, del 1978, e los enclaves espaciales selectivos di W. Stöhr, del 198110, che sostiene che le comunità dispongono di risorse di ogni tipo che costituiscono il loro potenziale di sviluppo specifico. Durante gli anni ottanta, lo sviluppo locale si trasforma in una delle strategie di sviluppo delle regioni e località europee, nelle quali intervengono per la prima volta i governi locali nei processi di sviluppo e crescita economica. Nei paesi sottosviluppati lo sviluppo locale nasce come risposta alle contraddizioni del sistema per la disattenzione dello Stato alla situazione di crisi dei territori depressi. D’altra parte è il risultato della scarsa fonte di risorse dei governi locali per fare di fronte alla crisi, poiché i bilanci furono ridotti e la privatizzazione spinta diede linfa vitale al neoliberismo. Sulle possibilità dello sviluppo locale esistono diversi punti di vista, ma generalmente si raggruppano in tre principali. Il primo è quello che considera che le strategie dello sviluppo locale sono innocue di fronte al processo di globalizzazione mentre questo è un processo naturale che impregna tutti gli ambiti della vita, al cospetto del quale, lo Stato, nei suoi distinti livelli, non può fare altro che mantenersi passivo. Il secondo sostiene che lo sviluppo locale è antagonistico alla globalizzazione e nel locale si trova il baluardo per affrontare le trasformazioni dei processi della globalizzazione. Un terzo punto di vista mira ad una posizione intermedia, senza cessare di riconoscere il processo oggettivo della globalizzazione e riconoscere i limiti dello sviluppo locale in tale contesto, individua le sue potenzialità, come un processo sostenuto, crescente, equo, rispettoso dell’ecosistema che opera nello spazio locale-regionale e che dà risposta alle domande della comunità e della regione.11 Lo sviluppo locale quando insiste nella potenzialità degli individui si avvicina allo sviluppo umano, ma prende di questo postulato anche la sua ambiguità e cioè che non è necessaria allora nessuna trasformazione del sistema capitalista a patto che si potenzino le risorse delle località. Ciò è poco probabile se si prendono in considerazione le località depresse. Lo sviluppo locale non è una proposta né strategica né teoricamente omogenea, perché varia in relazione agli interessi dei suoi promotori e per la sua posizione ideologica rispetto allo sviluppo. Le attuali tendenze mondiali, stanno riconfigurando gli Stati nazionali, e per questa via, hanno un impatto sul locale, inoltre, nella misura in cui si debilita lo stato nazionale, si aprono le possibilità che quell’impatto sia diretto sia a livello internazionale che globale. Questo modifica radicalmente la situazione, poiché si pone una riduzione della mediazione delle relazioni del locale con l’esterno, cosa che favorisce elementi economici caldeggiati dalla globalizzazione. È chiaro che l’abbandono da parte dello Stato di alcune delle sue funzioni sociali ed economiche, serve agli interessi privati, favorendo possibilità di investimento che non avrebbero altrimenti buona sorte o che richiederebbero un maggiore impegno economico iniziale e costi extra. Tale abbandono, lungi dal favorire il potere locale determina il ritorno ad un nuovo centralismo, più limitante di quello dello Stato nazionale, il centralismo della privatizzazione. Ciò genera una tensione, poiché il trasferimento di competenze e funzioni non è né un processo combinato tra gli ambiti nazionali e locali, né c’è correlazione tra dette competenze con le condizioni per attuarlo. Così, per le nuove esigenze, non c’è molta esperienza nelle pratiche tradizionali, verticali e clientelari, né ci sono sufficienti risorse: capacità finanziaria e tecnica e quello che più grave, manca coscienza e comprensione delle dimensioni che il cambiamento implica. Tra le cause che origina questa nuova posizione dello Stato si manifesta in primo luogo la poca disponibilità di risorse su cui gli stessi contano per affrontare la difficile problematica sociale accentuata dalla crisi determinata dal sistema mondiale neoliberale, mentre cresce la necessità di creare spazi di democratizzazione in cui la partecipazione degli individui nella presa di decisioni è il suo nucleo fondamentale. L’origine delle iniziative di sviluppo economico locale in America Latina non risponde ad una sola causa. Buona parte di dette iniziative sono sorte come reazione alle situazioni di crisi economica locale e alla mancanza di politiche appropriate dal livello centrale dello Stato per affrontare dette situazioni. Ugualmente, le iniziative di sviluppo economico locale hanno dovuto affrontare i problemi economici del livello municipale che si traducono in crescenti domande delle comunità locali. È ovvio che in alcuni governi nazionali e nella strategia del grande capitale internazionale esistono intenzioni che, sotto la concezione dello sviluppo locale alcune regioni del mondo realizzino negoziazioni dirette, bilaterali, con le grandi Imprese Transnazionali, per ciò utilizzano diversi meccanismi capaci di occultare le loro mire. Alcune delle azioni vanno dirette a debilitare le frontiere dello Stato-nazione ed all’atomizzazione e frammentazione delle economie dei paesi del terzo mondo come i latinoamericani. Con ciò cercano di creare un ambiente propizio per scoprire e sviluppare nicchie di commerci che rispondano interamente ai loro interessi. Nel ramo estrattivo sfruttano le risorse della natura senza tenere in conto il rendimento sostenibile per la loro conservazione e riproduzione, e nel ramo manifatturiero sfruttano intensivamente la forza lavoro alla quale pagano salari molto più bassi di quelli che ricevono i lavoratori dei paesi capitalisti sviluppati per le medesime attività lavorative. L’assenza di dominio tecnologico dei processi produttivi, la bassa qualifica delle risorse umane, il drenaggio delle risorse per il pagamento del debito estero ed interno, ecc. fanno sì che gli Stati latinoamericani siano sempre di più limitati nelle loro possibilità di affrontare le grandi sfide sociali al loro cospetto. Come contropartita a questa linea di lavoro ne è sorta un’altra che fa leva sull’integralità dei processi di sviluppo. Frequentemente questo discorso si ancora nel sociale e non sviluppa linee tendenti a migliorare l’economia locale. Nessuna delle due linee di lavoro è stata efficace a risolvere i problemi. Non ci sarà sviluppo economico se non si generano previamente le condizioni minime di sviluppo sociale a livello locale. Nei nostri paesi latinoamericani non esistono le condizioni basilari dell’ambiente - nella società e nelle strutture - per un sviluppo locale coerente ai nostri sviluppi teorici. Ci troviamo davanti ad un contesto globale dove si dà priorità ai grandi accordi politici internazionali e agli equilibri macroeconomici nazionali, con alcuni cambiamenti negli ultimi anni. La società civile ed i governi locali sono assenti in questo processo. Si disattendono le politiche e condizioni che darebbero un livello minimo di protezione alle economie e società nazionali che, inoltre, incentiverebbero un sviluppo endogeno con vincoli globali. In America Latina ci troviamo in situazione di grave crisi economica, istituzionale e politica, per cui le questioni locali lasciano il passo ad altri problemi strutturali gravi: si acuisce l’esclusione sociale, si registrano alti livelli di disoccupazione, in un quadro istituzionale politico debole. In finale molti interventi a livello locale, mirano a risultati di breve termine e non riescono ad includere dinamiche sistemiche. In questo senso, il rischio degli interventi di sviluppo locale in chiave puramente economica, corrono il rischio di residuarsi a compensatori e localisti, perdendo senso come modello di sviluppo. Di fronte a queste tensioni e varietà di scenari, la proposta è di sviluppare la riflessione sulle possibilità e limitazioni dallo sviluppo locale, in ottica nazionale e regionale. Attualmente nessuno spazio geografico può sfuggire all’influenza dei processi di globalizzazione imperanti nel mondo, all’unico sistema di economia mondiale esistente. Per ciò, qualunque insediamento umano può sfruttare a proprio beneficio quanto ci sia di favorevole in tale ambiente e, contemporaneamente, deve combattere contro gli effetti che producono le crisi e i conflitti di sistemi sociali al proprio interno molto superiori alla propria entità. Il continente latinoamericano è quello che presenta maggior divario tra ricchi e poveri, è leader in disuguaglianze sociali e squilibri territoriali, con incredibili iniquità di genere, età ed etnia. In questa situazione i modelli di sviluppo locale sono alternativi. Ci sono tuttavia altre strade, a livello locale e nazionale, per realizzare società che possano costruire il proprio destino.

3. Possibilità di ricostruzione del locale in chiave comunitaria Lo sviluppo locale comunitario fa parte delle strategie di sviluppo in generale che puntano allo sviluppo come fenomeno integrale ed al territorio come ambito della sua realizzazione. In esso si intrecciano ed agiscono diversi condizionamenti che hanno alla base l’aspetto socioeconomico come essenza totalizzante di questo processo dove intervengono, tra gli altri, attori sociali eterogenei, fattori esterni, mediazioni istituzionali e politiche che agiscono in dipendenza del sistema socioeconomico vigente. Si pone la questione comunitaria come una qualità differente, che rinvia sia alle relazioni tra colonizzatori che presuppongono essenzialmente la condivisione dei problemi, dal punto di vista reale o oggettivo, che di percezione, la ricerca di soluzioni consensuali, senza i vincoli verticali e clientelari propri di ciò che costituisce la base di subordinazione della questione locale, ma senza potere escluderli del tutto. La comunità è sempre definita in un tempo ed in uno spazio dove esistono determinate forze produttive, divisione sociale del lavoro, classi, gruppi sociali, e nessi di diversi tipi economici, tecnici, produttivi, infrastrutturali, (sociali, spirituali, politici) e sovrastrutturali, cioè, concepita nell’ambito di determinate relazioni di interdipendenza. Questi lacci di interdipendenza si riscontrano in tutte direzioni: orizzontale, verticale e diagonale, tanto al suo interno, come nelle sue relazioni con l’ambiente. Particolarmente questo fenomeno si riflette sul piano politico - istituzionale o di potere, per esempio i gradi di centralità e di decentramento sono diversi a seconda delle diverse circostanze (regime socioeconomico, tipo di istituzionalità e di governo, etc.). Lo sviluppo locale comunitario è un processo contraddittorio, di conciliazione sistematica e coerente, perché la comunità è un organismo eterogeneo dove coesistono molteplici interessi economici e di altra natura. Pertanto, è vitale solo come unità del diverso, che suppone un interesse comunitario comune che omogeneizza le differenze. Lo sviluppo locale comunitario deve tenere in conto che si tratta dello sviluppo di una totalità integrata di individui sociali eterogenei sul piano socioeconomico con struttura definita ed istituzionalizzata, in realtà o di diritto, con una relativa autonomia spaziale, inquadrata dentro un sistema più complesso di popolazione, economico-produttiva, sociale, istituzionale, culturale con la quale mantiene relazioni strutturali e di flussi, più o meno dinamici, di interdipendenze. In America Latina si è voluto legittimare un modello di accumulazione globalizzato che non risponde alle necessità della maggioranza, bensì alle necessità di valorizzazione del capitale e che invece di una maggiore integrazione ed equità nelle nostre società provoca maggiore frammentazione ed esclusione sociale. Quando si analizza la povertà e la disuguaglianza in questa regione si riduce il problema all’acquisizione di entrate e si rimette soprattutto a processi individuali, a sforzi passati o futuri degli individui, non si analizza la situazione delle persone in un processo sociale molto più complesso e contraddittorio, dove le relazioni economiche strutturali del sistema continuano a generare un tessuto sociale ogni volta più esclusorio e selettivo. In questo contesto di esclusione ogni volta maggiore dove si acutizzano le differenze sociali esistenti, con un avanzamento dell’individualismo e la mercificazione delle relazioni sociali che approfondisce la debilitazione e distruzione delle istituzioni comunitarie ed i lacci locali di prossimità, iniziati con la nascita del capitalismo, per la generalizzazione delle relazioni di scambio mercantili, esistono oggi varietà di scenari per lo sviluppo comunitario. Obbligato dai cambiamenti e tendenze attuali è inconcepibile oggi, pretendere un processo di sviluppo senza considerare le condizioni di debilitazione degli Stati nazionali e della crescente attività del capitale transnazionale. Date le condizioni di subordinazione che caratterizzano costitutivamente il locale nella cornice della Stato nazione, e data l’assimilazione discorsiva della nozione dello sviluppo locale, come controtendenza che esige il decentramento debilitante dello Stato, nella logica della globalizzazione del capitale, si pongono più che lo “sviluppo locale”, proposte di sviluppo locale da una prospettiva di partecipazione e coordinamento dei governi locali o altre istituzioni con le persone per raggiungere un cambiamento e l’esistenza di una compromesso reale della località in detto processo, cioè un processo di costituzione della cosa comunitaria.

Nota finale L’America Latina ha avviato lo sviluppo economico locale non solo partendo dalle proprie necessità ma anche indotta da interessi esterni. La visione è stata frequentemente di tipo economicistico (clusters, agenzie, competitività, etc.) e ha sbattuto contro la debolezza dei nostri attori e governi locali. La gestazione di un modello di sviluppo locale comunitario nella sua mediazione economica suppone una serie di cambiamenti strutturali nella base e nel meccanismo di funzionamento economico, come nelle strategie di sviluppo che cambino la dinamica attuale delle relazioni di produzione dominanti in America Latina.

1 Ricercatrice del Centro de Estudios Comunitarios. Universidad Central “Marta Abreu” de Las Villas.

2 Alonso, J. e aa.: “El Autodesarrollo Comunitario. Crítica a las mediaciones sociales recurrentes para la emancipación humana. Editorial Feijoo, Santa Clara, 2004, p. 27

3 Pérez, O. Apuntes sobre la globalización y critica de la economía política. Revista “Economía y Desarrollo n. 2/2000. P. 154.

4 Marx, C. El Capital. T. I. Ed. Política. La Habana, 1966 p. 456

5 Figueroa, V. Ensayos de Economía política de la Transición Extraordinaria al Socialismo en la experiencia de Cuba. UCLV. 2003. In supporto digitale.

6 I paesi del Centro America crescono, per esempio, con le rimesse degli emigrati negli Stati Uniti o negli altri paesi sviluppati, senza dubbio tale ricchezza e crescita si concentra in poche mani ed è lungi dal promuovere opportunità di nuovi posti di lavoro e migliori salari per tutta la popolazione. Più che attenuare le disuguaglianze socioeconomiche, quello che realmente si ottiene è un aumento sensibile del divario tra i più ricchi ed i più poveri.

7 Figueroa, V. Op. Cit. Prima parte. § 2.

8 Espina, M. Apuntes sobre el concepto de desarrollo y su dimensión territorial. En “Desarrollo local en Cuba, retos y perspectivas”. Editorial Academia. La Habana, 2006. P. 55

9 Una delle più importanti elaborazioni teoriche sul tema ambientale e dello sviluppo legato allo spazio locale è il concetto elaborato da I. Sachs “eco sviluppo” come uno stile di sviluppo dove ogni regione ricerca soluzioni specifiche ai suoi problemi. L’ecosviluppo implica cje la comunità locale e l’ecosistema locale si sviluppino insieme con l’obiettivo di una maggiore produttività e di un maggior grado di soddisfazione dei bisogni, ma soprattutto che tale sviluppo sia sostenibile in termini ecologici e sociali.

10 Secondo Stöhr, tutte le comunità territoriali dispongono di una serie di risorse economiche, umane, istituzionali e culturali, che costituiscono il loro potenziale di sviluppo endogeno.

11 Fajardo, L: Breves consideraciones sobre el Desarrollo Local en el contexto internacional actual. In “Proceso de capacitación a actores locales de base del gobierno de Manicaragua. Monografia 3, Editorial Feijoo, UCLV, 2006. P. 10

Riferimenti bibliografici

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