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I comportamenti degli attori del mercato nel processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario delle merci in Europa

PIETRO SPIRITO

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Di fronte alla prospettiva della liberalizzazione del mercato ferroviario europeo, che procede tra ostacoli ed accelerazioni, le maggiori compagnie nazionali (DB Cargo, SNCF Fret, Trenitalia Logistica, Railcargo Austria, SBB Cargo, RENFE Cargas, NS Cargo, B-Cargo, DSB Gods, AB Svelast ecc.) hanno reagito secondo strategie differenziate, ma il fatto stesso di reagire ha determinato una maggiore dinamicità, una maggiore iniziativa e quindi un migliore approccio al mercato, con una maggiore attenzione alle esigenze della clientela da parte delle società, o delle divisioni, incaricate di organizzare e commercializzare il trasporto ferroviario merci. Siamo ancora lontani da un approccio realmente vicino ai bisogni del cliente nella dimensione richiesta dalle radicali trasformazioni di mercato, ma va tuttavia segnalato che l’atteggiamento monopolistico tradizionale del settore ferroviario, radicalmente in antitesi con la corretta priorità da assegnare alla domanda nella definizione delle strategie e dei comportamenti operativi, si sta progressivamente superando. Certo, non siamo in presenza di una discontinuità con i ritmi accelerati richiesti per poter reggere il passo della concorrenza, ma il settore ferroviario delle merci in Europa è soggetto a radicali trasformazioni, che ne muteranno il volto, nel corso del prossimo decennio. Le risposte di posizionamento strategico delle imprese ferroviarie nello scenario della liberalizzazione tengono in conto evidentemente diverse variabili di scelta disponibili, che si orientano in linea di massima tenendo conto di alcuni assi di riferimento: • il raggio di copertura geografica del mercato. Mentre alcuni operatori - ed in particolare le aziende ferroviarie esistenti di maggiore dimensione - tenderanno ad essere presenti sul mercato comunitario nel suo insieme, altri - ed in particolare i nuovi entranti - opereranno su segmenti di nicchia, per cogliere opportunità di specializzazione; • il grado di copertura della catena del valore. Si ripropone l’alternativa tra chi sarà un operatore specializzato esclusivamente nella fornitura di servizi ferroviari e chi invece, partendo dalla caratteristica di essere posizionato storicamente nell’industria ferroviaria, tenterà di occupare elementi aggiuntivi della catena del valore (altre attività di trasporto non ferroviario, gestione dei magazzini, servizi di handling, ecc..), andando verso la logica del servizio door to door richiesto dal cliente; • il livello di specializzazione nell’offerta di servizi alle diverse filiere della domanda. In un mercato che vedrà una pluralità di operatori di servizi ferroviari, mentre alcuni continueranno ad essere caratterizzati per un posizionamento di tipo indifferenziato, altri, ed in particolare a nostro avviso alcuni dei nuovi entranti, tenderanno a connotarsi come operatori specialistici di filiera, in modo tale da aderire con maggiore efficacia lungo la curva dei bisogni della clientela. Questi tre assi di collocazione strategica disegnano le alternative di posizionamento strategico che si potranno determinare per effetto del processo di liberalizzazione. Su questa base, cerchiamo di analizzare, con una inevitabile dose di schematismo, i comportamenti assunti dai diversi attori che risulteranno nei prossimi anni protagonisti del ridisegno del mercato.

1. L’universo delle compagnie a capitale pubblico Possiamo distinguere le reazioni e le azioni delle principali compagnie nazionali in: 1. strategie volte a rafforzare la propria posizione competitiva rispetto ad altre compagnie nazionali in una prospettiva di internazionalizzazione 2. azioni volte a rafforzare la cooperazione con le altre compagnie nazionali 3. azioni volte a entrare sul mercato dei servizi logistici e di trasporto multimodali 4. azioni volte a specializzare i propri servizi con offerte calibrate sul singolo cliente o sulla singola filiera di prodotto Questi comportamenti non sono alternativi, ma possono coesistere all’interno della strategia di una medesima compagnia.

1.1 Le strategie di espansione oltre i confini nazionali

Nelle azioni indirizzate a rafforzare la propria posizione competitiva anche su mercati di altri Paesi (strategia di internazionalizzazione), DB Cargo sembra l’azienda più dinamica. L’espansione dei servizi oltre i confini nazionali sembra perseguire l’obiettivo di raggiungere a breve-medio termine con i propri treni tre grandi bacini di traffico: • L’Italia del Nord • I grandi porti olandesi (Rotterdam, Gand) • La penisola scandinava Nel medio-lungo periodo la strategia di DB Cargo si propone di aggredire altri due bacini fondamentali: • l’Europa sud-orientale, attraverso il corridoio che arriva al porto di Costanza in Romania ed il corridoio che arriva a Salonicco. • il Mare Adriatico attraverso il corridoio che conduce ai porti sloveni (Koper) e croati (Rijeka e Split). L’Italia è il primo mercato nell’interscambio ferroviario della Germania. Essa si raggiunge direttamente via Svizzera o via Austria. Poiché l’Austria è un Paese che sembra difendere con molta determinazione la sua autonomia nelle scelte di trasporto e poiché la SBB (azienda ferroviaria svizzera) - prima di assumere un ripensamento - ha perseguito una strategia di alleanze strategiche con le ferrovie italiane, poi seguita dall’avvio di un percorso autonomo di penetrazione dei mercati europei, DB Cargo ha cercato di aprirsi la strada: • verso sud-ovest mediante alleanze strategiche con due compagnie private svizzere, la Mittel-Thurgau-Bahn e la BLS-Lötschbergbahn • verso sud-est stringendo alleanze con le ferrovie slovene e croate. L’espansione verso i grandi bacini di traffico dei porti olandesi DB Cargo l’ha perseguita con l’alleanza strategica con NS Cargo all’interno di Railion, società con sede a Mainz della quale ora fa parte, con una quota minima di capitale, anche la ferrovia danese, la cui rete rappresenta un segmento strategico per raggiungere i mercati scandinavi. La posizione di schiacciante maggioranza di DB Cargo all’interno di Railion (92% contro 6% di NS Cargo e 2% di DSB Gods) può essere un elemento di fragilità dell’operazione, anche se consente alla impresa tedesca di poter guidare il processo con una chiara capacità di indirizzo e di guida. Nei rapporti con le altre compagnie nazionali, DB Cargo segue una strategia diversificata: dalla semplice ottimizzazione dell’interfaccia e dei processi (es. con SNCF, SBB, ÖBB) al product management su alcune relazioni importanti (es. con FS e ÖBB per la relazione Verona-Monaco), a una partnership di sistema (es. con BLS). L’espansione della offerta di servizi ferroviari in una dimensione comunitaria costituisce certamente un fattore profondo di trasformazione dell’industria ferroviaria europea, che fino all’inizio degli anni Novanta era caratterizzata invece da una organizzazione prevalentemente nazionale, con un regime di cooperazione bilaterale e multilaterale per quanto riguarda l’erogazione dei servizi su scala extra-nazionale. Ora, con l’avvio della liberalizzazione, alla cooperazione tra monopolisti nazionali si sostituirà progressivamente la competizione tra attori che cominciano a guardare alla dimensione comunitaria del mercato del trasporto merci.

1.2 La cooperazione tra compagnie ferroviarie nazionali

Nonostante che la cooperazione possa essere considerata una modalità tipica del precedentemente e superato assetto monopolistico del mercato ferroviario, come è già accaduto nei processi di liberalizzazione di altre industriale, tale tecnica viene comunque utilizzata come strategia per rispondere al nuovo scenario di regolazione. Queste azioni sono state messe in atto da tutte le compagnie, secondo diverse modalità, con: • la costituzione di società miste • la realizzazione di servizi congiunti • la costruzione di accordi d’asse o di società d’asse. Come esempio di questa modalità di comportamento si può citare - oltre a Railion, che però riflette più una strategia di espansione geografica da parte delle ferrovie tedesche, con un controllo dominante rispetto agli altri partner della iniziativa - sia la svedese SJ (Staten Järnvägar) che, preoccupata della sua situazione periferica, tende ad impegnare il partner vincolandolo all’interno di una compagine societaria (Sve Rail Italia, Hansa Rail), sia la belga B-Cargo, che tende a valorizzare la sua posizione strategica rispetto a Paesi Bassi, Germania, Francia e Gran Bretagna. Un esempio di cooperazione, che ha tentato di evolvere - senza successo - in una alleanza strategica di maggiore respiro, è invece quello tra Trenitalia Cargo e SBB Cargo. L’alleanza ha subito, a partire dagli ultimi mesi del 2000, prima un rallentamento e poi un ripensamento strategico, con la conclusione del percorso di integrazione senza un nulla di fatto. Era difatti prevista la fusione dei due rami di impresa merci entro ottobre del 2000. Questa scadenza non è stata rispettata, per due ragioni: • da un lato l’Antitrust europeo (la Merger Task force della DG IV di Bruxelles), con una massiccia richiesta di informazioni, ha manifestato la propria volontà di considerare il progetto un leading case per evitare che attraverso le alleanze si determinasse un rafforzamento di fatto degli incumbent a danno dei processi di apertura del mercato ferroviario alla concorrenza; • dall’altro, i percorsi di risanamento delle due aziende ferroviarie richiedono un momento di verifica e di aggiornamento per tenere conto della evoluzione provocata dalla accelerazione della liberalizzazione in Italia, che certamente determinerà effetti sulla traiettoria di trasformazione della Divisione Cargo di Trenitalia. La progettata fusione delle due società, attraverso la joint venture denominata Cargo SI, avrebbe potuto portare alla costituzione di un operatore con grande forza sul mercato, perché localizzato su un asse fondamentale della rete europea, l’asse transalpino Nord-Sud che passa per il Gottardo. Certamente una alleanza strutturata in questo modo aveva fin dall’inizio alcuni aspetti asimmetrici che non ne hanno favorito il successivo decollo. Le ferrovie svizzere avrebbero certamente raggiunto un obiettivo strategico rilevante, quello di non essere prevalentemente ferrovia di transito e di disporre di uno “sbocco al mare”, smarcandosi così da una egemonia nascente delle ferrovie tedesche nell’asse centrale dell’Europa. Dal punto di vista delle ferrovie italiane il vantaggio strategico era in verità meno immediatamente percepibile: si avanzava geograficamente verso il cuore dell’asse di traffico più rilevante dell’Europa continentale, ma restava il tema del confronto competitivo con le origini dei flussi di traffico più robusti, che stanno nell’area tedesca. È noto infatti che esista nei flussi di traffico merci delle ferrovie italiane un forte squilibrio tra import ed export, in un rapporto di due ad uno. Il ripensamento in corso su questa iniziativa ricorda, per certi versi, le vicende del fallito accordo tra Alitalia e KLM. Se nel caso delle società aeree si è trattato di un venir meno dei comuni interessi strategici, nel caso di Cargo SI possono aver svolto un ruolo non secondario da un lato le preoccupazioni di alcune compagnie europee, in primo luogo della DB, di vedersi sbarrare il passo su un asse decisivo per i suoi rapporti con quello che è il suo mercato più importante, il mercato italiano e dall’altro gli ostacoli di regolamentazione determinati dal processo accelerato di apertura del mercato alla concorrenza. È stato successivamente tentato, tra le ferrovie italiane e quelle svizzere, un percorso di riesame della alleanza, con l’ipotesi di continuare a perseguire l’obiettivo adottando una strategia di integrazione a tappe successive, partendo dalla soluzione di alcune tematiche operative di integrazione, sia sul versante della produzione, in particolare sui traffici di transito e sui traffico di terminalizzazione nelle aree del Nord-Ovest italiano, sia sul versante commerciale, per sperimentare - a partire da alcuni settori specifici- forme di cooperazione e di lavoro in comune sulla commercializzazione del servizio. Neanche questa strada di cooperazione ha dato esiti positivi, al punto che le ferrovie svizzere, recentemente, hanno costituito una propria consociata italiana (Swiss Rail Cargo Italy) che si pone l’obiettivo di penetrare commercialmente il mercato nazionale in logica di competizione e non di cooperazione. Nel quadro della cooperazione tra compagnie non possiamo dimenticare certi rapporti bilaterali “privilegiati” che si fondano su una solida tradizione storica, come i rapporti tra SNCF e SNCB, oggi riproposti su nuove basi attraverso la costruzione di servizi offerti in comune. La grande svolta che ci sembra di cogliere nella tipologia di rapporti tra compagnie nazionali a livello di trasporto merci convenzionale è il passaggio da una cooperazione che era semplicemente operativa (scambio di materiale e di servizi) all’interno di una “catena di trasporto” a una progettazione concordata di un servizio all’interno di diversi “mercati logistici”. Questo approccio richiede maggiore flessibilità e “vicinanza al mercato”. Sul piano della flessibilità, va ricordato il caso d’interventi in situazioni di emergenza, com’è accaduto a Trenitalia Cargo, quando nell’ottobre 2000, in seguito alle alluvioni nella regione italiana del nord ovest dell’Italia, ben tre valichi alpini sono rimasti chiusi contemporaneamente. Malgrado questo, la risposta è stata rapida ed il traffico ha potuto essere gestito in accordo con SNCF e SBB.

1.3 Azioni volte ad entrare sul mercato dei servizi logistici e multimodali

Anche per questo tipo di risposta al mutamento dello scenario possiamo individuare diverse strategie, finalizzate ad entrare nel mercato dei servizi logistici a tutto campo, superando la caratteristica storica delle aziende ferroviarie europee di essere operatori di servizi di trazione: a) Nel caso di SNCF e di SNCB - due società che anche in questo caso dimostrano una forte affinità di comportamenti - accanto ai servizi ferroviari si sono sviluppate delle holding (Geodis per SNCF e ABX per SNCB) cui fanno capo diverse società di spedizione, trasporto e logistica conto terzi, con prevalente traffico stradale e forte presenza nel campo del cargo aereo, dei trasporti marittimi e della distribuzione capillare. La scelta di entrare nel mercato della logistica è stata fatta utilizzando le risorse finanziarie disponibili per acquisizioni di imprese specializzate a livello europeo (es. l’italiana Saima Avandero e la tedesca Bahntrans acquisite da ABX, le attività di logistica IBM acquisite da Geodis ecc.) b) Nel caso di SBB Cargo e Railcargo Austria sembra invece prevalente la strategia di concentrarsi maggiormente sul core business della logistica ferroviaria, sviluppando servizi articolati per filiera (Branchenverkehr) e riorganizzando la società per unità di business che potrebbero diventare in un prossimo futuro società a sé stanti. (es. SBB Cargo è articolata in tante unità di business quante sono le principali filiere di prodotto alle quali intende offrire i propri servizi: largo consumo, chimica, edilizia e costruzioni, agroalimentare, siderurgia, legno e carta, trasporti speciali). Questa strategia, invece di portare alla costituzione di holding non ferroviarie e all’acquisizione di società di trasporto e spedizioni (secondo il modello Geodis e ABX), può portare invece alla costituzione di joint ventures con operatori di grandi dimensioni, leader di mercato a livello internazionale. c) È il caso del recente accordo tra DB Cargo e Schenker BTL per la costituzione di Railog (50% DB Cargo - 50% Schenker-BTL), che in una prima fase sarà presente solo in tre paesi europei, Italia, Austria, Germania, ma in seguito dovrebbe espandersi nelle aree dell’Europa sudorientale e della Scandinavia (BTL, acquisita da Schenker recentemente, è una delle maggiori imprese svedesi di trasporto, spedizioni e logistica conto terzi). L’alleanza si è evoluta in una acquisizione ed in una integrazione, che ha rappresentato per le ferrovie tedesche un investimento rilevante, pari a 3,5 miliardi di euro. Nasce in questo modo un colosso della logistica, non solo di carattere ferroviario, ma comunque con il controllo di un soggetto ferroviario di rilevanti dimensioni in Europa. Analogo caso, sia pure di dimensioni ben più ridotte, riguarda Alfil Logistics, società participata al 40% da RENFE e 60% da Damm, società produttrice di birra, per la prestazione di servizi logistici dedicati al largo consumo, oppure il caso del Pool Iberico Ferroviario, società partecipata al 75% da Transfesa e al 25% da RENFE per il trasporto di autoveicoli. Quali sono le ragioni della scelta della seconda strada - caso b) e caso c) - da parte di società come DB, SBB e OBB? Le ragioni possono essere molteplici, ma uno dei fattori che ha giocato un ruolo importante è il timore che i governi o gli operatori privati possano fare delle obiezioni all’utilizzo di trasferimenti pubblici destinati al settore ferroviario per investimenti azionari in società di trasporti essenzialmente stradali o multimodali (prova ne siano le attuali preoccupazioni del governo belga sulle operazioni di acquisizione effettuate da ABX). Tra le ragioni della scelta inversa, può essere segnalata quella di creare delle holding di logistica multimodali - caso a) - come necessità per rispondere ad un mercato che richiede sempre di più servizi integrati door-to-door. L’evento più rilevante, che genera una discontinuità sostanziale, è costituito dalla operazione, impegnativa e penetrante, condotta dalle ferrovie tedesche con l’acquisizione, costata 3,5 miliardi di euro, del Gruppo Schenker, che conta su un fatturato di 6,2 miliardi di euro, 33mila dipendenti ed un migliaio di uffici in tutto il mondo. Si tratta di una integrazione verticale che mette assieme un primario operatore logistico con una rilevante impresa ferroviaria, oltretutto già estesa geograficamente in Europa grazie alla azione di Railion, per offrire al mercato una soluzione logistica nella logica del door-to-door. Si tratterà di seguire con estrema attenzione le implicazioni di questa operazione nello scacchiere europeo della logistica, dove tale mossa certamente implicherà rilevanti trasformazioni strategiche. In particolare sarà determinante osservare quale cultura prevarrà nel confronto tra i logistici ed i ferrovieri, portatori certamente di visioni differenti nell’approccio al mercato. Un settore nel quale si gioca la battaglia per il posizionamento competitivo nello scenario europeo della logistica è certamente quello della portualità. Anche in questo caso la DB Cargo sta operando ad ampio raggio posizionandosi come soggetto presente in diverse arene competitive con una strategia aggressiva di accordi e di alleanze. DB Cargo ha aperto un altro fronte della sua offensiva alla ricerca di una strategia globale per la logistica ferroviaria merci in Europa, realizzando una joint venture paritetica con Contship Italia (Mar-Co), che già da settembre del 2002 opera un primo collegamento internazionale dal porto di Gioia Tauro per Basilea e Mannheim. Nel 2003 a questo servizio si è affiancato un secondo collegamento per Monaco e Nuerberg, ma l’obiettivo dichiarato è quello di connettere il network di collegamenti ferroviari italiani a quelli continentali. Per i nuovi servizi verrà utilizzato come centro di smistamento l’hub che il gruppo Contship, attraverso la controllata Sogemar, gestisce a Melzo. La nuova società acquisterà le tratte ferroviarie fino a Melzo da Trenitalia, affidandone invece la trazione sul territorio tedesco a DB Cargo stessa. Si tratta quindi un modello operativo che è ancora tipico di una fase di transizione che ancora caratterizza il processo di liberalizzazione ferroviaria, con l’organizzazione dei modelli produttivi sostanzialmente ancora basata sulle strutture degli incumbent nazionali, proprio per fare fronte alle barriere all’ingresso che ancora sono presenti in uno scenario di liberalizzazione ancora non pienamente dispiegata. Attraverso l’alleanza stretta con il Gruppo Contship, controllato dai gruppi tedeschi Eurokai ed Erogate, DB Cargo si affaccia con un progetto ad ampio raggio anche sullo scacchiere dei porti del Mediterraneo, che certamente costituirà una delle arene competitive fondamentali per ridisegnare lo scenario logistico comunitario. Ulteriore mossa di espansione sul mercato italiano, sempre di matrice tedesca, è la recente alleanza tra il porto di Trieste ed il Gruppo Schenker-Stinness. L’Autorità Portuale di Trieste ha firmato un accordo con la Schenker, la quale gestisce, a partire da gennaio 2003, in concessione lo scalo Legnami nel porto vecchio, impegnandosi a polarizzare in quest’area importanti volumi di traffico e ad occuparsi di creare connessioni permanenti, specie ferroviarie, con l’area centro europea, Austria e Baviera in primo luogo.

1.4 Azioni volte a specializzare i propri servizi con offerte “dedicate”

Qualunque strategie di risposta ai mutamenti del mercato si scelga, trova conferma la tesi di molti osservatori del mercato che si va verso una progressiva “personalizzazione del servizio” anche nella componente ferroviaria della logistica, per cui è necessario l’impiego di materiale rotabile sempre più specializzato. Per citare solo alcuni esempi: • il parco carri di SBB Cargo conta ormai 39 diversi tipi di carro merci • DB Cargo ha progettato assieme a Transwaggon un carro speciale extra large tipo Himrrs per il trasporto di carrozzerie dei modelli Daimler Benz • Railcargo Austria ha sviluppato assieme a Voest Alpine un modello di carro dedicato ai trasporti siderurgici di questo importante cliente. Soluzioni taylor made sono sempre più frequenti e sono certamente sempre più richieste dal mercato. Ciò presuppone che i fattori di produzione destinati ad un servizio “dedicato” debbono essere saldamente controllati dal fornitore, per esempio le locomotive ed i carri destinati ad un cliente in servizi continui. Questo processo, per certi versi inevitabile in logica di mercato e di fidelizzazione della clientela, apre un tema strategico di fondo sulla parte residuale delle risorse di produzione, che rischia di subire, per effetto di una progressiva specializzazione per cliente delle risorse, effetti di disottimizzazione che non è chiaro ancora quale effetto possano determinare sull’equilibrio complessivo del sistema e sul perseguimento delle strategie di risanamento economico. La specializzazione dei servizi secondo diverse filiere logistiche potrà portare ad una definitiva ristrutturazione delle società cargo delle grandi compagnie ferroviarie con la costituzione prima di unità di business separate e poi di società distinte per singola filiera, con eventuale partecipazione di grandi clienti. Questa “via verso la privatizzazione” è caldeggiata da numerosi esperti del mercato ferroviario, tra cui Ralph Jahncke di Transcare. Si tratta di un percorso sul sentiero critico, per diverse ragioni, oltre che per l’effetto di disottimizzazione delle risorse di rete già messo prima in evidenza. Va osservato infatti che: • alcune risorse di capitale fisso - come per esempio i carri - sono state adattate nel tempo ad una pluralità di utilizzazioni, proprio allo scopo di perseguire economie di scala e di allocazione; la specializzazione dei servizi richiede un rilancio della ricerca e della innovazione sulle risorse di produzione, per studiare le specifiche esigenze della clientela e per adattare il materiale da carico al migliore sfruttamento in una logica commerciale; • per perseguire questa strategia, vanno profondamente messe in discussione le rigidità oggi esistenti nella utilizzazione del personale, che hanno condotto gli incumbent a privilegiare un approccio di rete e di offerta indifferenziata rispetto ad un approccio di strategia selettiva e di specializzazione dell’offerta. L’alternativa tra offerta indifferenziata e specializzazione per filiera o per cliente costituisce uno dei nodi critici nella riformulazione delle strategie di settore. Passa per questa strada anche il ripensamento dell’offerta per il traffico diffuso a carro singolo o a gruppi di carri, che costituisce una delle questioni sulle quali è in corso un processo di riformulazione a livello europeo. Le strade in questo caso divergono profondamente: mentre in Germania si avverte la tendenza a ridimensionare l’offerta del traffico diffuso, per ridurre i costi fissi di gestione e per rendere meno densa la rete dell’offerta indifferenziata alla clientela, in Gran Bretagna EWS, sulla base della esperienza statunitense, sta percorrendo la strategia di ampliare questo segmento di mercato, per spalmare su una più ampia gamma di prodotti i propri costi fissi e per penetrare su segmenti di mercato oggi non coperti, mentre invece le ferrovie britanniche, prima della privatizzazione, avevano completamente cancellato questa tipologia di offerta, fonte principale delle rilevanti perdite di gestione. Non esiste una risposta generalizzata su questo tema di particolare rilievo strategico. Vanno analizzate le specifiche strutture produttive nazionali, le caratteristiche della domanda espressa dal mercato, le diverse strutture dei costi di produzione che derivano dalla eredità storica dei sistemi ferroviari nazionali. Una ricaduta che va tenuta in considerazione, derivante dalle diverse strategie nazionali che saranno perseguite in questa area, riguarda il traffico diffuso internazionale, che costituisce comunque, una quota rilevante degli attuali volumi di traffico, soprattutto per il triangolo che interessa le relazioni tra Francia, Germania ed Italia.

2. L’universo dei privati

Un bilancio dell’attuale situazione degli operatori privati richiede di distinguere tra quattro gruppi fondamentali di operatori: a) le società di trazione con licenza d’impresa ferroviaria (proprietarie o meno di infrastrutture); b) le società di servizio (noleggio e leasing di materiale rotabile e di trazione); c) le società proprietarie di carri; d) le società di trasporto combinato; e) le società amatoriali.

2.1 Le società di trazione con licenza d’impresa

Se prendiamo come riferimento il mercato oggi più maturo, cioè il mercato della Germania, possiamo trarre alcuni orientamenti sulle caratteristiche generali della liberalizzazione nei traffici ferroviari: • nessuna delle circa 65 imprese che operano nel traffico merci rappresenta un competitor globale di DB Cargo sul piano nazionale; • per la grande maggioranza si tratta di imprese che operano su tratti di linea limitati, per traffici specializzati, o che spesso fungono da feederaggio per le linee di DB Cargo; • le imprese con prospettive di maggiore espansione sono quelle che fanno capo a multinazionali manifatturiere (es. BASF) o a multinazionali con esperienza nella gestione di reti (es. Vivendi); • le barriere all’entrata possono essere superate se c’è la possibilità di ricorrere a società di servizi. Delle 65 società ferroviarie private che operano in Germania sul traffico merci, in gran maggioranza per tragitti di pochi chilometri, soltanto cinque o sei dispongono di materiale rotabile in maniera consistente e di proprie infrastrutture, come OHE Osthannoversche Eisenbahnen AG, WLE Westfälische Landeseisenbahnen GmbH, RBB, Regiobahn Bitterfeld GmbH. Altre ferrovie private sono quelle che fanno capo a porti marittimi (Brema-Bremerhaven) o fluviali (Colonia), a grandi società industriali, come la BASF, che opera treni “in conto proprio”, oppure a distretti manifatturieri come la MEG Mitteldeutsche Eisenbahngesellschaft del gruppo BUNA nell’ex DDR. Queste società dispongono di una propria infrastruttura con linee elettrificate e non. Un ruolo importante potrà essere svolto nel futuro dal Gruppo CGEA-Connex, branca trasportistica della multinazionale francese Vivendi (ex Compagnie Générale des Eaux), presente in 15 Paesi, e che nella sola Germania controlla una trentina di società di trasporto, tra cui la DEG Deutsche Eisenbahngesellschaft, ed è interessata a diventare impresa ferroviaria anche in Austria. Il gruppo Connex è anche proprietario di alcune ferrovie private tedesche, tra cui la RBB; è articolato in tre settori, di cui uno, Connex Cargo Logistics, gestisce operazioni di trasporto merci con materiale rotabile e su linee di proprietà di altre società. In Italia sono una ventina le imprese che hanno ottenuto la licenza, e tre di esse sono operative con propri treni che circolano sulla infrastruttura di proprietà di Rete Ferroviaria Italiana. La tendenza alla concentrazione per costituire gruppi di dimensione europea, propria del settore spedizioni e logistica di questi anni, è accentuata anche nel settore del trasporto merci ferroviario. Proprio la BASF ha dato vita, partendo dalla propria azienda ferroviaria, alla nuova joint venture Rail4Chem, che ha costituito assieme ai due maggiori spedizionieri di merci chimiche via ferrovia, la società tedesca Hoyer e la società svizzera Bertschi, ed alla VTG-Lehkering, controllata dalla compagnia Hapag-Lloyd di Amburgo, che dispone di un ampio parco di carri specializzati. Nasce così un gigante del trasporto ferroviario di prodotti chimici secondo una logica d’integrazione verticale: un grande produttore proprietario di licenza di compagnia ferroviaria, che dispone di locomotive noleggiate, un grande proprietario di carri (VTG) e due grandi specialisti del trasporto ferroviario nel settore chimico (Hoyer e Betschi), con ampia disponibilità di materiale rotabile specializzato sia per il traffico convenzionale che intermodale. Tra le compagnie europee un ruolo particolare avrebbe potuto essere svolto dalla svizzera BLS, proprietaria dell’infrastruttura in uno del valichi alpini più importanti per il traffico tra nord e sud, quello del Sempione. È noto, come abbiamo prima descritto, che per circa tre anni sono state condotte le trattative per una fusione delle società cargo delle ferrovie italiane e svizzere. È probabile che la prospettata fusione delle due società abbia impensierito quanti potevano temere un “duopolio d’asse”. In primo luogo la DB, che ha agito con determinazione per aprirsi una strada verso sud, indipendentemente da SBB, ed ha stretto un’alleanza strategica con BLS e MTB. La BLS quindi avrebbe potuto controllare un asse importante in concorrenza con la SBB. Verso la fine del 2000 tuttavia i giochi sono cambiati: la fusione SBB Cargo e Trenitalia Cargo è stata prima rallentata e poi del tutto cancellata, mentre SBB ha raggiunto un accordo con BLS in base al quale: • SBB assume l’intero traffico passeggeri sul Lötschberg; • lascia alla BLS il traffico merci sulla medesima direttrice; • BLS assume la gestione della metropolitana regionale di Berna. La posizione di SBB nei transiti nord-sud si consolida anche con il potenziamento dei servizi di “autostrada viaggiante” gestiti da HUPAC, nella quale possiede una quota di controllo, mentre lo Stato svizzero, per compensare le concessioni alla U.E. sul transito alpino dei veicoli pesanti (eliminazione progressiva del vincolo delle 28 tonn), si apre all’erogazione di sussidi a tutte le imprese di trasporto combinato. L’accordo BLS-SBB, che mette fine alla concorrenza tra le due compagnie, competizione nella quale potevano inserirsi altri soggetti non appartenenti alla Confederazione, si conclude in parallelo con un ulteriore passo avanti della riforma delle ferrovie in Svizzera. La BLS in tal modo potrebbe rientrare nella sfera pubblica. Un ruolo analogo potrebbe essere svolto parzialmente in Austria dalla Raab-Oedenburg-Ebenfurter Eisenbahn AG che controlla un breve strato di linea che porta al grande centro di smistamento ferroviario ungherese di Sopron.

2.2 Le società di servizi

Il ruolo delle società di servizi è fondamentale per consentire alle imprese di abbattere le barriere economiche all’entrata ed evitare forti immobilizzi in materiale di trazione, ma ancora più importante è il ruolo che possono svolgere nella manutenzione e riparazione del materiale. Per quanto riguarda le società che dispongono di locomotive per manutenzione delle linee o per trazione, in Germania esse sono una decina ed operano come società di leasing e noleggio, in particolare quelle che sono anche costruttrici del materiale, come Siemens e Adtranz (ceduta nel 2000 dalla Daimler Benz alla canadese Bombardier). Gli investimenti in locomotori nuovi sono piuttosto onerosi (3 milioni di euro circa). Il personale di guida non è nelle condizioni di essere interoperabile, la conoscenza dei percorsi ancor oggi è in genere patrimonio di ciascuna rete e del relativo personale. Non solo per trainare dei carri ma anche per ritirare la locomotiva nuova dal produttore o per portarla all’officina di manutenzione occorre disporre di una propria organizzazione. Poiché la diffusione sul territorio di officine autorizzate è scarsa, e quasi inesistente all’infuori della rete di officine delle compagnie nazionali, è difficile realizzare economie di scala nella manutenzione. Essenziale diventa quindi il ruolo delle società di servizio specializzate in questa attività, per poter ridurre le barriere di accesso di nuove entranti nell’industria ferroviaria. La società Siemens Dispolok mette a disposizione vari tipi di locomotive, tra cui la locomotiva tipo “Eurosprinter” mentre la società Lokpool Verwaltungsgesellschaft GmbH di Adtranz noleggia un parco molto ricco di materiale specializzato (l’intero parco di locomotori di BASF è noleggiato da Adtranz). Non vanno dimenticate infine le grandi società di noleggio carri, come AAE (Ahaus Alstätter Eisenbahn), che ora entrano anche massicciamente sul mercato del noleggio di materiale di trazione. Proprio AAE ha ottenuto recentemente un grosso prestito dalla Banca Europea per gli Investimenti, finalizzato all’acquisto di 7.000 carri merci e di diverse locomotive, tutti materiali destinati al noleggio o al leasing.

2.3 I proprietari di carri privati

L’Unione Internazionale dei Proprietari di carri e di raccordi privati (UIP), forte di una settantina di membri, ha svolto un ruolo da protagonista nel processo di liberalizzazione. La posizione di UIP è stata riassunta in un documento intitolato “Carri merci privati e liberalizzazione del mercato ferroviario”, dove si ricorda che i privati posseggono a livello europeo circa 180.000 carri merci, in maggioranza cisterne, che producono circa il 50% delle tkm realizzate nel traffico merci su rotaia in Europa. UIP è impegnata soprattutto: • per l’omogeneizzazione delle norme tecniche e delle procedure di manutenzione; • per l’istituzione di un’Autorità di Vigilanza sugli atti discriminatori commessi dalle compagnie ferroviarie; • per la proroga dell’entrata in vigore del nuovo RID (regolamento sulle merci pericolose per ferrovia); • nel sostegno ad una politica di estensione capillare dei raccordi ferroviari; • ma soprattutto invoca l’istituzione di un registro internazionale dei carri privati che ne consenta l’immatricolazione senza dover passare per le singole compagnie ferroviarie nazionali o per gli uffici dell’UIC. In seno a UIP è particolarmente attiva la associazione tedesca VIP, impegnata in un duro confronto con la DB Cargo che aveva disdetto ad un certo punto tutti i contratti precedenti, giungendo ad una situazione di rottura, che oggi si sta ricomponendo. La controversia riguarda: • il riconoscimento delle responsabilità in caso di danni; • le norme ed i prezzi per la manutenzione, la riparazione e la sostituzione dei pezzi di ricambio dei carri privati; • i pagamenti dei viaggi a vuoto; • i versamenti delle cauzioni per eventuali danni arrecati alla rete ecc.. Questi problemi sono diventati particolarmente scottanti a causa della maggiore usura dei carri dovuta alle maggiori velocità, al maggior peso per asse, alla frequenza di tratte nuove o in via di costruzione. La situazione di tensione si è estesa anche ai comportamenti dell’Eisenbahnbundesamt (EBA), un ente di governo al quale sono state trasferite competenze prima attribuite a DB, con frequenti ricorsi ai tribunali amministrativi e minacce di ricorso alle autorità antitrust europee. La ridefinizione dei rapporti tra società ferroviarie eredi del monopolio aderenti alla UIC e società UIP va interpretata all’interno delle trasformazioni prodotte dal processo di liberalizzazione, in particolare dalla posizione competitiva delle società proprietarie di carri privati sul mercato della logistica conto terzi. Il know how ferroviario acquisito in questi decenni dai proprietari di carri sui mercati delle singole filiere logistiche li pone in una situazione favorevole per potersi presentare sul mercato come “integratori”, entrando quindi in competizione con le compagnie ferroviarie sui segmenti a maggior valore aggiunto. Le società UIP possono quindi sperare di rovesciare il rapporto tradizionale con le compagnie di trazione. Mentre erano finora quest’ultime a noleggiare i carri, un domani saranno le società di carri privati a noleggiare la trazione dalle grandi compagnie o dalle nuove società con licenza d’impresa ferroviaria.

2.4 Le società di trasporto combinato

Il raggruppamento delle aziende che aderiscono all’UIRR, soggetto che rappresenta le società oggi operanti nel trasporto combinato in Europa, in particolare nel segmento del trasporto combinato strada-rotaia, esprime il punto di vista di soggetti estremamente influenti nel processo di riconfigurazione del mercato ferroviario in una logica di liberalizzazione. Si tratta di operatori che hanno assunto nel tempo una posizione trainante, e dominante, nella crescita di un segmento di mercato ferroviario strategico, in modo particolare dal momento che costituisce una cerniera di possibile integrazione tra modalità stradale e modalità ferroviaria. Il futuro di questo mercato è fortemente condizionato dalle scelte pubbliche e dalle decisioni di intervenire con strumenti attivi di politica dei trasporti per sostenere lo sviluppo di questo traffico. I prezzi unitari della vezione ferroviaria applicati ai servizi di trasporto combinato, in particolare strada-ferrovia, sono significativamente inferiori rispetto alla offerta del tutto ferrovia tradizionale con carri chiusi, per rispondere alla necessità di tenere in conto delle rotture di carico, che certamente determinano costi aggiuntivi nella catena del trasporto. In diversi Paesi europei, ed in particolare in Svizzera, Austria, Germania, Olanda e Danimarca, sono già state adottate forme di intervento finanziario pubblico a sostegno dello sviluppo del traffico intermodale, mediante sussidi che non scaricano esclusivamente sul costo del vettore ferroviario la diseconomicità della rottura di carico. Ciò non e’ avvenuto finora in Italia, nel cui caso la robusta crescita del traffico intermodale è stata sostenuta in modo determinare dalle politiche tariffarie della Divisione Cargo, la quale ha internalizzato i costi delle diseconomie della rottura di carico, con effetti negativi sul proprio conto economico. Solo recentemente pare che prenda finalmente corpo concreto un provvedimento statale di finanziamento pubblico alla intermodalità, contestualmente realizzato per l’interscambio strada-ferrovia e per quello mare-ferrovia. In uno scenario di liberalizzazione e di competizione, il finanziamento indiretto allo sviluppo della intermodalità a carico del bilancio degli incumbent, come è stato in Italia nei passati decenni, non è più perpetuabile. Occorre che siano assunte decisioni di politica dei trasporti coerenti con la definizione degli obiettivi di sviluppo dell’offerta intermodale, senza che ciò si traduca in una penalizzazione al conto economico dell’incumbent, oppure anche dei nuovi entranti, nel caso in cui essi si proporranno di offrire al mercato servizi ferroviari di carattere intermodale. Ma le scelte di politica pubblica sono solo una delle componenti che è necessario analizzare per comprendere quale potrà essere il futuro di questo settore. Altra questione riguarda lo sviluppo delle strategie di posizionamento da parte delle società intermodali. Con l’apertura del mercato ferroviario merci alla liberalizzazione si apre la concreta possibilità che tali soggetti possano richiedere la licenza di imprese ferroviarie e possano operare direttamente i servizi di trazione, senza richiedere le prestazioni ferroviarie agli incumbent. Emergono segnali concreti in tale direzione: • da un lato la società Hupac ha presentato domanda per ricevere il certificato di licenza alle autorità italiane; • dall’altro Cemat, di gran lunga il principale operatore di questo mercato in Italia, ha già modificato il proprio statuto sociale per prevedere la possibilità di diventare impresa di trasporto ferroviario. Questo possibile sviluppo del prossimo futuro, con l’entrata in campo nella produzione diretta come imprese ferroviarie da parte delle aziende del trasporto combinato, renderà con ogni probabilità ancora più tangibile il divario che sussiste oggi tra prezzi di mercato per la vezione ferroviaria nella offerta di servizi di trasporto combinato e costi di produzione del servizio ferroviario stessa. Intanto Hupac ha utilizzato l’arma della liberalizzazione ferroviaria per mettere in competizione la trazione tra le diverse imprese ferroviarie, con l’obiettivo di comprimere i costi della trazione stessa e di cercare di spuntare le migliori condizioni per incrementare la qualità del servizio: è accaduto così che i tratti italiani dei treni operati da Hupac saranno eserciti dalle ferrovie svizzere, che hanno aperto - come detto in precedenza - una propria filiale in Italia e che si apprestano quindi ad essere soggetto attivo della competizione sul mercato italiano della trazione ferroviaria.

2.5 Le società armatoriali

Nell’altro segmento del trasporto combinato, vale a dire nella integrazione modale tra trasporto marittimo e trasporto ferroviario (in particolare per il traffico dei container), sarà interessante seguire l’evoluzione delle scelte strategiche da parte delle società armatoriali a seguito del processo di liberalizzazione ferroviaria. Finora questi soggetti sono in una condizione di attesa, in quanto hanno nel passato delegato prevalentemente la funzione di raccordo con le società ferroviarie ad intermediari specializzati, che hanno organizzato la domanda ponendosi nella condizione di broker tra il vettore marittimo e l’esigenza del cliente finale. L’evoluzione del mercato logistico, tuttavia, impone a tutti i soggetti di evolvere in una logica di servizio integrato. Anche per gli armatori vale questo principio, che, tra le sue conseguenze, genera influenza sul posizionamento competitivo degli attori nel processo di riconfigurazione del mercato ferroviario in uno scenario di liberalizzazione. “Gli armatori del trasporto contenitori, ad esempio, tendono a portare sotto il proprio controllo (proprietario, in genere) sia le operazioni immediatamente a valle della propria specializzazione - quelle cosiddette di transhipment - tradizionalmente gestite dagli operatori di questo business (i terminalisti portuali), sia quelle ancora più vicine al destinatario finale del servizio di trasporto, solitamente affidate a gestori di centri di stoccaggio, a trasportatori stradali o ferroviari, ecc.”1. Emergono quindi, anche per gli armatori, logiche evolutive di posizionamento, determinate anche dallo sviluppo dei volumi di traffico in alcune aree di mercato. La crescita dei traffici movimentati nei porti italiani, generatasi negli ultimi anni a seguito del processo di mutamento degli assetti normativi e per effetto degli investimenti di riposizionamento di alcuni porti nazionali (si pensi a Gioia Tauro ed a Taranto), sta certamente inducendo alcuni comportamenti evolutivi, che non confinano più gli armatori in una logica di puro cliente, spesso neanche diretto, dei servizi ferroviari. D’altra parte, esperienze già maturate nel Norther Range stanno ad indicare una trasformazione del ruolo amatoriale già in atto. È stata costituita difatti, nel 1994, una società - European Rail Shuttle (ERS) -, con una composizione azionaria che vede la presenza di grandi gruppi armatoriali (Maersk-Sealand e P&O Nedloyd), il cui obiettivo è quello di operare direttamente servizi ferroviari. Oggi ERS acquista 130 treni per settimana da Rotterdam per diverse destinazioni europee, mentre altri 30 treni sono gestiti all’interno della Germania da BoxXepress, una impresa ferroviaria costituita in comune con Erogate e BLG. In termini di Teus movimentate attraverso la modalità ferroviaria, ERS è passata da 22.000 unità nel 1994 a 280.000 nel 2000. E la crescita è continuata esponenzialmente anche negli anni successivi. Non si può escludere, per le considerazioni svolte sinora, che questa linea di azione non possa procedere con maggiore speditezza e concretezza nel corso dei prossimi anni, con l’avanzare del processo di liberalizzazione ferroviaria, soprattutto se i soggetti dell’offerta logistica non saranno in grado di personalizzare i servizi per le esigenze specifiche del sistema e del mercato armatoriale. D’altra parte, l’attuale configurazione del sistema di commercializzazione per i servizi di trasporto combinato mare-rotaia è basata sulla sussistenza di una pluralità di soggetti intermediari, che non portano grande valore aggiunto alla soluzione dei problemi logistici. Possono emergere allora due scenari: • da un lato si può, più conservativamente, immaginare che si riduca la catena della intermediazione nella committenza di servizi di trasporto combinato marittimo, con un rapporto più diretto tra aziende ferroviarie e compagnie amatoriali • dall’altro non si può escludere che le stesse compagnie amatoriali facciano la scelta di diventare soggetti diretti della produzione e dell’offerta di servizi ferroviari, soprattutto se riterranno inadeguata la risposta di servizio da parte delle aziende ferroviarie.

Note

* Amministratore Delegato di Omnia Express e di Omnia Logistica, società del Gruppo Ferrovie dello Stato.

1 Roberto Vona, “L’impresa di logistica”, CEDAM, 2004, p. 1